=
Vita da sassi =
La prima cosa che
Kozmotis avvertì quando si svegliò fu una
spaventosa fitta alla testa. Richiuse
le palpebre con un mugugno, e si rigirò nelle morbide
lenzuola dorate che lo
avvolgevano.
Un momento. Lenzuola
dorate?
Quel particolare
riuscì a dissipare quasi completamente la sonnolenza
residua, e lo indusse a
rizzarsi a sedere. La velocità del movimento gli
causò un’altra fitta al capo,
attorno alla quale il generale avvertì ancora la delicata
pressione della
fasciatura che gli era stata applicata dopo il processo -conseguenza
del fatto
che Nahema lo avesse atterrato e “mandato a
dormire” con un colpo alla testa-
ma al momento era l’ultimo dei suoi pensieri.
Non riusciva a
capire dove si trovava, non aveva mai visto quel posto prima
d’ora, e tantomeno
rammentava il modo in cui ci era arrivato. Si sforzò di fare
mente locale: qual
era l’ultimo posto che ricordava?...ma certo:
l’infermeria del palazzo reale,
si era risvegliato lì.
Poi però cos’era
successo?
Mentre cercava di
ricordare, decise di iniziare a guardarsi attorno con la massima
circospezione.
Quella camera da
letto era più grande dell’intero piano terra di
casa sua, munita di ampie
finestre e una terrazza aperta sul panorama di una metropoli dalla
curiosa
architettura che lui non ricordava di aver mai visto.
Cercò indizi
concentrandosi sugli elementi presenti nella stanza, e la prima cosa
che
saltava all’occhio era l’opulenza
smodata che regnava in tutto l’ambiente.
Già solo il letto
era un baldacchino molto rialzato ed estremamente ampio, con fini
tendaggi
viola dai ricami lucenti, e non ci avrebbe voluto giurare, ma il
comodino e la
lampada sopra di esso sembravano in tutto e per tutto d’oro
zecchino. Stesso
discorso valeva per il resto del mobilio, anche se da lontano non
poteva
esserne totalmente sicuro, e per le pareti: se quelle decorazioni non
erano
composte da foglie d’oro e scaglie di quelli che sembravano
in tutto e per
tutto diamanti viola, lui non si chiamava Kozmotis Pitchiner. Decori
simili
erano presenti anche sulle grosse colonne rigate presenti nella stanza,
marmoree come il pavimento.
Chi poteva
permettersi di sprecare in quel modo risorse come oro, marmo e
soprattutto
rarissimi diamanti viola?!
“l’infermeria…”
Perché il lusso
smaccato -quasi pacchiano, a suo parere- di quel posto gliela stava
facendo
venire in mente? Doveva cercare di risolvere il mistero.
Cos’era successo
nell’infermeria, e cosa c’entrava con quel posto?
Fece un respiro
profondo, e lasciò che i ricordi fluissero.
*** In
precedenza… ***
Si svegliò confuso
e con la testa che pulsava. Mentre sbatteva le palpebre, gli parve di
vedere la
sagoma di qualcuno alla sua sinistra. «dove
sono…?»
«siete in
infermeria, generale. Cercate di stare tranquillo, siete reduce da un
colpo al
cranio non indifferente!»
Con un sibilo di dolore,
il generale voltò il capo in direzione del suo
interlocutore. Era un ragazzo
alto, poco più che ventenne, con una barbetta incolta e una
zazzera di capelli
neri che, fosse stata meno disordinata, avrebbe potuto fare invidia
alla sua.
L’aria leggermente trasandata del giovane medico -questo era,
a giudicare dal
suo camice bianco- era qualcosa su cui riusciva comunque a soprassedere
senza
sforzo dal momento che la sua persona, o almeno il suo profilo
sinistro,
trasmetteva uno strano senso di tranquillità.
«sì»
borbottò
Kozmotis «ora ho presente. Avrei solo voluto dare a quei
bastardi ciò che
meritavano, invece no…tutto quel che sono riuscito a
ottenere è un trauma
cranico».
«posso immaginare
quanto fosse difficile, ma forse avreste dovuto cercare di rimanere
più calmo,
generale» disse il dottore, con la calma più
assoluta, mentre appuntava «non
credo che quel che è successo abbia giovato alla vostra
causa».
Già. Provava ancora
una rabbia profonda, ma il colpo preso stava riuscendo a farlo
ragionare un
po’. Nahema, suo fratello e i nobili loro alleati avevano
cercato di farlo
passare per un uomo dalla psiche straziata della perdita, e
c’erano riusciti
alla perfezione anche grazie al suo contributo.
Vero, gli erano
successe troppe cose orribili in pochi giorni, ma lui avrebbe dovuto
cercare di
mettere da parte il suo dolore per ottenere giustizia, o almeno per tentare
di
far venire al re qualche dubbio in più e far sì
che stesse in guardia. «non
avete tutti i torti, dottore, ma ne sono successe troppe
perché riuscissi a
trattenermi» ammise, con una semplicità che
solitamente non gli apparteneva
«prima la mia famiglia, poi quella strega di mia cognata, e
ora anche questo…»
«sembra quasi una
richiesta d’aiuto, Lord Pitch. Pensate di aver bisogno di un
sostegno
psicologico? Guardate che non sarebbe indice di debolezza»
specificò il
dottore, sollevando finalmente lo sguardo dai suoi appunti.
