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Autore: _Cthylla_    28/09/2016    3 recensioni
| Golden Age | Young Kozmotis Pitchiner (soprattutto nel primo capitolo) | AU | OCs
L'epoca in cui era la Casa Lunanoff a governare si è distinta per la prosperità presente in ogni parte del regno. La Golden Age è stata un florilegio di grandi eroi dorati e di Case nobiliari, note come "Costellazioni", i cui componenti erano nobili di sangue quanto di cuore.
Ciò è quanto è passato alla storia, quel che la maggioranza dei pochi superstiti è in grado di ricordare. Ma se quei ricordi riguardassero soltanto la parte conosciuta della storia in questione? Se ci fosse stata una parte oscura che quasi nessuno ha potuto o voluto vedere?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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= Vita da sassi =
 
 
 
 
 
 
 
La prima cosa che Kozmotis avvertì quando si svegliò fu una spaventosa fitta alla testa. Richiuse le palpebre con un mugugno, e si rigirò nelle morbide lenzuola dorate che lo avvolgevano.
Un momento. Lenzuola dorate?
 
Quel particolare riuscì a dissipare quasi completamente la sonnolenza residua, e lo indusse a rizzarsi a sedere. La velocità del movimento gli causò un’altra fitta al capo, attorno alla quale il generale avvertì ancora la delicata pressione della fasciatura che gli era stata applicata dopo il processo -conseguenza del fatto che Nahema lo avesse atterrato e “mandato a dormire” con un colpo alla testa- ma al momento era l’ultimo dei suoi pensieri.
 
Non riusciva a capire dove si trovava, non aveva mai visto quel posto prima d’ora, e tantomeno rammentava il modo in cui ci era arrivato. Si sforzò di fare mente locale: qual era l’ultimo posto che ricordava?...ma certo: l’infermeria del palazzo reale, si era risvegliato lì.
Poi però cos’era successo?
 
Mentre cercava di ricordare, decise di iniziare a guardarsi attorno con la massima circospezione.
Quella camera da letto era più grande dell’intero piano terra di casa sua, munita di ampie finestre e una terrazza aperta sul panorama di una metropoli dalla curiosa architettura che lui non ricordava di aver mai visto.
Cercò indizi concentrandosi sugli elementi presenti nella stanza, e la prima cosa che saltava all’occhio era  l’opulenza smodata che regnava in tutto l’ambiente.
Già solo il letto era un baldacchino molto rialzato ed estremamente ampio, con fini tendaggi viola dai ricami lucenti, e non ci avrebbe voluto giurare, ma il comodino e la lampada sopra di esso sembravano in tutto e per tutto d’oro zecchino. Stesso discorso valeva per il resto del mobilio, anche se da lontano non poteva esserne totalmente sicuro, e per le pareti: se quelle decorazioni non erano composte da foglie d’oro e scaglie di quelli che sembravano in tutto e per tutto diamanti viola, lui non si chiamava Kozmotis Pitchiner. Decori simili erano presenti anche sulle grosse colonne rigate presenti nella stanza, marmoree come il pavimento.
Chi poteva permettersi di sprecare in quel modo risorse come oro, marmo e soprattutto rarissimi diamanti viola?!
 
 “l’infermeria…”
 
Perché il lusso smaccato -quasi pacchiano, a suo parere- di quel posto gliela stava facendo venire in mente? Doveva cercare di risolvere il mistero. Cos’era successo nell’infermeria, e cosa c’entrava con quel posto?
 
Fece un respiro profondo, e lasciò che i ricordi fluissero.
 
 
 
 
 
 
*** In precedenza… ***
 
 
 
 
 
 
Si svegliò confuso e con la testa che pulsava. Mentre sbatteva le palpebre, gli parve di vedere la sagoma di qualcuno alla sua sinistra. «dove sono…?»
 
«siete in infermeria, generale. Cercate di stare tranquillo, siete reduce da un colpo al cranio non indifferente!»
 
Con un sibilo di dolore, il generale voltò il capo in direzione del suo interlocutore. Era un ragazzo alto, poco più che ventenne, con una barbetta incolta e una zazzera di capelli neri che, fosse stata meno disordinata, avrebbe potuto fare invidia alla sua. L’aria leggermente trasandata del giovane medico -questo era, a giudicare dal suo camice bianco- era qualcosa su cui riusciva comunque a soprassedere senza sforzo dal momento che la sua persona, o almeno il suo profilo sinistro, trasmetteva uno strano senso di tranquillità.
 
«sì» borbottò Kozmotis «ora ho presente. Avrei solo voluto dare a quei bastardi ciò che meritavano, invece no…tutto quel che sono riuscito a ottenere è un trauma cranico».
 
«posso immaginare quanto fosse difficile, ma forse avreste dovuto cercare di rimanere più calmo, generale» disse il dottore, con la calma più assoluta, mentre appuntava «non credo che quel che è successo abbia giovato alla vostra causa».
 
