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Autore: Mary P_Stark    06/07/2016    2 recensioni
Per chi ha letto "Honey" e desidera rimanere immerso nel mondo di Hannah, Nick e famiglia, ecco una serie di OS dedicate ai vari personaggi della storia. Tra nuovi amori, vecchi amici e piacevoli incontri, ecco cos'è avvenuto prima e dopo la storia narrata in "Honey".FA PARTE DELLA SERIE "HONEY'S WORLD".
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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Una piacevole trasferta – Parte 3 –


(Dicembre 1975)


 


La neve cadeva fitta e copiosa dal cielo plumbeo, ma questo non toglieva minimamente bellezza a ciò che le stava innanzi, maestoso e splendido nonostante tutto.


Grace osservò abbagliata la struttura solida del palazzo che le stava innanzi, con le sue finestre ad arco, le balconate sul tetto, le scalinate all’ingresso e il giardino ora innevato.


Era indubbiamente un palazzo degno di tale nome, e rispecchiava in toto la discendenza millenaria di Bart.


Vedere alcuni turisti uscire dall’entrata principale fu, perciò, assai anacronistico, per gli occhi di Grace, anche se non affatto strano, a onor del vero.


La nobiltà aveva sempre permesso, anche in tempi lontani, di far visitare i propri palazzi al popolino.


Ora, era solo diverso per via delle macchine fotografiche.


Quando Bart infine parcheggiò l’auto sul retro del palazzo, sotto un porticato ad archi che forse, un tempo, aveva contenuto delle carrozze, il giovane sospirò e disse: “Ebbene… questa è casa mia.”


Grace trovò assai divertente il suo tono contrito, così come la sua aria disturbata.


Era evidente quanto trovasse tutto questo imbarazzante, perciò Grace tentò subito di tirarlo su di morale.


“Sai, onestamente, pensavo fosse più grande. Mi ha un po’ delusa” ammiccò lei, dandogli una pacca sulla mano, che ancora riposava sul cambio della sua auto sportiva.


Bart mimò un sorriso, che però non raggiunse mai gli occhi.


Grace sapeva che non era ancora del tutto convinto di non averla sconvolta, ma la ragazza era ben decisa a smentirlo.


O, quanto meno, a farlo smettere di preoccuparsi.


Era ovvio il suo sbalordimento, ma avrebbe dovuto essere cieca e col cuore di pietra, per non rimanere abbagliata da un simile splendore.


Il fulgore della sua casa, così come la sua ricchezza, però, non la mettevano a disagio come lui poteva temere.


Per quanto diversa potesse essere la sua vita, a Boston, Grace conosceva comunque il peso della ricchezza, e non se ne sentiva schiacciata.


In Inghilterra, era solo vissuta in maniera diversa.


Quando infine discesero dall’auto, un uomo di mezza età munito di ombrello giunse da loro e, nell’osservare solo parzialmente Grace, disse subito: “Ben arrivato, Mr Ingleton. Miss…”


“Buongiorno” mormorò Grace, accennando un sorriso.


Aprendo un secondo ombrello, lo consegnò a Bart prima di offrire il proprio a Grace, che però prese sottobraccio il domestico, asserendo: “E’ abbastanza ampio per coprire entrambi.”


“Concordo, Miss…”


“Grace Brown, molto piacere” dichiarò la ragazza, allungando una mano all’uomo.


Questi la strinse, assentendo.


“Bernard Show. Al suo servizio, Miss Brown.”


“E’ tutto sistemato, in casa?” si informò Bart, avviandosi verso la porta di servizio da cui era uscito Bernard.


“Sì, Mr Ingleton. La camera degli ospiti è già pronta, e Lory e Michael verranno a ritirare subito i bagagli. Nel salottino degli arazzi abbiamo preparato un piccolo aperitivo di benvenuto, e sua madre vi sta aspettando lì. Suo padre è nello studio. Vi raggiungerà appena si sarà liberato.”


Bart sospirò leggermente, all’idea di affrontare la madre in solitudine, ma Bernard sorrise disponibile, asserendo: “Se preferisce, ci dilungheremo un po’ nel servire il tè.”


“Non fa nulla, Bernard. Affronterò Madama Squalo da solo.”


Bernard cercò di non sorridere di fronte a quel nomignolo tutt’altro che lusinghiero, e Grace si domandò quante altre volte lo avesse sentito usare da Bart.


E, forse, dal fratello maggiore, Andrew.


Quando infine si ritrovarono all’interno del palazzo, Bernard ritirò i due ombrelli e si accomiatò dalla coppia, lasciando che fosse Bart a fare gli onori di casa.


Curiosa, Grace ascoltò il vociare lontano di alcune persone e il giovane al suo fianco, sorridendo appena, disse: “Turisti. Gli ultimi della giornata, a giudicare dall’orario.”


“Il palazzo è completamente aperto alle visite?” si informò la ragazza, guardandosi intorno con espressione ammirata.


L’interno rispecchiava in toto le premesse offerte dall’esterno.