Una cosa che saltò
subito all’occhio di Kozmotis era il colore
dell’iride: era come osservare una
fiamma viva posta tra tizzoni di brace nera. La gente della Golden Age
non era
nuova a fantasiose sfumature di occhi e capelli, ma era la prima volta
che gli
capitava di vedere quella combinazione di colori. «se lo dite
voi».
«dico, dico! Anzi,
considerando la vostra situazione e la posizione che occupate credo che
sarebbe
un gesto di grande accortezza da parte vostra. Come High General of the
Galaxies siete responsabile della vita di molte persone, il che
significa dover
essere sempre perfettamente lucido e stabile. Voi cosa
pensate?»
«che mi piacerebbe
che le vostre parole fossero un po’meno sensate».
«allora non avete
perso la capacità di comportarvi in modo
ragionevole» si voltò e si allontanò
di poco, rovistando nel cassetto di un piccolo mobile bianco
«immaginandolo, mi
sono permesso di mettere sul comodino vicino a voi sia il modulo da
firmare che
la penna. Vi accorgerete che è tutto scritto in modo chiaro
e conciso, se ora
lo leggete con calma».
Il documento era
breve, giusto una pagina, e il generale non notò
alcunché di strano leggendolo.
Non conosceva il nome dello psicologo, ma dal nome sembrava essere
originario
del territorio degli Orion, come lui. Un residuo di orgoglio e
testardaggine lo
fece esitare nell’apporre la firma, ma le parole del dottore
riguardo la
responsabilità avevano colpito nel segno.
“per non parlare
del fatto che se voglio contrastare persone come Nahema e la sua
dannata
famiglia devo necessariamente essere quanto
più stabile possibile. I
soldi e il potere degli Aldebaran possono essere contrastati solo
cercando di
essere più furbo di loro” si disse mentre firmava
“e io al momento non sono in
condizioni di riuscire nell’impresa. Forse non
potrò fare giustizia
nell’immediato, ma in futuro le cose saranno
diverse”. «ho firmato, dottore».
«spero che vi
troverete bene con lo specialista che ho scelto per voi»
disse il ragazzo «è un
collega che conosco molto bene, e che mi informerà
prontamente di ogni vostro
progresso».
D’accordo, il
discorso stava prendendo una piega strana. «a voi?...ho
già un medico di
base, io credevo aveste interpellato lui per la scelta e, con tutto il
rispetto, da come avete parlato sembra che dobbiate essere voi ad avere
l’ultima parola sulla durata della mia terapia».
«non solo
“sembra”,
ma è naturale che sia così. Sarete dichiarato
idoneo a svolgere il vostro
compito quando, esaminati i resoconti che il mio collega
farà sulle vostre
condizioni psichiche, io stabilirò che sia il momento
opportuno. Non
aspettatevi che passino meno di sei mesi, riprendersi anche solo un
po’da un
trauma del genere è molto dura, ma non preoccupatevi
né per il regno né per la
vostra armata» lo “rassicurò”
il dottore, voltandosi verso di lui con grande
calma «il
re ha dato a mia sorella
l’onore e l’onere di sostituirvi, e vi garantisco
che non c’è persona più
preparata di Nahema».
All’inizio il
generale Pitchiner non riuscì a proferire parola, troppo
impegnato a fissare la
voglia a forma di stella a otto punte in bella mostra sul lato destro
del volto
del dottore, a lui celato fino a quel momento. «a-anche tu
sei…?»
In difesa di
Kozmotis va detto che sapeva che Nihil Ralonrin Aldebaran era il medico
di
corte ufficiale dei Lunanoff, ma sapeva anche che non era il solo
dottore
presente: i Lunanoff offrivano nel loro palazzo prestazioni mediche
ambulatoriali gratuite a coloro che, per un motivo o per un altro, non
avrebbero potuto permettersele, e un unico dottore non avrebbe potuto
gestire
tutto da solo. Tra questo, il non aver mai visto prima Ralonrin,
nonché il
fatto che questi non somigliasse per nulla agli Aldebaran che lui aveva
conosciuto, era comprensibile che non avesse intuito subito la
verità.
«generale, già non
vi piaccio più? Solo per un segno sul viso? Potrei
offendermi» disse il
ragazzo, imbronciandosi per un attimo «...ma in effetti anche
no» aggiunse
subito dopo, prendendo con uno scatto felino il foglio che Pitchiner
aveva
riappoggiato sul comodino «l’importante
è che continuiate a collaborare».
Tanti saluti al
“cercare di essere più furbo di loro”,
pensò Kozmotis; erano riusciti ad
anticiparlo prima ancora che potesse iniziare a studiare qualcosa.
«quel foglio
non vale niente, mi hai strappato il consenso con un inganno, se
io-»
«con l’inganno,
dite? A me non risulta, avete fatto tutto da solo»
ribatté Ralonrin «mi avete
praticamente detto che avete bisogno di sostegno, io vi ho suggerito di
ricorrere a uno psicologo, e voi avete letto e firmato tranquillamente
un
conciso documento scritto in chiare lettere. Non vedo inganni di sorta,
generale, tutto quel che posso constatare è che soffrite di
un disturbo
paranoide non solo verso chi ha questo segno sul volto, ma
anche verso
persone come il mio stimato suocero, Lord Advif Vega. È
passato di qui a
raccontarmi qualcosina».
