ReggaeFamily
Il
capolinea
Mi
sentivo un idiota.
Più
il tempo passava, più mi rendevo conto di tutti gli errori
commessi.
C'era
un pensiero assillante che non osavo condividere con nessuno, anche
se ormai non condividevo più niente con nessuno.
La
partenza di Jessica mi aveva scosso, questo non potevo negarlo; ma la
verità che non ero più in grado di reprimere era una
sola: Julieta mi mancava.
Forse
non avrei dovuto parlare così dopo tutto ciò che era
accaduto, ma una parte di me sperava stupidamente che le cose si
potessero sistemare. Ma come?
Non
riuscivo a pensare ad altro e mi ritrovai ancora una volta a comporre
un pezzo con lei come protagonista. Erano passati mesi dal giorno in
cui scoprii il suo tradimento, poi c'era stata la storia con Carlo...
eppure non ero più arrabbiato con lei.
Intavolare
una nuova relazione mi aveva fatto capire tante cose, tra cui la più
importante: non sarei mai stato felice senza Julieta.
Non
volevo essere giudicato, così ancora una volta tenni tutto per
me, facendo preoccupare Mia, Francesco e Stefano. Loro cercavano di
strapparmi una confessione, io tenevo duro e mi chiudevo a riccio.
Forse
questo mi faceva apparire un pessimo elemento ai loro occhi, ma non
riuscivo a fare altrimenti; ormai era come se i rapporti con le
persone del passato si fossero spezzati per sempre, incrinati in
maniera irreparabile.
Non
ero più quello di un tempo, di questo ero consapevole anch'io:
prima ero allegro, mi bastava poco per sorridere e per risollevarmi
da una brutta esperienza. Il Samuele di un tempo non avrebbe mai
abbandonato i suoi amici, ma soprattutto il Samuele di un tempo non
avrebbe mai pregato qualcuno di riaccoglierlo tra le sue braccia.
E
mentre, in una gelida sera di dicembre, ero appostato sotto casa di
Julieta, sperai con tutto me stesso che nessuno mi vedesse. Quella
era una cosa che dovevo affrontare per conto mio, senza farmi
influenzare dal parere altrui.
Finalmente
mi decisi a suonare il campanello, pronto a tutto pur di riprovarci.
Forse non avrebbe funzionato, ma ero stanco di vivere in un rimpianto
perenne.
Ad
aprire la porta fu il padre di Julieta; avevamo avuto pochissimi
contatti, visti i rapporti conflittuali che intercorrevano tra lui e
sua figlia, perciò dubitavo fosse a conoscenza di tutto ciò
che era accaduto tra noi.
A
confermarlo fu lo sguardo indifferente che mi rivolse, per poi
affermare: «Ti chiamo Julieta». Rientrò in casa
senza degnarmi di uno sguardo e io mi strinsi nelle spalle. Cosa me
ne fregava? Ero lì per mettermi in gioco, non avevo più
niente da perdere.
Ero
arrivato al capolinea.
*
* *
Quando
uscii dalla porta d'ingresso e vidi la figura familiare di Samuele,
il cuore accennò un balzo nel petto.
Per
un istante mi parve che il tempo non fosse passato, fu come se lui
fosse lì per uscire con me e andare a vedere uno stupido film
al cinema. Poi tornai bruscamente alla realtà e mi resi conto
che era tutto cambiato. Anche io ero cambiata.
Samuele
sgranò gli occhi, notando immediatamente il mio mutamento
fisico: avevo messo su parecchi chili e non facevo che abbuffarmi da
quando... da quando... non riuscivo neanche a dirlo a me stessa, era
troppo doloroso da ammettere, nonostante la scelta fosse stata mia e
continuassi a pensare che era la cosa migliore da fare.
Da
quando avevo ucciso il mio bambino.
Mi
imposi di mantenere la calma e ripensai alle parole che mi diceva
sempre il mio psicologo, grazie alle quali riuscivo ad andare avanti
ogni giorno, ripetendole come un mantra.
Non
hai ucciso nessuno. Non te la sentivi di essere madre, eri sola. Hai
fatto la scelta che ritenevi più giusta. Non devi sentirti in
colpa.
«Samuele»
mormorai.