Tutto era tenuto ottimamente, dagli stucchi alle modanature, e ogni cosa era di ottimo pregio e gusto.


I quadri raffiguranti scene campestri non stonavano affatto, se messi a confronto con i ritratti degli antichi membri della famiglia Ingleton.


La fattura era parimenti eccellente.


Così come il mobilio, che spaziava per epoche, ma che rifletteva molto bene la ricchezza della famiglia e la sua buona gestione del patrimonio.


Non sembravano aver mai avuto flessioni, nel corso dei secoli.


“Resta aperto tutto l’anno, il sabato e la domenica, e fa aperture speciali durante le varie festività. Ma sono visitabili solo le ali in cui non abitiamo, e dove abbiamo sistemato la maggior parte delle opere d’arte” le spiegò Bart, vedendola sollevare le sopracciglia con aria sorpresa.


Indicando ciò che la circondava con aria ironica, Grace domandò: “Queste, allora?”


“Qualcosa dovremo pur guardare anche noi, no?” celiò lui, facendola sorridere apertamente.


Imboccata una scala a semicerchio in legno di noce verniciato a specchio, risalirono fino al primo piano e lì Bart, con un mezzo sorriso, si avviò lungo il corridoio a destra.


“Siamo arrivati?” mormorò Grace, stringendogli per un attimo la mano.


“Già. Prendi un bel respiro e preparati a venire soppesata, scandagliata, radiografata e, forse, gettata dalla finestra. Con Andrew lo fa sempre, con me un po’ meno.”


“Lo fa anche con voi?” esalò sorpresa Grace, facendo tanto d’occhi.


“Nessuno può essere allo stesso livello di Leonard Ingleton, agli occhi di mia madre, men che meno i figli… figurarsi gli estranei” ammiccò lui, non dando troppo peso alla cosa.


“Okay. Sarà come avere a che fare con mio nonno” brontolò Grace, facendolo sorridere.


“Io eviterei la parola ‘okay’, giusto per evitare sguardi accigliati” le fece notare lui, prima di bussare alla porta.


Grace si tappò per un istante la bocca, come a volersi scusare, poi si preparò all’inevitabile.


I giorni precedenti la loro partenza per York, dove avrebbero passato le vacanze di Natale – in previsione di partire per Boston per festeggiare il Capodanno – erano stati un susseguirsi di consigli.


E ammonimenti.


E cambi di programma.


Alla fine, Grace si era dovuta impuntare, per evitare che Bart annullasse la sua presenza alla casa natale per festeggiare le festività.


Era chiaro quanto il giovane fosse terrorizzato all’idea che, non solo la madre non accettasse Grace come sua fidanzata, ma che la ragazza si spaventasse, di fronte a tanto astio.


Grace, comunque, non aveva nessunissima intenzione di farsi mettere i piedi in testa da nessuno, per quanto questo nessuno fosse titolato, o dotato di denti da squalo.


Nell’entrare infine nel salottino, la ragazza comprese subito il perché del nome – degli Arazzi – e, nell’osservarli per un istante, li lasciò per poi puntare lo sguardo sulla donna ivi presente.


Ritta e silenziosa dinanzi alla finestra, si volse a mezzo per scrutarli con attenzione, il volto serioso e circondando da una corona di capelli neri, raccolti in un modesto chignon.


Abbigliata con un semplice abito blu e lungo appena sotto il ginocchio, aveva una graziosa spilla di diamanti appuntata sopra il seno sinistro.


A Grace, ricordò molto la regina, per stile e postura.


Scostandosi finalmente dalla finestra, Gwendolin De Winter Ingleton si avvicinò al figlio levando entrambe le mani e, con voce tranquilla, disse: “Ben arrivato, Bartemius. Temevo che la nevicata potesse rallentarvi.”


“Buongiorno, mamma” mormorò lui, baciandole le guance con affetto dopo averle stretto gentilmente entrambe le mani. “No, il viaggio è andato bene. Abbiamo trovato la neve solo nei pressi di York.”


“Tuo padre è impegnato con una telefonata da Londra. Assai noiosa, per quel poco che mi è parso dalla sua espressione” asserì a quel punto la donna, prima di volgersi verso Grace e dire con un sorriso: “Mi presenti alla tua amica?”


Bart assentì e, cercando di non irritarsi per quel modesto ‘amica’, mormorò: “Lei è Grace Brown, di Boston. Studia al Newnham College. Ci siamo conosciuti al museo del Campus.”


“Non ho chiesto il suo curriculum, Bartemius” replicò indulgente la madre, allungando una mano perfettamente curata in direzione di Grace. “Molto piacere, Grace. Io sono Gwendolin.”


“Il piacere è mio, Mrs Ingleton” dichiarò Grace, stringendo quella mano delicata e femminile.


Aveva il sentore che, nella sua vita, non avesse sollevato più di una tazzina di porcellana, ma era presto per farsi delle idee chiare su di lei.


“Bartemius mi ha detto che hai una laurea in Legge, e che sei qui per un Master in Sociologia” asserì poi Gwendolin, invitandoli con un cenno ad accomodarsi.


