Il nostro sguardo immortalato nei ricordi
Ehilà, beautiful people! Come potete vedere,
non mi stanco mai di Finder (okay, la verità è che non mi stanco mai di
Asami!). Ecco uno one shot, che spero, come sempre, vi possa piacere!!!!
Buona lettura!!!! :)
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Il
nostro sguardo immortalato nei ricordi
-Fermati, moccioso!- gridò l’uomo.
Akihito però, ovviamente, non lo stette a
sentire, anzi: corse più velocemente.
Le vie si facevano sempre più strette ed
intersecate tra di loro, come una fitta trama di rami di un albero alto, che
andava a toccare il cielo.
-Prendetelo!- gridò ancora l’uomo a due
ragazzi, i quali partirono all’inseguimento.
“Dannazione!” pensò Akihito, poi però vide una
via di fuga: bastava scavalcare un muretto e sarebbe arrivato sul marciapiede,
brulicante di gente essendo l’ora di punta.
“Evviva!” pensò, poi aumentò ancor di più la
velocità e saltò sul muretto, solo che uno dei due ragazzi lo raggiunse e lo
afferrò per il polso, facendolo quasi cadere.
-Lasciami!- Akihito gli rifilò un calcio, ma,
intanto, il secondo ragazzo li aveva raggiunti e provò a prendere la borsa di
Akihito contenente la sua macchina fotografica.
-No!- Akihito strattonò la borsa.
Nel mentre, le persone sul marciapiede
sottostante si accorsero dei tre ragazzi intenti a darsele a ben due o tre
metri d’altezza.
-Aaah! Qualcuno chiami la polizia!- gridò una
donna.
-Ehi, smettetela!- disse un uomo.
I due ragazzi che facevano comunella si
spaventarono e lasciarono andare Akihito, il quale perse l’equilibrio e cadde
indietro.
La borsa finì sotto di lui e lui, finendo sulla
borsa, sentì il contenuto che scricchiolava, senza contare un improvviso dolore
alla spalla e al braccio destro in generale.
-Merda!- impreco in un sibilo dolorante.
-Ehi, ragazzo, tutto bene?- l’uomo di poco
prima gli si avvicinò.
-Che volo…- mormoravano intanto i passanti.
Alcuni si accalcarono attorno ad Akihito.
-S… sì, sto bene.- Akihito si tirò
faticosamente in piedi, poi si prese il braccio dolorante e leggermente piegato
in una posa innaturale.
-Che male…- mormorò.
-Ah, ti sei sfracellato un braccio.- commentò
un ragazzo con un cappellino.
-Eh?- Akihito guardò prima il tizio, poi il suo
braccio:
-Merda!- sibilò ancora.
-Ti sia di lezione: voi giovani siete troppo
tra le nuvole.- commentò un anziano.
Akihito raccattò a sua borsa, dolorante, e si
avviò spedito verso la prima fermata per prendere i mezzi pubblici.
-Ehi, ragazzo, ti conviene andare in ospedale.-
commentò l’uomo.
-Sto bene, grazie, non si preoccupi.- Akihito
non si voltò e saltò sul bus.
Andò a sedersi in fondo, con il braccio
dolorante.
“Che male, dannazione! Devo arrivare a casa di
Asami e aggiustare subito la macchina: devo recuperare il salvabile delle foto
che ho scattato per beccare quello spacciatore! E devo anche riparare la
macchina fotografica: ci sono troppo affezionato! Al diavolo l’ospedale!”
pensò.
Così arrivò all’attico di Asami, dove ormai
viveva da un bel po’ di settimane.
Asami non c’era: era probabilmente al lavoro.
Akihito corse in camera sua e, con il braccio
sempre più rigido, tirò fuori l’occorrente per salvare il salvabile della
macchina e del suo contenuto.
Spese il resto della giornata per sviluppare le
foto che avrebbero sicuramente incriminato lo spacciatore e, verso le undici di
sera, sentì rientrare Asami, mentre stava tentando di riaggiustare la macchina
ormai mezza distrutta.
“Cavolo, l’ho proprio schiacciata con tutto il
peso!” pensò il ragazzo.
Intanto, Asami lasciò le chiavi all’entrata e
si tolse scarpe e cappotto. Vide le scarpe di Akihito lasciate malamente in un
angolo, così andò a bussare (e ad aprire senza attendere risposta) la porta del
ragazzo.
-Hey.- disse.
-Ehi… Scusa, non ho preparato cena. Sono un po’
occupato, al momento.- rispose Akihito, voltandosi appena verso di lui, con in
mano un piccolo cacciavite e del filo di rame.