Già. Provava ancora una rabbia profonda, ma il colpo preso stava riuscendo a farlo ragionare un po’. Nahema, suo fratello e i nobili loro alleati avevano cercato di farlo passare per un uomo dalla psiche straziata della perdita, e c’erano riusciti alla perfezione anche grazie al suo contributo.
Vero, gli erano successe troppe cose orribili in pochi giorni, ma lui avrebbe dovuto cercare di mettere da parte il suo dolore per ottenere giustizia, o almeno per tentare di far venire al re qualche dubbio in più e far sì che stesse in guardia. «non avete tutti i torti, dottore, ma ne sono successe troppe perché riuscissi a trattenermi» ammise, con una semplicità che solitamente non gli apparteneva «prima la mia famiglia, poi quella strega di mia cognata, e ora anche questo…»
 
«sembra quasi una richiesta d’aiuto, Lord Pitch. Pensate di aver bisogno di un sostegno psicologico? Guardate che non sarebbe indice di debolezza» specificò il dottore, sollevando finalmente lo sguardo dai suoi appunti.
 
Una cosa che saltò subito all’occhio di Kozmotis era il colore dell’iride: era come osservare una fiamma viva posta tra tizzoni di brace nera. La gente della Golden Age non era nuova a fantasiose sfumature di occhi e capelli, ma era la prima volta che gli capitava di vedere quella combinazione di colori. «se lo dite voi».
 
«dico, dico! Anzi, considerando la vostra situazione e la posizione che occupate credo che sarebbe un gesto di grande accortezza da parte vostra. Come High General of the Galaxies siete responsabile della vita di molte persone, il che significa dover essere sempre perfettamente lucido e stabile. Voi cosa pensate?»
 
«che mi piacerebbe che le vostre parole fossero un po’meno sensate».
 
«allora non avete perso la capacità di comportarvi in modo ragionevole» si voltò e si allontanò di poco, rovistando nel cassetto di un piccolo mobile bianco «immaginandolo, mi sono permesso di mettere sul comodino vicino a voi sia il modulo da firmare che la penna. Vi accorgerete che è tutto scritto in modo chiaro e conciso, se ora lo leggete con calma».
 
Il documento era breve, giusto una pagina, e il generale non notò alcunché di strano leggendolo. Non conosceva il nome dello psicologo, ma dal nome sembrava essere originario del territorio degli Orion, come lui. Un residuo di orgoglio e testardaggine lo fece esitare nell’apporre la firma, ma le parole del dottore riguardo la responsabilità avevano colpito nel segno.
 
“per non parlare del fatto che se voglio contrastare persone come Nahema e la sua dannata famiglia devo necessariamente essere quanto più stabile possibile. I soldi e il potere degli Aldebaran possono essere contrastati solo cercando di essere più furbo di loro” si disse mentre firmava “e io al momento non sono in condizioni di riuscire nell’impresa. Forse non potrò fare giustizia nell’immediato, ma in futuro le cose saranno diverse”. «ho firmato, dottore».
 
«spero che vi troverete bene con lo specialista che ho scelto per voi» disse il ragazzo «è un collega che conosco molto bene, e che mi informerà prontamente di ogni vostro progresso».
 
D’accordo, il discorso stava prendendo una piega strana. «a voi?...ho già un medico di base, io credevo aveste interpellato lui per la scelta e, con tutto il rispetto, da come avete parlato sembra che dobbiate essere voi ad avere l’ultima parola sulla durata della mia terapia».
 
«non solo “sembra”, ma è naturale che sia così. Sarete dichiarato idoneo a svolgere il vostro compito quando, esaminati i resoconti che il mio collega farà sulle vostre condizioni psichiche, io stabilirò che sia il momento opportuno. Non aspettatevi che passino meno di sei mesi, riprendersi anche solo un po’da un trauma del genere è molto dura, ma non preoccupatevi né per il regno né per la vostra armata» lo “rassicurò” il dottore, voltandosi verso di lui con grande calma  «il re ha dato a mia sorella l’onore e l’onere di sostituirvi, e vi garantisco che non c’è persona più preparata di Nahema».
 
All’inizio il generale Pitchiner non riuscì a proferire parola, troppo impegnato a fissare la voglia a forma di stella a otto punte in bella mostra sul lato destro del volto del dottore, a lui celato fino a quel momento. «a-anche tu sei…?»
 
In difesa di Kozmotis va detto che sapeva che Nihil Ralonrin Aldebaran era il medico di corte ufficiale dei Lunanoff, ma sapeva anche che non era il solo dottore presente: i Lunanoff offrivano nel loro palazzo prestazioni mediche ambulatoriali gratuite a coloro che, per un motivo o per un altro, non avrebbero potuto permettersele, e un unico dottore non avrebbe potuto gestire tutto da solo. Tra questo, il non aver mai visto prima Ralonrin, nonché il fatto che questi non somigliasse per nulla agli Aldebaran che lui aveva conosciuto, era comprensibile che non avesse intuito subito la verità.
 
«generale, già non vi piaccio più? Solo per un segno sul viso? Potrei offendermi» disse il ragazzo, imbronciandosi per un attimo «...ma in effetti anche no» aggiunse subito dopo, prendendo con uno scatto felino il foglio che Pitchiner aveva riappoggiato sul comodino «l’importante è che continuiate a collaborare».
 
