Le
poche ore di sonno di quella notte portarono ad Ainslee l'ennesimo
sogno sulla donna bionda che credeva di conoscere. E per la seconda
volta vide l'uomo dalla barba folta che le era apparso la notte prima
del viaggio a Eburacum. Ma stavolta ai loro volti amorevoli si
sovrappose quello insanguinato di sua madre Gwenael. Senza conoscerne
la ragione, Ainslee si svegliò alle prime luci dell'alba con
un
forte senso di colpa. Un malessere diffuso la pervadeva, provocandole
la nausea. Improvvisamente scoppiò a piangere in singhiozzi
disperati che la squassarono da capo a piedi. Fu a malapena
consapevole che Gareth le si era avvicinato e la stava stringendo a
sé. Era come se assorbisse il suo dolore e l'alleviasse di
parte del
suo gravoso fardello. Il giovane cavaliere rimase in silenzio, non
disse una parola: aspettò soltanto che il suo pianto si
quietasse da
solo; che da fuoco ardente divenisse una fiamma non certo estinta, ma
dormiente sotto un cumulo di brace. Perché era ovvio che
quel dolore
non si sarebbe esaurito con un semplice pianto, non sarebbe stato
possibile. Non un dolore di quella portata. Ma sfogarlo avrebbe
comunque aiutato.
Ainslee
rimase piegata su se stessa, accartocciata come una foglia autunnale,
finché non ebbe esaurito completamente le lacrime. Quando i
suoi
singhiozzi cominciarono ad acquietarsi, la ragazza si rese conto che
erano le prime lacrime che versava per la sua famiglia. Il giorno
precedente non le aveva concesso nemmeno il tempo di un respiro,
tanto era stato frenetico e denso di avvenimenti. Ma adesso che aveva
avuto il tempo di fermarsi a riflettere, la consapevolezza che i suoi
genitori e suo fratello erano davvero morti si era abbattuta su di
lei talmente violenta da farla vacillare sotto il suo peso.
Un
pensiero che non aveva previsto le attraversò la mente. Li
vendicherò. Chiunque sia stato a fare questo, non la
passerà
liscia. Non so come, non so quando... non so chi... ma giuro su tutti
gli dei che porterò a compimento la mia vendetta.
Darò pace ai loro
spiriti tormentati.
Stranamente
fu un pensiero che ebbe il potere di calmarla e di darle un po' di
nuova forza. Era riuscita a pensare a cosa avrebbe fatto dopo, al
prossimo passo da compiere, evitando di continuare a girare
dolorosamente intorno alle immagini di morte che le affollavano la
mente. Il passato era passato, ed anche se sempre presente in lei,
era stato momentaneamente messo da parte. Domani poteva essere un
giorno diverso, poteva essere il giorno in cui la sua vendetta si
sarebbe compiuta e lei avrebbe ucciso chiunque avesse ordinato la
morte della sua famiglia.
“Stai
meglio?” la voce di Gareth le giunse come da un luogo remoto.
“Sì,
ti ringrazio” mormorò lei asciugandosi gli occhi
gonfi e
arrossati. “Scusami se mi sono lasciata andare in questo
modo.”
Gareth
si allontanò di un passo, ma le posò una mano sul
braccio, come se
avesse improvvisamente timore di toccarla.
“Ne
hai tutto il diritto. Quello che è successo alla tua
famiglia è
stato terribile. Erano brave persone, e non meritavano di finire
così.”
E
forse noi avremmo potuto fare qualcosa per evitarlo, pensò
amaramente.
“E’
stato terribile anche quello che sei stata costretta a fare. Immagino
che sia la prima volta che uccidi un uomo…”
Ainslee
annuì mestamente. “Già. L’uso
della spada mi sembrava molto più
romantico quando mio padre me lo ha insegnato. Tuttavia non ho
rimorso per avere ucciso quegli assassini.”
“Non
devi averne. Ti avrebbero massacrato senza pietà…
e anche peggio.”
