La
mia morale
«Dai,
ragazze, volete decidervi?»
«Senti
un po', datti una calmata Giaco!» sbotta Tita, lanciando
un'occhiataccia al nostro amico che ci richiama dall'interno della
piscina.
Io
li osservo divertita, ma per qualche motivo non riesco a muovermi
dalla sdraio. Sono troppo comoda e non ho voglia di andare in acqua.
«Ma
smettetela! Sembrate balene spiaggiate!» rimarca lui,
facendoci la linguaccia.
Balzo
in piedi e lo fisso malissimo; da quando siamo arrivati in piscina
non fa che rompere le palle, non so perché sia così
intrattabile, ma pare in fase premestruale più di me.
«Hai
rotto Giaco! Senti, vuoi farti il bagno? Fattelo e lasciaci perdere!»
ribatto acida.
Gabri,
dal canto suo, lancia un'occhiata interrogativa a Tita, poi
interviene: «Su, non litigate. Ragazze, se entrate in acqua,
promettiamo di non schizzarvi!».
«Ma
chi ci crede?» sospira la mia amica, sfilandosi il prendisole
color sabbia.
«Appunto»
concludo.
Dopo
altri battibecchi riescono a trascinarci in piscina, anche se io so
che sarei dovuta rimanere sulla sdraio a fare l'indifferente, ma
questo non rientra nel mio carattere.
Non
appena sfioro l'acqua con la punta del piede, sia Giaco che Gabri
cominciano a inondare sia me che Tita, che finiamo per tuffarci
cercando di vendicarci.
Ma
ora non ha più senso: loro hanno raggiunto il loro scopo e noi
siamo fregate. Che sfiga.
Quando
finalmente usciamo, sono sfinita ma felice, perché alla fin
fine mi sono divertita con i miei amici. Loro sono le persone che non
mi giudicano, che non invadono i miei spazi e a cui riesco a tenere
testa come se niente fosse. Tita, in particolare, sa quando non
voglio essere disturbata, quando sono in un momento negativo o cosa
può usare per minacciarmi quando mi rifiuto di dirle cosa mi
affligge.
Come
quella mattina nel bagno della scuola.
Non
devo pensarci, lo so. Però, anche se non sembra, qualcuno mi
ha dato le facoltà mentali per elaborare pensieri, e spesso
questi pensieri sono fastidiosi e poco piacevoli.
Quando
io e Tita riusciamo a spedire i ragazzi al bar perché devono
farsi perdonare e un gelato è la cosa più adatta a tale
scopo, la mia amica mi osserva con uno sguardo un po' preoccupato,
che non riesco tanto a interpretare.
«Tita,
cosa c'è?»
«Tu
pensi che Gabri mi ami, Berty?» mi chiede a bruciapelo.
«Ma
certo!» salto su senza esitazioni. Non ho alcun dubbio a
riguardo, quei due sono fatti l'uno per l'altra, perché mai si
mette certe stronzate in testa?
«Sono
confusa, mi sembra...»
Mi
guardo intorno per paura che i ragazzi siano di ritorno, poi ribatto:
«Senti, non devi avere dubbi! Lo vedo come si comporta. Forse
non sono adatta a queste cose, non sono esperta e non ne voglio
sapere... però non sono cieca, né rincoglionita! Ma ti
dico una cosa: parlagli. Solo così potrai capire se ti
nasconde qualcosa, se ci tiene davvero. Parla con lui e guardalo
negli occhi, non permettergli di scansare lo sguardo».
Da
dove viene tutta questa saggezza? Mentre questa domanda prende forma,
vedo che anche Tita sta pensando la stessa identica cosa, dato che mi
fissa a bocca aperta senza sapere cosa ribattere.
«I
consigli sono più facile da dare che da seguire» ammette
infine chinando il capo.
«Lo
so, ma bisogna provarci. Cosa ti fa pensare che lui...»
«Lo
sento distante Berty, tutto qui. Ma tu hai ragione, ne discuterò
con lui e si vedrà.»
Ci
guardiamo in silenzio e sento che mi dispiace davvero che Tita abbia
dei dubbi su Gabri, perché a me pare che tra loro vada tutto
benissimo e che non potrebbero mai stare separati.
