That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Hogwarts - II.009
- Marauders
Sirius
Black
Castello di Hogwarts, Highlands - lun. 18 ottobre
1971
Avevo capito subito che mi trovavo di fronte a una giornata
particolare. Anche la luce che fendeva appena
l’oscurità del cielo tempestoso, dando al
rosso-oro delle tende una tonalità sanguigna, mi appariva
strana. Come al solito, il bagno era già
proprietà di Frank: dopo la disavventura col suo gatto,
aveva iniziato a ignorarci in maniera sistematica, mentre
noi… beh… ogni giorno eravamo
più legati… Era dalle settimane passate a
Herrengton che non mi sentivo parte di qualcosa. Anzi, forse, il senso
di appartenenza, nella Torre di Grifondoro, era anche più
profondo di quello provato presso Alshain: lui era il padre che non
avevo mai avuto, ma i miei amici... Remus, in particolare, era il
fratello che… Forse, sarei stato felice anche a Grimmauld
Place, se solo Regulus non fosse stato tanto legato a nostra
madre… Cercai di godermi quegli ultimi minuti di
pace nel tepore del mio letto, prima che fosse definitivamente ora di
alzarmi, invano: gli altri stavano facendo un rumore infernale, si
erano presi l’impegno di tirar fuori per tempo quel ghiro di
Potter dal suo baldacchino ma, come avevamo già sperimentato
altre volte, senza il mio intervento, era una causa persa.
“Merlino!
James!”
“Ummfh”
“Peter, provaci tu, io ci
rinuncio…”
“James…
James…”
“Salazar… Ne avete
ancora per molto?”
Tirai le tende di colpo e li lasciai impietriti, ai due lati del letto
di Potter: non riuscivano mai a farlo rinvenire per tempo, in compenso
finivano sempre con lo svegliare me… Remus era ormai al
limite della sopportazione, il viso stranamente roseo per
l’impegno che ci stava mettendo, lui sempre tanto pallido ed
emaciato… Mi alzai come una furia, non prima,
però, di essermi sistemato i capelli via dalla faccia. Al
contrario di James, a me bastava passarci distrattamente le mani e
subito ero perfetto. Era sempre stata una delle poche cose di me che
rendeva orgogliosa mia madre: io, come pure mio fratello, ero sempre
impeccabile, con il minimo sforzo.
“Si fa
così…”
Mi avvicinai al letto, presi le coperte senza tanti scrupoli e tirai
con forza, lasciando a Potter solo i cuscini per nascondersi.
“Nohhhwn…”
“Potter! Esci da quel letto o
passo al pigiama!”
“Però…
autoritario!”
Remus stava con le braccia incrociate sul petto e guardava Peter
ghignando, mentre io, ormai, gattonavo sul letto di James, pronto a
passare alla fase più delicata della questione.
“Vattene…
ummff… Black!”
“Esci da quel letto
Potter!”
Ghermivo ormai la stoffa di pesante cotone e premevo per tirarla via,
quando, di colpo, Potter, al primo sentore di aria gelida che gli
accarezzava la pelle nuda della schiena, si mosse in maniera
spasmodica, tuffando ancora di più la faccia in mezzo al
cuscino: da là sotto, da quella sua tana improvvisata,
bofonchiò qualcosa che suonava simile a una minaccia.
“Un altro passo e ti faccio i
capelli blu, Black!”
“Ma allora sei
sveglio!”
Ghignai, trionfante.
“Chissà per colpa
di chi?!”
Potter si voltò, sibilando, con ancora un rivolo di saliva
incollato all’angolo della bocca e i capelli disperatamente
sparati per aria, afferrò gli occhiali dal comodino, ma
rintronato com’era, provò tre volte prima di
centrare l’appoggio delle orecchie e riuscire a
raddrizzarseli sul naso.
“Merlino…
James… Ti fanno proprio male le abbuffate della
domenica…”
Peter lo guardava con la sua classica bocca a “O”,
gli occhi celesti pieni di meraviglia: con quei capelli biondi e fini
come seta, rigorosamente tesi come spaghetti, Minus si stupiva sempre
della capacità della capigliatura di Potter di farla franca
contro la legge della pisica, ehm fisima… fisica o come
diavolo si chiamava. Remus e le sue astruse conoscenze babbane!
“No, Peter, non sono le
abbuffate a rintronarlo così…”
Ghignai serafico e allusivo all’indirizzo di Potter, che di
colpo si fece rosso fuoco e mi guardò con occhi assassini.
“Vuoi proprio che ti cambi la
tonalità di capelli, brutta cornacchia di un
Black?”