-Cos’è successo?- domandò Asami, muto
d’emozioni come sempre, eppure seducente nel suo premuroso e pacato modo di
fare.
-Ho rotto la mai macchina fotografica… Sto
provando ad aggiustarla.- rispose Akihito.
Asami lo trovò molto agitato:
-Ti senti bene?- domandò, con il suo tono
apatico, ma carezzevolmente affascinante.
-Sì… Devo solo finire di sviluppare alcune foto
per il lavoro e ho paura di averle perse. Tra un po’ ho finito.- rispose
Akihito, tornando a trafficare con la fotocamera.
Asami, vedendolo nervoso e leggermente sudato,
socchiuse la porta, aggiungendo solamente:
-Va bene. Vado a letto.-
-Buona notte.-
-Buona notte.-
Akihito decise di non metterlo al corrente del
braccio mezzo distrutto, anche perché aveva percepito che Asami era molto
stanco, cosa che dimostrava il fatto che non indagasse più di quel tanto sul
suo comportamento.
Così, Akihito andò avanti a lavorare, cercando
di ignorare l’intorpidimento sempre più marcato lungo il braccio destro.
Sentì il rumore della doccia nella stanza
accanto, poi più nulla: Asami doveva essere andato a dormire, così fece ancor
più piano per non svegliarlo.
“Dannazione… Mi toccherà portarla da uno
specialista. Almeno le foto le ho sviluppate e posso spedirle a Mitarai…” pensò
Akihito, poggiando con cautela i resti della macchina sulla scrivania ormai
inondata da attrezzi.
Sospirò, poi una fitta di dolore al fianco
destro lo riportò alla realtà:
-Ahi…- commentò.
“Spero di non essermi inclinato qualche
costola… Ho fatto un volo solo di due metri, ma sono atterrato davvero male.”
Pensò il ragazzo, poi fece uno sforzo notevole per alzarsi dalla sedia e
camminare un po’.
Dopo però altre fitte e l’inizio di qualche
difficoltà a respirare, forse per la paura di essersi davvero fratturato
qualcosa (la spalla, il braccio, una costola… le possibilità erano infinite!),
decise di prendere provvedimenti.
Uscì da camera sua ed andò davanti a quella di
Asami. Bussò alla porta: aveva il fiato corto, ed aveva fatto solo pochi metri!
Probabilmente, era la paura a farlo reagire così, non tanto la frattura o cosa
cavolo era poi.
-Asami?- chiamò, poi, non sentendo risposta,
bussò più forte.
-Asami?!- ripetè, poi andò con la mano sana a
tenersi il braccio ferito.
Sentì dei movimenti all’interno della stanza,
poi la porta si aprì ed apparve Asami, con addosso un paio di training neri e
una maglietta dalle maniche corte.
-Cosa c’è?- domandò, poi, vedendolo leggermente
accaldato, accese la luce del corridoio.
-Akihito?- domandò.
-Io… credo di avere un braccio rotto… Mi fa
male tutto.- rispose Akihito, tenendosi il braccio.
Negli occhi di Asami apparì preoccupazione ed
anche un po’ sul viso, che però mantenne un’alta percentuale di lucidità e
linearità mentale per affrontare ogni possibile problema o possibile
complicazione:
-E me lo dici solo ora?- domandò, alzando le
mani e toccandogli piano una spalla, sentendola quasi spigolosa.
-Hai una lussazione alla spalla.- disse.
-Ahia… Piano, così fa male…- fece Akihito, poi
si portò la mano sana sul fianco destro.
-Ti fa male anche qui?- domandò Asami,
voltandosi e andando a prendere una camicia.
-S… sì… Non riesco a muovere il braccio… Mi
serve del ghiaccio e…- provò a dire Akihito.
-No, andiamo all’ospedale.- lo interruppe
Asami, con una calma leggermente tendente al panico, ma solo in modo
impercettibile.
-A… all’ospedale?- ripetè Akihito: ospedale
significava roba seria, roba seria significava complicazioni, complicazioni
significava pericolo, pericolo significava…
-Stai tranquillo.- Asami interruppe il
ragionamento impanicato del ragazzo. Si infilò la camicia, poi andò
all’entrata:
-Vieni, andiamo.- si inginocchiò e lo aiutò a
mettersi le scarpe, poi si infilò le sue e prese le chiavi della macchina.
Scesero ai parcheggi e Asami aiutò il ragazzo a
sedersi al posto davanti, allacciandogli la cintura. I suoi movimenti erano
calmi, controllati e precisi, delicati. Però c’era anche preoccupazione in
essi.
