«Mi devi promettere
una cosa» disse, dopo essersi calmato.
«Mmh?»
«Devi
promettermi che non ti dimenticherai mai di me, qualunque cosa succeda.
E soprattutto che non te ne andrai.»
Lì per
lì non capii il senso della promessa: come avrei fatto a
dimenticarmi di lui? No, sarebbe stato impossibile. Lui era tutto per
me, era il mio mondo.
«Te lo
prometto.»
Anya non ricordava
l'ultima volta che qualcuno l'aveva guardata così.
Hyo sembrava volerle
scavare dentro l'anima, con quei suoi grandi occhi da cerbiatto,
così profondi.
Neri
come la mia anima.
Scuri come la sua pelle, sporca del sangue di tutte quelle persone la
cui vita non avrebbe potuto portare indietro.
Il ragazzo le sfiorava
la pelle con baci caldi, proprio nei punti in cui la lama era andata a
fondo nella carne, incidendo quei segni in modo irreversibile sul suo
corpo.
Tante volte Anya era
andata vicino all'agognata morte, a quel sonno eterno in cui da tempo
voleva giacere. Ma non era mai riuscita a spingere il pugnale
più profondamente, fermata da quel terrore cieco del buio
infinito, da quella fredda consapevolezza di non aver lottato
abbastanza; bloccata dall'immagine di Hyo fissa nella sua mente.
Anche se non aveva mai
avuto il coraggio di andare fino in fondo, ferirsi le pareva l'unico
modo per almeno sopravvivere. Ogni goccia di sangue che
stillava dalle sue vene era come un pensiero in più che
lasciava il suo essere, un insulto che si allontanava dalla sua mente,
un senso di colpa che si alleviava. Ogni incisione, anche la
più piccola, era un grido nella notte, una richiesta di
aiuto mai arrivata al destinatario, il pianto represso di una bambina a
cui era stato tolto tutto, anche il diritto di vivere.
L'acciaio che
penetrava la carne le lasciava una sensazione di vuoto
così... bella, a suo modo. I suoi dolori interiori si
trasferivano nelle braccia, nel sangue che vedeva scorrere via. E
mentre le gocce cadevano a terra si sentiva così leggera,
quasi euforica. Come se il dolore fisico avesse potuto sostituire
quello mentale, come se distruggendo il suo corpo i demoni nella sua
testa si sarebbero zittiti.
I tagli riempivano il
vuoto. Semplicemente, il dolore sostituiva l'amore che aveva provato,
l'affetto che le era stato rivolto durante un'infanzia rubata.
Ma il benessere
finiva, il vuoto tornava, Anya crollava per l'ennesima volta. Sempre
più giù, sempre più lontana dalla
luce, sempre più sola.
E
non c'eri tu a risollevarmi.
Le cicatrici bianche
erano così simili a quelle di Hyo, così piccole e
numerose. Sapeva che se le era autoinflitte, quel giorno di tanti anni
prima, nel disperato tentativo di buttare fuori la rabbia, la
tristezza, sé stesso. Lui ricordava bene la pace, il vuoto
completo che seguivano quei suoi improvvisi scatti di rabbia. Ogni
singolo segno sulla sua cute era un'immagine dei suoi anni peggiori, quelli
senza di lei.
Rievocavano solo ricordi di sofferenza, di tristezza: cose che voleva
cancellare dalla sua mente definitivamente.
Le mani tiepide di
Anya gli ricordavano fin troppo il sangue che scorreva sugli
avambracci, così caldo e calmante. La sensazione di pace
interiore era quasi la stessa. L'unica differenza era il dolore: meno
concreto, più dolce.
Gli anni che avevano
passato lontani erano stati probabilmente i più duri della
loro vita, su questo erano inequivocabilmente d'accordo. Ma erano di
nuovo insieme, e questa era l'unica cosa che contava.
Entrambi avevano
scelto se voler essere un vincitore o un perdente.
E avevano agito di
conseguenza.
Era
meglio di volare, era meglio delle stelle, era meglio di tutto quello
che avevamo vissuto fino ad allora.
Hyo mi cinse la vita con un braccio e con l'altra mano mi
scostò una ciocca di capelli dal viso.
Un secondo si dilatò all'infinito ed io non mi sentii mai
viva come in quel momento.
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