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XV. Quand’anche
camminassi in una valle oscura
Abbandonata Fairmeadow, pur certa che l'assenza da Bon Fleur avrebbe
indisposto la zia, Anna si rifugiò nell’ombra
della chiesa di Tutti i Santi. Seguì il viale lastricato
fino all’interno del cimitero, dove grossi corvi stavano
acquattati tra le scure fronde dei tassi; gracchiavano forte,
sorvegliando le tombe con i loro piccoli occhi simili a perline di
onice.
Anna
trovò molte Mary, ma nessuna scomparsa nel marzo di
quell’anno: era probabile che la cameriera fosse stata
seppellita altrove. Il peregrinare tra le lapidi, tuttavia, la
portò ad incappare in una tomba che ebbe subito la sua
attenzione. Era posta accanto al muro che separava il cimitero
dall’argine del Medway. Una grata, con un lussuoso intreccio
di fiori in ferro, ne delimitava il perimetro quadrato; al centro,
sopra un basamento di granito, si ergeva un gruppo di statue: una
figura femminile, avvolta in una cappa, nascondeva il viso contro una
bassa colonna; ai suoi piedi, c’era un leone seduto sulle
quattro zampe, il capo eretto e lo sguardo fiero. I caratteri neri, sul
basamento, recitavano:
Though
I walk through the valley of the shadow of death,
I
will fear no evil; for thou art with me;
thy
rod and thy staff they comfort me.
Sotto l’epitaffio, quattro nomi:
William E. Hall
1780 ― 1833
& His Wife Helen Adelaide
1783 ― 1853
Horace Clifford Hall
Feb. 25, 1804 ― June 7, 1871
Tabitha Obedience Hall
May 8, 1810 ― April 4, 1865
Era una tomba di famiglia. ‘Che siano gli Hall di Ellsworth
House?’ si interrogò Anna.
Ma la sua ultima e inevitabile meta fu la tomba dello zio Woodhams. Non
c’era ancora una lapide, ma qualcuno ― forse Arden, forse
proprio uno degli Hall ― aveva portato una corona di fiori freschi.
Anna scivolò in ginocchio dinanzi al letto di terra bruna.
‘Zio, che cosa devo credere?’ Lo zio, in vita, non
poteva non sapere della sorte della cameriera; ma perché si
era prestato al gioco dell’omertà? Che conoscesse
il motivo dietro il suicidio di Mary? Sapeva? Sospettava? Aveva visto
qualcosa?
Anna chinò la testa e strizzò le palpebre, senza
riuscire, né volere, scacciare il pianto. Per un
po’, l’affanno della ricerca aveva anestetizzato il
dolore, ma adesso riusciva solo a pensare che lo zio ― il suo buono,
sorridente ed entusiasta zio ― era imprigionato là, sotto
terra, con la morte che ne imputridiva le carni, giorno dopo giorno.
Gli occhi attenti e gentili, le mani calde e il profumo di colonia: non
c’era più nulla. Sarebbero giunti i vermi, poi la
polvere, le ossa e due orbite vuote.
Anna soffocò i singhiozzi dietro la mano e
affondò il mento contro il petto. Sopra di lei, il viso di
pietra dell’angelo restava impassibile, indicando
imperterrito un cielo che andava imbrunendosi, mentre le Pleiadi, e le
prime stelle, tremolavano sopra il campanile.
«Signorina Anna.»
Anna alzò lentamente la testa: aveva riconosciuto la voce.
Si voltò ed ebbe la conferma.
Era il vecchio Bert.
Aveva con sé un pacchetto, avvolto in carta da drogherie, e
lo teneva sottobraccio; stringeva in una mano il flaccido cappello,
nell’altra uno spelacchiato mazzolino di fiori di campo. Non
c’era un gambo che, per lunghezza, eguagliasse
l’altro. «Non vi dispiace, vero?» disse
Bert. E con la lentezza concessa delle sue articolazioni
scricchiolanti, depose il misero omaggio di servitore accanto alla
corona di fiori. Aveva ancora lo sguardo fedele di un cane;
l'infelicità baluginava tra la stanchezza, come un riflesso
di luce lunare su uno specchio d'acqua. Infine, mise la mano, scura e
rugosa come la corteccia di un albero, sul capo dell'agnellino sopra la
tomba di Violet, come avrebbe fatto un nonno sulla testolina di un
bambino.
Anna tirò su col naso. Strofinò le mani
inguantate sulle guance umide. Non disse nulla.
«Come sta la padrona?» azzardò Bert.