-Tieni fermo il braccio.- detto questo, Asami
chiuse la porta dell’auto ed andò al volante. Accese l’auto e si allacciò la
cintura, poi partì alla volta dell’ospedale.
Passò nonostante il semaforo desse il turno ai
pedoni.
-Attento, Asami, così facciamo un incidente.-
disse Akihito.
-Come va il braccio?- domandò Asami,
ignorandolo.
-Non… non so, è rigido e mi fa malissimo.-
rispose il ragazzo.
-Resisti.-
-Non… non ho qui nemmeno un documento, Asami,
siamo usciti di casa troppo precipitosamente.-
-Non ti preoccupare. Rilassati, lascia fare a me.-
rispose Asami.
Akihito guardò il viso di quell’affascinante
uomo d’affari proibiti: così virile, così intenso, così serio, così seducente,
così… così perfetto. Così preoccupato per lui, ma Asami censurava questa
preoccupazione per non spaventare il ragazzo: era così premuroso, così… romantico.
“Akihito, ma che pensi mai?! Pensa al tuo
braccio sfracellato, piuttosto!” si ammonì il ragazzo, scuotendo la testa per
levarsi dalla mente certi pensieri.
-Hey, tutto bene? Cosa c’è?- domandò Asami,
vedendo il suo movimento. Spostò gli occhi su di lui e voltò anche leggermente
il capo, guidando.
-N… niente, solo una fitta di dolore… Attento!-
Akihito sobbalzò alla vista di un’auto che dovette spostarsi al passaggio della
BMW di Asami, che per metà era finita sull’altra corsia.
Asami non se ne curò e svoltò dove non era
permesso, andando a finire contromano.
-Asami, attento! Ma che fai?! Sei impazzito?!-
domandò il ragazzo, tendendosi.
Meno male ch’era tardi e c’era in giro poco
nessuno. Cioè: che strano… Era Tokyo, quella: perché non c’era in giro nessuno?
-Rilassati: è una scorciatoia per l’ospedale,
così evitiamo il traffico notturno.- rispose Asami, facendo chiarezza nella
confusione del giovane.
Akihito non disse nulla al riguardo, poi
gemette appena:
-Ah… Asami, fa sempre più male…- disse,
chiudendo forte gli occhi.
Asami spostò una mano dal volante ai capelli
del giovane:
-Tranquillo, non è niente.- mantenne gli occhi
sulla strada, poi riportò la mano sul volante, sentendo Takaba tornato
tranquillo.
Akihito si calmò: se Asami diceva che non era
niente, allora vero. Akihito però ignorava il fatto che Asami mentisse e che
sapesse che, in realtà, doveva avere qualcosa di rotto da qualche parte.
Arrivarono all’ospedale come un proiettile e
Asami frenò proprio davanti all’entrata, dove, poco più avanti, stavano degli
infermieri a fumare.
-Arrivo.- Asami uscì dall’auto e fece il giro,
andando ad aprire la portiera ad Akihito. Gli slacciò la cintura e lo aiutò a
scendere dall’auto, che poi lasciò lì senza preoccuparsi ch’era proibito.
-Asami, la macchina è…- provò a fargli notare
Akihito.
-Vieni, avanti.- Asami nemmeno lo ascoltò.
Entrò nell’ospedale ed andò alla ricezione, dove un’infermiera stava discutendo
con una collega. Quando però vide i due ragazzi avvicinarlesi, sorrise:
-Cosa posso fare per voi?- domandò.
-Chiami il dottor Sasaki.- rispose Asami.
La segretaria, un po’ a disagio, controllò sul
computer:
-Mi spiace, ma il dottor Sasaki ha appena
finito il turno. Ormai sarà già alla macchina.- disse.
-Lo chiami e gli dica di tornare subito qui.-
disse Asami.
-Ma, ecco, veramente…-
Un infermiere si fece avanti, quasi un po’
agitato:
-Ayako, ci penso io.- disse.
La ragazza, un po’ confusa, si spostò.
-Asami-sama, perdoni, non l’avevo
riconosciuta.- disse l’infermiere, a disagio e un tantino intimorito.
-Sasaki, ora.- ripetè semplicemente Asami,
leggermente irritato.
-Asami, basta scendere al pronto soccorso e…-
provò a dire Akihito.
-No. Ci penso io, non ti agitare.- rispose
Asami.
“Quello agitato qui sei tu.” Pensò Akihito.
