Enid
era visibilmente terrorizzata e istintivamente si teneva la pancia
con le mani, nel tentativo proteggere quella creaturina non ancora
nata. Ainslee era rimasta senza fiato, come se tutta l'aria che aveva
nei polmoni le fosse stata strappata via. Fissava scioccata il corpo
del fratello steso sul pavimento. Avrebbe voluto correre ad
abbracciarlo, voltarlo a faccia in su e guardarlo negli occhi. Non
riusciva a credere che fosse morto, non poteva essere vero. Il suo
adorato fratello, che solo fino a pochi attimi prima era giovane e
pieno di vita.
Avrebbe
voluto fare tante cose, ma la paura la spinse a indietreggiare,
spingendo Enid dietro di lei. Non era riuscita a proteggere Ciaran, e
si sentiva stranamente in colpa, come se davvero avrebbe potuto fare
qualcosa per impedire che accadesse. Nella sua mente confusa, e che
ancora si rifiutava di accettare del tutto ciò che era
appena
accaduto, Ainslee sapeva solo una cosa: che se esisteva la minima
possibilità di salvare Enid e suo figlio, lo avrebbe fatto,
a costo
di sacrificare la sua vita.
L'uomo
che avevano di fronte – l'assassino – era alto e
robusto, con i
corti capelli biondi che non addolcivano di un'unghia il volto
crudele e segnato da molte cicatrici. Alla cintura portava un nutrito
numero di armi, ma evidentemente giudicò superfluo cambiare
l'arma
con cui aveva ucciso Ciaran per quelle due sciocche ragazzine. Si
limitò a pulirla dal sangue passandola sui pantaloni,
sottolineando
il gesto con un ghigno orrendo.
Poi,
quasi in maniera perversamente pietosa, voltò il corpo di
Ciaran con
il piede.
“So
cosa stai pensando... cosa gira in quella tua bella testolina. Non ci
credi che il tuo fratellino sia morto vero? Mi dispiace, ma io non
sbaglio mai un colpo. Se può consolarti non ha sofferto.
È il mio
lavoro uccidere in fretta.” Sembrava compiaciuto da quella
sua
abilità, e lei si chiese che razza di mostro si nascondesse
dentro
quell'uomo.
Ainslee
deglutì visibilmente, e quando alla fine trovò il
coraggio di
spostare lo sguardo sul fratello, incontrò gli occhi azzurri
di
Ciaran che la fissavano spalancati e senza vita.
Tuttavia
in quel momento la sua mente registrò a malapena
l'informazione.
L'adrenalina che la teneva tesa e vigile, percorrendole il corpo come
una scarica continua, non dava spazio alle emozioni. Se avesse ceduto
alle emozioni sarebbe morta.
Eppure
sembrava che lei e Enid fossero già come morte, condannate
inesorabilmente alla stessa fine che aveva colto il povero Ciaran. E
tutto questo senza conoscerne la ragione.
Le
ragazze indietreggiarono ancora verso il letto di Ainslee, che era
posizionato contro il muro. Quando toccarono la parete con la schiena
ebbero un sussulto, ma Ainslee era ben decisa a tenere l'amica dietro
di sé. Come cercando un'immaginaria via di fuga
allargò
istintivamente le braccia, e le sue dita sfiorarono il comò,
tastando un oggetto a lei familiare. Era il fuso che usava per filare
la lana, ed aveva una punta molto tagliente. Con una mossa svelta lo
afferrò e lo nascose dietro la veste.
L’assassino
si avvicinava lentamente, l'arma in pugno, pregustando la facile
impresa che gli si presentava davanti.
Due
ragazze indifese e inermi, strette all'angolo, l'unica via di fuga
inaccessibile: non pensava che un lavoretto così ben pagato
potesse
rivelarsi talmente semplice.
Ainslee
non sapeva se reagendo avrebbe trovato una via di fuga o avrebbe
semplicemente prolungato la sua agonia, ma doveva tentare. Non si
sarebbe lasciata uccidere – o peggio - con tanta
facilità.
Quando
l’uomo le fu abbastanza vicino scattò,
piantandogli con forza il
fuso nel punto più vulnerabile del viso che
riuscì a trovare.
Quando la punta gli lacerò la pelle, l’assassino
si mise a urlare
come un animale ferito, cadendo a terra e dibattendosi come una furia
per il dolore. Il sangue caldo dell'uomo schizzò sulla veste
chiara
di Ainslee, mentre lei restava qualche secondo con il fuso in mano,
prima di scagliarlo a terra. La ferita che gli aveva inferto gli
attraversava metà del viso e si aggiungeva alle molteplici
cicatrici
che l’uomo già portava sul volto, segni
inconfondibili della sua
professione di mercenario assassino.
