Una piacevole trasferta – Parte 3 –
(Dicembre 1975)
La
neve cadeva fitta e copiosa dal cielo plumbeo, ma questo non toglieva
minimamente bellezza a ciò che le stava innanzi, maestoso e splendido
nonostante tutto.
Grace
osservò abbagliata la struttura solida del palazzo che le stava innanzi, con le
sue finestre ad arco, le balconate sul tetto, le scalinate all’ingresso e il
giardino ora innevato.
Era
indubbiamente un palazzo degno di tale nome, e rispecchiava in toto la
discendenza millenaria di Bart.
Vedere
alcuni turisti uscire dall’entrata principale fu, perciò, assai anacronistico,
per gli occhi di Grace, anche se non affatto strano, a onor del vero.
La
nobiltà aveva sempre permesso, anche in tempi lontani, di far visitare i propri
palazzi al popolino.
Ora,
era solo diverso per via delle macchine fotografiche.
Quando
Bart infine parcheggiò l’auto sul retro del palazzo, sotto un porticato ad
archi che forse, un tempo, aveva contenuto delle carrozze, il giovane sospirò e
disse: “Ebbene… questa è casa mia.”
Grace
trovò assai divertente il suo tono contrito, così come la sua aria disturbata.
Era
evidente quanto trovasse tutto questo imbarazzante, perciò Grace tentò subito
di tirarlo su di morale.
“Sai,
onestamente, pensavo fosse più grande. Mi ha un po’ delusa” ammiccò lei,
dandogli una pacca sulla mano, che ancora riposava sul cambio della sua auto
sportiva.
Bart
mimò un sorriso, che però non raggiunse mai gli occhi.
Grace
sapeva che non era ancora del tutto convinto di non averla sconvolta, ma la
ragazza era ben decisa a smentirlo.
O,
quanto meno, a farlo smettere di preoccuparsi.
Era
ovvio il suo sbalordimento, ma avrebbe dovuto essere cieca e col cuore di
pietra, per non rimanere abbagliata da un simile splendore.
Il
fulgore della sua casa, così come la sua ricchezza, però, non la mettevano a
disagio come lui poteva temere.
Per
quanto diversa potesse essere la sua vita, a Boston, Grace conosceva comunque
il peso della ricchezza, e non se ne sentiva schiacciata.
In
Inghilterra, era solo vissuta in maniera diversa.
Quando
infine discesero dall’auto, un uomo di mezza età munito di ombrello giunse da
loro e, nell’osservare solo parzialmente Grace, disse subito: “Ben arrivato, Mr
Ingleton. Miss…”
“Buongiorno”
mormorò Grace, accennando un sorriso.
Aprendo
un secondo ombrello, lo consegnò a Bart prima di offrire il proprio a Grace,
che però prese sottobraccio il domestico, asserendo: “E’ abbastanza ampio per
coprire entrambi.”
“Concordo,
Miss…”
“Grace
Brown, molto piacere” dichiarò la ragazza, allungando una mano all’uomo.
Questi
la strinse, assentendo.
“Bernard
Show. Al suo servizio, Miss Brown.”
“E’
tutto sistemato, in casa?” si informò Bart, avviandosi verso la porta di
servizio da cui era uscito Bernard.
“Sì,
Mr Ingleton. La camera degli ospiti è già pronta, e Lory e Michael verranno a
ritirare subito i bagagli. Nel salottino degli arazzi abbiamo preparato un
piccolo aperitivo di benvenuto, e sua madre vi sta aspettando lì. Suo padre è
nello studio. Vi raggiungerà appena si sarà liberato.”
Bart
sospirò leggermente, all’idea di affrontare la madre in solitudine, ma Bernard
sorrise disponibile, asserendo: “Se preferisce, ci dilungheremo un po’ nel
servire il tè.”
“Non
fa nulla, Bernard. Affronterò Madama Squalo da solo.”
Bernard
cercò di non sorridere di fronte a quel nomignolo tutt’altro che lusinghiero, e
Grace si domandò quante altre volte lo avesse sentito usare da Bart.
E,
forse, dal fratello maggiore, Andrew.
Quando
infine si ritrovarono all’interno del palazzo, Bernard ritirò i due ombrelli e
si accomiatò dalla coppia, lasciando che fosse Bart a fare gli onori di casa.
Curiosa,
Grace ascoltò il vociare lontano di alcune persone e il giovane al suo fianco,
sorridendo appena, disse: “Turisti. Gli ultimi della giornata, a giudicare
dall’orario.”
“Il
palazzo è completamente aperto alle visite?” si informò la ragazza, guardandosi
intorno con espressione ammirata.
L’interno
rispecchiava in toto le premesse offerte dall’esterno.
Tutto
era tenuto ottimamente, dagli stucchi alle modanature, e ogni cosa era di
ottimo pregio e gusto.
I
quadri raffiguranti scene campestri non stonavano affatto, se messi a confronto
con i ritratti degli antichi membri della famiglia Ingleton.
La
fattura era parimenti eccellente.
Così
come il mobilio, che spaziava per epoche, ma che rifletteva molto bene la
ricchezza della famiglia e la sua buona gestione del patrimonio.