-Subito, Asami-sama.- l’infermiere prese il
telefono della ricezione e chiamò il dottor Sasaki, informandolo velocemente:
-Dottore, c’è qui Asami-sama. Sì. E’ urgente, sì. No, è un giovane. Va bene.
Sì.- poi riappese e si rivolse ad Asami ed Akihito:
-Da questa parte: il dottor Sasaki sarà subito di ritorno. Nel frattempo
venite: vi porto nel suo studio privato.- disse l’infermiere, poi fece cenno a
un collega di avvicinarsi con la sedia a rotelle che aveva qua.
-Non serve, davvero.- provò a dire Akihito.
-Siediti e non preoccuparti.- rispose Asami,
controllandolo mentre si sedeva.
L’infermiere spinse la sedia a rotella fino ad
uno studio privato al quinto piano, dove spostò Akihito con cautela sul lettino
delle visite.
-Il dottor Sasaki sarà subito da lei,
Asami-sama. Posso fare altro per lei?- domandò.
-Dì a Sasaki di sbrigarsi.- rispose freddo
Asami.
-Sì, Asami-sama. Con permesso.- l’infermiere
uscì di corsa, lasciandoli soli per un attimo.
Akihito respirò lentamente, tenendosi il braccio.
Asami gli si avvicinò:
-Come va?- domandò.
-Fa male…-
-Resisti. Ora arriva il dottore. Vuoi che ti
faccia portare qualcosa per il dolore?-
-No, posso resistere…-
-Va bene. Dimmi però se peggiora.- Asami gli
sfiorò una guancia con le dita:
-Avresti dovuto avvisarmi prima.- disse.
-Lo so… Scusa.-
-Da quanto sei in queste condizioni?-
-Da… da questo pomeriggio: sono caduto da un
muretto durante un inseguimento.-
Asami evitò di commentare. Si voltò appena
verso l’entrata:
-Ma dov’è il dottore?- mormorò, anzi: sibilò.
-Asami, ora arriva…-
Infatti, il dottor Sasaki, un uomo sulla
cinquantina, entrò di lì a qualche minuto, leggermente ansante.
-Asami-sama…- provò a dire, ma si bloccò
vedendo lo sguardo glaciale del giovane uomo, così passò direttamente a visitare
Akihito.
-Allora?- domandò alla fine Asami.
-Una lussazione alla spalla e una costola
inclinata. Ad occhio e croce è tutto qui, ma sarei più tranquillo con delle
radiografie.-
-Allora falle.-
-Sì, Asami-sama.- Sasaki aiutò Akihito a
spostarsi sulla sedia a rotelle.
Dopo le radiografie, che accertarono la
diagnosi del medico, addormentarono il braccio del ragazzo per risistemargli
bene la spalla, dopodiché gli attaccarono il braccio al collo per sicurezza.
-Davvero, non è necessario…- tentò di dire Akihito,
quando lo stavano portando in camera per ricoverarlo per la notte.
-E’ solo una precauzione.- disse Sasaki.
-Sto bene, basterà del ghiaccio.- rispose
Akihito.
-Ubbidisci al dottore.- disse però Asami, serio
eppure leggermente preoccupato.
Akihito, seppur avrebbe voluto andare avanti a
lasciar andare il suo indomito spirito ribelle, sospirò: non voleva preoccupare
oltre Asami, così rimase buono buono. Si mise il pigiama dell’ospedale e si
distese nel letto.
Portarono del ghiaccio per le costole e qualche
antidolorifico, poi lo lasciarono solo con Asami.
Akihito sospirò e tenne il ghiaccio sul fianco
destro, poi guardò Asami, in piedi accanto al letto:
-Ora puoi tornare a casa.- commentò.
-Rimango qui.- si limitò a rispondere Asami.
-Sei pazzo? Sei stanco morto: devi andare a
casa a riposarti.-
-Posso riposare anche qui.- Asami si sedette
sulla poltroncina accanto al letto.
Akihito sospirò, anche se, sotto sotto, si
sentiva quasi meglio sapendolo lì e non solo a casa a pensare chissà che cosa.
-Non sapevo avessi agganci anche in
quest’ospedale.- commentò dopo un po’.
-E’ sempre utile avere contatti nella sanità.-
rispose Asami.
-Mh… Sicuro di voler rimanere su quella sedia?
Non mi pare comoda.- convenne Akihito.
-Sto bene, non ti preoccupare. Tengo io il
ghiaccio: riposati.- Asami prese la borsa del ghiaccio e la tenne sul fianco
del giovane, così da liberargli la mano sinistra.
-E tu?- domandò Akihito.