Kozmotis aveva in
mente solo una cosa, ossia prendere quel foglio e farlo a pezzi:
sarebbe stato
un modo come un altro per iniziare, e se avesse voluto avrebbe sempre
potuto
andare da uno psicologo di sua scelta,
possibilmente che non avesse
niente a che fare con quella famiglia di bastardi. La fitta di dolore
provata
quando si alzò bruscamente in piedi lo fece quasi vacillare,
ma non intendeva
lasciar perdere. «dammi quel foglio, o me lo
prenderò da solo».
Ralonrin, come già
detto, era un ragazzo alto -come del resto la stragrande maggioranza
dei suoi
parenti- ma non troppo robusto, ed era completamente a digiuno di cose
come
tecniche di lotta e simili. Come tutti i suoi fratelli lui era stato
istruito
fin da piccolo su come amministrare e governare vasti territori, ed era
un
dottore con buone conoscenze di alchimia -grazie a suo padre- ma
null’altro, e
trauma cranico o meno Kozmotis Pitchiner non era diventato High General
per
niente. «dovreste tornare a letto, non siete ancora nelle
condizioni di fare
movimenti bruschi».
«non me ne
serviranno molti!»
«vi conviene
rimanere calmo» dal camice Ralonrin tirò fuori
quella che sembrava una specie
di piccola pistola, caricata a dardi tranquillanti «noi
medici abbiamo i nostri
metodi, quando abbiamo a che fare con pazienti
poco…sì, beh, pazienti».
,
«prima devi riuscire
a colpirmi» gli ricordò il generale, man mano che
si avvicinava. La testa gli
pulsava, ma si sforzò di ignorarlo. «devi aver
mandato via gli infermieri
perché rimanessimo soli, ma scommetto che ora te ne stai
pentendo, vero?...mancato!»
esclamò quando Ralonrin, indietreggiando di molto,
fallì il primo colpo «non
hai la mira dei tuoi fratelli».
«…siamo passati a
darci del tu e non me ne sono nemmeno accorto, pensa un
po’» disse Ralonrin
quasi tra sé e sé, sparando altri due dardi.
Anche stavolta non andarono a
segno, perché nonostante il trauma cranico il generale ebbe
sufficiente
prontezza di riflessi da afferrare un vassoio vuoto che si trovava su
un
mobiletto vicino e deviare con esso i due dardi. «senti, ma
non potresti stare
fermo e lasciarti colpire? Sul serio! Tanto non hai modo di uscire di
qui con
questo foglio, quindi che ti batti a fare?» sbuffò
l’arciduca, con
l’espressione di un bimbo capriccioso «andiamo, suuuu!»
Proprio in quel
momento una terza persona fece il suo ingresso nella stanza.
«Ralonrin, mi
serve-»
Kozmotis, senza
pensarci troppo, afferrò suddetta persona e la strinse a
sé come uno scudo
umano, per poi afferrare un paio di lunghe forbici, che Ralonrin aveva
usato
per tagliare le bende con cui gli aveva fasciato il capo.
«distruggi quel
foglio e dimmi come uscire rapidamente dal palazzo, o giuro sugli Dei
che
ucciderò tua sorella come voi avete ucciso le mie
donne!»
Kozmotis aveva
riconosciuto Nihil Rerazara Aldebaran perché, tanto per
continuare la
tradizione di Iyra Aldebaran, aveva vinto il titolo di “donna
più bella del
regno” già due volte -forse immeritatamente o
forse no- ed era comparsa spesso
nelle riviste di moda che lui aveva comprato per sua moglie, cui certi
frivoli
giornaletti erano sempre piaciuti.
Ricordò le occasioni
in cui aveva sentito Aleha dire che le sarebbe piaciuto avere gambe
chilometriche come quelle di Rerazara, e in cui lui l’aveva
rassicurata
dicendole di non avere proprio nulla da invidiarle, anzi.
Ecco: non avrebbe
più potuto fare neppure questo, ed era sempre colpa degli
Aldebaran, sempre
loro, solo loro.
Rerazara,
terzogenita della sua famiglia, alzò gli occhi al soffitto
con aria decisamente
seccata. Era andata da Ralonrin per farsi dare qualcosa che diminuisse
il
nervosismo -gestire le finanze di un re e una regina che tendevano a
spendere
troppo in opere di bene non era sempre facile, e quella sera aveva
anche una
sfilata- e cos’aveva trovato? Di certo non quel che cercava!
Che giornataccia.
«ecco, ci mancava solo il cretino che non
ha niente di meglio da fare
che puntarmi un paio di forbici in faccia».
«taci!»
le
intimò il generale, dopo un breve attimo di smarrimento per
quella sua
non-reazione «e tu non pensare di chiamare rinforzi e
sbrigati ad obbedire,
perché faccio sul serio!»
Non c’era il minimo
dubbio su ciò, e Ralonrin non era sicuro di riuscire a
sparare abbastanza
velocemente da evitare ogni rischio a sua sorella.
«ehm…Rera, digli qualcosa».
«“Rera digli
qualcosa”? Ma sei serio? Secondo te
dovrei anche parlarci?»
«beh, sì…»
«ma stiamo facendo
le comiche o cosa?!» sibilò il povero Pitchiner,
che si trovava sempre più
spiazzato. Confrontati a quei due -un bambinetto nel corpo di un
ventitreenne e
una donna che pareva un pezzo di ghiaccio, persino peggio di sua
cognata-
Nahema e Aladohar erano l’apoteosi della normalità.