“Mmm… fa’
pure, purché non sia rosso: sai… non vorrei che,
di notte, mentre sogni la tua bella…”
Remus e Peter capirono al volo e iniziarono a ridere, James si
slanciò verso di me, mirando ai miei pantaloni, pronto a
mettermi sotto, in quel momento Frank, finalmente, uscì dal
bagno e vedendo che ci stavamo azzuffando, impallidì, diede
un’occhiata spaventata al suo gatto, lo prese in braccio e
tornò a barricarsi là dentro…
“… E
così ci siamo giocati l’unica
possibilità di lavarci almeno la
faccia…”
Remus non lo faceva apposta, usciva con queste sue frasi innocenti che
provocavano in tutti noi delle reazioni immediate
d’ilarità, così, come al solito,
scoppiammo tutti a ridere: trovavamo Frank Longbottom bravo, onesto,
gentile, ecc ecc, ma eravamo arrivati alla conclusione che non sarebbe
mai stato uno dei nostri, troppo serio e troppo poco
avventuroso. Anche Remus era serio, vero, ma Frank difettava
di quella capacità di elevarsi con qualche moto di spirito
che era propria di Lupin. A casa spesso avevo sentito parlare della
serietà della signora Augusta Longbottom, un sergente di
ferro sul genere di mia madre: guardai verso la porta del bagno e non
trattenni una smorfia di disappunto, non riuscivo a non dispiacermi per
lui.
“Ragazzi…
C’è una terribile tempesta, là
fuori… Secondo voi dobbiamo proprio andarci alle serre,
oggi?”
“Dai Sirius… Non
fare quella faccia... Prima ci sono Incantesimi, Trasfigurazione e il
pranzo: magari per questo pomeriggio il tempo sarà
migliorato…”
Peter ci guardava speranzoso, ma si capiva che aveva i miei stessi
timori, che lo portavano, proprio come me, a essere poco propenso ad
affrontare positivamente la giornata.
“Certo… Come no!
Che giornata perfetta! Una mattinata da incubo, con due professori
agguerriti che vogliono interrogarci, poi dobbiamo affrontare anche una
tempesta!”
“Lo so, Black, lo
so… Vorresti fosse già domani… E hai
il coraggio di prendere in giro me…”
Divenni rosso fuoco, mentre finivo di vestirmi e James mi sfotteva:
però era vero, che potevo farci se odiavo il
lunedì, l’unico giorno della settimana in cui non
avevo alcuna occasione per stare con Meissa? Quando finalmente
raggiungemmo la Sala Grande per la colazione, era ormai tardissimo e di
nuovo ebbi sentore della stranezza della giornata: arrivati per ultimi,
ebbi giusto il tempo di vedere e salutare con poco più di un
cenno Meissa, prima che le Serpi del primo anno iniziassero a uscire
dirette a Trasfigurazione. Non li invidiavo, quel giorno, da programma,
la McGonagall avrebbe interrogato. Forse per questo, o nella speranza
di un ultimo minuto rubato da passare insieme, vidi Meissa trattenersi
al tavolo più di tutti gli altri. Guardai il
soffitto magico e vidi ancora fulmini e saette, la tempesta invece di
placarsi sembrava peggiorare: il pensiero che avrei dovuto affrontarla
nel giro di poche ore, mi spingeva a correre al sicuro su, alla Torre
di Grifondoro, a nascondermi di nuovo nel tepore del mio baldacchino. O
da qualsiasi altra parte del castello, purché fossi in
compagnia di Mei. Mentre divoravo rapidamente la mia colazione, mi
sentivo osservato, spaziai con lo sguardo per la sala e intercettai due
occhi color acciaio che mi sorridevano, amichevoli: anche dopo la
disavventura che mi aveva visto protagonista, un mese prima, nonostante
avesse affrontato alcuni guai seri solo per avermi sostenuto, Rigel
Sherton non mancava mai di salutarmi e di sorridermi dai tavoli delle
Serpi. Quel ragazzo mi sorprendeva sempre, sapevo che era un vero
piantagrane, percui non riuscivo a credere che fosse fiscale quanto
diceva Meissa. Quanto a Mei, in quegli ultimi rari giorni di sole,
avevo continuato a frequentare il Cortile della Torre
dell’Orologio con lei, come avevo sempre fatto. Non
era cambiato nulla e questo mi aveva portato a vivere quelle settimane
in maniera serena e produttiva. C’era solo una cosa che piano
piano era cambiata, una presenza che m’innervosiva fin dai
primi giorni e che negli ultimi tempi mi era ancora più
odiosa.
Evan Yaxley, matricola Slytherin, era un odioso pallone gonfiato, che
non smetteva mai di fare il cascamorto con Meissa. Era un ragazzino
alto e dinoccolato, biondo cenere, con occhi castani dorati, per lo
più odioso con i deboli e abile commediante con chi poteva
tornargli utile. Già da alcuni giorni con la scusa degli
appunti delle lezioni, soprattutto di Pozioni, vedevo che tratteneva
Meissa in aula, lei era gentile con lui come con altri ed io, pur non
potendomi sentire minacciato, visto che era palese a tutti la
preferenza che lei mi accordava, non riuscivo a evitare di innervosirmi
per il suo comportamento. Conoscevo Evan dall’infanzia,
essendo il figlio di uno dei migliori “amici” di
mio padre: entrambi membri “anziani” del Consiglio
Magico, Howard Yaxley e Orion Black collaboravano spesso nelle loro
faccende e nei loro affari, Yaxley senior, infatti, unico erede di una
ricca e antica famiglia di maghi Slytherin da sempre impegnati nel ramo
diplomatico, era un mago molto potente, uno di quelli che avevano un
forte peso nella gestione del Ministero e presso la Gringott. Uno di
quelli che tendevano a non esporsi mai troppo apertamente, agendo e
intessendo soprattutto nell’ombra. Quella mattina in cui, a
causa della pigrizia di James, ero sceso troppo tardi, perdendo la
possibilità di parlarle, ebbi giusto il tempo di vederlo
insinuarsi tra Meissa e Snivellus, sparendo insieme a loro, diretti a
lezione. Subito costrinsi i miei amici a mollare metà della
colazione nei piatti con la scusa del nostro spaventoso ritardo, in
realtà solo per non perdere di vista, per quanto ancora
potevo, Evan e Mei.