«Ma
dovresti seguire anche tu il consiglio che mi hai dato» se ne
esce lei all'improvviso.
«Eh?»
sbotto sorpresa.
«Con
Filippo. Dovresti parlarci.»
Non
capisco cosa dovrei dirgli. Io non volevo pensare a lui, non ora, non
più. Ma lei sembra volermi indurre verso questa direzione e io
non so cosa dirle. Da quando lui è venuto a pranzo a casa mia
e dopo che insieme abbiamo vissuto quello schifo, non abbiamo più
parlato.
Non
ho voluto farlo io e lui ha rispettato la mia decisione,
semplicemente perché è convinto che tornerò da
lui non appena me la sentirò. Non ha ancora capito che non
dipendo da lui, che la mia vita va avanti e non c'è niente che
possa accomunarmi a una persona del genere.
«Per
dirgli cosa?»
«Che
ti dispiace» mormora Tita serissima.
«Ma
non mi dispiace» sibilo tra i denti, rendendomi conto
troppo tardi di aver stretto i pugni e che lei se n'è subito
accorta. «Semplicemente non ha senso, io e lui non abbiamo
niente da spartire» aggiungo, e mi sento piuttosto patetica.
Cerco sempre di mentire a Tita, ma ormai dovrei sapere che lei –
come nessun altro – mi conosce troppo bene.
«Albertina,
ascoltami» dice lei con tono solenne, allungandosi per
afferrarmi le mani e stringerle tra le sue.
La
scena mi preoccupa, è un momento molto strano e ho anche paura
di ciò che lei sta per dirmi, ma mi limito ad annuire e
attendere. Inoltre spero che i ragazzi non tornino proprio ora
da noi.
Ma
ovviamente, proprio in quel momento, quei due cretini piombano da noi
sventolandoci davanti agli occhi due cornetti. Quando io e Tita li
osserviamo, hanno dipinto in faccia un sorriso troppo stupido che ci
fa scoppiare a ridere, perciò non riusciamo a incazzarci per
aver interrotto il nostro momento.
Cominciamo
tutti insieme a fare merenda, ma io sono curiosa di sapere cosa
voleva dirmi la mia amica.
Non
appena finisco di mangiare, mi alzo per andare a buttare la carta del
gelato in un cestino e i miei occhi incontrano quelli azzurri di
Checco. Cerco di non paralizzarmi in mezzo al nulla, però è
fottutamente difficile, merda.
Faccio
tutto di fretta e distolgo subito lo sguardo, non ho proprio voglia
di incasinarmi.
Tita
invece sta guardando proprio in quella direzione e non mi dà
neanche il tempo di tornare a sedermi, afferra la sua borsa, si alza
e annuncia: «Ragazzi, noi andiamo in bagno. Grazie ancora per
il gelato, siete dei tesori!».
E
poco dopo mi sento trascinare verso la toilette delle donne. So cosa
sta succedendo, ma non ne ho voglia, ora non me la sento di
affrontare cose poco importanti e che potrei affrontare con calma
prima o poi. Perché non lo capisce?
«Ti
dicevo prima, appunto, che devi fare qualcosa!»
mi incita Tita senza neanche entrare in bagno. «Ma hai visto
come ti ha guardato?» aggiunge fermandosi di botto e
afferrandomi per le spalle.
«E
come?»
«Ti
stava mangiando con gli occhi, ti stava...»
«Okay,
stop! Non voglio vomitare, ti prego» la blocco, sollevando le
mani in segno di resa.
Ho
capito il concetto, ma non lo accetto.
«Insomma, si
nota che c'è qualcosa tra di voi! Sai, è un po' come
quando tu parli di me e Gabri: cosa mi hai detto poco fa?»
Rimango basita da
quelle parole, faccio per dire qualcosa, ma lei subito mi ferma con
un gesto della mano.
«Non sono
cieca Albertina, anche io mi rendo conto delle cose, sai?»
«Ma tu lo sai
come sono fatta» mi arrendo, stanca di negare l'evidenza. Non
so perché, ma quel ragazzo mi fa uno strano effetto e io non
posso negarlo neanche se lo volessi con tutta me stessa. Ci ho
provato, ho fatto di tutto per allontanare il pensieri, ma purtroppo
è evidente.
