12
Lara, lo
sguardo perso nel vuoto, se ne stava immobile nel letto d'ospedale.
Sembrava non
cosciente del mondo intorno a lei.
L'infermiera
che si occupava di lei da ormai una settimana le accarezzò i
lunghi capelli abbozzando un sorriso.
“Ora
piccola facciamo la medicazione ok?” le disse ben sapendo che
la ragazza non avrebbe risposto.
A dire il vero
molti trovavano stupido parlarle ma lei era sicura che la giovane la
stesse ascoltando e che la capisse nonostante fosse lontana anni luce
da lei con la mente.
Aveva sempre
pensato che, per sfondare il muro immaginario fra lei e gli altri,
occorresse creare un contatto.
Per questa
ragione parlava a Lara costantemente, la accarezzava, cercava di
rassicurarla in ogni modo.
Ogni piccola
cosa poteva “risvegliarla” in qualche modo riportandola
alla sua vita di sempre.
Lasciò
vagare lo sguardo sulla guancia orribilmente ustionata provando un
moto di rabbia verso il responsabile di tale cattiveria.
Chi mai poteva
odiare qualcuno a tal punto da rovinarla per sempre?
Spostò
la lunga treccia bionda all'indietro e si voltò a prendere
l'occorrente per pulire la lesione.
“Dovresti
mangiare qualcosa. So che il cibo dell'ospedale non è il menu
migliore che ci sia in giro ma almeno ti serve per rimetterti in
forze e uscire da qua il prima possibile.” continuò a
parlarle mentre le passava delicatamente la garza imbevuta sulla
ferita.
La giovane
continuava a guardare il vuoto senza dare segno di recepire le
parole.
“Sai, ho
un fratello della tua stessa età, una vera peste. Sono sicura
che ti piacerebbe se lo conoscessi. È un tipo molto
divertente.” si lasciò sfuggire un sorriso mentre
pensava a Paul, il suo fratellino.
Lara prese a
dondolare avanti e indietro.
“Tesoro,
ancora un po' di pazienza. Lascia che mi occupi di te.” le
disse mentre la bloccava con un braccio.
La ragazza si
immobilizzò all'istante irrigidendosi.
In quei giorni
aveva capito che essere afferrata la spaventava.
Si chiese per
l'ennesima volta cos'aveva subito per lasciarla in quello stato.
Passò la
crema sulla carne viva cercando di essere il più delicata
possibile ma Lara sembrava non sentire dolore.
Le applicò
una benda pulita e si tolse i guanti posandoli sul carrello dietro di
se.
“Sei
stata bravissima.” le disse accarezzandole i capelli con
dolcezza cercando di reprimere il groppo che aveva in gola.
Vedere quella
ragazza così piccola e fragile in quel letto d'ospedale le
faceva male al cuore.
Avrebbe fatto
di tutto per tirarla fuori dal limbo in cui era caduta.
“Torno a
trovarti appena finisco il turno.”
Sospirò
guardandola ancora un momento prima di uscire dalla stanza.
**
Il
suono della porta che si chiudeva fu seguito dal silenzio assoluto.
Lara
riprese a dondolarsi avanti e indietro alzando lo sguardo e
puntandolo sulla porta dove appena un istante prima c'era Vera.
Le
piaceva quell'infermiera, era gentile e le parlava di continuo, era
come se sapesse che lei la sentiva.
Vera
era l'unica cosa positiva in quella sua vita fatta di silenzi e paura
in cui era piombata, come un raggio di sole che squarcia le nuvole.
Un
brivido le percorse la schiena mentre lentamente portava una mano
alla guancia lesionata.
Non
aveva avuto ancora modo di vedersi e non sapeva se ne avrebbe mai
avuto il coraggio.
La
sua vita era finita.
Lasciò
vagare la mente in quel mondo oscuro e pauroso in cui era piombata.
Un
lamento strozzato le uscì dalle labbra mentre lo sguardo
impazzito di Ariell le si scolpiva nella testa.
Non
avrebbe mai dimenticato quello sguardo omicida, la paura e il dolore
che ne erano conseguiti.
La
sensazione della carne che bruciava, la sua carne, non l'avrebbe mai
lasciata.
Vide
il palmo arrossato e bollente che si avvicinava al viso, sentì
un dolore cocente al viso e calde lacrime le caddero dagli occhi.
Ogni
notte la sognava, sognava Ariell che l'aggrediva.
Il
suo sguardo aleggiava nella stanza buia, maligno, perfido, pronto a
incenerirla in un istante.
Ormai
non riusciva più a dormire e quelle volte che la sedavano
cadeva in uno stato d'incoscienza, purtroppo persino in quello stato
riusciva ancora a vederla.
Non
ne sarebbe mai uscita.
La
sua voce gracchiante le riempiva le orecchie dandole l'impressione
che la testa potesse esplodere da un momento all'altro.
Non
riusciva a parlare anche se avrebbe tanto voluto, era come se il suo
cervello non riuscisse più a comandare la bocca.