Non
sembravano aver mai avuto flessioni, nel corso dei secoli.
“Resta
aperto tutto l’anno, il sabato e la domenica, e fa aperture speciali durante le
varie festività. Ma sono visitabili solo le ali in cui non abitiamo, e dove
abbiamo sistemato la maggior parte delle opere d’arte” le spiegò Bart,
vedendola sollevare le sopracciglia con aria sorpresa.
Indicando
ciò che la circondava con aria ironica, Grace domandò: “Queste, allora?”
“Qualcosa
dovremo pur guardare anche noi, no?” celiò lui, facendola sorridere
apertamente.
Imboccata
una scala a semicerchio in legno di noce verniciato a specchio, risalirono fino
al primo piano e lì Bart, con un mezzo sorriso, si avviò lungo il corridoio a
destra.
“Siamo
arrivati?” mormorò Grace, stringendogli per un attimo la mano.
“Già.
Prendi un bel respiro e preparati a venire soppesata, scandagliata,
radiografata e, forse, gettata dalla finestra. Con Andrew lo fa sempre, con me
un po’ meno.”
“Lo
fa anche con voi?” esalò sorpresa
Grace, facendo tanto d’occhi.
“Nessuno
può essere allo stesso livello di Leonard Ingleton, agli occhi di mia madre,
men che meno i figli… figurarsi gli estranei” ammiccò lui, non dando troppo
peso alla cosa.
“Okay.
Sarà come avere a che fare con mio nonno” brontolò Grace, facendolo sorridere.
“Io
eviterei la parola ‘okay’, giusto per
evitare sguardi accigliati” le fece notare lui, prima di bussare alla porta.
Grace
si tappò per un istante la bocca, come a volersi scusare, poi si preparò
all’inevitabile.
I
giorni precedenti la loro partenza per York, dove avrebbero passato le vacanze
di Natale – in previsione di partire per Boston per festeggiare il Capodanno –
erano stati un susseguirsi di consigli.
E
ammonimenti.
E
cambi di programma.
Alla
fine, Grace si era dovuta impuntare, per evitare che Bart annullasse la sua
presenza alla casa natale per festeggiare le festività.
Era
chiaro quanto il giovane fosse terrorizzato all’idea che, non solo la madre non
accettasse Grace come sua fidanzata, ma che la ragazza si spaventasse, di
fronte a tanto astio.
Grace,
comunque, non aveva nessunissima intenzione di farsi mettere i piedi in testa
da nessuno, per quanto questo nessuno
fosse titolato, o dotato di denti da squalo.
Nell’entrare
infine nel salottino, la ragazza comprese subito il perché del nome – degli Arazzi – e, nell’osservarli per un
istante, li lasciò per poi puntare lo sguardo sulla donna ivi presente.
Ritta
e silenziosa dinanzi alla finestra, si volse a mezzo per scrutarli con
attenzione, il volto serioso e circondando da una corona di capelli neri,
raccolti in un modesto chignon.
Abbigliata
con un semplice abito blu e lungo appena sotto il ginocchio, aveva una graziosa
spilla di diamanti appuntata sopra il seno sinistro.
A
Grace, ricordò molto la regina, per stile e postura.
Scostandosi
finalmente dalla finestra, Gwendolin De Winter Ingleton si avvicinò al figlio
levando entrambe le mani e, con voce tranquilla, disse: “Ben arrivato,
Bartemius. Temevo che la nevicata potesse rallentarvi.”
“Buongiorno,
mamma” mormorò lui, baciandole le guance con affetto dopo averle stretto
gentilmente entrambe le mani. “No, il viaggio è andato bene. Abbiamo trovato la
neve solo nei pressi di York.”
“Tuo
padre è impegnato con una telefonata da Londra. Assai noiosa, per quel poco che
mi è parso dalla sua espressione” asserì a quel punto la donna, prima di
volgersi verso Grace e dire con un sorriso: “Mi presenti alla tua amica?”
Bart
assentì e, cercando di non irritarsi per quel modesto ‘amica’, mormorò: “Lei è Grace Brown, di Boston. Studia al Newnham
College. Ci siamo conosciuti al museo del Campus.”
“Non
ho chiesto il suo curriculum,
Bartemius” replicò indulgente la madre, allungando una mano perfettamente
curata in direzione di Grace. “Molto piacere, Grace. Io sono Gwendolin.”
“Il
piacere è mio, Mrs Ingleton” dichiarò Grace, stringendo quella mano delicata e
femminile.
Aveva
il sentore che, nella sua vita, non avesse sollevato più di una tazzina di
porcellana, ma era presto per farsi delle idee chiare su di lei.
“Bartemius
mi ha detto che hai una laurea in Legge, e che sei qui per un Master in
Sociologia” asserì poi Gwendolin, invitandoli con un cenno ad accomodarsi.
Nel
fare lo stesso, la donna suonò un campanellino e, subito, la servitù si
presentò con il tè.
