Un
urlo stridente esplose all' interno del gran maniero della famiglia
Daidoji, un grido che mandò in frantumi tutti i vetri, tutte
le finestre, tutti gli specchi dell' edificio. Le domestiche,
fortemente incuriosite e preoccupate da un tale fragore di voce,
andarono di corsa verso la camera della loro giovane maestra, dal
punto dove proneviva questa raffica sonora. Tutte accorsero, le
simplici dipendenti che si occupavano della tenuta e le guardie del
corpo che, in base a questo rumore, avessero fallito. All' esterno
della stanza di cui la porta era spalancata, sulla soglia, la madre
della piccola maestra, la signora Daidoji, seduta per terre, le gambe
appiccicate al pavimento che partivano da ambo le parti come ali di
pipistrello, le braccia penzolavano lungo i fianchi e le mani
spingevano contro il suolo, la schiena dritta e il capo alzato verso
il soffitto. Apriva la bocca di modo ad ostentare tutti i denti che
conteneva. I suoi occhi, che due sotttilissime pupiglie bucavani,
dipingevano uno sguardo spezzato, spaccato, sopraffato. Tutte le sue
membra tremevano come se fossero state scosse da un terremotto.
Arrivate
davanti all' uscio, girarono la testa verso il cammino imboccato
sconvolto della loro maestra. Ebbero tutte un sobbalzo di orrore da
farle rimanere momenteaneamente nello stesso stato d' anima del loro
capo. In mezzo alla camera, sul tappeto tessuto con materia
brillante, una sedia era rovesciata, lo schienale toccava i fili
luccicanti. Sopra, il corpo di una ragazzina vestita con poco
galleggiava a mezz' aria, mantenuto con una corda attaccata al
lampadario che si avvolgeva intorno al suo collo. La piccola Tomoyo
Daidoji si era impiccata.
Alcune
guardie si precipitarono verso la loro maestra per portarla lontano
da questo luogo atroce. Le servitrice, aiutate da quelche donne in
nere, rimuovevano la corda la faciulla che servivano aveva usato.
Alcune di loro sotto spingevano il cadavere verso l' alto, così
che les altre, salite su delle sedie, tagliarono lo spago. Spostando
la sedia per terra, una dipendente trovò un foglio di carta.
C' era qualcosa di scritto sopra :
« -Se
sapesse qual' anima ferì
Lacrim
del cuor se potesse vedervi
Se
'sto cuor pieno del suo pensiero
D'
esprimerlo mantenesse il controllo
Cambiar
così non fu stato possibile
Fier
di nutrir la speranza che deluse
A
tant' amore fu stata commossa
Se
sapesse.»
Queste
parole risuonavano in essa come una lettera d' addio.
L'
indomani, il sole sorse come di consueto, come se nulla fosse
successo. Era nello stesso stato d' animo che Sakura, preparata,
pulita, pettinata e vestita, anticipò per la seconda volta di
fila la sua sveglia elettronica. Scese nuovamente le scale con una
velocità fulminea e salutò di nuovo i suoi familiari
con un sorriso angelico. Ancora una volta inghiottì la sua
collazione e volò in un solo balzo fino alla porta per
eseguire i suoi affari di tutti i giorni, animata dal desiderio di
spiegarsi con la sua amica. Nella cucina, con un' espressione meno
entusiasta, Touya guardava suo padre con uno sguardo inquisitore.
“Non
le hai detto niente, sbaglio?” Domandò
“In
effetti” ,disse il padre, “non mi pareva il momento
giusto per annuciarle la notizia.”
“Sarebbe
stato meglio se fossimo stati noi a farglielo sapere come ce l' aveva
chiesto la madre di Tomoyo.” ribatté Touya.
“Non
penso proprio.” ,rispose, “anche se la verità è
molto crudele questa volta i primi ad asciugare le lacrime di Sakura
dovranno essere le sue amiche. Si consoleranno insieme, tra gente che
portano il lutto.”
“Ma
non temi che torni con più lacrime da far fuoriuscire degli
giorni precendenti?”
“Se
tale fosse il caso, toccherebbe a noi prendersi cura del suo
malessere.” , concluse saggiamente, “ma il nostro ruolo
avviene dopo. Non ti preoccupare per lei, andra tutto per bene.”
E
Touya, rabbuiatosi dal dubbio, uscì da casa e s' incamminò
verso il liceo. Sentiva che le cose non si sarebbero sistemate tanto
facilmente e che il più terribile stesse ancoa per piombare su
sua sorellina. Incontrò Yuki per il percorso. Quest' ultimo si
era trasformato in una vera fontana viva. Touya ne dedusse che non
aveva più bisogno di raccontargli della morte precoce dell'
amica di sua sorella e provò a consolarlo.