“Ah… La
gelosia…”
Mentre finalmente risalivamo anche noi lungo le scale, diretti a nostra
volta a lezione di Incantesimi, James seguiva la direzione del mio
sguardo, puntato saldamente sulla figura delle tre Serpi che avanzavano
un paio di rampe avanti a noi. Si divertiva proprio a sibilarmi addosso
canzonatorio, se non altro per vendicarsi delle mie continue prese in
giro a proposito delle sue cotte per Emily Bones e Lily Evans.
“Ma
vattene…”
“Smettetela voi due, siamo in
ritardo!”
Remus ci diede un giocoso scappellotto a testa, sospingendoci quasi di
forza verso il ritratto che immetteva al terzo piano, dove si trovava
l’aula di Vitious: io lanciai un ultimo sguardo carico di
rimpianto verso quella bella coda corvina che spariva, a sua volta,
oltre il passaggio che portava al cortile di Trasfigurazione.
*
Osservavo la pioggia fare strani disegni sulle vetrate mentre il prof.
Vitious ci faceva vedere una serie di Incantesimi che conoscevo
già fin troppo bene: potevo anche distrarmi, tanto sapevo
che cosa sarebbe accaduto dopo. Mio padre, notoriamente, non era mai
stato un granché con me e mio fratello, ma non si era mai
risparmiato per la nostra educazione e istruzione, non facendoci mai
mancare nulla, a parte il suo amore e il suo interesse, e procurandoci
forse i migliori precettori di tutto il mondo magico. Dal mio punto di
vista, poi, permettendoci di passare quei mesi in Scozia, durante
l’estate, ci aveva procurato forse la scuola più
importante di tutta la nostra vita. Remus si era accorto che mi stavo
distraendo e mi colpiva piano il fianco sinistro col gomito, io gli
feci un sorriso da discolo, “Very
Black-BastardStyle” come diceva lui, poi, facendo
“NO” con la testa, rassegnato, tornò a
scrivere, senza più staccare il naso dal quaderno. Lo
guardai, era un amico perfetto per tutti noi, ma ero preoccupato. Fin
dal primo giorno sul treno mi aveva colpito la sua aria malaticcia,
pensavo fosse reduce da un’influenza o qualcosa di simile ma,
invece di migliorare, la settimana precedente era stato male di nuovo:
scosso da brividi, con gli occhi lucidi e acquosi testimoni di febbre,
era finito un’altra volta in infermeria per un paio di
giorni, ed era di nuovo riapparso con quel colorito pallido e
quell’aria pesta che ormai iniziavo a considerare la norma
per lui… Non avevo idea di cosa avesse, ma mi si stringeva
il cuore al pensiero che soffrisse. Noi cercavamo di non fargliela
pesare, però, perché gli volevamo già
tutti un bene dell’anima. Vitious mi richiamò, non
stavo eseguendo bene il compito, secondo lui dovevo muovere il polso in
maniera più gentile e fluida: io, però, non
essendo una femmina, volevo dimostrargli che sarei riuscito a eseguire
l’incantesimo anche a modo mio. Peccato che nella foga,
invece di far levitare solamente la mia, estesi senza volerlo
l’incantesimo alle piume di quelli che mi stavano
più vicini e le feci esplodere tutte insieme in mille
pagliuzze che si depositarono, buffe, sulla faccia di Dana Flint,
Tassorosso, seduta nella fila di banchi davanti alla mia, provocando le
risate dell’intera classe. Grazie a me, infatti, Dana rimase
con la faccia “impiumata” come una paperella!
“Ops…”
La ragazzina all’inizio non si dimostrò molto
comprensiva, ma mi ero già accorto che se facevo quel certo
sorriso storto che mandava ai pazzi mia nonna Melania e che faceva
inorgoglire tanto zio Alphard, - mi diceva sempre “Sei proprio mio nipote, ragazzo!”-,
potevo combinare qualsiasi disastro ma le ragazzine mi guardavano
estasiate, diventando rosse in faccia e perdonandomi subito.
“Se ti vedesse, mia madre
direbbe, “Sei
un malandrino, Sirius Black!”!”
Iniziò tutto così. Finita la lezione, stavamo
ciondolando pigramente per i corridoi, poco convinti all’idea
di andare dalla McGonagall, che ci avrebbe interrogato ferocemente.