“Sì,
Mrs Ingleton. E’ mio parere che, per esercitare al meglio la professione di
avvocato, conoscere anche il lato strettamente umano delle persone che dovrò difendere,
sia importante. Così come comprenderne il retroterra, o il luogo in cui vive e
da cui proviene” le spiegò Grace, osservando solo distrattamente il via vai di
domestici, armati di servizi di porcellana finissima, suppellettili in argento
sterling e vassoi bulinati da mani raffinate.
“Avvocato.
E’ questo di cui si occupa la tua famiglia?”
“La
mia famiglia possiede una vasta gamma di attività nel settore manifatturiero
ma, soprattutto, si occupa di pellami. Dalla materia prima, al prodotto finito.
In tutte le sue declinazioni” asserì
Grace, accettando la tazza di tè che le venne offerta.
Congedati
i domestici, Gwendolin assentì pensierosa e, con un leggero sorriso, domandò:
“Quindi, se curiosassi il sottobraccio di Leonard, potrebbe esservi inciso il
logo delle vostre aziende?”
“Dovrei
darle un elenco dei nomi. Non tutte hanno ‘Brown’
nella dicitura. Molte, sono acquisizioni di società in fallimento, cui mio
nonno e mio padre hanno voluto mantenere il marchio, poiché sinonimo di
qualità. Noi ci siamo limitati a dar loro nuova linfa vitale, mantenendone gli
standard elevati e di classe” si limitò a dire Grace, trovando quella faccenda
quanto mai divertente.
Le
sembrava quasi di dover passare un colloquio di lavoro.
Gwendolin
fece per domandare altro ma, a quel punto, Bart intervenne e disse piuttosto
accigliato: “Se è un’altra domanda sul suo tenore di vita, ti pregherei di
astenerti. Penso che Grace sia stata fin troppo disponibile.”
“E’
solo per fare conoscenza, caro!” esalò la donna, sinceramente sorpresa. “Non
hai mai portato una ragazza a casa nostra, e potrai ben capire la mia sorpresa
quando mi hai parlato di lei come della tua fidanzata. La mia sorpresa è stata
enorme!”
Grace
cercò di trattenere la risata che le galleggiava ai lati della bocca – la
mimica drammatica di Mrs Ingleton era eccezionale – e, convenendo con la donna,
intervenne dicendo: “Bart, tua madre ha ragione. Lei non mi conosce affatto. E’
giusto che capisca chi sono e, di solito, si parte parlando della famiglia e degli
interessi personali.”
Lui
non parve molto convinto, ma si chetò e Gwendolin, sorridendo affabile a Grace,
asserì: “Grazie, cara. Non ti stavo angustiando, vero?”
“Affatto,
Mrs Ingleton. Non mi turba parlare della mia famiglia. Ne sono orgogliosa. I
miei trisavoli lavorarono sodo per ottenere ciò che, ora, mio padre e mio nonno
stanno gestendo per portarlo ancora più in alto. Siamo persone dedite al
miglioramento di noi stessi, e siamo anche piuttosto competitivi, ma non penso
sia un difetto.”
“Mirare
all’eccellenza non è mai un difetto” assentì Gwendolin. “E così, hai parlato di
trisavoli. Brown. Sai da dove venissero?”
“Mamma!”
esclamò una voce nuova sulla porta del salottino.
Abbigliato
con un completo chiaro maglione-pantaloni, un giovanotto sui ventisei anni
entrò tutto sorridente e, nell’avvicinarsi alla madre, la baciò sulla guancia, dichiarando:
“Non stai esagerando con il terzo grado?”
“E’
questo il modo di presentarsi? Esclamando come un pescivendolo?” brontolò la
donna, fissando il figlio maggiore con riprovazione.
Il
figlio, però, rise senza ritegno e, dopo aver aggirato la poltrona della madre,
allungò una mano verso Bart, che la strinse con forza, prima di affrontare
Grace e dire: “E’ un vero piacere conoscerti, Grace. Io sono Andrew, come avrai
capito da sola. La pecora nera di casa Ingleton.”
Gwendolin
lo fissò come se desiderasse bruciarlo vivo, ma non disse nulla e la ragazza,
trovando subito simpatico il figlio maggiore degli Ingleton, mormorò: “Piacere
mio, Andrew. Bart mi ha parlato molto di te.”
Accomodandosi
sulla poltrona accanto a Grace, Andrew invece ritorse ironicamente: “Lui,
invece, si è dimenticato di dirmi quanto fossi carina. Ma lo perdono. Capisco
quanto possa essere geloso di te e, visto che io sono il più bello della
famiglia…”
“Andrew!”
esalò a quel punto Gwendolin, scandalizzata.
Grace
lanciò un’occhiata divertita a Bart, che si limitò a fare spallucce come se la
cosa fosse normale, quando si trattava del fratello.
Evidentemente,
il figlio primogenito giocava con il suo ruolo di scapestrato molto più di
quanto piacesse alla madre.
Soprattutto,
con ospiti in casa.
L’arrivo
del patriarca sedò un po’ gli animi, e Grace dovette ammettere che, come
capofamiglia, Leonard Ingleton faceva la sua figura.
Alto
e imponente per aspetto, il patriarca degli Ingleton aveva una capigliatura
sale e pepe di taglio militare, ma indossava un completo molto casual, come il
figlio maggiore.