Avrebbe
voluto dire a Vera tutto ciò che aveva subito ma, per quanto
tentasse le parole le rimanevano incastrate in gola lasciandola
frustrata e indifesa.
Ogni
giorno scivolava sempre più in quel mondo inospitale, tagliata
fuori da tutto e senza possibilità di scappare.
Sarebbe
impazzita a breve.
I
suoi genitori non facevano che piangere straziandole il cuore già
provato.
Così
aveva incominciato a chiudersi completamente, non provava più
nulla se non paura.
Prese
a dondolare ancor più velocemente mugolando tremante.
Strinse
le braccia attorno al corpo nel vano tentativo di proteggersi da quei
ricordi orribili.
Andò
avanti così finché Vera non tornò alle 20.00 per
salutarla.
La
trovò seduta sul letto ormai del tutto disfatto con le mani
intorno al corpo e le lacrime ormai secche a solcarle le guance
ceree.
D'impulso
l'abbracciò stretta.
Lara
si strinse in quell'abbraccio come ad un ancora di salvezza lasciando
che la donna alleviasse un po' del dolore profondo che sentiva
dentro.
**
“Si,
sto bene. Sono appena stata dal dottore e mi ha detto che è
tutto a posto.” disse Ariell per la terza volta.
Maddy
l'aveva pregata di chiamarla non appena avesse avuto notizie del suo
occhio.
“Ma
te l'ha spiegato il perché ha quell'aspetto?” chiese
ancora scettica l'amica.
“Si,
ho solo avuto qualche problemino con la pressione. Ti ho detto che
sto bene. Smettila di preoccuparti o vengo lì e ti picchio!”
sbuffò spazientita.
Adorava
Magdalena ma, talvolta, era peggio dei suoi genitori, non faceva che
preoccuparsi per lei in continuazione.
Forse
era perché la vedeva come una specie di bisognosa di
protezione a causa del suo malessere dovuto all'eterocromia, o forse
perché semplicemente le voleva un gran bene, fatto sta che
però a volte Ariell si sentiva come una bambina e ciò
la irritava molto.
Non
era una bambina e di sicuro sapeva badare a se stessa.
È
vero che a causa della malattia aveva spesso sofferto, specie nelle
relazioni sociali, ma in fondo non aveva fatto altro che renderla più
forte.
“Ok
ok. Scusami. È solo che mi preoccupo per te piccola
irriverente che non sei altro.” scherzò Maddy per
calmarla.
“Beh,
smettila di farmi da mamma. Ho bisogno della mia pazza amica e non di
una chioccia al momento.” la rimbeccò lei tagliente.
“Va
bene. Come vuoi.” rispose l'amica piccata.
Ma
che diavolo sto facendo?
Si
chiese Ariell cercando di sbollire l'irritazione improvvisa.
Le
cose andavano peggiorando di giorno in giorno, ormai per un nonnulla
si arrabbiava, rispondeva male, era nervosa.
Decisamente
qualcosa in lei non andava.
“Scusami
Maddy. Sono solo stanca e non mi sono ancora ripresa completamente
dalla faccenda di Tomas e Lara.” si giustificò prendendo
un grosso respiro.
“Lo
so. Vedrai che col tempo andrà meglio. A proposito, ieri ho
sentito che Jen è stata in ospedale...” sussurrò
Maddy stoppandosi.
“E...come
sta?” chiese Ariell titubante col cuore che batteva a mille.
“Ancora
sotto shock, non parla e non sembra dare nessun segno di
miglioramento.” terminò lapidaria l'amica.
“Non
volevo che le capitasse una cosa del genere. Insomma io sono ancora
arrabbiata con lei e la odio per quel che ha fatto ma non avrei
voluto che subisse questo.” confessò mestamente Ariell.
Non
poté fare a meno di ripensare a quando lei stessa l'aveva
irrimediabilmente ustionata.
Poteva
sentire ancora la soddisfazione fugace che l'aveva colmata in
quell'istante.
Un
brivido freddo le percorse la schiena mentre pregava perché
Lara non dicesse mai cos'era successo quel giorno.
“Si,
lo so. Non si riesce a scoprire chi sia stato. Chiunque sia è
un essere orribile e merita di subire la stessa cosa se non peggio.”
sentenziò Maddy con un moto di rabbia nella voce.
A
quelle parole il cuore di Ariell si strinse in una morsa.
“essere
orribile, mostro” erano le parole che più si
avvicinavano a ciò che era attualmente.
Si
chiese come l'avrebbe presa Maddy se avesse saputo che era stata lei.
Le
venne da piangere ma ingoiò quel groppo che le risaliva in
gola, non poteva
dirglielo.
Nessuno
l'avrebbe capita ma, del resto, nemmeno lei stessa riusciva a capire
cosa stesse succedendo.
Si
sentiva sempre meno umana come se si stesse trasformando in un
mostro.
Che
ne sarebbe stato di lei?