Nel fare lo stesso, la donna suonò un campanellino e, subito, la servitù si presentò con il tè.


“Sì, Mrs Ingleton. E’ mio parere che, per esercitare al meglio la professione di avvocato, conoscere anche il lato strettamente umano delle persone che dovrò difendere, sia importante. Così come comprenderne il retroterra, o il luogo in cui vive e da cui proviene” le spiegò Grace, osservando solo distrattamente il via vai di domestici, armati di servizi di porcellana finissima, suppellettili in argento sterling e vassoi bulinati da mani raffinate.


“Avvocato. E’ questo di cui si occupa la tua famiglia?”


“La mia famiglia possiede una vasta gamma di attività nel settore manifatturiero ma, soprattutto, si occupa di pellami. Dalla materia prima, al prodotto finito. In tutte le sue declinazioni” asserì Grace, accettando la tazza di tè che le venne offerta.


Congedati i domestici, Gwendolin assentì pensierosa e, con un leggero sorriso, domandò: “Quindi, se curiosassi il sottobraccio di Leonard, potrebbe esservi inciso il logo delle vostre aziende?”


“Dovrei darle un elenco dei nomi. Non tutte hanno ‘Brown’ nella dicitura. Molte, sono acquisizioni di società in fallimento, cui mio nonno e mio padre hanno voluto mantenere il marchio, poiché sinonimo di qualità. Noi ci siamo limitati a dar loro nuova linfa vitale, mantenendone gli standard elevati e di classe” si limitò a dire Grace, trovando quella faccenda quanto mai divertente.


Le sembrava quasi di dover passare un colloquio di lavoro.


Gwendolin fece per domandare altro ma, a quel punto, Bart intervenne e disse piuttosto accigliato: “Se è un’altra domanda sul suo tenore di vita, ti pregherei di astenerti. Penso che Grace sia stata fin troppo disponibile.”


“E’ solo per fare conoscenza, caro!” esalò la donna, sinceramente sorpresa. “Non hai mai portato una ragazza a casa nostra, e potrai ben capire la mia sorpresa quando mi hai parlato di lei come della tua fidanzata. La mia sorpresa è stata enorme!”


Grace cercò di trattenere la risata che le galleggiava ai lati della bocca – la mimica drammatica di Mrs Ingleton era eccezionale – e, convenendo con la donna, intervenne dicendo: “Bart, tua madre ha ragione. Lei non mi conosce affatto. E’ giusto che capisca chi sono e, di solito, si parte parlando della famiglia e degli interessi personali.”


Lui non parve molto convinto, ma si chetò e Gwendolin, sorridendo affabile a Grace, asserì: “Grazie, cara. Non ti stavo angustiando, vero?”


“Affatto, Mrs Ingleton. Non mi turba parlare della mia famiglia. Ne sono orgogliosa. I miei trisavoli lavorarono sodo per ottenere ciò che, ora, mio padre e mio nonno stanno gestendo per portarlo ancora più in alto. Siamo persone dedite al miglioramento di noi stessi, e siamo anche piuttosto competitivi, ma non penso sia un difetto.”


“Mirare all’eccellenza non è mai un difetto” assentì Gwendolin. “E così, hai parlato di trisavoli. Brown. Sai da dove venissero?”


“Mamma!” esclamò una voce nuova sulla porta del salottino.


Abbigliato con un completo chiaro maglione-pantaloni, un giovanotto sui ventisei anni entrò tutto sorridente e, nell’avvicinarsi alla madre, la baciò sulla guancia, dichiarando: “Non stai esagerando con il terzo grado?”


“E’ questo il modo di presentarsi? Esclamando come un pescivendolo?” brontolò la donna, fissando il figlio maggiore con riprovazione.


Il figlio, però, rise senza ritegno e, dopo aver aggirato la poltrona della madre, allungò una mano verso Bart, che la strinse con forza, prima di affrontare Grace e dire: “E’ un vero piacere conoscerti, Grace. Io sono Andrew, come avrai capito da sola. La pecora nera di casa Ingleton.”


Gwendolin lo fissò come se desiderasse bruciarlo vivo, ma non disse nulla e la ragazza, trovando subito simpatico il figlio maggiore degli Ingleton, mormorò: “Piacere mio, Andrew. Bart mi ha parlato molto di te.”


Accomodandosi sulla poltrona accanto a Grace, Andrew invece ritorse ironicamente: “Lui, invece, si è dimenticato di dirmi quanto fossi carina. Ma lo perdono. Capisco quanto possa essere geloso di te e, visto che io sono il più bello della famiglia…”


“Andrew!” esalò a quel punto Gwendolin, scandalizzata.


Grace lanciò un’occhiata divertita a Bart, che si limitò a fare spallucce come se la cosa fosse normale, quando si trattava del fratello.


Evidentemente, il figlio primogenito giocava con il suo ruolo di scapestrato molto più di quanto piacesse alla madre.


Soprattutto, con ospiti in casa.