Se
per uno, la scelta era caduta sul bianco panna, per il patriarca era caduta sul
blu, che faceva risaltare il candore della sua camicia bianca così come i
limpidi occhi verdi.
“Bene.
Vedo che Andrew ha già dato prova di sé e del suo spirito faceto…” esordì
Leonard, sorridendo al figlio maggiore, che ebbe la decenza di arrossire. “… e
che la mia Gwendolin se ne è risentita. E dire che vi conoscete da tempo, voi
due.”
La
moglie gli sorrise grata, come se il suo intervento fosse stato pari a quello
di San Giorgio con il drago e, nell’allungare una mano verso di lui, disse: “A
volte, sa essere così maldestro nei modi!”
Leonard
ammiccò a quel commento e, nel rivolgersi a Grace, asserì: “Chissà che idea ti
sarai fatta di noi… io sono Leonard. Molto piacere.”
“Grace
Brown, e il piacere è mio” sorrise lei, osservandolo mentre si accomodava sulla
poltrona accanto alla moglie.
“Si
sarà fatta l’idea che siamo una famiglia assai noiosa e convenzionale” ironizzò
Andrew, ritrovandosi addosso gli occhi accusatori della madre.
Leonard
sorrise ancora e dichiarò: “Mio figlio Andrew. Il prossimo comico più famoso
d’Inghilterra.”
Grace
sorrise gioviale, e replicò: “Per lo meno, i vostri figli vanno d’accordo. Se
dovesse vedere me e mio fratello Edward durante una riunione di famiglia,
vedrebbe qualcosa di molto simile a una guerra fratricida. Non andiamo
d’accordo quasi su nulla.”
“Opinioni
divergenti?”
“Ambizione”
ammiccò Grace. “Edward è geloso dei miei successi scolastici, io sono gelosa
del fatto che mio nonno abbia una predilezione per lui, e così via…”
“Bartemius
mi ha detto di aver conosciuto tuo fratello durante una sua visita, a
Cambridge” le fece notare Leonard, servendosi un po’ di tè.
Grace
sorrise a Bart, che si limitò a dire: “Ho detto solo cose belle.”
“Perché,
ce ne sono?” ironizzò Grace, facendo scoppiare a ridere Andrew.
“La
adoro, fratello. Posso prenderla in prestito?” ghignò il fratello maggiore,
rivolgendosi a Bart.
“Neanche
per idea” protestò con eleganza quest’ultimo, poggiando una mano su quella di
Grace, che riposava sul bracciolo della poltrona.
Gwendolin
sospirò impercettibilmente e Grace, nel notarlo, si spiacque un po’ per lei.
Era
evidente che, un tale irrispettoso comportamento, la stesse mettendo a disagio.
“Mrs
Ingleton, non ho potuto fare a meno di notare che alcune ali del vostro palazzo
sono visitabili dai turisti. Mi farebbe da Cicerone, mentre i suoi uomini
dialogano tra loro?”
Se
Bart fu sorpreso dalla sua uscita, lo fu anche Gwendolin che, però, mascherò
abilmente la cosa, limitandosi a dire: “Ne sarò lietissima, cara. Quando sono
insieme, tendono a essere un po’ irrispettosi, perciò capisco il tuo bisogno di
estraniarti un poco. Vieni pure con me.”
“Grazie
infinite” assentì Grace, lanciando poi uno sguardo rassicurante a Bart, già
pronto a seguirla.
Dubbioso,
il giovane osservò le due donne lasciarli per altri lidi e, quando la porta fu
chiusa alle loro spalle, Leonard chiosò: “Una mossa assai ardita.”
“E
suicida. La tua fidanzata ha per caso questo genere di pulsioni?” celiò Andrew,
afferrando un pasticcino per mangiarselo in un colpo solo.
“Chiedetelo
a lei. Ha sorpreso me, quanto voi” esalò Bart, passandosi una mano tra i
capelli. “Chissà che le è venuto in mente?”
“Forse,
vuole affrontare tua madre in separata sede” ipotizzò Leonard, intrecciando le
braccia sul torace. “Mentre a te spetta tuo padre. Ebbene?”
“Ebbene,
cosa? Vuoi davvero farmi il terzo grado anche tu?” esalò Bart, vagamente
sorpreso.
“Ragazzo,
mi hai chiamato una settimana fa dicendomi che, primo, saresti venuto a casa per
Natale, secondo, saresti tornato con una ragazza e terzo, cosa non da poco, che quella ragazza era la tua fidanzata. Vorresti perciò rendermi
edotto su chi ho appena salutato?”
“Sei
nei guai, fratello” celiò Andrew, sforbiciando una gamba sopra il bracciolo
della poltrona.
Leonard
lo fissò male e dichiarò: “Se ti vede tua madre, ti scotenna. Rimettiti
seduto.”
“Mamma
sarà impegnata per ore, con Grace,
perciò non corro pericoli.”
Mr
Ingleton a quel punto sospirò e, guardando Bart, domandò: “Non potevi
lasciargli un po’ di buona creanza?”