Ainslee
gli sorrise, grata per la comprensione. Per la prima volta,
osservando il suo salvatore, si accorse che doveva essere molto
giovane, forse di qualche anno più grande di lei.
Il
volto appariva affilato ma proporzionato, e la bocca sottile, quando
si incurvava in un sorriso come in quel momento, diveniva
accattivante e irresistibile. Portava un accenno di barba, dello
stesso colore castano dei corti capelli ribelli. Era di corporatura
asciutta, con spalle larghe e, come Ainslee aveva già avuto
modo di
notare, era anche alto. Gli indomiti occhi grigi, contornati da
ciglia chiare, rivelavano il carattere orgoglioso e fiero del
giovane. Il suo sguardo così diretto e profondo,
pensò Ainslee,
aveva senza dubbio fatto battere il cuore di più di una
ragazza.
Stupita
dalla direzione che avevano preso i suoi pensieri, Ainslee distolse
lo sguardo bruscamente, sperando che lui non notasse il rossore
soffuso sulle sue guance.
Ma
Gareth sembrò non notarlo, già intento a sellare
il cavallo e a
prepararsi per la partenza.
“Facciamo
bene ad allontanarci ancora un po'. Siamo ancora troppo vicini al
villaggio per i miei gusti”, annunciò aiutandola a
salire a
cavallo dietro di lui.
“Dove
andiamo?”
“Verso
sud” rispose lui partendo al galoppo.
“Sarà un lungo viaggio,
perciò è meglio che tu sia preparata.”
Ainslee
stava per porre un'altra domanda, ma si trattenne. Avrebbe aspettato
un momento più propizio per chiedere tutto ciò
che voleva sapere.
Cavalcarono
per tutto il resto del giorno, nel silenzio quasi totale. Tuttavia ad
Ainslee non dispiacque: poteva osservare con tranquillità i
nuovi
luoghi che incontravano. Raramente si era allontanata da casa sua, e
non aveva mai lasciato il grande nord della Britannia. Il
sud... le suonava così
esotico da sembrare più un luogo narrato in qualche leggenda
che un
posto reale. Si chiese se fosse diverso dal suo nord, se
città come
Londinium* o Glevum**, di cui aveva sentito tanto parlare, fossero
tante differenti dalla familiare Eburacum. Chissà se era
proprio in
una di queste città che erano diretti?
Si
fermarono solo a metà giornata per raccogliere qualche
frutto che
avrebbero mangiato strada facendo. Gareth scherzò sul fatto
che
aveva una fame da lupi, ma Ainslee non aveva mai avuto un grande
appetito e si limitò a piluccare qualche mora raccolta dai
cespugli.
Attraversarono
infinite distese di erba, valli meravigliose, interrotte solo
saltuariamente da sparute macchie boschive e piccoli villaggi. Per
ora niente di diverso a ciò a cui Ainslee era abituata. La
Britannia
sembrava ancora uguale a come l'aveva sempre conosciuta.
Presto
il sole tramontò, e il buio oscurò implacabile
ogni cosa.
Gareth
giudicò che non fosse il caso di proseguire oltre e
cercò un posto
dove fermarsi. Purtroppo non trovarono boschi nelle vicinanze e
dovettero accamparsi presso una casa in rovina, di cui sopravvivevano
solo tre muri crollati per più di metà della loro
altezza.
Erano
troppo esposti alla vista per accendere un fuoco, così
dovettero
accontentarsi di mangiare della frutta e un po' di carne secca che
Gareth teneva nelle bisacce. Nonostante la mancanza di un fuoco la
notte era ben illuminata da una bella luna piena, che proiettava una
luce lattiginosa sulla casa in rovina, e su di loro.
Ainslee
sedette a gambe incrociate di fronte a Gareth, ma un poco distante,
mentre lui appoggiò la schiena al muro di pietra. Lei lo
osservò
mangiare per qualche minuto, senza distogliere mai lo sguardo
indagatore. Gareth cominciò a sentirsi a disagio, ma sapeva
ciò che
lei si aspettava da lui, e sapeva di dover onorare la sua promessa.