«Puoi
migliorare, puoi farcela! Devi darti un'opportunità, e darla
anche a lui» sorride lei con una dolcezza infinita. «Quel
ragazzo stravede per te, lo vuoi capire una buona volta?»
Mi volto nella
direzione in cui ho visto Checco poco fa: è seduto su una
sdraio e scherza con i suoi amici, i capelli scompigliati dalla
brezza e la pelle abbronzata esposta al sole; mi soffermo a osservare
i suoi movimenti e all'improvviso avverto come l'impellente necessità
di essere accanto a lui e di toccarlo.
Mi riscuoto con
violenza e fisso Tita, dopo aver preso la mia decisione.
«No»
dico con fermezza. «Non funzionerà.»
Poi le do le spalle,
osservo la piscina e comincio a correre ancor prima che lei possa
aggiungere altro. La sento chiamare il mio nome, ma mi getto in acqua
e dimentico tutto ciò che mi circonda.
Non
funzionerà mai.
Chiudo gli occhi e
comincio a nuotare per tutta la piscina come una forsennata,
scaricando così tutta la tensione che il farneticare di Tita
mi ha scaraventato addosso.
Mi conosco. Posso
capire il romanticismo di Tita, posso capire le sue speranze e posso
capire anche che tra me e Checco c'è irrimediabilmente
qualcosa. Ma la realtà è un'altra cosa, la
realtà è fatta di traumi da dover superare, traumi che
non si riescono a superare.
E il fatto che mia
madre si sia già fatta le pippe mentali su me e il suo adorato
allievo mi fa ribrezzo, oltre che irritarmi all'inverosimile.
Ogni tanto quel
terribile momento in camera mia torna a tormentarmi, il ricordo di me
e Checco che ci guardiamo impietriti mentre quelle due bestie si
accoppiavano come se non ci fosse un domani. Quell'abominio che mi
rende così inavvicinabile.
Quando riemergo, mi
viene quasi un colpo e d'istinto cerco di indietreggiare, ma in acqua
– e soprattutto in un punto così profondo –
mi risulta veramente impossibile.
Filippo è di
fronte a me e mi sorride tristemente, tenendosi a galla senza quasi
muoversi.
«Vuoi farmi
morire?» lo aggredisco cercando di calmarmi prima che lui si
renda conto di qualcosa.
«No»
risponde semplicemente, poi mi afferra per un polso e mi trascina
verso un punto meno profondo della piscina, poco distante dal bordo.
Non oso sollevare lo
sguardo verso i miei amici, perché non so cosa stanno pensando
e ho paura di scoprirlo.
Quando ci fermiamo,
lui subito mi lascia andare e spiega: «Avevo paura che non
saresti più riemersa».
Rimango
spiazzatissima, non me l'aspettavo minimamente e credevo che avesse
delle intenzioni completamente diverse.
«Cercavo solo
di dimenticare» mi sento dire, e non so perché cazzo
l'ho detto. Sto diventando cretina e la cosa peggiore è che
questo è anche e soprattutto causato dalla sua presenza.
«Dimenticare
non è mai facile, a volte è inutile provarci»
commenta.
Senza accorgermene,
mi ritrovo con le mani intrecciate alle sue sott'acqua e la cosa non
mi sembra poi così male; è come se avessi l'impressione
che nessuno può saperlo, nessuno se ne può accorgere.
Sì, sono proprio andata, completamente!
«Perché
non lasci che io ti eviti?» gli chiedo stancamente, non sapendo
più cosa utilizzare per difendermi da questa situazione
impossibile.
«Perché
non voglio» ribatte subito. «Perché ti
voglio» aggiunge in un sussurro.
Mi sento invadere da
una sensazione incredibile, indescrivibile, qualcosa che non avevo
mai provato prima e che non sono sicura di star provando adesso.
Sembra paradossale, qualcosa di così strano che non riesco
neanche a sentire reale, ma che è reale eccome!
«Albertina,
lasciati amare, ti prego» continua a dire, stringendo più
forte le mie mani tra le sue. Mi strattona leggermente e mi fa
avvicinare di più a lui.