Quando Remus se ne uscì con quella battuta, Potter, davanti
a me, camminava all’indietro, facendo l’imitazione
delle piumette che si attaccavano alla faccia di Dana e giochicchiando,
come suo solito, con il boccino che gli aveva regalato suo padre per
l’undicesimo compleanno; Peter l’osservava con
occhi sognanti, rapito da un’abilità manuale che
non avrebbe avuto mai. Sicuro che fosse un’altra scusa
perfetta per canzonarmi, Potter si fermò incuriosito, io
m’irrigidii, pronto a mia volta a rispondergli per le rime.
“Un malandrino? Che
cos’è, Remus, uno che fa scoppiare le piume in
faccia?”
James già rideva, si fermò davanti
all’aula di Trasfigurazione, impedendomi di entrare e vedere
se Meissa fosse ancora dentro, come speravo, visto che non
l’avevo incrociata per le scale. Remus, ghignando per la mia
faccia esasperata, gli diede corda, suscitando ancora di più
la mia insofferenza.
“E’ una lunga
storia, James… Mio padre da ragazzo si comportava come
lui… con le ragazze intendo… Mia madre chiama
Malandrini quei ragazzi capaci di rubare il cuore delle ragazzine con
uno sguardo, come fa Sirius…”
Rise e gli altri con lui, mentre io fingevo indifferenza e intanto
sbirciavo dentro l’aula, in cui erano rimasti solo Mulciber e
Snivellus. Rassegnato, non mi restava che occuparmi di loro, meritavano
una lezione!
“Avete finito? Tutta questa
storia per delle ragazzine! Io chissà cosa mi
credevo…”
“Ti pare poco?”
Peter mi guardava ammirato, ma a me non importava molto di quella
storia, a me non interessava il cuore di nessuna… tranne
una… Al più, potevo sfruttare le mie
capacità per ottenere favori o evitare guai. Da bravo Black.
“In effetti, penso
che… Se hai davvero fascino, dovresti sfruttarlo per
qualcosa di più delle ragazze…”
Ghignai allusivo, Peter non capiva, Remus sembrava intimorito, ma James
non si lasciò sorprendere.
“Sei un bastardo Serpeverde,
Black, davvero, sei una serpe fin nel profondo della tua anima
oscura!”
Mi fece l’occhietto ed io, tirando fuori la mia cravatta
rosso-oro e sventolandogliela sotto il naso, replicai senza indugi.
“Sono Grifondoro come te,
Potter, vedi?”
“Se lo dici tu… Per
me sei un’incognita, almeno finché non ti
vedrò tifare per la squadra giusta alla partita
Grifondoro/Serpeverde… E, fidati, quel giorno non
sarò solo io a guardarti, sarai osservato da
tutti!”
“Quidditch! Sempre questo
dannato Quidditch…”
Me lo lasciai alle spalle, ghignando divertito, mentre la mia mente
elaborava rapidamente scenari piuttosto divertenti, su quello che
doveva fare un vero “Malandrino” e soprattutto su
come fargliela pagare quella sera nei dormitori, poi mi voltai di
nuovo, di colpo, costringendolo quasi a cadermi addosso. Remus rise
della faccia sbigottita di Potter. Feci finta di non essermi accorto e
ripresi a enunciare i miei “programmi” ad alta voce.
“Secondo me, un Malandrino,
uno che, come dice Remus, ha fascino, dovrebbe formare una banda, una
banda chiamata “Marauders” e…”
“E? E cosa, Black? Conquistare
il mondo?”
Continuava a ridere e sghignazzare ma vidi che gli altri lo prendevano
dannatamente sul serio: sapevo cosa si diceva degli Slytherins, sapevo
cosa si diceva delle famiglie come la mia, ed io, pur migliorato
rispetto ai primi giorni, continuavo a comportarmi non sempre in modo
rassicurante. Da bravo Black avevo messo in agitazione tutti, solo
Potter era riuscito a tenermi testa da subito e a vedere
com’ero al di là del mio umore bizzarro.
“Potter per conquistare il
mondo non avrei bisogno di una banda, sono un
Black…”
Ammiccai, ridendo.
“E’ proprio vero,
sei un pallone gonfiato, Black!”
“Senti chi parla, occhialuto
invidioso!”
Peter, prevedendo una nuova “rissa” andò
a nascondersi dietro a Remus.
“Invidioso di cosa? Della tua
leggiadria sulla scopa? O delle tue abilità con le
piume?”
Ci guardammo in cagnesco poi scoppiammo a ridere, in quel momento Dana
e la sua amica ci superarono, dirette in classe: non era educato, per
un Black, lo sapevo, ma non potevo trattenermi, aveva ancora qualche
piumetta tra i capelli.
“Però ammettilo, la
mia è una signora scopa!”
“E’ vero, Black, ma,
ti prego, prometti di non salirci mai in pubblico, o diventerai la
barzelletta di tutta Hogwarts, dico davvero!”
“Mmmm… sai, James,
forse non hai tutti i torti!”
Remus ci guardò speranzoso, anche se sapeva che, con me e il
mio carattere altalenante, era presto per dichiararsi in salvo,
così cercò di convincerci a entrare in aula.
“Forse è meglio
darci una calmata e andare a lezione…”
“E dai, Rem… Sirius
ed io stiamo solo mettendo le basi del nostro gruppo… non
volete unirvi a noi?”
“Chi io?”