Tanti saluti al “cercare di essere più furbo di loro”, pensò Kozmotis; erano riusciti ad anticiparlo prima ancora che potesse iniziare a studiare qualcosa. «quel foglio non vale niente, mi hai strappato il consenso con un inganno, se io-»
 
«con l’inganno, dite? A me non risulta, avete fatto tutto da solo» ribatté Ralonrin «mi avete praticamente detto che avete bisogno di sostegno, io vi ho suggerito di ricorrere a uno psicologo, e voi avete letto e firmato tranquillamente un conciso documento scritto in chiare lettere. Non vedo inganni di sorta, generale, tutto quel che posso constatare è che soffrite di un disturbo paranoide non solo verso chi ha questo segno sul volto, ma anche verso persone come il mio stimato suocero, Lord Advif Vega. È passato di qui a raccontarmi qualcosina».
 
Kozmotis aveva in mente solo una cosa, ossia prendere quel foglio e farlo a pezzi: sarebbe stato un modo come un altro per iniziare, e se avesse voluto avrebbe sempre potuto andare da uno psicologo di sua scelta, possibilmente che non avesse niente a che fare con quella famiglia di bastardi. La fitta di dolore provata quando si alzò bruscamente in piedi lo fece quasi vacillare, ma non intendeva lasciar perdere. «dammi quel foglio, o me lo prenderò da solo».
 
Ralonrin, come già detto, era un ragazzo alto -come del resto la stragrande maggioranza dei suoi parenti- ma non troppo robusto, ed era completamente a digiuno di cose come tecniche di lotta e simili. Come tutti i suoi fratelli lui era stato istruito fin da piccolo su come amministrare e governare vasti territori, ed era un dottore con buone conoscenze di alchimia -grazie a suo padre- ma null’altro, e trauma cranico o meno Kozmotis Pitchiner non era diventato High General per niente. «dovreste tornare a letto, non siete ancora nelle condizioni di fare movimenti bruschi».
 
«non me ne serviranno molti!»
 
«vi conviene rimanere calmo» dal camice Ralonrin tirò fuori quella che sembrava una specie di piccola pistola, caricata a dardi tranquillanti «noi medici abbiamo i nostri metodi, quando abbiamo a che fare con pazienti poco…sì, beh, pazienti».
 ,
«prima devi riuscire a colpirmi» gli ricordò il generale, man mano che si avvicinava. La testa gli pulsava, ma si sforzò di ignorarlo. «devi aver mandato via gli infermieri perché rimanessimo soli, ma scommetto che ora te ne stai pentendo, vero?...mancato!» esclamò quando Ralonrin, indietreggiando di molto, fallì il primo colpo «non hai la mira dei tuoi fratelli».
 
«…siamo passati a darci del tu e non me ne sono nemmeno accorto, pensa un po’» disse Ralonrin quasi tra sé e sé, sparando altri due dardi. Anche stavolta non andarono a segno, perché nonostante il trauma cranico il generale ebbe sufficiente prontezza di riflessi da afferrare un vassoio vuoto che si trovava su un mobiletto vicino e deviare con esso i due dardi. «senti, ma non potresti stare fermo e lasciarti colpire? Sul serio! Tanto non hai modo di uscire di qui con questo foglio, quindi che ti batti a fare?» sbuffò l’arciduca, con l’espressione di un bimbo capriccioso «andiamo, suuuu!»
 
Proprio in quel momento una terza persona fece il suo ingresso nella stanza. «Ralonrin, mi serve-»
 
Kozmotis, senza pensarci troppo, afferrò suddetta persona e la strinse a sé come uno scudo umano, per poi afferrare un paio di lunghe forbici, che Ralonrin aveva usato per tagliare le bende con cui gli aveva fasciato il capo. «distruggi quel foglio e dimmi come uscire rapidamente dal palazzo, o giuro sugli Dei che ucciderò tua sorella come voi avete ucciso le mie donne!»
 
Kozmotis aveva riconosciuto Nihil Rerazara Aldebaran perché, tanto per continuare la tradizione di Iyra Aldebaran, aveva vinto il titolo di “donna più bella del regno” già due volte -forse immeritatamente o forse no- ed era comparsa spesso nelle riviste di moda che lui aveva comprato per sua moglie, cui certi frivoli giornaletti erano sempre piaciuti.
Ricordò le occasioni in cui aveva sentito Aleha dire che le sarebbe piaciuto avere gambe chilometriche come quelle di Rerazara, e in cui lui l’aveva rassicurata dicendole di non avere proprio nulla da invidiarle, anzi.
Ecco: non avrebbe più potuto fare neppure questo, ed era sempre colpa degli Aldebaran, sempre loro, solo loro.
 
Rerazara, terzogenita della sua famiglia, alzò gli occhi al soffitto con aria decisamente seccata. Era andata da Ralonrin per farsi dare qualcosa che diminuisse il nervosismo -gestire le finanze di un re e una regina che tendevano a spendere troppo in opere di bene non era sempre facile, e quella sera aveva anche una sfilata- e cos’aveva trovato? Di certo non quel che cercava! Che giornataccia. «ecco, ci mancava solo il cretino che non ha niente di meglio da fare che puntarmi un paio di forbici in faccia».
 
«taci!» le intimò il generale, dopo un breve attimo di smarrimento per quella sua non-reazione «e tu non pensare di chiamare rinforzi e sbrigati ad obbedire, perché faccio sul serio!»
 
Non c’era il minimo dubbio su ciò, e Ralonrin non era sicuro di riuscire a sparare abbastanza velocemente da evitare ogni rischio a sua sorella. «ehm…Rera, digli qualcosa».
 
«“Rera digli qualcosa”? Ma sei serio? Secondo te dovrei anche parlarci?»
 