La notte era giovane e aveva ancora molto tempo davanti a sé
per
raccontarle tutto.
Fece
un respiro profondo e raddrizzò la schiena, guardandola a
sua volta
negli occhi. Un brivido lo percorse, perché lei era
bellissima, ma
nella luce della luna i suoi capelli sembravano quasi bianchi, il suo
viso di un pallore mortale, e quegli occhi di ghiaccio lo guardavano
come se potessero leggergli nell'anima. Gareth ebbe quasi la
tentazione di allungare la mano per assicurarsi di avere davanti una
donna in carne e ossa e non uno spettro.
“Mi
hai chiesto di raccontarti tutta la verità, ed ho intenzione
di
mantenere la mia promessa.”
Ainslee
fece un cenno di assenso, ma non replicò.
Gareth
afferrò con le dita la tunica bianca che indossava sopra la
cotta di
maglia. “Sai cosa significa questo simbolo?”
Ainslee
lo scrutò attentamente, gli occhi ridotti a due fessure. Lo
aveva
notato prima, ma senza porvi particolare attenzione. Raffigurava un
drago alato, in volo e nell'atto di sputare fuoco. Il suo capo era
sormontato da una corona d'oro che sembrava retta da una mano
invisibile. Sullo sfondo uno stemma a forma di scudo, che contava
diverse stelle dorate.
“Non
lo conosco” disse infine.
“Questo
è il simbolo della stirpe reale di Svezia, gli Yngling.
È a causa
di questo simbolo che sono soprannominati la Stirpe del
Drago.”
“Non
so niente dei sovrani di Svezia. Governano da molto?”
“Da
più di trecento anni. Si dice che il primo re della stirpe
sia stato
addirittura Odino in persona. O almeno gli Yngling amano far risalire
le loro origini al re degli dei.”
“E
chi era in realtà questo Odino?” chiese Ainslee in
tono malizioso.
Gareth
sorrise. “E' più probabile che si vera l'altra
versione esistente:
che fosse un nobile originario di qualche parte dell'Asia, giunto in
Svezia dopo lunghi viaggi. In ogni caso, da allora gli Yngling
governano sul paese, con governi più o meno stabili, ma
quasi tutti
con mano sicura e saggezza. L'ultimo re legittimo è stato Jörundr
ed è morto quattordici anni fa. In gioventù fu un
esule, insieme a
suo fratello minore Erik e al loro padre Yngvi. I tre viaggiarono
molto e i due fratelli si fecero una fama di indomiti guerrieri. I
due principi erano stati costretti all'esilio perché il
trono del
loro cugino Hugleik era stato usurpato dal re norvegese Haki, che
aveva sconfitto e ucciso Hugleik e i suoi due giovani figli nella
sanguinosa battaglia di Fyrisvellir. Il trono di Uppsala*** era
quindi in mano a uno straniero, un usurpatore. Ma appena tre anni
dopo Jörundr
ed Erik
sbarcarono in Svezia con un esercito, e sconfissero Haki nella
seconda battaglia di Fyrisvellir, riconquistando Uppsala.”
“Perché
mi racconti tutto questo?” lo interruppe Ainslee, perplessa.
Ma in
realtà quella storia di battaglie e gesta eroiche la stava
appassionando. Sembrava una di quelle storie epiche che si
raccontavano intorno al fuoco e che tutti ascoltavano con sguardo
rapito. Re Jörundr
doveva
essere stato un uomo di grande valore e Ainslee sentì di
provare
grande ammirazione per lui.
“Ho
un motivo per farlo, fidati di me. Posso continuare?” e ad un
cenno
affermativo di Ainslee, proseguì: “Sul trono
sedette quindi il
legittimo successore, Yngvi, fratello del padre di Hugleik, re Alf.