Ainslee
approfittò di quell’attimo per fuggire trascinando
con sé una
Enid scioccata dalla vista del sangue, mentre le mani
dell’uomo
ferito cercavano di ghermirle alla cieca.
Senza
quasi riprendere fiato corse giù per le scale, tenendo
l'amica per
mano, temendo che, se non l'avesse tenuta vicina, sarebbe potuta
svenire da un momento all'altro. In fondo alle scale ebbe un tuffo al
cuore, e si fermò come paralizzata. Ai piedi della scalinata
giaceva
sua madre in una pozza di sangue, con una profonda ferita al petto.
Nonostante il pericolo che incombeva su di loro, Ainslee fece il
gesto di chinarsi per carezzare i capelli macchiati di sangue di
Gwenael. Enid dovette intuire dove fossero diretti i pensieri
dell'amica, e questa volta fu lei a strattonarla per trascinarla via.
“Tua
madre non avrebbe voluto che ti facessi ammazzare!” le
gridò. “Non
possiamo fare niente per lei adesso, e se restiamo qui
quell'assassino ci farà a pezzi!”
Il
trambusto che si udiva dal piano di sopra indicava che l'uomo, ancora
in preda al dolore e al furore, stava cominciando a reagire, e
presto, anche se mezzo accecato dal sangue, le avrebbe inseguite.
Ainslee
non rispose all'appello di Enid, ma sembrò averlo capito;
sembrò
che le parole dell'amica avessero penetrato il suo bozzolo di
confusione e dolore. Incespicando nella fretta di correre fuori, le
due ragazze si trovarono nel cortile esterno della fattoria.
Enid
fece per correre via, ma teneva ancora nella propria mano quella di
Ainslee, che improvvisamente le fece resistenza.
“Andiamo!”
gridò Enid esasperata, temendo che Ainslee stesse di nuovo
agendo
irrazionalmente, come era capitato pochi secondi prima.
Ma
questa volta Ainslee era lucidissima.
“No,
ascoltami e non protestare” disse tenendo l'amica, che
tremava
leggermente, ferma per le spalle. “Quest'uomo cerca me, o
qualcuno
della mia famiglia. È venuto fin qui apposta. Se scappiamo
insieme
ci prenderà; il villaggio è troppo distante
perché possiamo
raggiungerlo e chiedere aiuto prima che lui raggiunga noi.”
“Ainslee...”
“Ma
se tu ora scappi da sola, non ti darà fastidio”
continuò
imperterrita la ragazza. “E potrai correre a chiedere
aiuto...
avverti tuo fratello... Owainn mi aiuterà.”
“E
tu che farai? Qui, da sola con quell'assassino?”
“Cercherò
di resistere, o di nascondermi, finché Owainn e gli altri
non
arriveranno ad aiutarmi. Ora va'! Metti in salvo te e il tuo bambino!
Ho già perso mia madre e mio fratello... se per colpa mia
dovessi
morire anche tu non potrei vivere con questo peso.”
Enid
annuì, insicura. Cominciò a correre, incerta,
voltandosi ogni
momento.
“Va',
ho detto! Corri!”
“Resisti”
le gridò Enid di rimando, con gli occhi pieni di lacrime.
“Nasconditi! Arriveremo presto, te lo prometto!
Radunerò l'intero
villaggio, se necessario.”
Finalmente
si decise e cominciò a correre lungo la strada che portava
al
villaggio, senza più voltarsi indietro.
Ainslee
non rimase ad osservarla scomparire alla vista, non ne aveva il
tempo. Aveva gli occhi asciutti e il cuore pesante come un macigno,
ma non aveva il tempo di fermarsi a piangere il massacro della sua
famiglia, o avrebbe condiviso la loro stessa sorte.
Fece
un respiro profondo e decise che la sua unica possibilità di
salvezza era cercare suo padre, che a quell'ora sarebbe dovuto essere
a lavorare nella sua officina. Forse l'assassino non l'aveva trovato,
forse era ancora vivo, e in quel caso avrebbe potuto aiutarla.
Evitando
di rientrare in casa, scelse di attraversare il cortile e poi l'orto,
facendo il giro della fattoria. Con in mente ancora il viso di sua
madre come lo aveva visto poco prima, Ainslee raggiunse la fucina di
suo padre e si precipitò dentro, chiamandolo a gran voce.
Ma
il suo tentativo apparve immediatamente infruttuoso: suo padre
giaceva a terra, anch'egli trapassato dalla ferita di una spada. Il
fuoco nella fornace ardeva ancora, e le fiamme lambivano il crogiolo
pieno di metallo fuso che Eachann aveva preparato poco prima. Nella
mano aperta e senza vita, il vecchio fabbro ancora stringeva le pinze
di metallo che usava per non bruciarsi col fuoco.