«un High General of
the Galaxies ferito alla testa che pensa di poter attentare alla vita
di
un’arciduchessa credendo di riuscire a ottenere quello che
vuole in effetti è
abbastanza comico» osservò Rerazara, senza neppure
provare a divincolarsi.
«sentite, perché non interrompiamo questa
pantomima e mi lasciate? Sareste
veramente disposto a uccidere una civile innocente?»
«sei una civile, ma
in quanto Aldebaran di certo non sei innocente»
replicò.
Rerazara alzò gli
occhi al cielo. «Ralonrin, si può sapere cosa
c’è in quel foglio?»
«ha ammesso lui di
aver bisogno di un sostegno psicologico e a firmare, non è
colpa mia se poi ha
cambiato idea!» si lagnò il ragazzo.
«ho firmato solo
perché prima non sapevo chi sei! Non vi
permetterò di tenermi lontano dalla
mia armata a vostra discrezione, potete pure scordarvelo!»
«forse voi non
avete ben chiara la vostra posizione» disse Rerazara
«per ora siete fuori dai
giochi, dal momento che è stato il re in persona a dare a
mia sorella
l’incarico di sostituirvi “finché non
starete meglio”. Potete notare che è un
lasso di tempo del tutto indefinito, e da quel che vedo minaccia di
durare
anni. Avendo firmato quel foglio, datovi da Ralonrin,
apparirete davanti
al re già più ragionevole di quanto siate in
realtà. Vi garantirà un ritorno
più rapido. Se è questo ciò che
volete, tecnicamente vi agevola».
«agevolarmi?!
Perché diamine dovreste volere che torni al mio incarico prima?!»
allibì
il generale «non ha senso! Cos’ha in mente di fare
tua sorella?!»
Nello stupore
commise l’errore madornale di abbassare la mano, e Rerazara
approfittò della
momentanea distrazione per colpirlo allo stomaco più forte
che poteva col suo
gomito appuntito. Quando sentì la presa allentarsi
riuscì a sgusciare via,
afferrò con mano sicura la pistola a dardi che Ralonrin le
lanciò, e sparò a
Kozmotis un paio di volte, centrandolo in pieno.
«penso che tentare
di spiegarvelo ora sia inutile» disse Rerazara, impassibile
come se avesse
avuto indosso una maschera «siete imbottito di
tranquillanti».
Mentre Kozmotis
cercava di resistere all’effetto dei tranquillanti e non
cadere a terra,
inutilmente perché questo fu proprio ciò che
accadde l’attimo dopo, sentì
rimbombare nelle orecchie l’applauso che Nihil Ralonrin fece
alla sorella.
«brava Rera!...»
«“brava Rera”
è
tutto quel che sai dire? Anche munito dei tranquillanti non sai gestire
un uomo
reduce da un trauma cranico…se tu non fossi la copia precisa
di papà avrei dei
dubbi sul fatto che siamo imparentati. Seriamente».
«sì, anche io Ti
Voglio Tanto- Tanto- Tanto- Tanto- Tanto…»
«taglia».
«...Tanto- Tanto-
Tanto- Tanto- Tanto- Tanto Bene».
«direi di rimettere
a letto il paziente».
I suoni stavano
diventando sempre più ovattati e il mondo sempre
più buio, ma Kozmotis riuscì a
vedere Nihil Ralonrin guardarlo con una smorfia infantile sul volto.
«io invece ho
un’altra idea. Ha chiesto cosa vuol fare Nahema, giusto? Io
direi di mandarlo a
farle domande personalmente!»
«perché?»
Ralonrin rise. Il
generale stava per addormentarsi, ma sentì ugualmente la
risposta.
“tanto per
romperle le ovaie! Passami un po’quelle siringhe,
già che ci sei”.
*** Ora
***
“chi può
permettersi di sprecare in questo modo risorse come oro, marmo e
soprattutto
diamanti viola”, si era chiesto?
Che domande.
Le stesse persone
che avevano sotto il loro controllo un numero incalcolabile di ricche
miniere
di vario genere, ovviamente.
Si catapultò
letteralmente giù dal letto, all’improvviso non
gli importava più di quanto mal
di testa avrebbero potuto causargli dei movimenti bruschi: la sola cosa
che
doveva fare era andarsene di lì prima possibile, a costo di
saltare giù dalla
terrazza e lanciarsi giù nel largo fiume che si vedeva
scorrere sotto.
«un simile salto
nelle vostre condizioni è sconsigliabile, generale. Tanto
vale che vi mettiate
comodo».
Kozmotis si voltò
di scatto, e capì che poteva tranquillamente dire addio alle
sue speranze di
fuga. Non era in condizioni di scontrarsi contro Nahema e Aladohar
insieme, non
sarebbe riuscito ad andare da nessuna parte neppure battendosi con la
forza
della disperazione, per cui tanto valeva rimanere fermo e sentire
cos’avevano
da dire quegli schifosi assassini. «avete distrutto la mia
casa e la mia
famiglia, cosa volete ancora da me? Perché mi avete portato
qui?!»
«“portato”?
Guardate che non vi abbiamo portato da nessuna parte. Avete fatto
irruzione nel
palazzo ieri sera. Non avrei portato voi in casa
mia» affermò Aladohar
«potete starne sicuro. Sapete di non essermi molto
simpatico».
«Aladohar, per
cortesia, evita. Come stavamo dicendo, generale,
siete stato voi a
venire qui» disse Nahema.