«beh, …»
 
«ma stiamo facendo le comiche o cosa?!» sibilò il povero Pitchiner, che si trovava sempre più spiazzato. Confrontati a quei due -un bambinetto nel corpo di un ventitreenne e una donna che pareva un pezzo di ghiaccio, persino peggio di sua cognata- Nahema e Aladohar erano l’apoteosi della normalità.
 
«un High General of the Galaxies ferito alla testa che pensa di poter attentare alla vita di un’arciduchessa credendo di riuscire a ottenere quello che vuole in effetti è abbastanza comico» osservò Rerazara, senza neppure provare a divincolarsi. «sentite, perché non interrompiamo questa pantomima e mi lasciate? Sareste veramente disposto a uccidere una civile innocente?»
 
«sei una civile, ma in quanto Aldebaran di certo non sei innocente» replicò.
 
Rerazara alzò gli occhi al cielo. «Ralonrin, si può sapere cosa c’è in quel foglio?»
 
«ha ammesso lui di aver bisogno di un sostegno psicologico e a firmare, non è colpa mia se poi ha cambiato idea!» si lagnò il ragazzo.
 
«ho firmato solo perché prima non sapevo chi sei! Non vi permetterò di tenermi lontano dalla mia armata a vostra discrezione, potete pure scordarvelo!»
 
«forse voi non avete ben chiara la vostra posizione» disse Rerazara «per ora siete fuori dai giochi, dal momento che è stato il re in persona a dare a mia sorella l’incarico di sostituirvi “finché non starete meglio”. Potete notare che è un lasso di tempo del tutto indefinito, e da quel che vedo minaccia di durare anni. Avendo firmato quel foglio, datovi da Ralonrin, apparirete davanti al re già più ragionevole di quanto siate in realtà. Vi garantirà un ritorno più rapido. Se è questo ciò che volete, tecnicamente vi agevola».
 
«agevolarmi?! Perché diamine dovreste volere che torni al mio incarico prima?!» allibì il generale «non ha senso! Cos’ha in mente di fare tua sorella?!»
 
Nello stupore commise l’errore madornale di abbassare la mano, e Rerazara approfittò della momentanea distrazione per colpirlo allo stomaco più forte che poteva col suo gomito appuntito. Quando sentì la presa allentarsi riuscì a sgusciare via, afferrò con mano sicura la pistola a dardi che Ralonrin le lanciò, e sparò a Kozmotis un paio di volte, centrandolo in pieno.
 
«penso che tentare di spiegarvelo ora sia inutile» disse Rerazara, impassibile come se avesse avuto indosso una maschera «siete imbottito di tranquillanti».
 
Mentre Kozmotis cercava di resistere all’effetto dei tranquillanti e non cadere a terra, inutilmente perché questo fu proprio ciò che accadde l’attimo dopo, sentì rimbombare nelle orecchie l’applauso che Nihil Ralonrin fece alla sorella.
 
«brava Rera!...»
 
«“brava Rera” è tutto quel che sai dire? Anche munito dei tranquillanti non sai gestire un uomo reduce da un trauma cranico…se tu non fossi la copia precisa di papà avrei dei dubbi sul fatto che siamo imparentati. Seriamente».
 
«sì, anche io Ti Voglio Tanto- Tanto- Tanto- Tanto- Tanto…»
 
«taglia».
 
«...Tanto- Tanto- Tanto- Tanto- Tanto- Tanto Bene».
 
«direi di rimettere a letto il paziente».
 
I suoni stavano diventando sempre più ovattati e il mondo sempre più buio, ma Kozmotis riuscì a vedere Nihil Ralonrin guardarlo con una smorfia infantile sul volto.
 
«io invece ho un’altra idea. Ha chiesto cosa vuol fare Nahema, giusto? Io direi di mandarlo a farle domande personalmente!»
 
«perché?»
 
Ralonrin rise. Il generale stava per addormentarsi, ma sentì ugualmente la risposta.
 
tanto per romperle le ovaie! Passami un po’quelle siringhe, già che ci sei”.
 
 
 
 
*** Ora ***
 
 
 
 
“chi può permettersi di sprecare in questo modo risorse come oro, marmo e soprattutto diamanti viola”, si era chiesto?
Che domande.
Le stesse persone che avevano sotto il loro controllo un numero incalcolabile di ricche miniere di vario genere, ovviamente.
 
Si catapultò letteralmente giù dal letto, all’improvviso non gli importava più di quanto mal di testa avrebbero potuto causargli dei movimenti bruschi: la sola cosa che doveva fare era andarsene di lì prima possibile, a costo di saltare giù dalla terrazza e lanciarsi giù nel largo fiume che si vedeva scorrere sotto.
 
«un simile salto nelle vostre condizioni è sconsigliabile, generale. Tanto vale che vi mettiate comodo».
 
Kozmotis si voltò di scatto, e capì che poteva tranquillamente dire addio alle sue speranze di fuga. Non era in condizioni di scontrarsi contro Nahema e Aladohar insieme, non sarebbe riuscito ad andare da nessuna parte neppure battendosi con la forza della disperazione, per cui tanto valeva rimanere fermo e sentire cos’avevano da dire quegli schifosi assassini. «avete distrutto la mia casa e la mia famiglia, cosa volete ancora da me? Perché mi avete portato qui?!»
 
