capitolo
2 – Incontri
È
già mattina quando infine si risveglia (o forse sarebbe
più
corretto dire “riprende coscienza”), una mattina
dal colore
lattiginoso. Gli basta un'occhiata distratta all'intorno per
comprenderne il motivo: durante la notte ha nevicato e ora le strade,
i tetti delle case e i rami degli alberi sono ricoperti da una spessa
coltre candida e fredda.
Un
po' di neve è ricaduta anche su di lui e ora, sarebbe pronto
a
scommetterci, deve avere l'aspetto di un maledettissimo elfo
denutrito e con un attacco di dissenteria. Meraviglioso! E fa
addirittura più freddo della sera precedente.
«Risveglio
eccellente» sibila contrariato fra sé.
Fa
un tentativo per rimettersi nuovamente in piedi e poter proseguire il
cammino, ma quella mattina pare proprio che le gambe non intendano
reggerlo. Non sembra, dopo tutto, che il breve riposo gli abbia
giovato. Probabilmente sarebbe più saggio trovare un rifugio
momentaneo, al riparo e al caldo, o di questo passo finirà
col
trasformarsi in una statua di ghiaccio e, in tutta franchezza, i suoi
primi mille anni sulla terra, bloccato in un sonno fittizio
all'interno di una stupida caverna, gli sono bastati per il resto
della propria esistenza, grazie tante.
Mentre
cerca di ritrovare una posizione più comoda fra le radici
dell'albero, le sue orecchie captano nuovi suoni: schiamazzi, per la
precisione. Solleva un sopracciglio, perplesso, e porta la sua
attenzione sulla strada a pochi passi. Un gemito di sconforto sboccia
dalla sua bocca: bambini, ovviamente intenzionati a sfruttare la
mattinata di sole per giocare in mezzo alla neve.
«Voglio
morire» borbotta, chiudendo gli occhi deciso più
che mai a ignorare
ciò che gli accade intorno.
Come
però accade da un po' di anni a questa parte, non pare
proprio che
la fortuna voglia stare dalla sua parte. Qualcosa, oltre alle risate
allegre e ai rumori fastidiosi dei loro giochi, pungola
insistentemente la sua attenzione. Tutta la sua ostinata
volontà non
è sufficiente a distrarlo. Alla fine si vede costretto ad
arrendersi
e riaprire gli occhi per sincerarsi della natura del disturbo.
“Una
bambina, tanto per cambiare” riflette acido. La differenza
è che
questa bambina in particolare non si trova insieme agli altri per
divertirsi, ma è invece ferma poco prima del limitare della
foresta
in cui si trova lui e, all'apparenza, i suoi occhi stanno guardando
dalla sua parte. Questa ultima opzione, tuttavia, è
piuttosto
improbabile: nessun essere umano dovrebbe essere in grado di vederlo
né sentirlo.
Reclina
un poco la testa di lato, incuriosito dal bizzarro comportamento di
quella bambina. Poi lei fa qualche incerto passo nella sua direzione
e lui, suo malgrado, si irrigidisce e rimane in guardia.
Ha
lunghi capelli neri e grandi occhi verdi, all'interno dei quali
può
facilmente scorgere una lucetta curiosa. Quando è ormai a
una
manciata di passi dal suo
albero, la sua piccola bocca rosea si stiracchia in un esitante
sorriso.
«Ciao».
Al
suono improvviso e cristallino della sua voce, lui sussulta e sgrana
gli occhi, ma non risponde (o forse, più probabilmente, non
riesce a
farlo). Lei però non sembra prendersela per il mancato
saluto.
Invece fa un altro passettino avanti, si ferma e stringe le mani
nella sciarpa soffice e calda che porta attorno al collo.
«Tu
chi sei?» torna alla carica, evidentemente decisa a non
lasciarsi
scoraggiare.
Le
sue iridi dorate sono sempre più grandi, come due minuscoli
soli,
mentre la sorpresa lo costringe ancora all'immobilità e al
silenzio.
Si
fissano a lungo a vicenda; lui ancora congelato sotto l'albero, lei
con il sorriso che pian piano si smorza.
«Boogeyman»
mormora con un filo di voce, rispondendo infine alla domanda della
bambina. «E tu?» chiede a sua volta in un soffio,
ancora troppo
sconvolto per darsi un tono.
«Katherine»
esclama, un rinnovato sorriso che torna a esplodere sul suo giovane
volto arrossato dall'aria fredda.
Lui
scuote la testa, confuso. “Katherine” soppesa fra
sé. E può
vederlo, perfino sentirlo, e non sembra avere nessun tipo di timore
in sua presenza. Qualcosa non va, c'è qualcosa di
profondamente
sbagliato in tutta quella situazione, qualche dettaglio che
però non
è in grado di afferrare, ora come ora.
Solleva
incerto gli occhi e ritrova la piccola figura di Katherine ancora
lì,
proprio di fronte a lui, intenta a osservarlo con innata
curiosità
e... Che cos'è quella lieve ombra che scorge in fondo al suo
sguardo
verde? Preoccupazione?
"La
curiosità è una piantina delicata che ha bisogno
soprattutto di
libertà." (Albert Einstein)
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