CAPITOLO 5
Sii
felice …
Non
avrei mai saputo se quella
notte non feci l’amore con Nina per non soffrire a causa
dell’ennesimo distacco
… o perché non avevo voluto approfittare di un
suo momento di debolezza causato
dalla febbre, dalla rabbia e dalla Tachipirina.
Dopo
la nostra discussione la
strinsi tra le braccia e mi lasciai travolgere dalla sua dolcezza.
Le
nostre labbra si cercarono
trovandosi mille volte, le mani vagarono sulla pelle fino ad
incontrarsi per
intrecciarsi.
Avevo
spostato le coperte, le
avevo alzato la maglia e mi ero immerso nella morbidezza del suo seno
per
ascoltare più da vicino il sussultare del suo respiro, i
suoni della sua
passione.
Nina
non si ribellò alle mie
carezze: si allungò sotto di me e si abbandonò a
al piacere che le mie dita
sapevano regalarle.
Infilai
le mie braccia sotto la
sua schiena e mi aggrappai a lei, unico appiglio per non cadere in un
baratro
senza fine. Lei era roccia che mi graffiava le mani, era la salvezza e
la
caduta stessa. Nel ritmo dei nostri battiti impazziti potevo sentire le
urla di
ogni paura, di ogni desiderio inespresso e irrealizzabile.
Mi
stavo perdendo.
Ancora.
Alzai
lo sguardo.
Sentendo
la carezza dei miei
occhi, Nina aprì i suoi e mi fissò con
l’intensità della prima volta. Esiste un
preciso istante in cui fra due persone si accendono sentimenti senza
che
abbiano fatto nulla perché ciò accadesse.
Eppure,
in una specie di magia -
incantesimo o una maledizione - i fili che guidano due destini si
annodano, s’intrecciano,
legando due vite in modo indissolubile.
Nina
non avrebbe voluto cedere ai
miei primi approcci, non avrebbe voluto abbandonarsi alle innegabili
sensazioni
che s’innescavano appena ci sfioravamo.
Ma,
per quanto combattessimo, per
quanto avevamo tentato di resistere, ci eravamo avvicinati,
avvinghiati, fusi …
fino a mescolarci il sangue e i pensieri.
Quale
scherzo di un destino sadico,
farmi incontrare l’amore che avevo sempre desiderato, la
storia che avrei
voluto scrivere, per poi renderla invivibile?
Eppure
miei occhi continuavano a
scavare nei suoi in cerca di una speranza, di una
possibilità che non finisse
tutto in cenere. Nel lago scuro delle sue pupille dilatate trovai
tutto: tutto
l’amore, tutto l’ardore, tutto il dolore.
Incapace
di sostenere quella
valanga di emozioni, mi abbandonai di nuovo sul suo petto, rassegnato e
disperato.
Lei
intrecciò le mani nei miei
capelli, consapevole del dilemma che mi dilaniava, e
cominciò ad accarezzarmi
lieve. Il suo respiro si calmò, rallentò
… fino a diventare profondo e
tranquillo: si era addormentata, sotto e dentro di me.
Rimasi
in uno stato di
dormiveglia per qualche sprazzo d’ora. L’irreale si
mescolava alla realtà in un
acquarello che colava colore su una tela grigia. Gocce di rosso
scivolavano
sull’azzurro di un cielo senza confine e macchie di nero
celavano parte
dell’immagine sfuocata, un’immagine che non
riuscivo a mettere a fuoco.
Una
moto che sfrecciava nella
notte mi fece svegliare di colpo, con la sensazione che fosse
già il domani che
non avrei voluto
arrivasse mai.
Controllai
l’ora sul display del
mio smartphone e scoprii che era da poco passata mezzanotte.
Lo
schermo era pieno di messaggi
di Nikki, parole che non avevo alcuna intenzione di leggere, non in
quel
momento, perlomeno.
Il
sonno di Nina era ancora profondo,
per nulla infastidito dai miei movimenti sopra di lei. Le mani, sciolte
dalla
presa sui miei capelli, si erano posate sopra la sua testa, rendendola
ancora
più seducente.
Mi
mossi lentamente e a fatica mi
scostai, posando un bacio lieve in mezzo al petto ancora scoperto.
Lasciai
scorrere il dorso della
mano sulle sue curve morbide prima di alzarmi per andare in cucina a
prendere
qualcosa da bere. Cercai qualcosa di forte, ma cambiai idea. Aprii il
frigorifero e presi dell’acqua.