“Mica
le ho fatte io le spartizioni di cervello, quando siamo nati” precisò Bart,
ghignando in direzione del fratello. “E poi, sono nato tre anni dopo!”
“Torniamo
a noi, è meglio” esalò esasperato Leonard. “Che mi dici del fatto che vi siete
conosciuti solo a ottobre di quest’anno? Non è un po’ presto pensare a cose
come fidanzamenti e quant’altro?”
“Passa
mezza giornata con lei, papà, poi ne riparleremo. Stando così le cose, potrei
elencarti i suoi pregi, e i motivi per cui sono innamorato di lei, e tu diresti
solo che sono perso dietro a Grace perché è una bella donna” sottolineò Bart,
irritandosi un poco.
“E
non è vero? Che è una bella donna, e che il rischio di perdere la testa è
presente?” sottolineò Leonard, con sagacia.
“Solo
un cieco direbbe che non è bella, o forse neppure lui. Ma Grace è molto più di
questo e, solo per come si sta comportando con mamma, dovresti convenire che ha
carattere, e da vendere.”
“O
vuole il tuo nome, e il tuo patrimonio, molto più di altre ragazze che hai
conosciuto” gli fece notare il padre, con tono pacato.
Per
Bart fu troppo.
Si
levò in piedi come una furia e, affrontando a muso duro Leonard, sbottò: “Come
ti permetti di etichettarla come una cacciatrice di dote, se neppure la
conosci?! Inoltre, se proprio vogliamo essere onesti, a lei neppure serve, visto
che ha un patrimonio personale a sei zeri. Forse, dovrebbe essere lei, a preoccuparsi di una cosa simile,
non il contrario.”
Leonard
allora gli sorrise indulgente, affermando: “Ah, quindi, quando vuoi, gli
artigli li sfoderi.”
“Come,
prego?” gracchiò Bart, fissandolo stranito.
“Mi
chiedevo se, dopotutto, mandarti alla scuola pubblica non fosse servito a
questo granché. Sì, ti aveva un po’ ringalluzzito, ma non come speravo. Quando
si tratta di Grace, invece, tiri fuori le unghie e ti fai caparbio. Bene. E’ un
buon segno” dichiarò il padre, assentendo compiaciuto.
“Sai
di essere un folle, vero?” brontolò Bart, ancora guardingo.
“No,
figliolo. Desidero solo che tu mi dimostri quanto ci tieni e, per ora, direi
che va bene” assentì il padre. “Bartemius, non metto in dubbio i vostri
sentimenti, quanto piuttosto la loro forza. Pochi mesi bastano per capire se
siete fatti l’uno per l’altra?”
“Parlale.
Capirai tutto” ripeté Bart, andando alla finestra e chiedendosi come se la
stesse passando Grace.
***
“…
e, come potrai ben capire, è stato difficile ammettere che il pro-prozio di
Leonard si fosse dato al contrabbando di liquori con la Scozia” dichiarò con un
sorrisino Gwendolin, indicando un quadro che stava alla loro destra.
Ammirare
la collezione d’arte degli Ingleton era stato illuminante.
Non
solo erano riusciti a mantenere un livello elevatissimo di pregio, ma li
avevano redistribuiti in maniera esemplare all’interno delle ali a disposizione
del pubblico.
E
Gwendolin ne andava molto fiera, essendo lei stessa la curatrice della Galleria
d’Arte sita lì a palazzo.
“Credo
che, se andassi a spulciare nel nostro albero di famiglia, potrei trovare
qualcosa del genere” ammise Grace, sorridendole gentilmente.
Mrs
Ingleton la studiò forse per l’ennesima volta, in quell’ora e mezzo che avevano
passato assieme e, ancora, si ritrovò a perdersi nel dubbio.
Era
indubbiamente intelligente, acculturata, spigliata e divertente e, anche se a
volte scadeva in modi di dire tipicamente americani, questo non guastava il suo
fascino.
Il
punto era proprio questo; il suo fascino.
Come
poteva sapere che Bartemius non fosse stato irretito dal suo indubbio
magnetismo ma che, alla fine dei conti, non vi fossero reali legami tra loro?
Non
poteva dire nulla, sulla ragazza, ma il dubbio le restava.
Perciò,
decise di essere del tutto onesta con lei, pur se lo trovava assai strano e
poco consono ai suoi standard.
“Non
vorrei apparirti screanzata, Grace, ma ho un pensiero che continua ad
arrovellarmi.”
“Dubito
potrebbe mai essere screanzata, Mrs Ingleton. Neppure se volesse farlo” replicò
Grace, scuotendo il capo.
“Oh,
posso eccome, cara. Ne possiedo le capacità” ribatté con ironia Gwendolin. “Nel
caso specifico, però, non lo desidero davvero.”
“Allora,
mi dica cosa la turba.”
“Forse,
avrei preferito tu fossi meno affascinante. E non mi riferisco solo al tuo
aspetto fisico che, indubbiamente, è meritevole di lode” le fece notare la
donna, cercando di non apparire maleducata.