«è mai possibile
che voi Aldebaran non riusciate a dire la verità nemmeno in
casa vostra?! È
stato il vostro caro fratello Ralonrin ad addormentarmi, e poi
evidentemente mi
ha spedito qui!»
Nahema inarcò le
sopracciglia, con aria lievemente seccata.
«Ralonrin?...capisco» commentò, per
poi rivolgersi al fratello «īlva muña
tresy ēdas naejot emagon mēre
doru-borto».
Per un attimo
Kozmotis pensò che il cervello gli stesse giocando un brutto
tiro, perché non
aveva capito una parola che fosse una.
«vestragon
sīr…kostagon īlon zirȳla ossēnagon?»
«qilōni? Ziry iā
īlva lēkia?»
Poi però realizzò
che forse non si trattava di un’allucinazione uditiva, quanto
piuttosto di una
conversazione -che evidentemente non doveva essere compresa da terzi-
in quella
che doveva essere la vecchia lingua degli Aldebaran. Il reame aveva una
lingua
comune, ma non significava che i vari nobili delle Costellazioni
avessero
rinunciato alle proprie, soprattutto le famiglie più antiche.
«…sȳrkīta
naejot
pendagon tolī olvie daor» borbottò
Aladohar «iā ziry kostagon rhaenagon
naejot vestragon iā sȳz dēīa».
«sì, credo che tu
abbia ragione» concluse Nahema «sentite, generale,
mandarvi qui è stata un’idea
di Ralonrin, non nostra».
Kozmotis avrebbe
dato chissà cosa per poter capire quel che avevano detto,
perché conoscendoli
c’era da aspettarsi di tutto; magari avevano discusso su come
farlo fuori, se
gettarlo in mezzo al deserto o semplicemente farlo a pezzi e
seppellirli chissà
dove. «smettetela di parlare in quella vostra strana lingua
barbara e ditemi
cosa volete! Volete torturarmi? Uccidermi?! Cosa?!»
«non vogliamo
torturarvi, non vogliamo uccidervi, né farvi proprio
niente» ribatté Nahema,
sorvolando sullo “strana lingua barbara”
«vi invito a riflettere: che senso
avrebbe fare una mossa simile dopo ciò che è
stato detto durante il processo?»
La voglia di
staccarle la testa dal collo rimaneva sempre alta in Kozmotis, ma era
costretto
ad ammettere che il discorso di Nahema era sensato. Solo che continuava
a non
capire come fosse arrivato lì. «come sono arrivato
in questa stanza?»
«se vi ha davvero
mandato Ralonrin desumo che dopo avervi addormentato debba essere stato
lui a
mettervi nella navetta d’emergenza con cui siete arrivato, e
abbia attivato il
pilota automatico per farvi finire qui» disse Aladohar
«quando siete arrivato
però vi siete svegliato, e siete entrato in questo palazzo
agitando un badile,
rubato non so dove, minacciando
di
uccidere tutti…sì, d’accordo, ammetto
che vi abbiamo lasciato entrare per
vedere dove volevate andare a parare, sembrava divertente»
confessò l’arciduca
«infine i nostri fratelli Nihil Taha e Nihil Texu si sono
stufati, si sa che i
bambini di otto anni si annoiano facilmente, quindi vi hanno strappato
il
badile e vi hanno atterrato con un colpo in testa. Tutto qui».
Kozmotis non sapeva
quale parte della storia fosse peggiore, se la scena col badile o il
fatto di
essere stato atterrato da due bambini Aldebaran di otto anni.
«non ho prove del
fatto che stiate dicendo sul serio».
«però purtroppo
è
vero. Sarebbe bello se il regno avesse un High General of the Galaxies
che non
si lasci coinvolgere in fatti così ridicoli, ma purtroppo
questo passa in
convento, per ora» sospirò Aladohar «e
in fondo non è tutta colpa vostra,
sappiamo tutti che per voi è un brutto periodo».
«chissà per
colpa di chi!» ringhiò il generale
«erano una donna e una bambina
innocenti, cosa vi avevano fatto? Che bisogno
c’era?!»
«vi è stato detto
di costituirvi come traditore della patria, ma voi non avete voluto
obbedire»
ribatté Aladohar «avete fatto una scelta, Lord
Pitch, e ogni scelta ha le sue
conseguenze. Siete voi che avete scelto di sacrificare le vostre donne
per il
vostro grado e-lanciarmi candelabri non vi
aiuterà!» concluse, evitando
per un pelo il pesante suppellettile.
«ti pare che se
io avessi veramente saputo cosa c’era in gioco avrei
sacrificato mia moglie e
mia figlia?!!» gridò «se non
avessi trovato un altro modo per salvarle mi
sarei richiuso da solo nella Prigione Maxima e avrei gettato via la
chiave, ma
questo mostro che tu chiami
“sorella” si è dimenticata di darmi
qualche DETTAGLIO!»
Aladohar diede a
Nahema un’occhiata sinceramente sorpresa. Sua sorella era
sadica soltanto con
quelli che lei chiamava “mostriciattoli” ossia
Nightmare Men, Dream Pirates e
Fearlings: quanto al resto, non era -né era mai stata- per
le uccisioni
inutili.
Aladohar credeva
che avesse dato ordine di uccidere Aleha Pitchiner solo al fallimento
di ogni
trattativa, magari perché il generale non aveva preso sul
serio i suoi
avvertimenti su cosa sarebbe capitato se non le avesse dato retta, o
simili.