L’arrivo del patriarca sedò un po’ gli animi, e Grace dovette ammettere che, come capofamiglia, Leonard Ingleton faceva la sua figura.


Alto e imponente per aspetto, il patriarca degli Ingleton aveva una capigliatura sale e pepe di taglio militare, ma indossava un completo molto casual, come il figlio maggiore.


Se per uno, la scelta era caduta sul bianco panna, per il patriarca era caduta sul blu, che faceva risaltare il candore della sua camicia bianca così come i limpidi occhi verdi.


“Bene. Vedo che Andrew ha già dato prova di sé e del suo spirito faceto…” esordì Leonard, sorridendo al figlio maggiore, che ebbe la decenza di arrossire. “… e che la mia Gwendolin se ne è risentita. E dire che vi conoscete da tempo, voi due.”


La moglie gli sorrise grata, come se il suo intervento fosse stato pari a quello di San Giorgio con il drago e, nell’allungare una mano verso di lui, disse: “A volte, sa essere così maldestro nei modi!”


Leonard ammiccò a quel commento e, nel rivolgersi a Grace, asserì: “Chissà che idea ti sarai fatta di noi… io sono Leonard. Molto piacere.”


“Grace Brown, e il piacere è mio” sorrise lei, osservandolo mentre si accomodava sulla poltrona accanto alla moglie.


“Si sarà fatta l’idea che siamo una famiglia assai noiosa e convenzionale” ironizzò Andrew, ritrovandosi addosso gli occhi accusatori della madre.


Leonard sorrise ancora e dichiarò: “Mio figlio Andrew. Il prossimo comico più famoso d’Inghilterra.”


Grace sorrise gioviale, e replicò: “Per lo meno, i vostri figli vanno d’accordo. Se dovesse vedere me e mio fratello Edward durante una riunione di famiglia, vedrebbe qualcosa di molto simile a una guerra fratricida. Non andiamo d’accordo quasi su nulla.”


“Opinioni divergenti?”


“Ambizione” ammiccò Grace. “Edward è geloso dei miei successi scolastici, io sono gelosa del fatto che mio nonno abbia una predilezione per lui, e così via…”


“Bartemius mi ha detto di aver conosciuto tuo fratello durante una sua visita, a Cambridge” le fece notare Leonard, servendosi un po’ di tè.


Grace sorrise a Bart, che si limitò a dire: “Ho detto solo cose belle.”


“Perché, ce ne sono?” ironizzò Grace, facendo scoppiare a ridere Andrew.


“La adoro, fratello. Posso prenderla in prestito?” ghignò il fratello maggiore, rivolgendosi a Bart.


“Neanche per idea” protestò con eleganza quest’ultimo, poggiando una mano su quella di Grace, che riposava sul bracciolo della poltrona.


Gwendolin sospirò impercettibilmente e Grace, nel notarlo, si spiacque un po’ per lei.


Era evidente che, un tale irrispettoso comportamento, la stesse mettendo a disagio.


“Mrs Ingleton, non ho potuto fare a meno di notare che alcune ali del vostro palazzo sono visitabili dai turisti. Mi farebbe da Cicerone, mentre i suoi uomini dialogano tra loro?”


Se Bart fu sorpreso dalla sua uscita, lo fu anche Gwendolin che, però, mascherò abilmente la cosa, limitandosi a dire: “Ne sarò lietissima, cara. Quando sono insieme, tendono a essere un po’ irrispettosi, perciò capisco il tuo bisogno di estraniarti un poco. Vieni pure con me.”


“Grazie infinite” assentì Grace, lanciando poi uno sguardo rassicurante a Bart, già pronto a seguirla.


Dubbioso, il giovane osservò le due donne lasciarli per altri lidi e, quando la porta fu chiusa alle loro spalle, Leonard chiosò: “Una mossa assai ardita.”


“E suicida. La tua fidanzata ha per caso questo genere di pulsioni?” celiò Andrew, afferrando un pasticcino per mangiarselo in un colpo solo.


“Chiedetelo a lei. Ha sorpreso me, quanto voi” esalò Bart, passandosi una mano tra i capelli. “Chissà che le è venuto in mente?”


“Forse, vuole affrontare tua madre in separata sede” ipotizzò Leonard, intrecciando le braccia sul torace. “Mentre a te spetta tuo padre. Ebbene?”


“Ebbene, cosa? Vuoi davvero farmi il terzo grado anche tu?” esalò Bart, vagamente sorpreso.


“Ragazzo, mi hai chiamato una settimana fa dicendomi che, primo, saresti venuto a casa per Natale, secondo, saresti tornato con una ragazza e terzo, cosa non da poco, che quella ragazza era la tua fidanzata. Vorresti perciò rendermi edotto su chi ho appena salutato?”


“Sei nei guai, fratello” celiò Andrew, sforbiciando una gamba sopra il bracciolo della poltrona.


Leonard lo fissò male e dichiarò: “Se ti vede tua madre, ti scotenna. Rimettiti seduto.”


“Mamma sarà impegnata per ore, con Grace, perciò non corro pericoli.”