Ainslee
stava per cedere alla disperazione. Sentiva che le forze che
l'avevano sorretta fino a quel momento, quelle stesse forze che le
avevano permesso di squarciare la faccia ripugnante di quel bastardo
assassino, che le avevano dato il coraggio di mettere in salvo Enid
anche a scapito della sua vita, che l'avevano spinta a non cedere al
dolore e a non gettarsi piangente sui corpi dei suoi genitori e di
Ciaran, la stavano abbandonando. La velleità di salvarsi
stava
venendo meno. E per quale motivo poi avrebbe dovuto salvarsi? Cosa le
restava per cui combattere? Poteva semplicemente lasciarsi cadere a
terra e raggomitolarsi accanto al cadavere del padre, per essere
protetta da lui nella morte, come aveva sempre fatto in vita. Poteva
vivere di quest'illusione, aspettare che l'uomo l'avesse trovata e
lasciare che finisse il lavoro per il quale era venuto. Aveva reagito
per proteggere Enid e il suo bambino, ma ora... perché non
avrebbe
semplicemente potuto attendere la morte?
Ma
poi qualcosa in lei si ribellò: era simile a un richiamo
ancestrale,
come se qualcosa nel suo sangue, scorrendo nel suo corpo, la
chiamasse all'azione. Quel coraggio che in fondo era sempre stato
presente in lei, la rese di nuovo lucida, vigile e pronta all'azione.
Non poteva farsi massacrare senza reagire, non poteva lasciare che
l'assassino della sua famiglia avesse l'ultima parola anche su di
lei. Se proprio doveva morire, non lo avrebbe fatto raggomitolata su
un pavimento.
Distogliendo
finalmente lo sguardo dal corpo massacrato di Eachann, Ainslee si
guardò intorno.
Alle
pareti della fucina erano appese in bella mostra diverse spade e,
senza pensarci troppo, scelse una delle più leggere, una che
aveva
visto creare da suo padre poco tempo prima, e che aveva ammirato fin
dal momento in cui era uscita dalla fornace. Gli fece fare una breve
rotazione per saggiarne il bilanciamento: era perfetta come quando
Eachann gliel'aveva fatta provare, ammonendola di fare attenzione,
perché quella era una spada vera e non di legno.
Inghiottendo
a vuoto per scacciare il nodo che aveva in gola, Ainslee
uscì fuori
con circospezione, ma la sua prudenza si rivelò del tutto
inutile.
Tre uomini robusti le si pararono di fronte. Due di loro le erano
sconosciuti, ma il viso del terzo era inconfondibile: l'avrebbe
riconosciuto ovunque anche senza il marchio che gli aveva impresso
nella carne con un fuso da lana.
“Ah
sei qui! Finalmente ti abbiamo trovata e ora la pagherai,
puttana!”,
ringhiò l’uomo che aveva cercato di ucciderla. La
ferita ancora
aperta che gli deturpava il viso lo rendeva ancora più
ripugnante.
Il sangue, che ora si era quasi del tutto fermato, gli macchiava
metà
del volto e il collo, facendolo assomigliare a un mostro venuto dagli
inferi. Era evidente che Ainslee gli aveva fatto più danno
di quanto
avesse creduto al momento, quando aveva colpito con la forza della
rabbia e della disperazione. La lacerazione gli apriva in modo
frastagliato l'intero lato del viso, dallo zigomo al mento, e il suo
occhio sinistro era chiuso. Ainslee ignorava se fosse perché
lo
aveva anche accecato o perché non riusciva ad aprirlo a
causa del
sangue raggrumato. Una cosa però la sapeva con certezza:
quell'uomo
gliel'avrebbe fatta pagare cara. Molto cara.
“Sarà
divertente ucciderti, ma ancor più lo sarà
prenderti come quella
sgualdrina che sei!”, continuò l’uomo in
preda a un furore
selvaggio. Sembrava aver perso completamente la gelida sicurezza che
aveva ostentato poco prima.
Quello
dei tre che sembrava il capo lo frenò. “Adesso
basta, Ond. Non
farti prendere dalla rabbia. Dobbiamo finire la ragazza in
fretta”.
Poi
si rivolse a lei. “Non serve a niente che impugni quella
spada, ti
uccideremo comunque, e tu lo sai. Se la posi subito farò in
modo che
Ond non ti tocchi neanche con un dito e ti accorderò una
morte
veloce. Ma se insisterai a sfidarci lascerò che Ond faccia
quello
che vuole di te, e lui non è particolarmente gentile con le
fanciulle tenere e delicate come te. Glielo devo, dopo come lo hai
ridotto”.