L’uccisione di una civile “perché
sì” non era da lei. «se ha agito
così
significa che era necessario».
«sì»
confermò
Nahema.
Con Pitchiner
presente era bene troncare lì la questione, ma Aladohar si
ripromise di
indagare più a fondo in seguito.
«necessario!»
il generale fece una breve risata quasi isterica «sicuro, far
ammazzare due
persone che non erano in grado di difendersi, che vivevano isolate a
svariati
chilometri di distanza e che non potevano minimamente influire sui tuoi
piani
di conquista era imprescindibile! Non nasconderti dietro a
queste dannate
scuse!» sbraitò «almeno qui,
almeno adesso, abbi il coraggio di ammettere
che lo hai fatto perché sei una sadica bastarda che ha
goduto nel dare
quell’ordine, che probabilmente ha riso mentre
quei mostri uccidevano le
mie donne, che sin da quando eravamo bambini tu mi odi, e adesso mi
temi anche!
Mi odi perché vorresti essere arrivata dove sono
arrivato io, perché oltre
alla corona tu vorresti il mio grado, e mi temi…o
non ti saresti data tanta
pena per cercare di distruggermi!!!»
urlò.
Rimase lì a tremare
di rabbia per un lungo momento, durante il quale entrambi gli Aldebaran
non
dissero alcunché, e lui rimase col cuore in gola ad
aspettare una qualsiasi
risposta.
«noto che sei
passato al “tu” » osservò
Nahema «d’accordo, mi adeguerò. Il tuo
è un punto di
vista interessante, ma errato. Cercherò di spiegarti come
stanno le cose
attraverso una storiella. Diversi anni fa, mia madre passeggiava su uno
dei
sentieri qui in giardino, e a un certo punto vide un sasso a circa tre
metri di
distanza da lei. Era un sasso abbastanza largo e piatto, ma
c’era la remota
possibilità che la facesse inciampare ugualmente,
così lo fece rimuovere, con
buona pace di tutti» concluse «ecco, Kozmotis, tu
sei quel sasso. Eri in mezzo
al sentiero, e se il nostro motto è “Nihil
Obstat” c’è un motivo. La tua
piccola persona, la tua piccola casa e la tua piccola vita non hanno
importanza
per noi Aldebaran, e non l’aveva neppure la tua piccola
famiglia».
“La sua piccola
casa”, “la sua piccola
famiglia”…la sua vita in otto parole, e lei si
permetteva di minimizzare tutto in quel modo. Intollerabile.
«immagino che non
ti faccia piacere sentirlo dire, ma è
così» continuò Nahema «e mi
dovresti
spiegare quel “da quando eravamo
bambini”» aggiunse «perché io
non ricordo di
averti mai incontrato!»
Quella frase,
nonostante l’ira che stava montando dentro Kozmotis,
riuscì a stupirlo. «come
sarebbe a dire “non mi hai mai incontrato”?! Menti
anche ora, è impossibile che
ve lo siate dimenticato!»
«“ve lo
siate”? Ero
presente anch’io?» Aladohar lo guardò
dritto in viso, perplesso «ma sei sicuro?
Non vorrei che sia la botta in testa che hai preso
a…» s’interruppe, preda di
un’illuminazione improvvisa «Nahema! Rōva Pungos iksis!
Īlon zirȳla rhēdan isse Orion tegun, jēnqa ampā jēdri gō!»
«Rōva
Pungos! Kessa, drēje
iksis!» esclamò Nahema
«chiedo
venia, generale, avevo completamente rimosso il nostro primo incontro.
Un’
ulteriore dimostrazione che le mie precedenti parole sono
vere».
«la parola “scontro” sarebbe
più esatta. Uno scontro in cui
il qui presente Nihil Aladohar si è nascosto dietro le gonne
della sorella, da
buon piccolo bulletto vigliacco quale era» Kozmotis, animato
da una rabbia che
in quel caso si traduceva in un atteggiamento
“coraggioso” forse inappropriato,
fece un passo avanti «e che è finito con me
a prenderti per il collo, se ben ricordo. Rimpiango solo di
non aver
stretto di più».
Aladohar si era incupito e fece per rispondere qualcosa, ma
Nahema lo precedette. «a me sembra che quello scontro sia
finito con te in
ginocchio a scusarti appena tua madre ti ha ordinato di farlo. Ma forse
sbaglio, del resto fino a poco fa non ricordavo neppure che fosse
avvenuto,
tanto era importante».
«tu e tuo fratello potete anche divertirvi a ricordarmi
quanto sia piccolo e insignificante, se ne avete voglia»
ribatté il generale «
pensi di essere chissà chi e di essere chissà
quanto in gamba, ma in realtà
tutto quello che hai sono molti soldi e l’ambizione smodata
di ottenere il
potere che hanno i Lunanoff, cosa in cui non riuscirai mai. Non ne sei capace!»
affermò «per sette
anni sei stata alle calcagna di questo piccolo uomo con la sua piccola
vita,
non sei stata in grado di “rimuovermi”…e
non lo sei neppure adesso!»
Aladohar evitò di fare commenti, ma occhieggiò la
sorella,
leggermente inquieto: Nahema non era una persona impulsiva, se mai
tutto il
contrario, e qualsiasi frecciatina le scivolava addosso, ma tra le cose
che
conveniva non dirle c’era sia “non riuscirai
mai” che “non ne sei capace”.
Si trattenne a stento dal sobbalzare, quando la sentì
ridere.