Grace,
però, non diede adito di essersela presa e, sorridendo affabile, replicò:
“Potrei girare il dubbio su suo figlio. Come faccio a non pensare che, il mio
interesse per lui, non dipenda solo dal suo fascino? E’ difficile dirlo, visto
che con me si è sempre comportato in maniera affascinante e lui è,
indubbiamente, un giovane molto bello.”
“Bartemius
sa esserlo, in effetti” ammise orgogliosa la donna. “Quanto al resto, sono di
parte, perciò non ribatterò.”
“Desideravo
venire qui anche per questo. Di solito, quando una persona è a casa propria, si
comporta in maniera più naturale. L’invito a casa mia vale allo stesso modo per
Bart. Desidero che lui mi veda come sono solitamente.
Voglio davvero che le cose funzionino, tra noi e, per esserne certa, desidero
che ogni dubbio venga fugato.”
Grace
si guardò attorno, lanciò occhiate ammirate a tutto ciò che la circondava e
infine aggiunse: “Bart è come questa galleria. E’ splendido, perfetto, ma costruito ad arte. So che
all’esterno, all’università, lui deve tenere un certo tipo di comportamento.
Anch’io lo faccio. Immaginavo che, vedendolo nel suo ambiente naturale, avrei
potuto cogliere qualcosa di differente in lui. E lui in me.”
Assentendo
pensierosa, Gwendolin mormorò: “Ci hai pensato sopra molto, mi pare di capire.”
“Solo
una sciocca non vedrebbe quanto Bart è bello, o intelligente, o speciale in
mille modi diversi. Ma voglio essere certa di non essermi solo invaghita di lui
per quanto di bello mi ha mostrato fino a ora. Vederlo qui, forse, mi aiuterà a
chiarirmi le idee. E venire in America, forse, le chiarirà a lui. Se dovesse
averne bisogno, s’intende.”
“Per
quanto possa apparire antiquato, voglio per lui una moglie degna di tale nome.
E non parlo di titoli o quant’altro. Voglio per Bartemius una donna di cui
andare orgoglioso” ammise Mrs Ingleton, arrischiandosi a dare una pacca sul
braccio a Grace.
“Se
fossi madre, vorrei la stessa cosa. Mi irriterei molto se mio figlio sposasse
una sciocca” ironizzò Grace. “O peggio, una sciocca con una bella faccia.”
Gwendolin
sorrise appena, annuendo e, nel proseguire lungo il corridoio con lei, mormorò:
“Intendi davvero lavorare, dopo il matrimonio?”
“E’
un punto su cui non potrei transigere. Indipendentemente da chi fosse mio
marito” assentì Grace, lapidaria. “Ho la facoltà di scegliere perché provengo
da una famiglia ricca, e il mio appannaggio personale è più sufficiente a farmi
vivere nell’agiatezza per tutta la vita, ma non sono una persona che ama
crogiolarsi, e amo davvero legge. Desidero
con tutto il cuore mettere il mio sapere e la mia passione al servizio di chi
ne ha bisogno.”
Sorridendo
appena, Grace mormorò subito dopo: “Mi scuso per quest’arringa, ma è un
argomento che mi coinvolge molto.”
Mrs
Ingleton assentì, replicando: “Come ti dicevo, non amo le donne deboli e, di
sicuro, non ne vorrei una al fianco di mio figlio.”
Grace
si limitò ad annuire.
***
Irritato
come una serpe, Bart strinse in un abbraccio Grace non appena la vide apparire
nelle sue stanze e, affondando il viso tra i suoi capelli, ansò: “Ti porto
immediatamente via. Non se ne parla di passare un altro giorno sotto questo
tetto. Sono stati odiosi!”
Grace
comprendeva bene a cosa si stesse riferendo.
Pur
se il pomeriggio passato con Gwendolin non era andato affatto male, Leonard non
si era risparmiato nelle domande, a cena, e Bart si era alterato al punto da
azzittirsi.
Sapeva
ormai bene che, quando perdeva l’uso della parola, era per non dire così di
cui, in seguito, si sarebbe pentito.
Quello
che, però, l’aveva intenerita al punto di volerlo abbracciare dinanzi a tutti,
era stato il suo sguardo.
Pur
portando rispetto verso i genitori, oltre che amore incondizionato, aveva
sperimentato il dolente sentimento della rabbia.
Rabbia
perché stavano tentando di mettere lei,
la sua Grace, in difficoltà.
Quell’abbraccio
forte, caloroso, possessivo, ne era il diretto risultato.
“Calmati,
Bart… non c’è bisogno di scatenare una guerra per causa mia” mormorò lei, pur
apprezzandone l’ardimento.
Scostandola
da sé, lui la fissò iroso e replicò: “Non permetterò più a nessuno di metterti
a disagio come è successo stasera! Neppure a loro! Me ne andrò di casa, se
necessario! Al diavolo loro e al diavolo il titolo, i miei soldi, l’università!”
Grace
gli sorrise, ma lui non vi badò. Gesticolò, irritandosi sempre di più, perdendo
poco alla volta la patina di perfezione che soleva mostrare al mondo.
Le
espose i suoi piani, le parlò dei soldi che aveva da parte, che gli sarebbero
serviti per dare a entrambi una base solida da cui partire per vivere assieme.