Alla morte di Yngvi, Jörundr
gli succedette sul trono e governò con altrettanta saggezza
e
capacità di suo padre. Ma Erik cominciò a nutrire
del rancore verso
il fratello quando si rese conto che sarebbe sempre rimasto il figlio
cadetto, che i figli di Jörundr
gli sarebbero succeduti, non lui. Prima sperò che suo
fratello non
scegliesse mai una moglie, cosa che in effetti fece in non
più
giovane età. Erik fu deluso quando infine Jörundr,
dopo una trattativa con il re di Danimarca, prese in moglie sua
figlia Drott. E quando venne al mondo l'erede al trono, il principe
Njöror,
Erik cominciò a
tramare apertamente contro il fratello, cercando anche l'appoggio di
potenti nobili della corte. Si pensa addirittura che la morte
prematura del principe Njöror
sia stata opera di Erik.”
“Deve
essere stato molto triste per il re e la regina perdere un figlio
così piccolo” commentò Ainslee.
“Non ne avevano altri?”
“Ne
ebbero altri tre: due morirono alla nascita.
Un'unica figlia arrivò all'età adulta e vive
ancora oggi.”
“E
dove si trova questa principessa?”
“E'
qui, davanti a me.”
All'inizio
Ainslee credette di aver capito male, di aver frainteso completamente
quello che Gareth intendeva. Forse si era espresso con una metafora.
“Cosa
vuoi dire?” chiese confusa.
Gareth
trasse un altro, profondo respiro. Si avvicinò a lei e le si
sedette
accanto. La guardò negli occhi.
“Ti
sto dicendo la verità, Arianrhod.”
“Come...?”
Ainslee aveva gli occhi spalancati, e scuoteva impercettibilmente il
capo.
“Lo
so che questo è un grosso colpo per te, ma... tu hai
insistito per
sapere la verità.”
Ainslee
lo guardò quasi con rabbia, poi prese a scuotere decisamente
il
capo. “No, no, no... NO!” urlò alzandosi
di scatto e inducendo
Gareth a fare altrettanto.
Nascose
il viso tra le mani, ma senza piangere. Continuava a mormorare quella
negazione tra se e se. Gareth allungò la mano e le
sfiorò il polso
con le dita. A quel contatto Ainslee scoprì bruscamente il
volto e
lo guardò con espressione dura.
“No,
tutto questo è assurdo! Cosa sarei io? Una principessa? Ma
andiamo!
Credi che sia così stupida?”
Gareth
rimase calmo. “Non credo affatto che tu lo sia. E se avessi
pensato
che non fossi in grado di sopportare la verità, stai pur
certa che
non te l'avrei rivelata, promessa o non promessa. Ma tu sei forte,
Arianrhod! Hai affrontato già molte prove dure, e ne
affronterai
ancora in futuro. Ma le supererai tutte... anche questa.”
“Arianrhod...?”
“E'
il tuo nome. E per essere precisi non sei una principessa: sei una
regina. La legittima regina di Svezia.”
“Vuoi
dire che Jörundr
era mio
padre?”
“So
che ti amava moltissimo.”
“E...
cosa è successo dopo? Come sono arrivata nella mia
famiglia?”
chiese Ainslee con voce incrinata. È assurdo!
Davvero sto
accettando la possibilità che tutto questo sia vero?
Gareth
la prese delicatamente per il braccio e le fece cenno di rimettersi a
sedere.
Poi
andò a prenderle un po’ d’acqua, che
Ainslee bevve a piccoli
sorsi.
“Ti
ringrazio, ora mi sento meglio. E scusami se ti ho aggredito.”
“Non
hai nulla di cui scusarti. La tua reazione è più
che
comprensibile”, rispose Gareth, “vuoi che ti lasci
un po’
sola?”
“No.
No, ti prego non farlo. Credo di avere bisogno di un po’ di
compagnia… e voglio che mi racconti tutto”, disse
Ainslee in tono
malfermo.
“Bene,
allora... eravamo rimasti a tuo zio che tramava contro tuo
padre.”
Zio?