Ainslee
rabbrividì, ma cercò di non dare a vedere quanto
fosse spaventata.
Le dita le tremavano mentre stringeva ancora più forte
l’elsa
della spada.
“Come
io
l’ho
ridotto?”, disse con la rabbia nella voce, “voi
avete ucciso mio
padre, mia madre e mio fratello… e se proprio devo morire,
non
morirò senza combattere!”
“Senti,
senti”, rise il capo del gruppo, “la ragazzina ha
fegato. Peggio
per te… Ond puoi prenderti la puttanella e quello che le
farai non
mi riguarda”.
Il
grosso guerriero sfregiato sogghignò di soddisfazione,
mentre già
pregustava la facile preda che aveva davanti.
E'
la fine,
pensò Ainslee guardando Ond avanzare verso di lei.
Cercò di
visualizzare i corpi di Eachann, Gwenael e Ciaran perché le
dessero
la rabbia necessaria ad affrontare il suo temibile avversario.
Quando
l’assassino la raggiunse e fece per afferrarla, Ainslee si
chinò
velocemente sgusciando sotto il suo grosso corpo, e calò la
spada
sul tendine della caviglia, recidendolo di netto.
Ond
si accasciò a terra urlando e per poco Ainslee non
finì travolta
dal suo peso. Riuscì a spostarsi in tempo e, guardando negli
occhi
l’uomo sotto di lei con un odio di cui non si credeva capace,
gli
calò la spada sulla gola con tutta la rabbia che aveva in
corpo. Il
mercenario agonizzò per pochi secondi, mentre copioso il
sangue gli
sgorgava dal collo e gli riempiva la bocca, poi morì.
Gli
altri due uomini, che erano rimasti tranquillamente a distanza,
pronti a godersi lo spettacolo, rimasero come paralizzati quando si
accorsero di ciò che in pochi attimi era invece accaduto.
Sui
loro volti si leggeva lo stupore di vedere una ragazza che sembrava
del tutto indifesa combattere come un soldato addestrato e avere la
meglio su un mercenario grosso il doppio di lei.
Anche
se aveva battuto Ond sfruttando l’effetto sorpresa, Ainslee
non si
illudeva di riuscire a sopravvivere quando gli altri due
l’avessero
attaccata contemporaneamente. Sapeva che l'avrebbero uccisa.
Non
appena si furono ripresi dallo shock iniziale, i mercenari si
lanciarono su di lei urlando. Ainslee seppe di non avere scampo.
Avrebbe comunque resistito quanto avesse potuto e sarebbe morta
combattendo.
Si
stava preparando all’impatto delle lame avversarie sulla sua,
quando udì un grido di guerra e, simile a uno spirito
apparso dal
nulla, un cavaliere sconosciuto si avventò contro i due
assassini
brandendo una grossa spada.
Quelli,
colti di sorpresa e disorientati, reagirono con lentezza al nuovo
attacco. Il cavaliere tenne impegnato il più grosso dei due,
mentre
Ainslee si avventò sul più piccolo. Sfruttando la
sua abilità nel
prevedere le mosse dell’avversario, la ragazza
schivò un attacco
diretto e rientrò subito, piantando la spada nello stomaco
del
mercenario e affondandola con tutte le sue forze. L’uomo si
accasciò a terra con un’espressione di sorpresa
negli occhi,
proprio mentre il cavaliere finiva il suo avversario con una tecnica
meno raffinata ma più potente di quella di Ainslee.
Per
un momento la ragazza e il cavaliere stettero in silenzio, con il
respiro corto e le spade ancora in pugno. Ainslee si guardava la
veste e le mani imbrattate di sangue con espressione attonita, come
se si rendesse pienamente conto solo in quel momento che la sua
famiglia era stata massacrata e che lei aveva appena ucciso due
uomini.
“State
bene?”, le chiese improvvisamente il cavaliere.
Ainslee
annuì, ma era pallida come una morta, e subito dopo
cominciò a
scivolare a terra priva di sensi. Il cavaliere fece appena in tempo
ad afferrarla prima che toccasse il suolo.
Nota
dell'autrice: Ed
eccoci qui, con un capitolo un tantino cruento, lo ammetto, e che
infatti non è stato facile da scrivere. E ora chi
sarà questo
misterioso cavaliere giunto appena in tempo per salvare la
situazione? Non voglio anticipare nulla, tranne che sarà un
personaggio importante nella storia. Ringrazio tutti quanti come
sempre, e vi anticipo che, causa ferie, non so se il prossimo
aggiornamento arriverà proprio puntualissimo, nel caso
scusatemi fin
da ora.
Alla
prossima,
Eilan
|