Peter e Remus risposero titubanti all’unisono, Minus con
l’espressione di chi pensa sia solo un sogno irrealizzabile,
Lupin leggermente preoccupato che stessimo parlando sul serio.
“Vedi qualcun altro,
Remus?”
“Ma…”
“Lupin potrebbe fare da
presidente onorario della banda, con licenza di riportarci sulla retta
via…”
James, pomposo come un re che investe il suo cavaliere, pose con
difficoltà la bacchetta sulla spalla di Remus, alto quasi il
doppio.
“… Peter, invece,
potrebbe essere il nostro segretario…”
Stavolta il gesto fu più semplice, Peter era il
più basso tra tutti noi. Poi si voltò verso di
me, ed io mi ritrassi, spavaldo, andando a urtare Longbottom che
entrava con Alice in classe. Potter sghignazzò di nuovo,
c’era bastata un’occhiata per capire entrambi cosa
stavamo pensando.
“Vieni qua, Black,
così ti faccio mio vice…”
“Ehi, Potter, non allargarti!
L’idea della banda è mia… chi ha detto
che ne saresti stato tu il capo?”
James rimase ammutolito, mentre lo guardavo con la mia solita
espressione strafottente: capii subito che non aveva considerato
neppure per un momento che qualcuno potesse mettere in un dubbio la sua
posizione di comando, all’interno del nostro gruppo.
“Ma sentitelo… chi
ti ha fornito l’idea?”
”Tutto quello che avete detto
voi tre, riguardava le ragazze… sono io che gli ho dato un
più ampio respiro…”
“Vuoi dire i
ragazzi?”
Peter disgustato mi osservava sempre più cinereo e
preoccupato.
“Quelli li lascio volentieri a
voi pivelli… Se
v’interessano…”
“Beh… Allora qual
è il tuo ruolo, Black? Se vuoi fare il capo, per
me… va bene… e per voi?”
“No, no…
Né capo né gregario… Io sono un cane
sciolto, Potter! Sono appena sfuggito a un guinzaglio, non me ne faccio
mettere un altro, neppure per gioco…”
Ghignai e dando loro le spalle mi avviai in aula, dove continuammo a
prenderci giocosamente in giro, rimediando un paio di rimproveri dalla
McGonagall: in questo modo finì che ci interrogò
tutti e quattro sostenendo che, se avevamo tanto da parlare, era meglio
che lo facessimo con lei. Per fortuna andò abbastanza bene,
così poi continuammo ancora ad azzuffarci per tutta la pausa
pranzo, divertendoci con quella storia del cane: secondo Potter era
meglio se fossi nato animale, invece che ragazzino, io gli rispondevo
sostenendo che anche lui come rospo era più credibile che
come umano. Remus ci mise un bel po’ a riportarci
alla ragione, ma era palese quanto quell’invito a far parte
di un gruppo gli facesse piacere: l’avevo visto spesso sulle
sue, a causa della timidezza e di un timore indefinibile, ai miei occhi
assurdo, visto quanto fosse in gamba! L’idea di una
banda, una banda in cui ci fosse Remus e in cui gli altri mi vedevano
non solo come un gregario mi piaceva: io non avevo mai avuto amici e
compagni di giochi, a parte mio fratello, inoltre a Grimmauld Place non
c’era l’aria adatta ai
ragazzini. Sì, iniziavo davvero ad apprezzare la
vita alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
*
“Guardatelo… sogna
sempre la sua principessa a occhi aperti!”
“Finiscila, Potter! Stavo
pensando a cosa potremmo fare con la banda…”
Eravamo diretti alle serre per l’ultima lezione della
giornata, affrontando una pioggerellina leggera, unica testimonianza,
insieme alle pozze di fango sparse un po’ ovunque, della
tempesta violenta di quel giorno. Frank, Alice e Lily erano una ventina
di passi avanti a noi, io mi aspettavo di incrociare Meissa da un
momento all’altro, per la strada: le Serpi avevano avuto
lezione di Erbologia subito dopo pranzo, noi eravamo reduci da Difesa
col professor Pascal, un’ora, come al solito, al limite
dell’assurdo. Peter, dietro a tutti noi, pendeva dalle mie
labbra, James giochicchiava di nuovo col boccino davanti a me, evitando
le pozze più grandi e schizzando su quelle più
piccole, Remus, al mio fianco, ci dava il ritmo.
“E, sentiamo, che cosa
potremmo farci con questa banda?”
“Mmmm… per prima
cosa potremmo affrontare la foresta dei misteri…”
Sentii Peter, inorridito, squittire dietro d me, mi voltai e, con
sguardo poco rassicurante, infierii ulteriormente.
“Non ti preoccupare, Minus,
noi maghi oscuri sappiamo come trattare con i mostri della foresta...
”
“Sì, un Mago Oscuro
che fa solo danni con la bacchetta!”
“Potter, Potter… Tu
non sai… Una volta ho persino tinto di blu la coda del gatto
di Sherton!”
“E sei ancora vivo?”
“Naturalmente, Peter, se le ha
fatto quel suo sorriso strano, di certo l’ha messa ko e ha
avuto tutto il tempo per fuggire!”