«Cosa...
cosa ti è successo?» balbettò lui, continuando a
fissarmi.
Se
prima non desideravo altro che essere guardata, ora mi sottrassi ai
suoi occhi con un gesto inutile ma significativo: strinsi le braccia
intorno al corpo e gli lanciai un'occhiata colma di risentimento.
«Smettila
di fissarmi. Chiaro? Non è successo niente» sputai
irritata. «Cosa vuoi? Perché sei qui?»
Samuele
chinò il capo e sospirò. «Volevo sapere come te
la passi.»
«Avresti
potuto telefonarmi o mandarmi un messaggio.»
«No,
Juls, ascolta... io... mi dispiace. Non volevo che finisse così,
mi sono lasciato condizionare, non... okay, mi sono accorto che senza
di te... non è più lo stesso» arrancò,
torturandosi un dread con le mani tremanti.
«Ma
davvero?» lo schernii, poi scoppiai a ridere.
«Devi
credermi!» affermò, cercando il mio sguardo.
Non
riuscivo a spiegarmi come avessi potuto amarlo. Forse un tempo era
diverso, forse ero riuscita a scorgere una luce diversa dal resto del
mondo in lui; non lo sapevo, ma in quel momento mi resi conto che era
estremamente patetico e ridicolo.
«Pensi
davvero che io ti creda, Samuele?»
«Senti...
non è detto che funzionerà, però... perché
non ci riproviamo? Vuoi?» insistette, facendo un passo avanti.
Fui
quasi annebbiata dai ricordi, le immagini di quei momenti bellissimi
vissuti con lui, nonostante le mille difficoltà; poi la
durezza di tutto ciò che avevo dovuto affrontare mi riportò
bruscamente alla realtà e l'idillio venne nuovamente
sotterrato in un angolo buio e invalicabile del mio cuore infranto.
«Non
voglio.»
Due
parole possono distruggere un universo. E così fu per Samuele,
che vidi sgretolarsi davanti ai miei occhi senza provare niente, se
non una punta di compassione per quel ragazzo che ormai era soltanto
l'ombra di se stesso.
«Ma...»
«Sei
arrivato tardi. Troppo tardi. È sempre troppo tardi. La vita è
una sola» ribattei in tono piatto.
«Avremmo
potuto almeno...»
«Ti
prego di andartene. O se vuoi stare qua fuori... fa' come vuoi, io
rientro. Ciao Samuele, buona vita.»
Detto
questo, tornai in casa e mi richiusi la porta alle spalle.
La
vita è una sola.
Una lacrima solitaria mi
rigò la guancia.
L'avrei
vissuta anch'io, in un modo o nell'altro.
*
* *
Andai
a quel concerto di Capodanno solo perché Francesco voleva a
tutti i costi che fossi presente: doveva esibirsi e non sopportava
l'idea che rimanessi a casa da sola. I miei avevano un impegno con
degli amici e Sara aveva già deciso da tempo di partecipare al
concerto insieme a Stefano.
Non
ero entusiasta all'idea perché sapevo che ci sarebbe stato
anche Samuele. Non lo vedevo da tempo, più precisamente dal
giorno in cui Jessica partì. Io e Francesco ci eravamo
occupati di lui, raccogliendo i pezzi del suo cuore e rimettendoli
insieme alla meno peggio.
E
da allora non aveva più voluto avere a che fare con me. Lui e
Francesco si vedevano per lavoro, ma Samuele evitava di presentarsi
in studio di registrazione se sapeva che Francesco era presente,
lavorando prevalentemente con Fabiano.
Non
mi aveva più risposto ai messaggi e alle chiamate, su facebook
si limitava a visualizzare senza rispondere e non era servito a
niente chiedere aiuto a Stefano, poiché anche lui aveva
raccontato che Samuele era distante e non parlava più con lui
come un tempo.
Quando
entrai nel locale con Francesco, lo individuai subito: portava i
dread legati in una maniera impossibile, tutto sembrava essere come
al solito e agli occhi di un estraneo sarebbe facilmente apparso come
il solito Samuele.
Ma
io notai qualcosa nel suo atteggiamento, nel suo sguardo, nei suoi
gesti... qualcosa che non riuscii a definire, ma che mi spaventò.