Mr Ingleton a quel punto sospirò e, guardando Bart, domandò: “Non potevi lasciargli un po’ di buona creanza?”


“Mica le ho fatte io le spartizioni di cervello, quando siamo nati” precisò Bart, ghignando in direzione del fratello. “E poi, sono nato tre anni dopo!”


“Torniamo a noi, è meglio” esalò esasperato Leonard. “Che mi dici del fatto che vi siete conosciuti solo a ottobre di quest’anno? Non è un po’ presto pensare a cose come fidanzamenti e quant’altro?”


“Passa mezza giornata con lei, papà, poi ne riparleremo. Stando così le cose, potrei elencarti i suoi pregi, e i motivi per cui sono innamorato di lei, e tu diresti solo che sono perso dietro a Grace perché è una bella donna” sottolineò Bart, irritandosi un poco.


“E non è vero? Che è una bella donna, e che il rischio di perdere la testa è presente?” sottolineò Leonard, con sagacia.


“Solo un cieco direbbe che non è bella, o forse neppure lui. Ma Grace è molto più di questo e, solo per come si sta comportando con mamma, dovresti convenire che ha carattere, e da vendere.”


“O vuole il tuo nome, e il tuo patrimonio, molto più di altre ragazze che hai conosciuto” gli fece notare il padre, con tono pacato.


Per Bart fu troppo.


Si levò in piedi come una furia e, affrontando a muso duro Leonard, sbottò: “Come ti permetti di etichettarla come una cacciatrice di dote, se neppure la conosci?! Inoltre, se proprio vogliamo essere onesti, a lei neppure serve, visto che ha un patrimonio personale a sei zeri. Forse, dovrebbe essere lei, a preoccuparsi di una cosa simile, non il contrario.”


Leonard allora gli sorrise indulgente, affermando: “Ah, quindi, quando vuoi, gli artigli li sfoderi.”


“Come, prego?” gracchiò Bart, fissandolo stranito.


“Mi chiedevo se, dopotutto, mandarti alla scuola pubblica non fosse servito a questo granché. Sì, ti aveva un po’ ringalluzzito, ma non come speravo. Quando si tratta di Grace, invece, tiri fuori le unghie e ti fai caparbio. Bene. E’ un buon segno” dichiarò il padre, assentendo compiaciuto.


“Sai di essere un folle, vero?” brontolò Bart, ancora guardingo.


“No, figliolo. Desidero solo che tu mi dimostri quanto ci tieni e, per ora, direi che va bene” assentì il padre. “Bartemius, non metto in dubbio i vostri sentimenti, quanto piuttosto la loro forza. Pochi mesi bastano per capire se siete fatti l’uno per l’altra?”


“Parlale. Capirai tutto” ripeté Bart, andando alla finestra e chiedendosi come se la stesse passando Grace.


***


“… e, come potrai ben capire, è stato difficile ammettere che il pro-prozio di Leonard si fosse dato al contrabbando di liquori con la Scozia” dichiarò con un sorrisino Gwendolin, indicando un quadro che stava alla loro destra.


Ammirare la collezione d’arte degli Ingleton era stato illuminante.


Non solo erano riusciti a mantenere un livello elevatissimo di pregio, ma li avevano redistribuiti in maniera esemplare all’interno delle ali a disposizione del pubblico.


E Gwendolin ne andava molto fiera, essendo lei stessa la curatrice della Galleria d’Arte sita lì a palazzo.


“Credo che, se andassi a spulciare nel nostro albero di famiglia, potrei trovare qualcosa del genere” ammise Grace, sorridendole gentilmente.


Mrs Ingleton la studiò forse per l’ennesima volta, in quell’ora e mezzo che avevano passato assieme e, ancora, si ritrovò a perdersi nel dubbio.


Era indubbiamente intelligente, acculturata, spigliata e divertente e, anche se a volte scadeva in modi di dire tipicamente americani, questo non guastava il suo fascino.


Il punto era proprio questo; il suo fascino.


Come poteva sapere che Bartemius non fosse stato irretito dal suo indubbio magnetismo ma che, alla fine dei conti, non vi fossero reali legami tra loro?


Non poteva dire nulla, sulla ragazza, ma il dubbio le restava.


Perciò, decise di essere del tutto onesta con lei, pur se lo trovava assai strano e poco consono ai suoi standard.


“Non vorrei apparirti screanzata, Grace, ma ho un pensiero che continua ad arrovellarmi.”


“Dubito potrebbe mai essere screanzata, Mrs Ingleton. Neppure se volesse farlo” replicò Grace, scuotendo il capo.


“Oh, posso eccome, cara. Ne possiedo le capacità” ribatté con ironia Gwendolin. “Nel caso specifico, però, non lo desidero davvero.”


“Allora, mi dica cosa la turba.”


“Forse, avrei preferito tu fossi meno affascinante. E non mi riferisco solo al tuo aspetto fisico che, indubbiamente, è meritevole di lode” le fece notare la donna, cercando di non apparire maleducata.