Non
volevo sprecare quegli
istanti con un’ubriacatura che mi avrebbe lasciato solo vaghe
immagini della
nostra ultima notte insieme e io ne volevo ricordare ogni istante, ogni
respiro, ogni secondo.
Mi
ero nascosto in
quell’appartamento come un ladro, mi ero celato dietro la
scusa di un’influenza
per rubare del tempo con Nina, per percorrere la sua pelle con gli
occhi
appannati dalla pasione e il calore del mio respiro, consapevole che
non avrei
mai più potuto rifarlo.
Tornai
in camera e mi fermai ai
piedi del letto, estasiandomi alla visione del suo corpo scomposto: la
maglietta sollevata, le lenzuola scostate e il suo viso appena
arrossato dalla
febbre e dall’attacco delle mie guance ispide di barba.
Rimasi
immobile fino a quando le
gambe reclamarono una pausa, poi mi sdraiai di nuovo accanto a lei,
lasciandola
scoperta per ammirarla, ancora e ancora.
Mi
bastava.
Mi
saziava più del sesso, più dei
baci, più di tutto.
Combattei
una facile battaglia
contro il sonno e assaporai ogni istante.
Tentai
di imprimermi nella
memoria ogni espressione buffa e intensa del suo volto, ogni diversa
sfumatura
del suo profumo, ogni curva del suo corpo morbido e caldo.
Mi
rimaneva poco più di un anno e
poi l’avrei persa, forse per sempre, ne ero consapevole, come
ero consapevole
non sarei mai potuto appartenere a nessun’altra come ero
appartenuto a lei.
In
quel momento perfetto non
volevo guardare oltre il successivo ticchettio dell’orologio,
non volevo
pensare al domani. Sarei potuto morire lì, tra le sue
braccia, soddisfatto e
appagato per l’immenso dono che la vita mi aveva fatto, nella
convinzione che
non sarei mai stato mai più tanto felice e tanto disperato.
La
stanchezza mi vinse mentre
fuori albeggiava.
Mi
svegliai dolorante per la sua
assenza.
Il
rumore della doccia echeggiò
nei miei lombi acuendo un’eccitazione che non si era mai
attenuata, rendendo
più evidente il mio desiderio.
Mi
ancorai al letto per non
seguirla sotto l’acqua che sapevo essere fin troppo calda.
Il
letto aveva l’odore della sua
mancanza e il vuoto che sentivo allo stomaco non era fame.
Mi
alzai a fatica sentendo il
bruciore di quegli ultimi minuti che gocciolavano nella mia testa.
Mi
accostai alla porta del bagno.
-Nina
…? Tutto bene …? –
-Ian,
visto che sei sveglio,
prepareresti il caffè? Ne ho un bisogno disperato.
–
-Ti
senti meglio? –
-Caffè
…! –
Girai
per la stanza e raccolsi
gli ultimi stracci di una storia che non sarebbe finita mai.
Il
telefono vibrava sul comodino
dove l’avevo lasciato la sera prima, ma non mi preoccupai di
vedere chi mi
stesse chiamando: non mi importava.
Entrai
in cucina e preparai il
caffè con la moka italiana, esattamente come piaceva a Nina:
non troppo lungo,
non troppo forte, senza zucchero, con una goccia di latte.
Cercai
tra gli scaffali della
dispensa quelle schifosissime merendine che le piacevano tanto e gliene
scartai
una. Posai tutto su un vassoio e mi diressi verso il bagno.
Ovviamente
la porta non era
chiusa a chiave, Nina non lo faceva mai: non era pudica e non le
importava che
io entrassi in bagno mentre c’era lei, qualsiasi cosa stesse
facendo.
La
trovai seduta sul bordo della
vasca, avvolta nell’accappatoio e con un asciugamano attorno
ai capelli,
sfuocata in una nuvola di vapore.
Sollevò
lo sguardo per guardare
avidamente la tazza di caffè che le stavo porgendo.
-Quanto
ti manca per le finire le
riprese? – mi chiese a bruciapelo, come se fosse una normale
mattina della
nostra vita insieme, come se il fatto che avessi dormito con lei,
nonostante ci
fossimo lasciati, nonostante io stessi per sposare un’altra,
fosse un fatto
ovvio.
-Credo
di riuscire a finire oggi
e poi passerò a visionare il materiale per il montaggio.