Forse si trattava di freddezza, di risentimento verso il mondo
intero, di tristezza, di dolore. Probabilmente era un mix di tutte
queste emozioni negative, un mix che lo rendeva quasi
irriconoscibile.
Francesco,
dopo aver seguito il mio sguardo, mi circondò le spalle con un
braccio e sussurrò: «Lo so, è cambiato».
Poco
dopo raggiunsi mia sorella, mentre Stefano, Francesco e Samuele si
preparavano per la serata.
«Non
dovrebbe esserci anche Carlo?» mi domandò Sara.
«In
teoria sì. Si sarà perso per strada!» commentai
con disinteresse. Non riuscivo neanche a ridere di Carlo come al
solito, che diamine mi stava succedendo? Perdere un amico non è
mai facile, certo, ma non potevo farne un affare di stato. Dovevo
smetterla di preoccuparmi per qualcuno che ormai non lo meritava più.
Finalmente
Carlo arrivò e il concerto poté cominciare.
L'energia
sprigionata da tutti fu strepitosa: Samuele fu in grado di superare
se stesso, forse perché con quelle esibizioni era in grado di
sfogarsi e rendere la sua vita migliore; Francesco divenne un
tutt'uno con la musica, era talmente bravo ed emozionante che durante
un pezzo dovetti trattenere le lacrime; e Carlo, be'... lui fu
l'altra faccia della medaglia, la dimostrazione palese che la
perfezione non esiste e non è di questo mondo, l'unico
elemento che stonava in tutto quel momento idilliaco.
Durante
quella serata provai più volte ad attirare l'attenzione di
Samuele, anche quando l'esibizione si concluse e Stefano rimase in
console a selezionare un po' di musica per permettere ai presenti di
festeggiare il nuovo anno nel migliore dei modi. Provai ad
avvicinarmi diverse volte a lui, ma rinunciai non appena notai che
raggiungeva un gruppo di ragazze molto più piccole di lui e
scherzava parecchio con loro, senza più degnare nessuno di uno
sguardo.
Si
stava rifacendo una vita, e in quella vita noi non potevamo entrarci.
Eravamo
esclusi.
*
* *
Fu
complessivamente una serata molto triste.
Ci
ritrovammo io, Mia, Sara, Stefano, Fabiano e Martino, a fine serata,
un po' brilli, stanchi e sfasati, a chiacchierare nella sala fumatori
del locale che ci aveva ospitato.
Mio
fratello e Martino ci avevano raggiunto a notte fonda, reduci da una
cena con il loro gruppo di amici, i quali avevano poi optato per i
festeggiamenti in discoteca.
«Non
fa per noi» aveva asserito Fabiano, storcendo il naso.
«Marika
dove l'hai lasciata?» indagai, armeggiando con l'accendino.
«Non
te li sai proprio fare i cazzi tuoi, eh?» sbottò mio
fratello.
«Acido.
Hai le tue cose?» lo presi in giro, accendendo finalmente la
sigaretta che mi ero costruito poco prima.
«Lascialo
in pace» intervenne Mia, alzando gli occhi al cielo.
«Come
fai a sopportarlo?» le chiese Fabiano.
«Non
saprei...»
«Raga,
ma Samu? Dov'è? Volevo salutarlo!» proruppe Martino, che
era il più ubriaco di tutti e biascicava ogni volta che apriva
bocca.
Tutti
ci scambiammo occhiate incerte, e lui parve accorgersene. Infatti
aggiunse: «Ma è successo qualcosa? Perché non è
con voi?»
Nessuno
di noi rispose. Era bastato che Martino lo nominasse per farci
ricordare la situazione che si era creata tra noi e Samuele. Ormai
non voleva avere a che fare con nessuno dei suoi vecchi amici, era
come se avesse dato un taglio netto ai fili che lo legavano al
passato.
«La
sapete l'ultima?» tuonò Fabiano, stringendo il cellulare
in mano.
«No,
sentiamo» volli sapere io.
«Julieta
è diventata uno scaldabagno con i piedi!» rise,
mostrandoci una foto che l'ex di Samuele aveva caricato sul suo
profilo.