Grace, però, non diede adito di essersela presa e, sorridendo affabile, replicò: “Potrei girare il dubbio su suo figlio. Come faccio a non pensare che, il mio interesse per lui, non dipenda solo dal suo fascino? E’ difficile dirlo, visto che con me si è sempre comportato in maniera affascinante e lui è, indubbiamente, un giovane molto bello.”


“Bartemius sa esserlo, in effetti” ammise orgogliosa la donna. “Quanto al resto, sono di parte, perciò non ribatterò.”


“Desideravo venire qui anche per questo. Di solito, quando una persona è a casa propria, si comporta in maniera più naturale. L’invito a casa mia vale allo stesso modo per Bart. Desidero che lui mi veda come sono solitamente. Voglio davvero che le cose funzionino, tra noi e, per esserne certa, desidero che ogni dubbio venga fugato.”


Grace si guardò attorno, lanciò occhiate ammirate a tutto ciò che la circondava e infine aggiunse: “Bart è come questa galleria. E’ splendido, perfetto, ma costruito ad arte. So che all’esterno, all’università, lui deve tenere un certo tipo di comportamento. Anch’io lo faccio. Immaginavo che, vedendolo nel suo ambiente naturale, avrei potuto cogliere qualcosa di differente in lui. E lui in me.”


Assentendo pensierosa, Gwendolin mormorò: “Ci hai pensato sopra molto, mi pare di capire.”


“Solo una sciocca non vedrebbe quanto Bart è bello, o intelligente, o speciale in mille modi diversi. Ma voglio essere certa di non essermi solo invaghita di lui per quanto di bello mi ha mostrato fino a ora. Vederlo qui, forse, mi aiuterà a chiarirmi le idee. E venire in America, forse, le chiarirà a lui. Se dovesse averne bisogno, s’intende.”


“Per quanto possa apparire antiquato, voglio per lui una moglie degna di tale nome. E non parlo di titoli o quant’altro. Voglio per Bartemius una donna di cui andare orgoglioso” ammise Mrs Ingleton, arrischiandosi a dare una pacca sul braccio a Grace.


“Se fossi madre, vorrei la stessa cosa. Mi irriterei molto se mio figlio sposasse una sciocca” ironizzò Grace. “O peggio, una sciocca con una bella faccia.”


Gwendolin sorrise appena, annuendo e, nel proseguire lungo il corridoio con lei, mormorò: “Intendi davvero lavorare, dopo il matrimonio?”


“E’ un punto su cui non potrei transigere. Indipendentemente da chi fosse mio marito” assentì Grace, lapidaria. “Ho la facoltà di scegliere perché provengo da una famiglia ricca, e il mio appannaggio personale è più sufficiente a farmi vivere nell’agiatezza per tutta la vita, ma non sono una persona che ama crogiolarsi, e amo davvero legge. Desidero con tutto il cuore mettere il mio sapere e la mia passione al servizio di chi ne ha bisogno.”


Sorridendo appena, Grace mormorò subito dopo: “Mi scuso per quest’arringa, ma è un argomento che mi coinvolge molto.”


Mrs Ingleton assentì, replicando: “Come ti dicevo, non amo le donne deboli e, di sicuro, non ne vorrei una al fianco di mio figlio.”


Grace si limitò ad annuire.


***


Irritato come una serpe, Bart strinse in un abbraccio Grace non appena la vide apparire nelle sue stanze e, affondando il viso tra i suoi capelli, ansò: “Ti porto immediatamente via. Non se ne parla di passare un altro giorno sotto questo tetto. Sono stati odiosi!”


Grace comprendeva bene a cosa si stesse riferendo.


Pur se il pomeriggio passato con Gwendolin non era andato affatto male, Leonard non si era risparmiato nelle domande, a cena, e Bart si era alterato al punto da azzittirsi.


Sapeva ormai bene che, quando perdeva l’uso della parola, era per non dire così di cui, in seguito, si sarebbe pentito.


Quello che, però, l’aveva intenerita al punto di volerlo abbracciare dinanzi a tutti, era stato il suo sguardo.


Pur portando rispetto verso i genitori, oltre che amore incondizionato, aveva sperimentato il dolente sentimento della rabbia.


Rabbia perché stavano tentando di mettere lei, la sua Grace, in difficoltà.


Quell’abbraccio forte, caloroso, possessivo, ne era il diretto risultato.


“Calmati, Bart… non c’è bisogno di scatenare una guerra per causa mia” mormorò lei, pur apprezzandone l’ardimento.


Scostandola da sé, lui la fissò iroso e replicò: “Non permetterò più a nessuno di metterti a disagio come è successo stasera! Neppure a loro! Me ne andrò di casa, se necessario! Al diavolo loro e al diavolo il titolo, i miei soldi, l’università!”


Grace gli sorrise, ma lui non vi badò. Gesticolò, irritandosi sempre di più, perdendo poco alla volta la patina di perfezione che soleva mostrare al mondo.


Le espose i suoi piani, le parlò dei soldi che aveva da parte, che gli sarebbero serviti per dare a entrambi una base solida da cui partire per vivere assieme.