Perché? Se vuoi una
giornata di riposo, prendila pure. Con te ho finito … -
-Lo
so, Ian … con me hai finito …
ed è per questo che ho deciso. –
-Nina
… - la Terra smise di
girare.
-Ho
appena chiamato Julie. Ho una
riunione con lei questo pomeriggio. –
-Nina
… - mi mancava l’aria.
-Non
rinnovo, Ian. –
-Nina
… - mi mancava il respiro.
-
Non è per causa tua …
Come
ti dicevo ieri, ho bisogno
di vivere la mia vita: non voglio aspettare un altro anno galleggiando in un limbo sbiadito e
vincolante.
Julie
aveva bisogno di sapere la
mia decisione al più presto, prima di cominciare a girare le
prossime puntate,
per decidere un finale: non potevo tergiversare oltre.
Non
potevo procrastinare ancora,
tentennare.
Noi
saremo sempre noi Ian, ma non
possiamo rimanere bloccati nell’impossibile.
E’
ora che tagli quel cordone
ombelicale che mi tiene legata a te, al mio personaggio, al mondo di un
telefilm che mi ha dato tanto e che mi ha preparata per questo
passaggio.
Ora
sono pronta. Pronta per nuove
esperienze, pronta per nuove sfide.
Voglio
cambiare forma, plasmarmi
su altri personaggi, cedere a nuove pulsioni, rinunciare al consenso
degli
altri per ascoltare solo il mio istinto.
Mi
hai fatto nascere, Ian … ora
lasciami crescere.
Siamo
stati fortunati a vivere
una storia che molti faticano solo ad immaginare, siamo stati fortunati
ad
appartenerci.
Non
è finita, non lo sarà mai, ma
non possiamo trascinare oltre ciò che si è
fermato tempo fa davanti ad un
bivio.
Io
non posso continuare a
guardare quelle due strade di fronte a me e aspettare un segno.
Il
momento è arrivato.
Tu
hai imboccato la strada che
hai sempre desiderato percorrere.
Io
m’incamminerò sull’altro
sentiero, verso l’ignoto, verso una vita tutta da scoprire.
Ti
ho avuto … e so non ti perderò
mai.
Ti
ho avuto ... e per questo
potrò vivere altri amori senza rimpianti o nostalgie.
Ti
ho avuto … e ora ti lascio
andare.
Mi
permetto di andare avanti, mi
concedo di vivere.
Sii
felice, Ian, perché io lo
sarò. -
Barcollai
e mi appoggiai al
lavandino alle mie spalle per non cadere.
Non
mi sarebbe bastato un anno,
figuriamoci poche settimane.
Non
mi sarebbe bastata un’altra
stagione, figuriamoci poche puntate.
Non
avrei mai saputo perché
quella notte non feci l’amore con Nina …
…
ma so benissimo perché, dopo
quella pugnalata, quelle parole corrosive, quella notizia sconvolgente,
presi
Nina e la scaraventai sul pavimento del bagno per prenderla e farla
mia, più e
più volte, con malinconica passione, con orgasmi che
dolevano, piantando i
denti nella sua pelle e le unghie dentro il suo essere.
Avrei
voluto fagocitarla.
Avrei
voluto fondermi con lei,
morire su quel pavimento umido di vapore e lacrime.
Lei
si lasciò prendere, mi lasciò
fare come mai prima.
Fu
mia cento volte, e non fu
abbastanza.
È
stata mia mille volte e non
sarà mai sufficiente.
Svuotato
nel corpo e nell’anima,
mi accasciai su di lei e sussurrai il suo nome fino ad arrochire la
voce, fino
a sentirmi svanire.
Non
ricordo come mi ritrovai
sulla mia auto, a picchiare la testa contro il volante, con il respiro
spezzato
dai miei inutili “Perché?”.
Poi
il telefono vibrò per
l’ennesima volta.
Nikki.
“Sii felice, perché io lo
sarò”
Ti amo Nina … sempre e per sempre
… ma ho bisogno di essere felice
anch’io.
Attivai
la comunicazione e la
voce di Nikki riempì l’abitacolo.
-Ian
… -
-Non
parlare … non fare domande,
per favore. Aprile … finirò le riprese
… ci sposiamo ad aprile. Ci sposiamo
Nikki. –
“Sii felice, Nina, perché io
lo sarò.”
The end
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