-Sopravvivrò. Dormi.- Asami spense la luce.
Akihito chiuse quindi gli occhi.
Quando poi però li riaprì, dovevano essere
circa le cinque del mattino, perché già si sentivano i rumori di un traffico di
lavoratori.
-Mmmmh…- mormorò, poi voltò il capo verso
destra, ossia verso Asami: l’uomo stava dormendo su quell’orrenda poltroncina,
con il gomito sul bracciolo e la guancia sul palmo della mano.
Rimase a guardarlo, in quanto la luce nascente
del sole e quella artificiale dei lampioni gli permettevano una buona visuale.
Dopo qualche minuto, però, si decise a tirarsi
leggermente su. Sentì qualche fitta al fianco e alla spalla. Notò che il
comodino con sopra gli antidolorifici era a destra.
“Ma sono stupidi, allora: io ho la parte destra
del corpo distrutta e loro le cose me le mettono a destra…” pensò Akihito,
sbuffando appena. Si sporse verso il comodino.
-Hey.-
Il ragazzo alzò lo sguardo e vide Asami,
sveglio, anche se, sicuramente, era più stanco di prima. Ovviamente, però,
questo lo si notava poco sull’uomo, anche se le ultime ore dovevano averlo
privato di molte energie.
-Ehi… Scusa, non volevo svegliarti.- rispose
Akihito.
-Non fa niente. Vuoi la pillola?- Asami si alzò
e prese la compressa.
-Grazie.- Akihito, mezzo morto di stanchezza e
con l’immagine fissa della sua adorata fotocamera distrutta, dischiuse la
labbra e si lasciò mettere sulle lingua la pasticca.
Asami gli porse il bicchiere d’acqua,
aiutandolo anche a bere.
-Grazie…- mormorò Akihito, appoggiando poi di
nuovo la nuca sul cuscino.
-Come ti senti? Va un po’ meglio?- domandò
Asami, sedendosi sulla sponda del letto.
-Sì… Almeno non ho niente di rotto.- commentò
Akihito.
-La prossima volta devi essere più attento,
Akihito: ora ti è andata bene, ma in futuro c’è il rischio che tu non sia più
così fortunato.- disse Asami.
-Lo so… Ma io sto bene.-
-Tu? Chi altro è stato coinvolto?-
-No, dico solo che, confronto alla mia
fotocamera, sto benissimo.-
-La tua fotocamera?- ripetè Asami, leggermente
sorpreso:
-Hai rischiato di romperti le costole e pensi alla tua fotocamera?-
-Ecco… sì, cosa c’è di strano, scusa? Ci
tengo.-
-Quella è facilmente rimpiazzabile: le tue
costole no.-
-Non è affatto rimpiazzabile.- puntualizzò
Akihito.
-E perché no? L’importante è che tu abbia un
apparecchio che scatti foto, non è così?- domandò Asami.
-Ecco…- Akihito arrossì lievemente.
-Cosa?-
-Niente…-
-Cosa c’è?- insistette però Asami.
-Niente. Non mi va di parlartene.-
-Perché no? Se non lo fai ti faccio ricoverare
qui per altre due settimane.-
-Non lo faresti.- disse Akihito, poi però
sospirò e guardò alla sua sinistra, verso la finestra:
-La verità è che sono legato a quella
fotocamera…-
Asami non disse nulla, lasciandolo parlare,
pazientando.
-E’ la stessa fotocamera con cui ti ho
fotografato la prima volta, te la ricordi?- disse il ragazzo, senza però
guardare il giovane uomo.
Asami realizzò: era vero, era la stessa.
-Attraverso quella macchina, ho immortalato uno
dei nostri primi sguardi…- mormorò Akihito. Non sapeva se sentirsi un idiota
nel dire certe cose, oppure se sentirsi leggero per averle confessate, per
essere stato sincero.
Asami lo guardò per qualche istante, in
silenzio, poi si chinò su di lui e gli sfiorò la fronte con il naso:
-La faremo aggiustare.- sussurrò, con il suo
tono sensuale e fascinosamente accattivante.
Akihito non rispose e si limitò a continuare a
tenere lo sguardo sulla finestra, sentendosi ancora confuso su come avrebbe
dovuto in realtà sentirsi in quel momento. Poi, però, voltò appena il capo ed
incrociò per un istante lo sguardo di Asami, per poi spostarlo sulle sue
labbra.
Asami si spostò maggiormente su di lui, facendo
attenzione al braccio, e gli sfiorò le labbra con le proprie:
-I momenti migliori non hanno foto a
immortalarli: ci sono i ricordi.-
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