“E con questi bei precedenti
hai il coraggio di distrarti a lezione, Sirius? Non ho
parole…”
“Tu, con lei, staresti
benissimo, Remus: tutti e due fissati con i libri!”
“E due…”
Remus si fece rosso e da quel momento rimase zitto mentre Potter rideva
sguaiatamente. Lo fulminai e invece di smettersela, James rise ancora
più forte.
“Quello magari lo faremo in
primavera, per ora dovremmo concentrarci sul castello: potremmo
esplorarlo, dobbiamo assolutamente trovare una scorciatoia per le
cucine… non so voi ma a me spesso viene fame di
notte…”
“Ecco perché i
primi giorni facevi tutto quel casino la mattina, Black… Sei
sfondato!”
“Smettila di giocare, Potter,
è una cosa seria… Dobbiamo scoprire i segreti del
castello… Quando mio padre è
abbastanza… ehm… sbronzo da lasciarsi sfuggire
qualcosa di troppo… racconta storie davvero interessanti.
Una volta gli ho sentito dire che il castello nasconde tanti tesori e
che lui ne aveva scoperti alcuni davvero niente male, su al settimo
piano… e non sono balle, perché anche Alshain
Sherton dice che chi conosce i segreti di Hogwarts può
diventare addirittura il padrone del castello…”
“Mmmm…
Anch’io ho sentito storie simili… Non sarebbe male
riuscire a conoscere quei segreti, Black… e
forse… Conosco anche un modo per farlo, abbastanza
facilmente… e in sicurezza”
James aveva un sorriso malizioso: sicuramente celava un segreto
succoso, ma anche se morivo dalla curiosità, non potevo
indagare oltre, un Black non si abbassa mai…
ohhhh…
Al diavolo i Black!
“Secondo me ora che abbiamo
una banda, una banda seria, potremmo occuparci anche di un certo
Snivellus… Avete visto come alza la cresta ultimamente a
Pozioni? Non fa altro che prenderci in giro… Chi si crede di
essere?”
“Mmm… Non lo so,
James…”
“Come? Proprio tu che lo punti
da quel giorno sul treno, ora ti tireresti indietro, Black?”
“Mi manca una vera
motivazione, Potter…”
“E’ un Serpeverde,
Black, e fa il bastardo con tutti noi, le motivazioni per me sono
sufficienti…” “Non so,
James…Voglio dire… Mi prende in giro
perché sono Grifondoro e fa il bastardo, vero, ma si
comporta come quasi tutti i Serpeverdi, mica posso giustiziarli
tutti!”
“Giusto! Hai
ragione… almeno una la devi risparmiare!”
Mi fece l’occhietto e complice la nuova aria cospiratoria che
si respirava tra noi, vidi che anche Remus e Peter arricciavano le
labbra in un sorriso “malandrino”, seppur ancora
timidamente.
Perfetto…
la banda, la mia banda, si è già coalizzata
contro di me e mi deride.
“Manica
d’invidiosi!”
“Hai ragione, forse siamo
invidiosi, ma è un vero mistero cosmico che quella
principessa ti dia ancora spago, soprattutto ora che vai in giro con
questo cravattino…”
Potter mi guardava in tralice, sempre con la risata pronta a
scoppiargli di nuovo sulle labbra.
“Forse
c’è qualcosa di più di uno stupido
cravattino, Potter!”
“Wow, Black, sei fantastico!
Grazie a te ho appena vinto la scommessa! Remus, mi devi una scatola di
cioccorane!”
“Che stai dicendo?”
“Avevo scommesso con Remus
che… ma lasciamo perdere, a me va bene così,
Black… La banda si prenderà le ragazze, visto che
tanto non t’interessano, a te lasciamo la principessa e i
segreti del castello… è perfetto!”
Fece l’occhietto a Remus che sorrideva un po’
timido e tanto imbarazzato. Fu allora che vidi la scena. Fu
allora che accadde tutto, in pochi secondi. Mei ed Evan stavano
parlottando animatamente, lui era particolarmente radioso,
probabilmente non aveva passato un solo secondo durante quella lunga
giornata lontano da lei. Snivellus, al fianco di Meissa, si
staccò veloce dai due, per andare a parlare con Lily Evans,
ormai a pochi passi da lui. Evan cercò la mano di
Meissa, impacciata, sorridendole in maniera assolutamente disgustosa.
Sentii il sangue andarmi al cervello, tutto il mio campo visivo assunse
una strana colorazione rossiccia, mentre le mie mani si stringevano a
pugno e la destra cercava e impugnava la bacchetta.
“Che cosa fai
Sirius?”
La voce di Remus sembrava venire da una terra lontana e misteriosa,
James, comprendendo la situazione meglio degli altri, cercò
di bloccarmi ma io mi divincolai, mentre il mio corpo sembrava non
rispondere a nient’altro che alla furia del sangue.
“Lasciami in pace,
James!”
“Non fare lo stupido,
Black… sono compagni di casa…
è… normale… dai…”
“Lasciami andare ti ho
detto!”
Lo fulminai mentre mi divincolavo di nuovo dalla sua stretta, mi
avvicinai ancora più rapido, la bacchetta serrata con forza,
nascosta tra le pieghe del mantello. Ormai tra me ed Evan
c’erano pochi passi e le coppie formate da Alice e Frank,
Snivellus e Lily.