Arrivata
a scuola e le scarpe oscure calzate, Sakura salì su per le
scale con uno slancio enorme per raggiungere la sua aula il prima
possibile. Doveva rimanere meno di dieci minuto all' entrata del
professor Terada perché iniziasse la lezione. Quindi, poiché
era stata apposita lenta ad andare a scuola, quella in cui si
augurava imbattere per forza sedeva al suo banco piazzato alla destra
del suo. Ma nella sala nella quale avave penetrato con un' aura
sfavillante attorno, il malumore ambiente che affoggava nell' aria
che che ogni scolaro con la divisa nutriva soffoccava quest' energia.
Si meravigliò vedendo tutta quest' atmosfera cupa e si chiedò
cos' accadde perché tutti avessero abbassato gli occhi. Si
diresse verso il suo grupetto abituale, ossi Rika, Naoko e Chiharu.
Di fronte alla finestra, Yamazaki aveva un viso lungo.
“Buongiorno
a tutte” ,esclamò Sakura
“Buongiorno
Sakura” ,le rispose amareggiata Rika.
“Eh...”,
cercò le sue parole, “ qualcuna mi potrebbe spiegare
perché tutti stano deprimendo?”
“Credi
di esser divertente?” Le disse secca Chiharu, “Come se
non fossi al corrente.”
“Insomma,
Chiharu,”, intervenne Chiharu, “calmati.”
“No...
Non ce la faccio.
Sakura
rimase perplessa. La sua mente la mitragliava di domande.
“Dai!
Qualcuno mi vuole mai spiegare che sta succedendo?”
“Ti
ho detto che non era per niente divertente.” Le gridò
Chiharu.
“Aspetta”,
calmò la voce di Rika, “sul serio, non sai nulla? Mi
stupirebbe da parte tua ma visto che sei arrivata così
felice...”
“È
successo qualcosa di grave?”
“È
a proposito di Tomoyo.”
“È
successo qualcosa di grave a Tomoyo?”
“Sì...”,
esitò, “Tomoyo... lei è...”
Ma
l' irruzione del profesor Terada la interruppe mentre stava
finalmente per svelare la ragione che tormentava le anime di ogni
alunno. Sembrò pure lui colpito da questo misteriosi evento.
“Buongiorno
a tutti.”, incominciò, “Suppongo che siate stati
avvisati ma preferisco ripetervelo lo stesso. Le lezioni del mattino
finiranno quindici minuti prima della solita ora per il minuto di
silenzio. Vi dico un' ultima volta come si svolge un minuto di
silenzio. Vi dovrete togliere il berretto, dovrete stare tutti in
piedi e soprattutto dovrete zittirvi.”
“Un
minuto di silenzio?”, soffiò Sakura tra sé e sé,
“Qualcuno è morto? Ma chi sarà?”
Infine
questo momento arrivò. Tutte les classe, tutti gli studenti,
tutti gli insegnante, tutte le personne che lavoravano nella scuola
scesero in cortile. Tutti si radunarono atorno alla grande striscia
di sabbia che quattri edifici imprigionavano. In mezzo ad essa
qualcosa dall' altura di uno scolaria qualunque era coperto da un
lenzuolo bianco. La cacciatrice di carte s' interrogò sul
oggetto che nascondava. Poi il signore Terada se ne avvicinò e
pronunciò un corto discorso molto solenne:
“Per
prima cosa, tengo a ringraziare tutti per esser venuti oggi. In
effetti, gli eventi dramatici di ieri ci spingono ad organizzare
questo minuto di silenzio. E per onorare in modo più correcto
possibile la memoria della nostra cara scomparsa, uno di voi, che non
si vuole fare conoscere, ha dipinto un ritratto di lei assai realista
e positivo. Adesso lo scopro. Questo accompagnera il nostro minuto di
silenzio.”
E
il ritratto di Tomoyo che sorrideva fu mostrato all' assemblea.
Sakura gemette per via dello stupore quando vide questa cornice. Era
la sua amica sul telo, non ne poteva dubitare. I suoi occhi si
spensero anche loro, brividi le corsero longo la schena, la sua anima
si dilianò. Guinse le mani alle labbra e s' inginocchiò,
sentendosi pesante.
Ecco
fatto, fiat lux. Sapeva chi se n' era andato. Ma non capì come
una tela cosa poteva succedere, proprio adesso. Senz' altra
spiegazione, il tragico di questa scena la riacchiappò
inevitabilmente.
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