«“portato”? Guardate che non vi abbiamo portato da nessuna parte. Avete fatto irruzione nel palazzo ieri sera. Non avrei portato voi in casa mia» affermò Aladohar «potete starne sicuro. Sapete di non essermi molto simpatico».
 
«Aladohar, per cortesia, evita. Come stavamo dicendo, generale, siete stato voi a venire qui» disse Nahema.
 
«è mai possibile che voi Aldebaran non riusciate a dire la verità nemmeno in casa vostra?! È stato il vostro caro fratello Ralonrin ad addormentarmi, e poi evidentemente mi ha spedito qui!»
 
Nahema inarcò le sopracciglia, con aria lievemente seccata. «Ralonrin?...capisco» commentò, per poi rivolgersi al fratello «īlva muña tresy ēdas naejot emagon mēre doru-borto».
 
Per un attimo Kozmotis pensò che il cervello gli stesse giocando un brutto tiro, perché non aveva capito una parola che fosse una.
 
«vestragon sīr…kostagon īlon zirȳla ossēnagon?»
 
«qilōni? Ziry iā īlva lēkia?»
 
Poi però realizzò che forse non si trattava di un’allucinazione uditiva, quanto piuttosto di una conversazione -che evidentemente non doveva essere compresa da terzi- in quella che doveva essere la vecchia lingua degli Aldebaran. Il reame aveva una lingua comune, ma non significava che i vari nobili delle Costellazioni avessero rinunciato alle proprie, soprattutto le famiglie più antiche.
 
«…sȳrkīta naejot pendagon tolī olvie daor» borbottò Aladohar «iā ziry kostagon rhaenagon naejot vestragon iā sȳz dēīa».
 
«sì, credo che tu abbia ragione» concluse Nahema «sentite, generale, mandarvi qui è stata un’idea di Ralonrin, non nostra».
 
Kozmotis avrebbe dato chissà cosa per poter capire quel che avevano detto, perché conoscendoli c’era da aspettarsi di tutto; magari avevano discusso su come farlo fuori, se gettarlo in mezzo al deserto o semplicemente farlo a pezzi e seppellirli chissà dove. «smettetela di parlare in quella vostra strana lingua barbara e ditemi cosa volete! Volete torturarmi? Uccidermi?! Cosa?!»
 
«non vogliamo torturarvi, non vogliamo uccidervi, né farvi proprio niente» ribatté Nahema, sorvolando sullo “strana lingua barbara” «vi invito a riflettere: che senso avrebbe fare una mossa simile dopo ciò che è stato detto durante il processo?»
 
La voglia di staccarle la testa dal collo rimaneva sempre alta in Kozmotis, ma era costretto ad ammettere che il discorso di Nahema era sensato. Solo che continuava a non capire come fosse arrivato lì. «come sono arrivato in questa stanza?»
 
«se vi ha davvero mandato Ralonrin desumo che dopo avervi addormentato debba essere stato lui a mettervi nella navetta d’emergenza con cui siete arrivato, e abbia attivato il pilota automatico per farvi finire qui» disse Aladohar «quando siete arrivato però vi siete svegliato, e siete entrato in questo palazzo agitando un badile, rubato non so dove,  minacciando di uccidere tutti…sì, d’accordo, ammetto che vi abbiamo lasciato entrare per vedere dove volevate andare a parare, sembrava divertente» confessò l’arciduca «infine i nostri fratelli Nihil Taha e Nihil Texu si sono stufati, si sa che i bambini di otto anni si annoiano facilmente, quindi vi hanno strappato il badile e vi hanno atterrato con un colpo in testa. Tutto qui».
 
Kozmotis non sapeva quale parte della storia fosse peggiore, se la scena col badile o il fatto di essere stato atterrato da due bambini Aldebaran di otto anni. «non ho prove del fatto che stiate dicendo sul serio».
 
«però purtroppo è vero. Sarebbe bello se il regno avesse un High General of the Galaxies che non si lasci coinvolgere in fatti così ridicoli, ma purtroppo questo passa in convento, per ora» sospirò Aladohar «e in fondo non è tutta colpa vostra, sappiamo tutti che per voi è un brutto periodo».
 
«chissà per colpa di chi!» ringhiò il generale «erano una donna e una bambina innocenti, cosa vi avevano fatto? Che bisogno c’era?!»
 
«vi è stato detto di costituirvi come traditore della patria, ma voi non avete voluto obbedire» ribatté Aladohar «avete fatto una scelta, Lord Pitch, e ogni scelta ha le sue conseguenze. Siete voi che avete scelto di sacrificare le vostre donne per il vostro grado e-lanciarmi candelabri non vi aiuterà!» concluse, evitando per un pelo il pesante suppellettile.
 
«ti pare che se io avessi veramente saputo cosa c’era in gioco avrei sacrificato mia moglie e mia figlia?!!» gridò «se non avessi trovato un altro modo per salvarle mi sarei richiuso da solo nella Prigione Maxima e avrei gettato via la chiave, ma questo mostro che tu chiami “sorella” si è dimenticata di darmi qualche DETTAGLIO!»
 