«credo che tu sia uno di quelli che fanno davvero fatica a
capire certe cose» sospirò Nahema «ma
forse io posso aiutarti. Mēntyr!»
A quell’esclamazione circa una ventina di ghoul armati
irruppe nella stanza, nello sconcerto dei due uomini presenti che non
si
aspettavano nulla del genere.
«zirȳla gūrotīs!»
Il drappello di creature agguantò il generale e lo
bloccò,
nonostante tutti i suoi sforzi di divincolarsi: era ancora troppo
debole per
vedersela con tutti loro. Forse in una situazione come quella avrebbe
fatto
molto meglio a stare zitto, ma non ci era proprio riuscito. «LASCIATEMI SUBITO!!!»
«skoros issi gaomā?!»
Aladohar si avvicinò alla sorella, ora decisamente allarmato.
«ivestragī nyke
gaomagon» replicò la donna, per poi
rivolgersi a Kozmotis «come dicevo,
generale, forse posso aiutarti a capire alcune cose. In questi anni non
ti ho
tolto di mezzo perché, contrariamente a quanto pensi, se si
tratta di
compatrioti non sono per le morti inutili, e riconoscevo il tuo valore
come
guerriero, che è indubbio» concesse Nahema
«ti avrei preferito dalla mia parte
piuttosto che sotto terra, ma in questi anni ti ho conosciuto, e ho
capito che
trattare con te non era possibile: sei troppo idealista, troppo
corretto, prima
che trovassimo la tua famiglia non c’erano altri appigli
abbastanza forti, e io
ho finito per concepire altri piani» gli si
avvicinò, molto tranquillamente «ma
se sei vivo è perché io voglio che tu sia
vivo».
«balle!»
sbottò
lui «non mi hai ucciso
solo perché
non potevi farlo, sapendo che la tua famiglia non l’avrebbe
passata liscia, e
ora meno che mai! Indagherebbero, se mi accadesse qualcosa sareste i
primi
sospettati, dopo il processo che c’è stato, e il
re non potrà chiudere entrambi
gli occhi di nuovo!»
«Kozmotis Pitchiner, tu sei il secondo
uomo più cocciuto che conosca, davvero»
sospirò, sollevando
il mento e passandosi il pollice sulla gola in un gesto universalmente
compreso. «zirȳla ossēnatas».
Il generale gridò quando i ghoul gli sollevarono la testa e
sentì distintamente il freddo bacio dell’acciaio
sulla pelle, mentre capiva che
gli Aldebaran potevano ucciderlo eccome, che stavano per farlo proprio
in quel
momento e che non avrebbe mai ottenuto la giustizia che voleva,
perché aveva
dato troppa aria alla bocca.
Sarebbe morto senza vendicare Aleha ed Emily Jane.
Si sarebbe ricongiunto
ad Aleha ed Emily Jane.
Forse non era del tutto un male…
«keligon».
La lama rimase ferma dov’era ma non incise la sua carne,
fermandosi proprio quando quel pensiero che faceva sembrare la morte
un’alternativa attraente, ormai svanito com’era
arrivato, gli aveva
attraversato la mente.
«non avremmo problemi a far sì che
l’ultima notizia su di te
sia “è scappato dall’infermeria del
palazzo reale per andare chissà dove”»
disse Nahema, calmissima «ora potrei ordinare nuovamente ai
ghoul di tagliarti
la gola, stavolta senza fermarli prima che lo facciano, e seppellirti
in una
qualsiasi parte del deserto che circonda la città. Una tua
sparizione potrebbe
apparire sospetta agli occhi di qualcuno, te lo concedo, ma sospetti e
prove
sono due cose molto diverse, e pochi luoghi sono adatti quando il
deserto, se
si tratta di nascondere cadaveri».
Se la morte non era più un’alternativa attraente,
tuttavia,
avrebbe dovuto continuare a vedersela con quelle persone.
Ma l’avrebbe fatto, eccome se l’avrebbe fatto, e
non si
sarebbe arreso, nemmeno dopo essersi quasi fatto sgozzare da un ghoul
del
deserto. «il re e la regina-» avviò a
protestare Kozmotis, venendo però
interrotto.
«non sono onnipotenti» intervenne finalmente
Aladohar, che
col procedere del discorso si era tranquillizzato «hanno una
corona in testa,
sì, ma anche molto oro meno di noi, e molti meno amici di
quanto credano, tra
le Costellazioni».
«penso che con questo abbiamo finito» concluse
Nahema « ivestragī zirȳla jikagon »
ordinò, e i
ghoul lasciarono immediatamente libero Kozmotis «ebbene, dopo
che ti abbiamo
accolto in casa nostra e debitamente curato, ti aiuteremo a tornare a
casa…perché siamo brave persone pronte ad aiutare
anche un High General che
ieri era palesemente ubriaco! Questo nonostante le terribili accuse che
ci ha
rivolto al processo, nonché le minacce di morte urlate in
questo stesso
palazzo».
«ubriaco?!»
allibì
Pitchiner «io non ero affatto ubriaco!»
«lo so, ma non conta. Se io dico che eri ubriaco, significa
che eri ubriaco, e per coloro che lo verranno a sapere sarai stato
ubriaco. Non
c’è molto da aggiungere, e
c’è già una nave che ti aspetta qui
fuori.
Arrivederci, generale! Cercherò di essere una tua degna
sostituta fino a quando
ti sarai ripreso, e chissà, magari sarò talmente
brava che il re renderà la
sostituzione definitiva».