Si dichiarò più che disposto a rinunciare alle sue quote azionarie per farla vivere più che dignitosamente e, in tutto quel lungo monologo sul loro futuro, Bart brillò.


Ogni sua parola, pur se ponderata, era piena di brio, di spirito, di ricerca di un’avventura da vivere assieme.


Eccolo, finalmente, mormorò tra sé la giovane, scorgendo per la prima volta il volto più segreto di Bart.


Se il ragazzo affascinante e un po’ impacciato che aveva conosciuto, l’aveva incuriosita, questo uomo pronto a tutto per lei, la stava facendo capitolare.


Stava gettando alle ortiche tutto, titoli, onori e gloria, per lei. Solo per lei.


E mostrava lui, i denti da squalo, pur di difenderla dalle domande sibilline dei genitori.


Accostandosi a Bart per bloccarne l’arringa, Grace strinse il suo volto tra le mani, lo baciò e disse: “Ti amo.”


Lui si bloccò immediatamente – non era una semplice asserzione, ma un dato di fatto – e, guardandola in quei profondi occhi chiari, mormorò: “Ti amo anch’io. E proprio per questo, ce ne andremo subito.”


“Proprio per questo, rimarremo” replicò lei. “Non ho paura delle loro domande, tra l’altro molto giuste, Bart. Posso combattere questa battaglia al tuo fianco, e non dietro il tuo scudo, perché anch’io voglio difendere l’amore che provo per te.”


“Vorrei prendere a pugni mio padre” ammise suo malgrado Bart, stringendola in un abbraccio più calmo, consolatorio.


“Lo immagino e, in un certo qual modo, la cosa mi fa piacere” sorrise Grace, carezzandogli la schiena con lentezza. “Ma il pugno lo sferreremo assieme, okay?”


“Okay” assentì lui, baciandola con dolcezza. “Resti da me, stanotte?”


“Sì” disse soltanto lei, mettendo mano al primo bottone della camicia di Bart.


***


Doveva essere l’alba o poco più, quando Grace sgattaiolò fuori dalla stanza di Bart per tornare nella propria.


Avevano fatto l’amore con passione, senza freno alcuno e, forse per la prima volta, Grace aveva desiderato che le lancette dell’orologio si fermassero.


Desiderava che i momenti passati con Bart durassero in eterno, e questo era un chiaro sintomo che la sua non era infatuazione, era amore.


Non aveva mai desiderato legami così destabilizzanti, ne aveva sempre avuto paura.


Ora, invece, non solo lo bramava, ma avrebbe lottato con le unghie e con i denti, pur di averlo.


Bart, invece, era stato più veloce di lui nel capirlo. Sorrise nel trovare la cosa umiliante.


Lei che si vantava di essere così sveglia, aveva dormito su una cosa così importante come l’amore per lui.


“E’ proprio vero che, su certe cose, si è davvero ciechi” mormorò tra sé prima di trattenere a stento uno strillo di paura, quando si ritrovò innanzi la figura di Leonard.


Portandosi una mano al cuore, che tamburellava furioso nel petto, Grace impallidì visibilmente, prima di avvampare in viso di fronte all’evidenza dei fatti.


Lei, in giro a un orario antelucano, con i capelli in disordine e i vestiti stazzonati del giorno prima.


“Mr Ingleton… b-buongiorno…” balbettò Grace, arrossendo – se possibile – ancor più di prima.


Leonard le sorrise affabile e, nell’indicarle di seguirla, mormorò: “Visto che siamo entrambi svegli, posso offrirti un caffè?”


“Oh. Sì, grazie” assentì lei, proseguendo lungo il corridoio assieme all’uomo.


Quando raggiunsero l’enorme cucina di palazzo, dove già alcuni domestici stavano iniziando a lavorare, Leonard chiese un paio di caffè e qualche pasticcino.


Fatto ciò, indicò a Grace di seguirlo e, dopo aver raggiunto la vicina serra coperta, si sedette a uno dei tavolini in ferro che si trovavano lì.


Imitatolo, la giovane si guardò attorno circospetta, mentre i primi lampi di luce si intravedevano all’orizzonte.


Leonard rimase in silenzio finché non venne servita loro la colazione e, dopo aver sorseggiato il primo goccio di caffè, sospirò e le sorrise.


“Volevo scusarmi per ieri sera. Bartemius è molto arrabbiato?” esordì l’uomo, offrendole una tazza di caffè.


Lei lo sorseggio pensierosa, prima di decidere di affrontare di punta l’intera situazione.


Avrebbe lottato, per lui.


“In effetti, voleva andarsene.”


“E tu lo hai convinto a rimanere?”


“Io l’ho convinto a combattere assieme. Ma non a proteggermi” replicò lei, afferrando un pasticcino.


“Mi ha detto di parlare da solo con te.”


“E avete pensato di venire a cercarmi da lui?” gli ritorse con un pizzico di ironia, vedendolo a sorpresa arrossire.