Si
dichiarò più che disposto a rinunciare alle sue quote azionarie per farla
vivere più che dignitosamente e, in tutto quel lungo monologo sul loro futuro,
Bart brillò.
Ogni
sua parola, pur se ponderata, era piena di brio, di spirito, di ricerca di un’avventura
da vivere assieme.
Eccolo, finalmente, mormorò
tra sé la giovane, scorgendo per la prima volta il volto più segreto di Bart.
Se
il ragazzo affascinante e un po’ impacciato che aveva conosciuto, l’aveva
incuriosita, questo uomo pronto a tutto per lei, la stava facendo capitolare.
Stava
gettando alle ortiche tutto, titoli, onori e gloria, per lei. Solo per lei.
E
mostrava lui, i denti da squalo, pur di difenderla dalle domande sibilline dei
genitori.
Accostandosi
a Bart per bloccarne l’arringa, Grace strinse il suo volto tra le mani, lo
baciò e disse: “Ti amo.”
Lui
si bloccò immediatamente – non era una semplice asserzione, ma un dato di fatto
– e, guardandola in quei profondi occhi chiari, mormorò: “Ti amo anch’io. E proprio
per questo, ce ne andremo subito.”
“Proprio
per questo, rimarremo” replicò lei. “Non ho paura delle loro domande, tra l’altro
molto giuste, Bart. Posso combattere questa battaglia al tuo fianco, e non
dietro il tuo scudo, perché anch’io voglio difendere l’amore che provo per te.”
“Vorrei
prendere a pugni mio padre” ammise suo malgrado Bart, stringendola in un
abbraccio più calmo, consolatorio.
“Lo
immagino e, in un certo qual modo, la cosa mi fa piacere” sorrise Grace,
carezzandogli la schiena con lentezza. “Ma il pugno lo sferreremo assieme,
okay?”
“Okay”
assentì lui, baciandola con dolcezza. “Resti da me, stanotte?”
“Sì”
disse soltanto lei, mettendo mano al primo bottone della camicia di Bart.
***
Doveva
essere l’alba o poco più, quando Grace sgattaiolò fuori dalla stanza di Bart
per tornare nella propria.
Avevano
fatto l’amore con passione, senza freno alcuno e, forse per la prima volta,
Grace aveva desiderato che le lancette dell’orologio si fermassero.
Desiderava
che i momenti passati con Bart durassero in eterno, e questo era un chiaro
sintomo che la sua non era infatuazione, era amore.
Non
aveva mai desiderato legami così destabilizzanti, ne aveva sempre avuto paura.
Ora,
invece, non solo lo bramava, ma avrebbe lottato con le unghie e con i denti,
pur di averlo.
Bart,
invece, era stato più veloce di lui nel capirlo. Sorrise nel trovare la cosa
umiliante.
Lei
che si vantava di essere così sveglia, aveva dormito su una cosa così
importante come l’amore per lui.
“E’
proprio vero che, su certe cose, si è davvero ciechi” mormorò tra sé prima di
trattenere a stento uno strillo di paura, quando si ritrovò innanzi la figura
di Leonard.
Portandosi
una mano al cuore, che tamburellava furioso nel petto, Grace impallidì
visibilmente, prima di avvampare in viso di fronte all’evidenza dei fatti.
Lei,
in giro a un orario antelucano, con i capelli in disordine e i vestiti
stazzonati del giorno prima.
“Mr
Ingleton… b-buongiorno…” balbettò Grace, arrossendo – se possibile – ancor più
di prima.
Leonard
le sorrise affabile e, nell’indicarle di seguirla, mormorò: “Visto che siamo
entrambi svegli, posso offrirti un caffè?”
“Oh.
Sì, grazie” assentì lei, proseguendo lungo il corridoio assieme all’uomo.
Quando
raggiunsero l’enorme cucina di palazzo, dove già alcuni domestici stavano
iniziando a lavorare, Leonard chiese un paio di caffè e qualche pasticcino.
Fatto
ciò, indicò a Grace di seguirlo e, dopo aver raggiunto la vicina serra coperta,
si sedette a uno dei tavolini in ferro che si trovavano lì.
Imitatolo,
la giovane si guardò attorno circospetta, mentre i primi lampi di luce si
intravedevano all’orizzonte.
Leonard
rimase in silenzio finché non venne servita loro la colazione e, dopo aver
sorseggiato il primo goccio di caffè, sospirò e le sorrise.
“Volevo
scusarmi per ieri sera. Bartemius è molto arrabbiato?” esordì l’uomo,
offrendole una tazza di caffè.
Lei
lo sorseggio pensierosa, prima di decidere di affrontare di punta l’intera
situazione.
Avrebbe
lottato, per lui.
“In
effetti, voleva andarsene.”
“E
tu lo hai convinto a rimanere?”
“Io
l’ho convinto a combattere assieme. Ma non a proteggermi” replicò lei,
afferrando un pasticcino.
“Mi
ha detto di parlare da solo con te.”
“E
avete pensato di venire a cercarmi da lui?” gli ritorse con un pizzico di
ironia, vedendolo a sorpresa arrossire.