Tutti
scoppiammo a ridere per quell'appellativo, ma io tornai serio non
appena notai il cambiamento che era avvenuto in quella ragazza;
sicuramente stava soffrendo molto e forse si era pentita di aver
combinato tanti casini nei mesi passati.
«Sotto
la foto c'è scritto: La vita è una sola. Il passato
non esiste, il presente è già futuro. Si è
data alla filosofia?» ci informò Sara, per poi rendere
il cellulare a Fabiano.
«Leggi
i commenti!» suggerì Martino.
Scoprimmo
così che Samuele era andato a trovarla e le aveva chiesto di
ricominciare insieme, ma lei l'aveva rifiutato. O almeno, questo si
poté intendere dalla conversazione che Julieta aveva
intrapreso pubblicamente con una sua amica.
«Bello
sputtanare così la gente» borbottò Mia
contrariata.
«Ormai
Samu non è più lo stesso» commentò
Martino, stranamente ancora in grado di ragionare con un minimo di
lucidità.
«Ha
chiuso con noi. Ci evita» concordai.
«Ha
difficoltà a concentrarsi quando registriamo. È come se
avesse la testa altrove» raccontò Fabiano, rimettendosi
il telefono in tasca.
Poco
dopo qualcuno uscì nella sala fumatori e rimasi stupito nel
riconoscere proprio Samuele.
Si
fermò a pochi metri dalla soglia quando si accorse di noi; non
tutti si accorsero subito di lui, così sobbalzarono
leggermente quando lui si schiarì la voce.
Ci
scambiammo delle occhiate strane e indescrivibili per qualche
istante. Avrei voluto dire qualcosa, chiedergli se volesse fumare con
noi o domandargli come stava. Tuttavia rimasi in silenzio, avevo
paura che rifiutasse e mi guardasse con più freddezza del
solito.
«Ah,
ciao» disse soltanto. Il suo tono fu piatto e intriso di
indifferenza, gelido come una tempesta di neve.
Poi
ci voltò le spalle e si accese una sigaretta per conto suo.
Nessuno
di noi osò ribattere né avvicinarsi; ormai si era
creato un muro invalicabile tra noi.
Ormai
eravamo al capolinea.
E
anche io sono al capolinea, proprio come i ragazzi che hanno
popolato questa storia.
Cari
lettori, anche questa lunghissima storia è giunta al termine.
Lo so, lo so: molti di voi mi vorranno strangolare a mani nude, forse
non se lo aspettavano o forse volevano leggere ancora di Samuele e i
suoi amici.
Ma
ogni cosa ha un termine, perciò eccoci qui alla resa dei
conti.
Ho
iniziato questo racconto millemila anni fa, e ancora non so come sono
arrivata a questo punto, però di una cosa sono certa: tutto è
avvenuto grazie a voi, alle vostre recensioni e al vostro continuo
supporto.
Quindi,
passando ai dovuti ringraziamenti, sono grata a: DreamNini
che c'è stata fin dal principio e non mi ha mai abbandonato, e
non parlo solo per quanto riguarda questa storia; Marss,
che non è certo da meno, addirittura spesso fa delle maratone
di miei capitoli, roba da nobel :D; Hanna
McHonnor, che trova sempre il tempo per me, nonostante di cose da
fare ne abbia a bizzeffe :3; Soul_Shine,
che è approdata un po' in ritardo, ma ha saputo illuminare lo
spazio recensioni con la sua grande passione per il mio ennesimo
esperimento; TheAuthor99,
perché ha avuto il coraggio di imbarcarsi nella lettura di
questa storia quando ormai era già quasi finita e aveva già
un numero eccessivo di capitoli, perché non ha avuto mai paura
di essere sincero e perché, se avrà il coraggio di
arrivare alla fine... be', meriterebbe una statua in Piazza del
Popolo a Roma!
I
miei amati e fedeli lettori e recensori siete stati voi, perciò
ancora mille grazie per tutto ciò che avete fatto per me,
facendomi crescere come scrittrice e come persona. Senza di voi non
sarei mai e poi mai arrivata a questo punto. Siete fantastici ♥
Ovviamente,
ringrazio chiunque abbia letto questa storia in silenzio e chi l'ha
inserita tra le varie categorie di gradimento!
Alla
prossima avventura!
Kim
|