«Non è più padrona vostra»
gli ricordò Anna, sottilmente aspra. «Ci avete
lasciato.»
Bert sospirò: un sibilo rasposo. Poi, ligio alla propria
ritrosia, disse: «Devo andare.» Batté
una mano sul pacchetto. «Vi auguro tanto bene, signorina
Anna. A voi, e a madam.» Fece per voltarsi.
Ma Anna si alzò in piedi. «Aspettate. Devo
parlarvi.» E fissò Bert diritto in volto: lei
aveva ancora un lucido eco di lacrime negli occhi scuri, ma la voce era
ferma. «So di Mary. So cosa le è successo. ―
Quindi, ditemi: i miei zii non volevano che voi e vostra moglie
parlaste del suo suicidio? Non con Lily. Non con me. Forse, nemmeno tra
di voi. Una cameriera che s’ammazza nel giardino di
casa non è un evento piacevole da rivangare. O
sbaglio?»
Bert non rispose. Ma la sua espressione, prima di sorpresa e dopo di
mesta e vergognosa rassegnazione, fu più che sufficiente a
fugare i dubbi di Anna.
«Ora che siete libero di farlo, parlatemi di lei. Parlatemi
di Mary.»
*
Nella quieta penombra, sotto le volte e tra le colonne, brillava qui e
là, in cima agli alti e smilzi candelabri, la luce
oleosa delle candele. Un uomo si muoveva accanto all’ambone: ne
stava pulendo i gradoni; due donne camminavano lungo una delle navate
laterali, coperte da lunghi scialli di lana.
In chiesa faceva più freddo che all’aperto, ma Anna non
strofinava i polpastrelli contro le nocche inguantate per scaldarsi.
Era nervosa. E impaziente. E fissava il profilo del vecchio Bert, che a
sua volta rivolgeva gli occhi stanchi alla grande croce di legno, sulla
sommità della recinzione del coro. Sedevano sull’ultima
panca, in fondo alla navata centrale.
«Mary Tilley era una ragazzetta di quelle vispe ― se capite cosa
intendo.» Bert, tutto ingobbito, con il cappello e pacchetto del
droghiere sulle ginocchia, parlava con un fil di voce; per rispetto del
luogo e per timore dell’argomento. «Ce ne aveva di
spasimanti. Giù a East Farleigh. E pure una lingua svelta,
c’aveva. I signori l’assunsero a Natale del
Settantatré. Fu un miracolo che riuscì a restare a
servizio.»
«Perché?»
«A madam non piacevano quelle chiacchiere sulla condotta di Mary.
E poi, Mary ― be', non è che fosse pigra. Ma non faceva le cose
come voleva la signora. Non sempre. E quando madam la rimproverava...
l’ho sentita io, con queste mie orecchie, risponderle a tono. E
mica una volta sola.»
«E la zia la lasciava fare?»
«Oh, no! Stava sempre a dirle che l'avrebbe buttata fuori. Una
volta, la chiuse in chiave in camera, su nell'attico. Un'altra, perse
la batté con un ombrello. Non fosse stato per il signor
Woodhams, che prendeva sempre le difese di Mary, la signora l'avrebbe
licenziata subito.»
«Perché mio zio la difendeva?»
«Sapete com'era vostro zio, no? ― C’ha sempre avuto un modo
tutto suo di vedere le cose. Quel che per la padrona era imperdonabile,
per lui era una ragazzata da niente. Rimproverava a madam di essere
troppo severa.»
«E che potete dirmi della morte di Mary? Eravate tutti sotto lo
stesso tetto. Nessuno ha almeno immaginato che motivo abbia spinto Mary
a togliersi la vita?»
Bert fece cenno di no.
«Pensateci bene! Cercate di ricordare i giorni precedenti...»
«Ricordare? Ricordare!» Bert si passò una mano sul viso. «Come se potessi mai dimenticarmene!»
«Che intendete?»
«Fu... fu tre giorni prima... prima del fattaccio.» Bert
sembrava strapparsi a forza le parole di bocca. «Nel cuore della
notte, nell’attico, ci svegliò uno strillo. Era Mary. Lei
dormiva nella stanza piccola. Non stava insieme ad Abby e Lucy.