Aladohar diede a Nahema un’occhiata sinceramente sorpresa. Sua sorella era sadica soltanto con quelli che lei chiamava “mostriciattoli” ossia Nightmare Men, Dream Pirates e Fearlings: quanto al resto, non era -né era mai stata- per le uccisioni inutili.
Aladohar credeva che avesse dato ordine di uccidere Aleha Pitchiner solo al fallimento di ogni trattativa, magari perché il generale non aveva preso sul serio i suoi avvertimenti su cosa sarebbe capitato se non le avesse dato retta, o simili. L’uccisione di una civile “perché sì” non era da lei. «se ha agito così significa che era necessario».
 
«sì» confermò Nahema.
 
Con Pitchiner presente era bene troncare lì la questione, ma Aladohar si ripromise di indagare più a fondo in seguito.
 
«necessario!» il generale fece una breve risata quasi isterica «sicuro, far ammazzare due persone che non erano in grado di difendersi, che vivevano isolate a svariati chilometri di distanza e che non potevano minimamente influire sui tuoi piani di conquista era imprescindibile! Non nasconderti dietro a queste dannate scuse!» sbraitò «almeno qui, almeno adesso, abbi il coraggio di ammettere che lo hai fatto perché sei una sadica bastarda che ha goduto nel dare quell’ordine, che probabilmente ha riso mentre quei mostri uccidevano le mie donne, che sin da quando eravamo bambini tu mi odi, e adesso mi temi anche! Mi odi perché vorresti essere arrivata dove sono arrivato io, perché oltre alla corona tu vorresti il mio grado, e mi temi…o non ti saresti data tanta pena per cercare di distruggermi!!!» urlò.
 
Rimase lì a tremare di rabbia per un lungo momento, durante il quale entrambi gli Aldebaran non dissero alcunché, e lui rimase col cuore in gola ad aspettare una qualsiasi risposta.
 
«noto che sei passato al “tu” » osservò Nahema «d’accordo, mi adeguerò. Il tuo è un punto di vista interessante, ma errato. Cercherò di spiegarti come stanno le cose attraverso una storiella. Diversi anni fa, mia madre passeggiava su uno dei sentieri qui in giardino, e a un certo punto vide un sasso a circa tre metri di distanza da lei. Era un sasso abbastanza largo e piatto, ma c’era la remota possibilità che la facesse inciampare ugualmente, così lo fece rimuovere, con buona pace di tutti» concluse «ecco, Kozmotis, tu sei quel sasso. Eri in mezzo al sentiero, e se il nostro motto è “Nihil Obstat” c’è un motivo. La tua piccola persona, la tua piccola casa e la tua piccola vita non hanno importanza per noi Aldebaran, e non l’aveva neppure la tua piccola famiglia».
 
“La sua piccola casa”, “la sua piccola famiglia”…la sua vita in otto parole, e lei si permetteva di minimizzare tutto in quel modo. Intollerabile.
 
«immagino che non ti faccia piacere sentirlo dire, ma è così» continuò Nahema «e mi dovresti spiegare quel “da quando eravamo bambini”» aggiunse «perché io non ricordo di averti mai incontrato!»
 
Quella frase, nonostante l’ira che stava montando dentro Kozmotis, riuscì a stupirlo. «come sarebbe a dire “non mi hai mai incontrato”?! Menti anche ora, è impossibile che ve lo siate dimenticato!»
 
«“ve lo siate”? Ero presente anch’io?» Aladohar lo guardò dritto in viso, perplesso «ma sei sicuro? Non vorrei che sia la botta in testa che hai preso a…» s’interruppe, preda di un’illuminazione improvvisa «Nahema! Rōva Pungos iksis! Īlon zirȳla rhēdan isse Orion tegun, jēnqa ampā jēdri gō!»
 
«Rōva Pungos! Kessa, drēje iksis!» esclamò Nahema «chiedo venia, generale, avevo completamente rimosso il nostro primo incontro. Un’ ulteriore dimostrazione che le mie precedenti parole sono vere».
 
«la parola “scontro” sarebbe più esatta. Uno scontro in cui il qui presente Nihil Aladohar si è nascosto dietro le gonne della sorella, da buon piccolo bulletto vigliacco quale era» Kozmotis, animato da una rabbia che in quel caso si traduceva in un atteggiamento “coraggioso” forse inappropriato, fece un passo avanti «e che è finito con me a prenderti per il collo, se ben ricordo. Rimpiango solo di non aver stretto di più».
 
Aladohar si era incupito e fece per rispondere qualcosa, ma Nahema lo precedette. «a me sembra che quello scontro sia finito con te in ginocchio a scusarti appena tua madre ti ha ordinato di farlo. Ma forse sbaglio, del resto fino a poco fa non ricordavo neppure che fosse avvenuto, tanto era importante».
 
«tu e tuo fratello potete anche divertirvi a ricordarmi quanto sia piccolo e insignificante, se ne avete voglia» ribatté il generale « pensi di essere chissà chi e di essere chissà quanto in gamba, ma in realtà tutto quello che hai sono molti soldi e l’ambizione smodata di ottenere il potere che hanno i Lunanoff, cosa in cui non riuscirai mai. Non ne sei capace!» affermò «per sette anni sei stata alle calcagna di questo piccolo uomo con la sua piccola vita, non sei stata in grado di “rimuovermi”…e non lo sei neppure adesso!»
 
Aladohar evitò di fare commenti, ma occhieggiò la sorella, leggermente inquieto: Nahema non era una persona impulsiva, se mai tutto il contrario, e qualsiasi frecciatina le scivolava addosso, ma tra le cose che conveniva non dirle c’era sia “non riuscirai mai” che “non ne sei capace”.
Si trattenne a stento dal sobbalzare, quando la sentì ridere.
 