Padre? Ainslee
sentiva che sarebbe potuta scoppiare in una risata isterica. Questa
è follia!
Gareth
le raccontò di come sua madre era morta, nel dare alla luce
una
bambina, e di come suo padre fosse morto poco dopo. Di come avesse
provveduto a metterla al sicuro prima di morire, allontanandola dalla
Svezia.
“Mia
madre?” fu una rivelazione che la colpì come un
fulmine. “Drott...
mia madre... era bionda? E bella?”
Gareth
sorrise. “La ricordi?”
“Da
mesi faccio un sogno ricorrente. Una donna bionda, bellissima, dal
volto e la voce stranamente familiari. E siamo in un castello... e
c'è un uomo con noi... forse mio padre.” Fece una
pausa e poi
disse in un soffio, lo sguardo perso nel vuoto: “Lei
è mia
madre...”. Le lacrime le riempirono gli occhi, ed una
scivolò
lungo la guancia, lasciando una traccia salata sulla sua pelle.
Mamma.
Ainslee
si asciugò quella lacrima solitaria, ma per la prima volta
era una
lacrima di gioia.
Poi
le venne in mente un altro particolare. “Arianrhod...
così mi ha
chiamato lei nel mio sogno. Non ero riuscita a ricordarlo fino a
questo momento.”
“E'
il tuo nome: Arianrhod.” confermò Gareth con un
sorriso.
“E
mio padre...” disse Arianrhod, freneticamente ora che i pezzi
del
puzzle cominciavano ad incastrarsi tra di loro. “Mio padre
aveva
una cicatrice sul viso?”
“Come
fai a saperlo?”
“Era
nel mio sogno... tutti loro erano nel mio sogno.”
“Non
era un sogno. Era un ricordo.”
Arianrhod
sorrise, e quel sorriso le illuminò il volto. Non sapeva
perché
provasse tanta commozione, ma era come se un pezzo della sua vita, il
pezzo mancante, le fosse stato restituito. Ora tutto aveva un senso,
quella parte di lei che sapeva essere reale aveva ritrovato la sua
famiglia.
*L'attuale
Londra
**
L'attuale Gloucester
***
Capitale e maggiore città svedese, sede del principale
palazzo reale
Nota
dell'Autrice: Ciao
a tutti! All'inizio il capitolo doveva contenere anche la spiegazione
di ciò che accade dopo che Arianrhod ha lasciato la Svezia,
ma così si
sarebbe probabilmente allungato troppo, rischiando di essere anche pesante da leggere. E quindi ho
deciso di spostare quella parte al prossimo capitolo. Anche
perché
mi è parso più bello concluderlo con le lacrime
di felicità della
nostra principessa. Ho pubblicato un po' in anticipo come avrete
notato, perché domani sono di nuovo in partenza e non volevo
farvi
aspettare altre due settimane per l'aggiornamento (e scusatemi se il prossimo capitolo arriverà con qualche giorno di ritardo :) ). E poi i nostri due
mi imploravano di venire raccontati e l'ispirazione ha preso il
sopravvento.
Volevo
darvi qualche cenno storico: gli avvenimenti che Gareth racconta ad
Arianrhod sono tutti realmente avvenuti. Mi sono permessa di
modificare solo un particolare: il principe Erik in realtà
muore
proprio nella seconda battaglia di Fyrisvellir, combattendo
coraggiosamente, come narrato nella Yngling
Saga
e nelle Gesta
Danorum.
Ho deciso di
farlo sopravvivere e dargli il ruolo del “cattivo”
solo ai fini
della storia e devo riparare con lui, poverino, puntualizzando che
è
stata solo una mia invenzione. Una curiosità sul fondatore
della
stirpe degli Yngling, tale “Odino”. Oggi gli
studiosi lo
identificano con un nobile originario dell'Asia, che pare possa far
risalire le sue origini addirittura alla mitica città di
Troia.
Un'ipotesi ovviamente, ma che trovo davvero affascinante.
Un
abbraccio e alla prossima,
Eilan
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