«puoi scordartelo!»
ringhiò Kozmotis «non ti permetterò di
sottrarmi anche questo. Per colpa vostra
sono padre di una figlia assassinata e marito di una moglie uccisa, non
diventerò un High General caduto in rovina. E vi giuro che
avrò la giustizia
che mi spetta…in questa vita o in
un’altra!»
Nahema fece spallucce. «allora ne riparleremo in
un’altra
vita. Mēntyr!» i ghoul
scattarono
sull’attenti «Āeksio
Pitchīner hen
sombāzmion traenatas».
I ghoul affiancarono Kozmotis, e uno di essi gli diede una
leggera spinta in direzione della porta. Il generale lanciò
un’occhiata ostile
sia al ghoul che ai due fratelli Aldebaran, per poi rizzare la schiena
e
dirigersi verso la porta con passi decisi, seguito dalle guardie.
Quando l’ebbe attraversata e Nahema giudicò che
ormai fosse
abbastanza lontano, fece un leggero sospiro. «utilizzare i
ghoul per certe
stupide “dimostrazioni di forza” è
qualcosa che m’innervosisce abbastanza. Non
avrebbe dovuto neppure essere necessario, non dopo quanto è
accaduto al
processo, ma Kozmotis Pitchiner è un gran
testardo».
«Super Naso è Super Naso, era testardo da piccolo,
e ora che
è un uomo fatto non poteva essere diverso»
Aladohar si lasciò cadere su un
divanetto vicino, stiracchiandosi «ma non penso che sia tanto
stupido da non
prenderci sul serio, chiacchiere a parte. Ha parlato in quel modo per
semplice
rabbia. Però penso
che quella lezioncina
gli sia servita lo stesso, sebbene inizialmente tu mi abbia fatto
inquietare:
per un po’ho pensato che volessi veramente sporcare il
tappeto».
Nahema non rispose.
L’arciduca guardò a lungo la figura in controluce
della
sorella, che non sembrava avere intenzione di sedersi quanto piuttosto
di
continuare ad osservare il panorama persa in chissà quali
pensieri. Qualunque
essi fossero, tuttavia, lui si sentiva in dovere di interromperli:
c’era una
questione da approfondire. «hai fatto uccidere sua moglie
senza neppure provare
a trattare con lui. Di solito non agisci così.
Perché, dunque?».
«perché gli Aldebaran pagano sempre i propri
debiti, e io ne
avevo uno piuttosto grande da saldare».
«Kozmotis Pitchiner ti ha fatto qualcosa di grave di cui non
sono a conoscenza?» indagò l’uomo
«mi parrebbe molto strano».
«e infatti non ero “in debito” con
lui».
«allora con chi? C’entra qualcosa il modo in cui
hai trovato
la posizione di casa sua, faccenda su cui non mi hai ancora dato
delucidazioni?»
Nahema si voltò verso di lui, con uno svolazzo della lunga
gonna dorata aperta su un lato. «io ti ho detto subito
com’è andata, il fatto
che tu pensi sia uno scherzo è qualcosa di cui non ho
colpa».
«dovrei credere che una donna serpente lunga più
di dieci
metri abbia fatto la spia perché voleva mangiare non so
cosa? È ridicolo, sii
sincera e ammetti che non vuoi proprio dirmelo, no?»
Di nuovo Nahema non gli rispose, incamminandosi verso la porta.
«se dovessi avere bisogno di me nelle prossime due
ore…beh, cerca di non
averlo, perché non sarò in città, ma
in una delle oasi vicine» furono le sue
sole parole. Poi lasciò la stanza senza aggiungere altro.
Aladohar non era sicuro del modo in cui prendere quella
faccenda, ma d’altra parte non c’era molto che
potesse fare: non sarebbe
riuscito a strappare a sua sorella una parola di più. Si
chiedeva soltanto
perché Nahema si ostinasse con quella storia assurda della
donna serpente
spiona, ma forse lo faceva perché si divertiva a prenderlo
in giro.
Fece spallucce, pensando che c’erano alcune cose di sua
sorella che non sarebbe mai riuscito a capire.
Buonasera! Credo che dopo questo qualcuno abbia capito
perché Ralonrin non era poi un così bel soggetto
:’D ma lascio a voi tutti i
commenti.
Intanto ecco le
traduzioni delle parti in hallallallala in vecchio
aldebariano.
Simile al valyriano, dite? Lo so!
Nahema: «nostra madre doveva avere per forza almeno un
figlio cretino».
Aladohar: «così pare. Non potremmo farlo
fuori?»
Nahema: «chi? Lui [Kozmotis] o nostro fratello?»
style="border-style: none none solid; border-color: -moz-use-text-color
-moz-use-text-color windowtext; border-width: medium medium 1pt;
padding: 0cm 0cm 1pt;">Aladohar:
«…meglio non pensarci
troppo, o potrebbe iniziare a sembrarci una buona idea».
…
…
A:«Nahema! È Super Naso!
L’abbiamo incontrato nel territorio degli Orion, diciotto
anni fa!»
N: «Super Naso!...sì, è vero!»
…
…
N: «soldati!» […]
«prendetelo!»
…
…
A:«cosa stai facendo?!»
N:«lasciami fare».
…
…
N:«uccidetelo».
N:«fermi» […] «lasciatelo
andare».
…
…
N: «scortate Lord Pitchiner
fuori dal palazzo».
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