«credo che tu sia uno di quelli che fanno davvero fatica a capire certe cose» sospirò Nahema «ma forse io posso aiutarti. Mēntyr!»
 
A quell’esclamazione circa una ventina di ghoul armati irruppe nella stanza, nello sconcerto dei due uomini presenti che non si aspettavano nulla del genere.
 
«zirȳla gūrotīs!»
 
Il drappello di creature agguantò il generale e lo bloccò, nonostante tutti i suoi sforzi di divincolarsi: era ancora troppo debole per vedersela con tutti loro. Forse in una situazione come quella avrebbe fatto molto meglio a stare zitto, ma non ci era proprio riuscito. «LASCIATEMI SUBITO!!!»
 
«skoros issi gaomā?!» Aladohar si avvicinò alla sorella, ora decisamente allarmato.
 
«ivestragī nyke gaomagon» replicò la donna, per poi rivolgersi a Kozmotis «come dicevo, generale, forse posso aiutarti a capire alcune cose. In questi anni non ti ho tolto di mezzo perché, contrariamente a quanto pensi, se si tratta di compatrioti non sono per le morti inutili, e riconoscevo il tuo valore come guerriero, che è indubbio» concesse Nahema «ti avrei preferito dalla mia parte piuttosto che sotto terra, ma in questi anni ti ho conosciuto, e ho capito che trattare con te non era possibile: sei troppo idealista, troppo corretto, prima che trovassimo la tua famiglia non c’erano altri appigli abbastanza forti, e io ho finito per concepire altri piani» gli si avvicinò, molto tranquillamente «ma se sei vivo è perché io voglio che tu sia vivo».
 
«balle!» sbottò lui «non mi hai ucciso solo perché non potevi farlo, sapendo che la tua famiglia non l’avrebbe passata liscia, e ora meno che mai! Indagherebbero, se mi accadesse qualcosa sareste i primi sospettati, dopo il processo che c’è stato, e il re non potrà chiudere entrambi gli occhi di nuovo!»
 
«Kozmotis Pitchiner, tu sei il secondo uomo più cocciuto che conosca, davvero» sospirò, sollevando il mento e passandosi il pollice sulla gola in un gesto universalmente compreso. «zirȳla ossēnatas».
 
Il generale gridò quando i ghoul gli sollevarono la testa e sentì distintamente il freddo bacio dell’acciaio sulla pelle, mentre capiva che gli Aldebaran potevano ucciderlo eccome, che stavano per farlo proprio in quel momento e che non avrebbe mai ottenuto la giustizia che voleva, perché aveva dato troppa aria alla bocca.
Sarebbe morto senza vendicare Aleha ed Emily Jane.
Si sarebbe ricongiunto ad Aleha ed Emily Jane.
Forse non era del tutto un male…
 
«keligon».
 
La lama rimase ferma dov’era ma non incise la sua carne, fermandosi proprio quando quel pensiero che faceva sembrare la morte un’alternativa attraente, ormai svanito com’era arrivato, gli aveva attraversato la mente.
 
«non avremmo problemi a far sì che l’ultima notizia su di te sia “è scappato dall’infermeria del palazzo reale per andare chissà dove”» disse Nahema, calmissima «ora potrei ordinare nuovamente ai ghoul di tagliarti la gola, stavolta senza fermarli prima che lo facciano, e seppellirti in una qualsiasi parte del deserto che circonda la città. Una tua sparizione potrebbe apparire sospetta agli occhi di qualcuno, te lo concedo, ma sospetti e prove sono due cose molto diverse, e pochi luoghi sono adatti quando il deserto, se si tratta di nascondere cadaveri».
 
Se la morte non era più un’alternativa attraente, tuttavia, avrebbe dovuto continuare a vedersela con quelle persone.
Ma l’avrebbe fatto, eccome se l’avrebbe fatto, e non si sarebbe arreso, nemmeno dopo essersi quasi fatto sgozzare da un ghoul del deserto. «il re e la regina-» avviò a protestare Kozmotis, venendo però interrotto.
 
«non sono onnipotenti» intervenne finalmente Aladohar, che col procedere del discorso si era tranquillizzato «hanno una corona in testa, sì, ma anche molto oro meno di noi, e molti meno amici di quanto credano, tra le Costellazioni».
 
«penso che con questo abbiamo finito» concluse Nahema « ivestragī zirȳla jikagon » ordinò, e i ghoul lasciarono immediatamente libero Kozmotis «ebbene, dopo che ti abbiamo accolto in casa nostra e debitamente curato, ti aiuteremo a tornare a casa…perché siamo brave persone pronte ad aiutare anche un High General che ieri era palesemente ubriaco! Questo nonostante le terribili accuse che ci ha rivolto al processo, nonché le minacce di morte urlate in questo stesso palazzo».
 
«ubriaco?!» allibì Pitchiner «io non ero affatto ubriaco!»
 
«lo so, ma non conta. Se io dico che eri ubriaco, significa che eri ubriaco, e per coloro che lo verranno a sapere sarai stato ubriaco. Non c’è molto da aggiungere, e c’è già una nave che ti aspetta qui fuori. Arrivederci, generale! Cercherò di essere una tua degna sostituta fino a quando ti sarai ripreso, e chissà, magari sarò talmente brava che il re renderà la sostituzione definitiva».
 