Corremmo da lei, io e mia moglie, e la trovammo tutta scombussolata. Un
cencio. Tremava dalla testa ai piedi. Disse... ecco una cosa veramente
strana. Disse di aver visto un’ombra. Una sagoma. Nera. E stava
ai piedi del suo letto. Era una persona, diceva. Con la faccia tutta
coperta di capelli, e sotto i capelli, due tagli rossi che parevano
brillare.» Bert sospirò. «Non è che noi la si
stette a sentire troppo. Hai fatto un brutto sogno, le dicemmo. Una
tazza di tè e tornatene a dormire. E non se ne parlò
più ― però...»
«Però?»
Anna a stento udì la propria voce: il cuore le martellava nelle orecchie.
«Nei giorni seguenti, Mary si comportò in modo diverso.
All’epoca, non ci feci mica caso. Ma dopo quello che è
successo, a ripensarci... come se ne stava zitta e quieta, ecco. E con
certi cerchi viola sotto gli occhi. Sembrava c’avesse la testa
chissà dove. Quasi dormiva in piedi. Ruppe un vaso, tanto stava
distratta. La signora le diede una strigliata e lei sempre muta. ―
Finché, quella mattina... fu io a vederla per primo, sapete?
Trovai la porta della veranda socchiusa ― e già quello mi
preoccupò. Era l’alba. Faceva un freddo del diavolo.
C’era foschia. Dovetti prendere una lampada. Uscii, scesi le
scale, per andare dai cavalli, come sempre. Arrivai alla fontana... e
Mary era lì. Galleggiava a braccia aperte, come un Cristo in
croce. Scalza, con i capelli sciolti e addosso solo la camicia da
notte.» La voce di Bert si era fatta talmente bassa che Anna, per
afferrare il resto, dovette chinarsi verso di lui e sforzarsi di
ignorare il violentissimo batticuore. «Io... io la chiamai. La
trascinai fuori dall’acqua. Ma era già morta. Da ore.
Doveva essere uscita in giardino in piena notte, mentre tutti noi
dormivamo.»
Anna aveva la bocca secca e il petto in fiamme. Una, due, tre volte
respirò, prima di trovare la voce per chiedere: «E...
non... non ha lasciato nulla? Nessun messaggio? Niente di niente?»
Bert scosse il capo.
«Siete proprio sicuro?»
«Sicurissimo. Sono stato io a svuotare la camera e a riportare il
baule alla madre. Mi fa male il cuore se ci ripenso. Era distrutta.
Maledisse il giorno in cui sua figlia era andata a servizio a Bon
Fleur. E maledisse tutta la casa. E tutti i Woodhams. Secondo lei,
l'avevano spinta loro al suicidio. Ma, sapete, io non credo proprio che
Mary si sia ammazzata per qualcosa che le hanno fatto i padroni.
Nessuno s’ammazza per quattro rimproveri... A un certo punto,
vista la reputazione di Mary, si iniziò a dire che forse era
gravida e che chi aveva fatto il danno se ne era lavato le mani.»
«Ed era vero?» sussultò Anna. «Aspettava un bambino?»
«No. I dottori dissero che non c’era nessun bambino. Non
c’aveva proprio niente che non andasse. Era sana come un
pesce.»
In quel momento, una delle candele si spense, annegando nella cera, e
Anna piombò nel barato del silenzio. Prese a fissare le proprie
mani, serrate l’una nell’altra, senza nemmeno battere le
palpebre.
«I... i miei zii» riprese, a fatica, «hanno pagato il funerale di Mary?»
«Sì. Come lo sapete?»
«L’ho letto in uno dei registri della
contabilità.» Anna si voltò di scatto. «Non
c'è nient'altro che sapete dirmi, Bert? Le... le altre due
cameriere: a loro cosa è successo?»
«Si sono licenziate.» Bert si strinse nelle spalle.
«Prima quella storia della sagoma nera. Poi Mary. Si
impressionarono parecchio. Dissero che il fantasma di Mary infestava la
villa. Chiacchiere su chiacchiere, e poco ci mancò che i signori
non restassero a corto di personale. Non ci volevano venire, le
cameriere, a lavorare a Bon Fleur.»
«Aspettate... ma Abigail e Lucy hanno visto il fantasma?»
«Ma che! No! E nemmeno io e Sophia. Non c'è nessun
fantasma, là. È solo che dopo la morte di Mary, di notte,
ogni scricchiolio e ogni sibilo giù per un camino è
diventato un fantasma. ― Adesso, posso farvela io una domanda,
signorina?»
«Sì...»
«Che ne sapevate, voi, della fontana? Perché siete venuta a domandarcene?»
Anna fece scivolare le dita sull’anulare della mano destra:
avvertì la durezza dell’anello sotto la stoffa del guanto.
«Solo... solo una sensazione» bisbigliò.