“Sirius!”
“Furnunculus!”
“Ahhhhhhh!”
Con sommo orrore mi resi conto che la voce che urlava non era maschile:
corsi con lo sguardo verso Meissa, che guardava, orripilata, davanti a
sé, mentre Lily si accasciava a terra e si teneva le mani
premute sulla faccia. Mei mollò sul posto Yaxley per correre
verso la sua amica, con Frank e Alice, Evan rimase indietro con un
ghigno trionfante, tipico delle Serpi che godono nel vedere soffrire un
Grifone, che riusciva a trattenere a stento. Snivellus si
voltò verso di noi, osservando la scena, cercando di capire
cosa stava accadendo, posò gli occhi su di me e
sembrò comprendere all’istante la
verità. Sapevo che me l’avrebbe fatta pagare e che
me lo meritavo, nascosi per quello che era possibile la bacchetta tra
le pieghe del mantello, mentre la sua faccia si trasformava in una
maschera di odio e di rabbia, poi iniziò a camminare
velocemente verso di me, via via sempre più rapido, sempre
più arrabbiato, brandendo la bacchetta a sua volta.
“Tu!”
Mi apostrofò con la bava alla bocca e gli occhi assassini.
Forse dovevo difendermi, ma ero talmente
mortificato… Io non volevo far del male a Evans,
non mi piaceva, ma… Severus era ormai a pochi
passi, ero pronto a subire l’impatto del suo pugno o una
dolorosa fattura, quando lo vidi passarmi a fianco e superarmi. Poi ci
fu l’urlo di Remus dietro di me. Davanti a me Meissa guardava
al mio indirizzo disgustata. Mi voltai, Snivellus e James si rotolavano
a terra nel fango, non riuscivo a capire, se le stavano dando di santa
ragione.
“Fermatevi, fermatevi
subito!”
Remus cercava di staccarli l’uno dall’altro,
aiutato da Peter e da Frank che li aveva raggiunti, ma appariva poco
propenso a intervenire, Snivellus intanto si era attaccato come la
piovra gigante del Lago Oscuro a James, che, come una tigre, si
difendeva dai suoi pugni tirati a casaccio.
“Brutto bastardo, te la prendi
con le ragazzine!”
“Veramente ho mirato a un
brutto ceffo come te, Snivellus!”
Ancora botte: io non capivo, restavo immobile, come un perfetto idiota.
Mei prese sotto braccio Lily, corsi verso di lei. Avevo le lacrime agli
occhi, era tutta colpa mia.
“Come sta?”
“Begli amici ti scegli,
Black…”
Feci alcuni passi per starle dietro, poi fummo richiamati dagli
strepiti della professoressa Sprite, uscita dalle serre per le urla e
il baccano.
“Cinquanta punti in meno a
Grifondoro! Cinquanta punti in meno a Serpeverde! Potter, Snape,
smettetela subito di picchiarvi! Una settimana di punizione a testa e
ora via dal preside! Signorina Sherton, accompagni la signorina Evans
in infermeria! Grifondoro venite dentro le serre, Serpeverde tornate
immediatamente al castello! Lo spettacolo indegno è
finito!”
“Complimenti per il casino,
Sirius!”
Remus mi sfilò di fianco con il viso nero di collera,
dandomi una mezza spallata, cosa davvero strana per lui, Peter lo
seguì all’istante, mogio mogio; passammo tutta la
lezione in silenzio, io sempre con la testa lontana, cercando di capire
come farmi perdonare da James e soprattutto, capire come avesse fatto a
prendersi la colpa al posto mio. E perché.
*
Non avevo fame quella sera, studiai per conto mio nascosto nel mio
baldacchino, le tende tirate: sapevo che la mia presenza non era
gradita agli altri in quel momento. Non avevo mai visto Remus
tanto arrabbiato con me, d’altra parte mai l’avevo
fatta così grossa, mai avevo tradito tutti, mai
avevo… James si era preso una settimana di punizione, una
bella lavata di testa da Dumbledore in persona, poi anche dalla
McGonagall, che aveva stabilito che avrebbe passato le successive sette
serate nel suo studio a subire le sue paternali e non so che
cos’altro. Aspettavo con impazienza che tornassero in camera,
dovevo farmi spiegare da James che cos’era successo, poi, il
giorno dopo, appena possibile, avrei confessato personalmente le mie
colpe agli insegnanti. Forse mi avrebbero spedito subito a casa,
così finalmente mettevo la parola fine... Ma non importava,
non mi andava che James ci rimettesse per me. Anche se, confessando,
Meissa…
“James…”
Alla fine era tornato, seguito da Peter e Remus che andarono a sedersi
silenziosi sui loro letti. Frank non c’era, avevo sentito
dire che, prima di cena, aveva chiesto alla McGonagall di poter
cambiare stanza, perché non riusciva a concentrarsi con noi
quattro che facevamo sempre chiasso… In effetti, tornando
nella nostra stanza, mi ero accorto che tutte le sue cose erano
sparite, restavano il suo letto e il suo armadio, vuoti. In un altro
momento mi sarebbe sembrata una delle sue solite idee stravanti da
ragazzino troppo per bene, ma in quel momento nemmeno io riuscivo a
dargli torto. E nella memoria si riaffacciò il
ricordo della prima notte da solo nella mia stanza, a Grimmauld Place,
dopo che mia madre aveva trasferito Regulus in un’altra
stanza. Sospirai. Potter mise le sue cose sul tavolino che divideva i
nostri baldacchini, poi si sedette sul bordo del suo letto, piegato in
avanti, a testa bassa, gli altri rimasero in silenzio.