“Ora
devo andare Maddy, ci vediamo domani a scuola ok?” disse
sbrigativa.
Quella
conversazione le faceva male.
“Va
bene. Un bacio.” la salutò l'amica prima di riattaccare.
Mancavano
un paio di isolati alla sua casa e Ariell camminò con calma in
mezzo alla gente, completamente presa dai propri pensieri.
Aveva
cominciato a pensare di essere affetta da schizofrenia, era l'unica
spiegazione possibile, l'unica soluzione per accettare l'enormità
di quanto aveva fatto a Lara.
Era
talmente presa che per poco non superò la casa passando oltre.
Portandosi
una mano alla fronte tornò indietro e finalmente entrò
in casa.
Chiuse
piano la porta alle sue spalle e mosse qualche passo nel corridoio.
“Non
erano questi i patti. Ci avevano assicurato che non saresti mai
venuta a sconvolgere la sua vita!” la voce concitata del padre
le giunse cogliendola di sorpresa.
Si
fermò di colpo restando in ascolto.
“So
che avevo giurato ma penso sia il momento che lei sappia la verità,
non voglio sconvolgerle la vita ma se sono qui è perché
ho i miei motivi e vi assicuro che sono motivi seri.” la voce
sommessa di una donna arrivò da un punto imprecisato della
cucina.
“La
sconvolgerà. Non puoi arrivare così di punto in bianco
e pretendere di poter entrare così nella sua vita. Ha bisogno
di calma e sta affrontando un momento molto difficile.”
continuò il padre sempre più concitato.
Ariell
si sentì confusa.
Di
cosa stavano parlando?
Mosse
altri due passi fermandosi appena dietro al muro e sbirciò
verso la cucina.
Una
donna dai lunghissimi capelli corvini legati in una coda alta era
seduta di spalle e ascoltava Norman che la sovrastava, la madre era a
qualche passo di distanza, l'espressione del viso pieno di angoscia.
“Non
posso fare altrimenti. È una cosa della massima importanza e
ho tutti i diritti di conoscerla. Non voglio portarvela via, voglio
solo poter creare un contatto con lei. Non potete negarmelo.”
disse la donna con voce implorante ma allo stesso tempo decisa.
“Caro
ti prego calmati. Ho paura anche io ma credo che prima o poi lei
debba sapere la verità, ne abbiamo parlato tanto in passato e
sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato.” Joyce
si avvicinò al marito carezzandogli il braccio e trattenendo a
stento le lacrime.
“No.
Non lo permetterò mai io..”
Ariell
confusa e innervosita dalla donna uscì allo scoperto entrando
in cucina a passo di carica.
Nessuno
poteva far soffrire i suoi genitori.
“Che
cosa sta succedendo?” sbottò guardando la madre.
“T-
tesoro siediti un attimo.” le si fece dappresso la donna
cercando di accarezzarle il viso.
“No
mamma, voglio sapere cosa sta succedendo. Perché state
litigando e chi è questa donna?” chiese Ariell girandosi
a guardare la donna ancora seduta al tavolo.
La
guardò attentamente.
Era
una bella donna sulla quarantina con lunghi capelli scuri ad
incorniciarle il viso tondo e grazioso, gli occhi di un verde acceso
avevano un aura di saggezza, un acutezza che colpiva.
L'espressione
della donna si addolcì non appena i loro sguardi si furono
incrociati.
“Sei
bellissima.” sussurrò trasalendo come se le parole le
fossero sfuggite dalla bocca.
Gli
occhi le si inumidirono e le mani presero a tremarle leggermente.
“Chi
è lei?”le disse diretta Ariell non riuscendo a
distogliere lo sguardo da lei.
Sentiva
che quella donna aveva qualcosa di strano, ma anche di famigliare.
“I-io...”
balbettò la donna ma venne prontamente interrotta da Joyce.
“Tesoro,
dobbiamo parlare.” le disse guidandola verso la sedia più
vicina.
“Che
succede? Volete dirmelo?” chiese lei spazientita ma anche
nervosa.
C'era
qualcosa che non le tornava in quella situazione.
Guardò
il padre che la ricambiò con uno sguardo afflitto prima di
posarlo a terra come se non avesse il coraggio di guardarla
ulteriormente.
Quel
gesto le fece scorrere l'ansia nelle vene.
Qualcosa
non andava decisamente.
Tornò
a guardare la donna che ora tremava ancora di più.
ANGOLINO
DELL'AUTRICE:
Ciao
a tutti ragazzi!
Eccomi
qui con un capitolo un po' lunghetto...mi ha preso decisamente troppo
la mano e spero non risulti noioso.
Ve
lo prometto nel prossimo saprete finalmente chi è questa
misteriosa donna.
Voi
cosa dite?
Avete
delle idee a riguardo?
Fatemi
sapere cosa ne pensate e se la storia vi piace o se avete dei
consigli.
Insomma
ditemi la vostra se ne avete voglia.
Grazie.
Un
bacione da Fly90.
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