Sono impotente, non
posso impedirglielo, non voglio impedirglielo, dannazione! Non
devo permettere a Maria Vittoria di rovinarmi la vita più di
quanto non abbia già fatto. Non è detto che stare con
Checco significhi che io e lui ci accoppieremo come bestie, no,
assolutamente no. Lo sento, sento che lui avrà rispetto nei
miei confronti, per la prima volta lo capisco. Sa cosa vivo ogni
giorno con i miei genitori, non farebbe mai nulla per farmi soffrire
e per farmi sentire a disagio. Avrei dovuto capirlo da
quell'abbraccio in camera mia, ma ero troppo scossa e cocciuta per
ascoltare le sensazioni che stavano più in profondità.
«Non qui»
sussurro soltanto, poi mi allontano da lui ed esco dalla piscina,
sconfitta per la prima volta nella mia vita, anche se mi sento tutto
fuorché perdente.
Ho capito qualcosa
di me stessa, devo soltanto metterla in pratica. Forse questo è
solo uno dei piccoli passi che dovrò fare nella mia vita, ma
da qualcosa si deve pur cominciare.
Lo so che voi, cari
lettori, stavate leggendo una storia comica, ma c'è sempre una
morale anche nelle scene più divertenti e nelle situazioni più
buffe.
La mia morale è
questa: i mostri non spariscono da soli, bisogna combatterli; ed è
sempre meglio quando qualcuno accanto a noi ci tiene la mano e ci dà
la forza per affrontarli, perché noi esseri umani non siamo
fatti per vivere in solitudine e abbiamo tanto da imparare da chi ci
circonda.
Albertina vi saluta,
augurando buona vita a tutti voi.
Siate forti, abbiate
fiducia nel prossimo, ma soprattutto in voi stessi.
Lo
so, lo so... non vi aspettavate che la storia di Albertina finisse
così, immagino.
Be',
neanche io, devo essere sincera: pensavo che si sarebbe conclusa
presto, ma non così presto. Non odiatemi, vi prego.
So
che i più romantici avrebbero voluto saperne di più di
Berty e Checco, ma vi dico fin da ora che ho altri progetti per loro
e che quindi vi conviene stare all'erta! ;)
Per
il resto, la storia – come vi ha detto Berty stessa – è
nata come una comica e come tale dev'essere letta e interpretata, ma
diciamo che non sono portata per le nonsense o le demenziali che non
hanno un messaggio tra le righe, se capite cosa intendo. La mia
intenzione è sempre quella di far crescere i miei personaggi,
spesso facendo capire a loro e a me stessa cose che senza la
scrittura e senza un cammino di questo tipo non verrebbero mai
comprese.
Spero
che questa idea di comico/morale sia piaciuta a tutti e che non mi
uccidiate per aver già concluso la narrazione XD
Bene,
ora passiamo ai ringraziamenti! Un grazie, innanzitutto, a chi ha
seguito questa storia, anche senza mai commentare: se l'avete letta e
vi ha fatto piacere farlo, ben venga. Io comunque sono qui se volete
lasciare una recensione, non la rifiuto e non vi mangio! :P
Ma
il grazie più grande va a DreamNini,
Seiyako,
Marss,
Soul_Shine,
nanami02,
Frenzthedreamer
(anche per avermi concesso di utilizzare i suoi Scarti del
Caseificio), Hanna
McHonnor,
Milkendy,
Martinez_,
MaximWalker,
ToraStrife.
Ognuno di voi mi ha dato tanto e mi ha sostenuto durante la stesura
della storia, che non è stata per me affatto semplice. Chi più
chi meno ha recensito i miei capitoli e qualcuno di voi c'è
stato dall'inizio
alla fine, senza lasciarmi neanche un attimo da sola, ma per me siete
stati importanti tutti. Grazie di cuore, davvero, se Berty è
cresciuta ed è arrivata fin qui non è solo merito mio,
lo sapete bene.
Ora
mi ritiro e vi saluto tutti, alla prossima e non dimenticatevi di
stare attenti, perché Berty potrebbe spuntare da un momento
all'altro nel mio profilo e lanciarvi una delle sue assurde sfide :D
A
presto,
Kim
♥
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