«puoi scordartelo!» ringhiò Kozmotis «non ti permetterò di sottrarmi anche questo. Per colpa vostra sono padre di una figlia assassinata e marito di una moglie uccisa, non diventerò un High General caduto in rovina. E vi giuro che avrò la giustizia che mi spetta…in questa vita o in un’altra!»
 
Nahema fece spallucce. «allora ne riparleremo in un’altra vita. Mēntyr!» i ghoul scattarono sull’attenti «Āeksio Pitchīner hen sombāzmion traenatas».
 
I ghoul affiancarono Kozmotis, e uno di essi gli diede una leggera spinta in direzione della porta. Il generale lanciò un’occhiata ostile sia al ghoul che ai due fratelli Aldebaran, per poi rizzare la schiena e dirigersi verso la porta con passi decisi, seguito dalle guardie.
 
Quando l’ebbe attraversata e Nahema giudicò che ormai fosse abbastanza lontano, fece un leggero sospiro. «utilizzare i ghoul per certe stupide “dimostrazioni di forza” è qualcosa che m’innervosisce abbastanza. Non avrebbe dovuto neppure essere necessario, non dopo quanto è accaduto al processo, ma Kozmotis Pitchiner è un gran testardo».
 
«Super Naso è Super Naso, era testardo da piccolo, e ora che è un uomo fatto non poteva essere diverso» Aladohar si lasciò cadere su un divanetto vicino, stiracchiandosi «ma non penso che sia tanto stupido da non prenderci sul serio, chiacchiere a parte. Ha parlato in quel modo per semplice rabbia. Però  penso che quella lezioncina gli sia servita lo stesso, sebbene inizialmente tu mi abbia fatto inquietare: per un po’ho pensato che volessi veramente sporcare il tappeto».
 
Nahema non rispose.
 
L’arciduca guardò a lungo la figura in controluce della sorella, che non sembrava avere intenzione di sedersi quanto piuttosto di continuare ad osservare il panorama persa in chissà quali pensieri. Qualunque essi fossero, tuttavia, lui si sentiva in dovere di interromperli: c’era una questione da approfondire. «hai fatto uccidere sua moglie senza neppure provare a trattare con lui. Di solito non agisci così. Perché, dunque?».
 
«perché gli Aldebaran pagano sempre i propri debiti, e io ne avevo uno piuttosto grande da saldare».
 
«Kozmotis Pitchiner ti ha fatto qualcosa di grave di cui non sono a conoscenza?» indagò l’uomo «mi parrebbe molto strano».
 
«e infatti non ero “in debito” con lui».
 
«allora con chi? C’entra qualcosa il modo in cui hai trovato la posizione di casa sua, faccenda su cui non mi hai ancora dato delucidazioni?»
 
Nahema si voltò verso di lui, con uno svolazzo della lunga gonna dorata aperta su un lato. «io ti ho detto subito com’è andata, il fatto che tu pensi sia uno scherzo è qualcosa di cui non ho colpa».
 
«dovrei credere che una donna serpente lunga più di dieci metri abbia fatto la spia perché voleva mangiare non so cosa? È ridicolo, sii sincera e ammetti che non vuoi proprio dirmelo, no?»
 
Di nuovo Nahema non gli rispose, incamminandosi verso la porta. «se dovessi avere bisogno di me nelle prossime due ore…beh, cerca di non averlo, perché non sarò in città, ma in una delle oasi vicine» furono le sue sole parole. Poi lasciò la stanza senza aggiungere altro.
 
Aladohar non era sicuro del modo in cui prendere quella faccenda, ma d’altra parte non c’era molto che potesse fare: non sarebbe riuscito a strappare a sua sorella una parola di più. Si chiedeva soltanto perché Nahema si ostinasse con quella storia assurda della donna serpente spiona, ma forse lo faceva perché si divertiva a prenderlo in giro.
 
Fece spallucce, pensando che c’erano alcune cose di sua sorella che non sarebbe mai riuscito a capire.

 
Buonasera! Credo che dopo questo qualcuno abbia capito perché Ralonrin non era poi un così bel soggetto :’D ma lascio a voi tutti i commenti.

Intanto ecco  le traduzioni delle parti in hallallallala in vecchio aldebariano.
Simile al valyriano, dite? Lo so!
 
 
Nahema: «nostra madre doveva avere per forza almeno un figlio cretino».
Aladohar: «così pare. Non potremmo farlo fuori?»
Nahema: «chi? Lui [Kozmotis] o nostro fratello?» style="border-style: none none solid; border-color: -moz-use-text-color -moz-use-text-color windowtext; border-width: medium medium 1pt; padding: 0cm 0cm 1pt;">Aladohar: «…meglio non pensarci troppo, o potrebbe iniziare a sembrarci una buona idea».


A:«Nahema! È Super Naso! L’abbiamo incontrato nel territorio degli Orion, diciotto anni fa!»
N: «Super Naso!...sì, è vero!»


N: «soldati!» […] «prendetelo!»


A:«cosa stai facendo?!»
N:«lasciami fare».


 
N:«uccidetelo».
N:«fermi» […] «lasciatelo andare».


N: «scortate Lord Pitchiner fuori dal palazzo».
   
 
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