“Per
la verità, stavo passeggiando avanti e indietro da un po’ di tempo, indeciso su
come approcciarti. Il nostro è stato un incontro… fortuito.”
“Aveva
bisogno di pensare a come approcciarmi?
Non credo di essere una persona così difficile da affrontare” esalò Grace,
sinceramente stupita.
“Gwendolin
mi ha detto perché hai accettato l’invito di Bart, e perché desideri che lui
venga con te a Boston” la mise al corrente lui. “Volevi essere sicura. Non saltare
a conclusioni affrettate.”
Annuendo
una sola volta, Grace asserì: “E’ facile apprezzare e provare affetto per Bart.
Ha tutte le qualità per affascinare una donna. Per questo, volevo vederlo assieme a voi. Per capire come fosse
realmente, al di fuori dell’aspetto patinato che tiene di solito.”
“E
cosa ne hai ricavato?”
“Che
lo amo” disse con onestà Grace, affrontando Leonard senza paura. “E sono pronta
a farvi la guerra, se non mi permetterete di stare con lui, ma spero davvero
che non succeda mai, perché lui vi ama profondamente, e il vostro comportamento
lo ha ferito davvero.”
“Lo
temevo” sospirò Leonard, annuendo. “Desideravo che mostrasse la forza che io so che lui ha dentro di sé perciò, a suo tempo, lo mandai nella scuola pubblica perché
si facesse le ossa, per così dire. Era troppo assuefatto da ciò che lo
circondava, e rischiava di diventare un damerino senza nervo… cosa che non
volevo affatto per mio figlio. Per nessuno dei due.”
“Solo
che Andrew è più spigliato nel parlare, rispetto a Bart, che è più contegnoso. Vero?”
ipotizzò Grace, vedendolo annuire.
“Sì,
Andrew non rischiava di diventare uno sbarbatello, anche se pure lui ha avuto
giovamento dall’essere andato alla scuola pubblica. Vedere Bart sostenere il
mio sguardo per tutta la durata della cena, e fulminarmi ogni volta che ti
chiedevo qualcosa, è stato illuminante. Non lo aveva mai fatto. Così come non
si era mai rivoltato contro di me come ha fatto ieri pomeriggio, quando te ne
sei andata con Gwendolin” le spiegò Leonard, sorridendo orgoglioso.
“Sa
che gli ci vorrà del tempo per perdonarvi, vero?” lo mise in guardia Grace, pur
comprendendo in parte gli scopi di Leonard.
“Lo
so. Ma volevo che mostrasse di che pasta era fatto, e mi facesse capire quanto
tiene a te” ammise lui, sospirando nel servirsi dell’altro caffè. “E tu, potrai
perdonarmi? Perdonarci?”
“Non
mi sono sentita offesa, Leonard. Mio padre ammazzerebbe chiunque tentasse di
fare del male a me o a Edward, perciò capisco benissimo quanto foste prevenuti
nei miei confronti” sorrise appena Grace, prendendo un altro pasticcino. “Tengo
solo a dirvi che non mi interessa nulla se, di fronte al suo nome, è
stampigliata la parola conte.”
Leonard,
allora, rise sommessamente, assentì e dichiarò: “Mi dovrò scusare con mio
figlio. Aveva davvero ragione nel dire che, parlando con te, mi si sarebbero
chiarite le idee.”
“Perché
sto mandando al diavolo lei e il suo altisonante titolo?” ironizzò Grace.
“Perché
hai il coraggio di farlo” ammise lui, ora sorridendo con maggiore enfasi. “Penso
diventerai un ottimo avvocato.”
“Non
ho dubbi in merito. Sono una Brown, e i Brown sanno solo primeggiare” ammiccò
lei, passandogli un pasticcino.
Leonard
lo accettò e, dopo averlo messo in bocca, lo mangiò con gusto prima di domandarle:
“Rimarrete per Natale, quindi?”
“A
costo di legare Bart al letto” assentì Grace, con sussiego.
“Grazie.
Ci fa piacere avervi entrambi qui.”
Grace
si limitò ad assentire e, dopo aver terminato il caffè, si levò in piedi e
disse: “Ora, vado a curiosare le scuderie. Visto che sono sveglia, tanto vale
che faccia qualcosa.”
“Ti
accompagno, se ti va.”
Lei
annuì e Leonard, nell’offrirle il braccio, le domandò: “Credi che mi piacerebbe
tuo padre?”
“Credo
che potreste trovarvi vicendevolmente simpatici… dopo aver litigato per almeno
mezza giornata. Siamo irlandesi, dopotutto” ammise a quel punto lei, facendolo
scoppiare a ridere.
Battendo
una mano su quella della ragazza, poggiata sul suo braccio, esalò: “Oh, cielo!
Sì, avremmo davvero di che discutere. Ma penso sarebbe esaltante, se hai preso
da lui.”
“Sono
una Brown nel midollo. Siamo tutti così” assentì lei, facendolo nuovamente
ridere.
“Ottimo.
Davvero ottimo” dichiarò Leonard, scordandola fuori dalla serra e, da lì, in
direzione delle stalle.
Sì,
Grace Brown era davvero degna di nota, così come gli aveva detto il figlio.