“Perdonami, James…
io… non ho avuto il coraggio di dire che avevo fatto tutto
io Domattina andrò a parlare alla McGonagall e a
Dumbledore…”
Vidi con la coda dell’occhio Remus che si agitava un
po’ sulla sua posizione. James alzò la faccia, mi
aspettavo una sequela di giusti insulti e uno sguardo carico di
disgusto, invece i suoi occhi dorati mi osservavano sereni come sempre,
c’era persino la solita nota d’ironia in fondo.
“Smettila, Black…
Per me era un’occasione ghiottissima per fare a botte con
Snivellus: non sai da quanti giorni aspettavo solo il momento
giusto… E tu stasera… Non è colpa tua
se Snape non ha capito niente come al solito! E non è colpa
tua se quell’idiota si è spostato, facendo
sì che la Evans si trovasse sulla traiettoria della
fattura!”
“Ma ho taciuto e tu ti sei
preso tutta la colpa…”
“Black… Non sei tu
che ti sei rotolato nel fango con Snivellus, la punizione me la merito
tutta… E… tu ti sei preso anche la razione di
botte che dovevo prendere io, laggiù in quei
sotterranei… ora siamo pari…”
“Non
capisco…”
“E’ tanto chiaro,
Black, tu e Potter siete due emeriti imbecilli!”
Remus: lui sì che ancora teneva il broncio, a guardarlo bene
aveva la stessa espressione acidina di nonna Melania quando mi diceva
“Sei un ragazzino dispettoso!” e trattenni a stento
un ghigno, ammirando quella strana e straordinaria somiglianza. Peter
continuava a torturarsi le mani, mentre James teneva fissi gli occhi
nei miei.
“Chiudiamola qui, Sirius, tu
avevi da perdere molto più di me, perciò ho
deviato la tua fattura da Yaxley a Snape, solo che Lily si è
messa in mezzo…”
“Che cosa? L’hai
fatto apposta? Ma non è possibile!”
“Andiamo Black…
credi davvero che solo nelle famiglie Slytherin i ragazzini imparano
questi trucchi a undici anni?”
“Perché?
Perché l’hai fatto?”
“Perché siete due
idioti…”
“Perché se avessi
portato a termine la tua cavolata Black, ti saresti giocato
l’amicizia della tua principessa… poi toccava a
noi consolarti…”
Ghignò all’indirizzo di Remus e Peter, che
evidentemente non si aspettavano una rivelazione del genere, per un
attimo l’espressione delusa di Lupin si addolcì,
si mise a far “no” con la testa come suo solito, ma
poi tornò a sorridere.
“Quindi ora sono in debito con
te, Potter… molto più di quanto avessi
immaginato…”
“No, Black…
perché ora noi quattro siamo parte della stessa famiglia,
siamo Marauders, ricordi?”
“Tutti per uno, uno per
tutti?”
Remus guardò James che gli sorrise e annuì, io
non capivo. Anche Peter sembrava aver capito qualcosa che a me era
oscuro.
“Di cosa diavolo state
parlando?”
“E’ un bel racconto
dei babbani, Sir… ti farò leggere il libro, me
l’ha regalato mio padre…”
Remus si avvicinò e tese la mano rovesciata verso la mia,
Peter sbucò alle sue spalle e poggiò la mano
sulla sua, James a sua volta la mise su quella di Peter. Tutti mi
guardarono, mentre basito restavo seduto sul mio letto.
“Tra amici, amici veri, ci si
toglie dai guai a vicenda, Black… giornate come questa, tra
amici, sono la norma, metti qui la tua mano e consideraci tuoi compagni
e fratelli, perché è questo ciò che
siamo l’uno per l’altro, da adesso in
poi…”
Mi alzai e come un automa, senza ancora aver capito appieno il valore
di quanto stava succedendo in quel momento in quella stanza, misi a mia
volta la mano su quella di James. Poi mi ritrovai ad abbracciare e a
essere abbracciato da tutti quanti.
*
Quella era stata una strana giornata, a questo pensavo mentre
cercavo invano di prendere sonno nel mio baldacchino, sentivo James
rotolarsi tra le coperte e respirare leggero, Remus non mugolava
più come i primi giorni, Peter invece stava ronfando, come
sempre. Il senso di appartenenza ormai era ancora più forte,
sentivo che ora ero, anzi, eravamo diversi. Avevo appena imparato che
non avevo solo tre compagni, ma qualcosa di simile a tre nuovi fratelli.
Per la prima volta mi addormentai consapevole che, pur chiamandomi
Black, non sarei stato mai più solo.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010). L'immagine a inizio
capitolo è di Lumosita.
Valeria
Scheda
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