“Per la verità, stavo passeggiando avanti e indietro da un po’ di tempo, indeciso su come approcciarti. Il nostro è stato un incontro… fortuito.”


“Aveva bisogno di pensare a come approcciarmi? Non credo di essere una persona così difficile da affrontare” esalò Grace, sinceramente stupita.


“Gwendolin mi ha detto perché hai accettato l’invito di Bart, e perché desideri che lui venga con te a Boston” la mise al corrente lui. “Volevi essere sicura. Non saltare a conclusioni affrettate.”


Annuendo una sola volta, Grace asserì: “E’ facile apprezzare e provare affetto per Bart. Ha tutte le qualità per affascinare una donna. Per questo, volevo vederlo assieme a voi. Per capire come fosse realmente, al di fuori dell’aspetto patinato che tiene di solito.”


“E cosa ne hai ricavato?”


“Che lo amo” disse con onestà Grace, affrontando Leonard senza paura. “E sono pronta a farvi la guerra, se non mi permetterete di stare con lui, ma spero davvero che non succeda mai, perché lui vi ama profondamente, e il vostro comportamento lo ha ferito davvero.”


“Lo temevo” sospirò Leonard, annuendo. “Desideravo che mostrasse la forza che io so che lui ha dentro di sé perciò, a suo tempo, lo mandai nella scuola pubblica perché si facesse le ossa, per così dire. Era troppo assuefatto da ciò che lo circondava, e rischiava di diventare un damerino senza nervo… cosa che non volevo affatto per mio figlio. Per nessuno dei due.”


“Solo che Andrew è più spigliato nel parlare, rispetto a Bart, che è più contegnoso. Vero?” ipotizzò Grace, vedendolo annuire.


“Sì, Andrew non rischiava di diventare uno sbarbatello, anche se pure lui ha avuto giovamento dall’essere andato alla scuola pubblica. Vedere Bart sostenere il mio sguardo per tutta la durata della cena, e fulminarmi ogni volta che ti chiedevo qualcosa, è stato illuminante. Non lo aveva mai fatto. Così come non si era mai rivoltato contro di me come ha fatto ieri pomeriggio, quando te ne sei andata con Gwendolin” le spiegò Leonard, sorridendo orgoglioso.


“Sa che gli ci vorrà del tempo per perdonarvi, vero?” lo mise in guardia Grace, pur comprendendo in parte gli scopi di Leonard.


“Lo so. Ma volevo che mostrasse di che pasta era fatto, e mi facesse capire quanto tiene a te” ammise lui, sospirando nel servirsi dell’altro caffè. “E tu, potrai perdonarmi? Perdonarci?”


“Non mi sono sentita offesa, Leonard. Mio padre ammazzerebbe chiunque tentasse di fare del male a me o a Edward, perciò capisco benissimo quanto foste prevenuti nei miei confronti” sorrise appena Grace, prendendo un altro pasticcino. “Tengo solo a dirvi che non mi interessa nulla se, di fronte al suo nome, è stampigliata la parola conte.”


Leonard, allora, rise sommessamente, assentì e dichiarò: “Mi dovrò scusare con mio figlio. Aveva davvero ragione nel dire che, parlando con te, mi si sarebbero chiarite le idee.”


“Perché sto mandando al diavolo lei e il suo altisonante titolo?” ironizzò Grace.


“Perché hai il coraggio di farlo” ammise lui, ora sorridendo con maggiore enfasi. “Penso diventerai un ottimo avvocato.”


“Non ho dubbi in merito. Sono una Brown, e i Brown sanno solo primeggiare” ammiccò lei, passandogli un pasticcino.


Leonard lo accettò e, dopo averlo messo in bocca, lo mangiò con gusto prima di domandarle: “Rimarrete per Natale, quindi?”


“A costo di legare Bart al letto” assentì Grace, con sussiego.


“Grazie. Ci fa piacere avervi entrambi qui.”


Grace si limitò ad assentire e, dopo aver terminato il caffè, si levò in piedi e disse: “Ora, vado a curiosare le scuderie. Visto che sono sveglia, tanto vale che faccia qualcosa.”


“Ti accompagno, se ti va.”


Lei annuì e Leonard, nell’offrirle il braccio, le domandò: “Credi che mi piacerebbe tuo padre?”


“Credo che potreste trovarvi vicendevolmente simpatici… dopo aver litigato per almeno mezza giornata. Siamo irlandesi, dopotutto” ammise a quel punto lei, facendolo scoppiare a ridere.


Battendo una mano su quella della ragazza, poggiata sul suo braccio, esalò: “Oh, cielo! Sì, avremmo davvero di che discutere. Ma penso sarebbe esaltante, se hai preso da lui.”


“Sono una Brown nel midollo. Siamo tutti così” assentì lei, facendolo nuovamente ridere.


“Ottimo. Davvero ottimo” dichiarò Leonard, scordandola fuori dalla serra e, da lì, in direzione delle stalle.


Sì, Grace Brown era davvero degna di nota, così come gli aveva detto il figlio.


 

  
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