«Ah...» Bert, che la guardava con la coda
dell’occhio, scosse il capo. «Voi, lasciatemelo dire, siete
un bel po’ strana. Sophia l’ha detto subito. Mica per
cattiveria, eh, ma... insomma, si sa... con una madre come la vostra.
È gente mezza pagana, quella. Non v’offendete, eh...»
Anna non era offesa. Sopratutto perché non stava prestando
ascolto ai borbotti del vecchio. Rifletteva. A fatica, ma rifletteva.
«Avete detto che Mary occupava la camera piccola. È la camera in cui adesso dorme Lily?»
«Si...»
«I numeri...» mormorò Anna.
«Bert! ― Quando Lily vi domandò dei segni che abbiamo
trovato sul pavimento, sotto al letto ― lei mi ha detto che voi e
vostra moglie non ne sapevate nulla. È la
verità?»
Il vecchio distolse lo sguardo e serrò le labbra. «È vero... a metà» sussurrò. «Io non dissi nulla. Fu Sophia a rispondere e lei non mentì. Sophia non ne sa nulla.»
«Ma voi sì.»
«Io. E vostra zia. E nessun altro. ― Vedete, la mattina in cui
trovai Mary, la padrona fu la prima a entrare in camera della
poveretta. E vide la scritta sul pavimento. Doveva averla fatta Mary,
pensò. Allora, mi chiamò e mi disse di farla sparire.
Voleva che la cancellassi.»
«Perché?»
«Non lo so. Era agitata. Nervosa. Quasi arrabbiata. Insomma,
c’era una donna morta nel suo giardino e l'ispettore di polizia
al cancello. E io ho solo fatto quel che mi ordinava. Ma a un certo
punto, perse la pazienza. Ci stai mettendo troppo! esclamò.
Prima che finissi di cancellare la prima lettera―»
«Lettera! Come? Il primo segno era una lettera?»
«Sì. Una D. ― Mi fece spostare il letto per nascondere tutto.»
«Ma senza dire perché?»
Bert annuì.
‘L’ha fatto per paura? O conosce il significato dei numeri?’
«Adesso, direte a vostra zia che ho parlato con voi?»
«No...» rispose Anna, sovrappensiero.
«Non avrei dovuto comunque raccontarvi di quella brutta storia.
Vi siete agitata, e non vi fa bene ― agitarvi. Vi tremano le mani. E mi
sembrate impallidita...»
E il vecchio Bert aveva perfettamente ragione.
«Sto bene» obbiettò Anna. «E voi ― voi adesso dovreste tornare da vostra moglie. È tardi.»
«E voi, invece? Perché siete da sola, lontana da Bon Fleur, a quest’ora? Si sta facendo buio.»
«Non ho paura del buio.»
Quando Bert se ne andò, Anna rimase seduta, immobile, su quella panca.
Le due donne erano uscite e l’uomo era scomparso oltre le transenne del coro; tutte le vetrate erano buie.
A un certo punto, Anna si alzò.
E ricadde subito seduta.
‘L’ombra nera con gli occhi rossi.’
Dunque, non era solo la morte a inseguirla.
Afferrò con una mano la spalliera della panca di fronte a lei.
Strinse. E si rialzò in piedi. Aveva il respiro corto, leggero,
rumoroso. «No... no... no... oh Dio,
no...» Camminò in su e in giù, lungo le panche, e
alla fine si lasciò andare con la schiena contro una delle
colonne: le girava la testa, temette di svenire, ma si aggrappò
alla lucidità con la disperazione di un naufrago che nuota verso
una cima gettata in mare.
Non sapeva come reagire, ma sapeva che prima di prendere qualsiasi
decisione, c’era una cosa di cui doveva assolutamente
assicurarsi.
E non avrebbe perso altro tempo.
➽ Note.
L’epitaffio
sulla tomba degli Hall è tratto dai Salmi: ‘Quand'anche
camminassi nella valle dell'ombra della morte, non temerei alcun male
perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga sono quelli
che mi consolano.’ Come scrissi già nelle note a uno dei
primi capitoli, preferisco utilizzare l’inglese per alcuni
termini o frasi.
Con
la fine dell’estate, anche il mio tempo
‘libero’ si è ridotto. Io non mollo, ma
mi sembra doveroso scusarmi per il lungo ritardo nella pubblicazione
questo nuovo capitolo.
Ringrazio tutti i lettori che continuano a seguirmi & tutti
quelli che si sono aggiunti anche durante il periodo di stallo!
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