Chapter
07
«Sei
sicuro di esserne in grado?» Se Mick non l’avesse
conosciuta meglio, e ancora
non era sicuro di conoscerla in ogni caso, avrebbe osato dire che
c’era una
nota spaventata nella voce seria della Pellegrina.
«Lo
scopriremo presto.» A quelle parole la donna lo
bloccò con un gesto rapido
della mano posandola sul pannello di controllo della navetta.
«Quindi
equivale ad un no.» Affermò puntando gli occhi su
di lui, Mick scosse le spalle
come a voler dismettere la sua preoccupazione.
«Ho
visto come si fa.»
«Ma non l’hai mai
fatto.» «Memoria fotografica.»
«Presunzione.» «Senti chi parla di
presunzione
ora. Puoi farmi il favore di sederti e allacciare la
cintura?» La fortuna, di
entrambi, era che erano soli a bordo della navetta temporale, nessun
estraneo
ad assistere allo scambio di battute di due delle persone
più pericolose del
Punto di Non Ritorno. Mick si era offerto, spontaneamente e in modo
anche
troppo entusiastico, di accompagnare la Pellegrina nella nuova missione
nonostante
lei avesse ripetuto, più e più volte, che non
aveva bisogno né di una scorta e
nemmeno di un pilota. Quello non era servito a fare desistere
l’uomo che, dopo
aver indossato abiti diversi da quelli bianco sterile che aveva
normalmente
durante l’addestramento la aveva aspettata a braccia conserte
davanti alla
navetta che era solita usare.
Sentì
uno sbuffo dietro di lui e il clack della cintura che veniva chiusa,
Mick sorrise
mentre sfiorava i controlli della navetta, il pannello si
illuminò di un tenue
azzurro. Era vero, non aveva mai pilotato prima di allora, era vero
anche che
non aveva idea di cosa facessero più della metà
di quei pulsanti, e anche che
Declan era all’oscuro della sua presenza su quella navetta.
Ma dopo un mese di
addestramenti intensivi, un mese, o almeno era quel che sembrava, di apprendimento rapido, come lo aveva
chiamato la donna, era discretamente sicuro si sapere come fare.
Quantomeno lo
sperava.
«Non
così veloce! Rischi di non imboccare la giusta
uscita!» La voce della
Pellegrina sembrava arrivare da molto più lontano del
normale quando fece
ruotare lentamente la sfera della velocità e si
ritrovò a far sfrecciare l’anonima
navetta per il flusso temporale.
La
prima
volta non fu semplice, prima andò troppo avanti, poi troppo
indietro, sbagliò
di mesi, a volte di minuti, aveva perso il conto di quante volte la
Pellegrina
gli aveva ripetuto «Non è il tempo
giusto.» con voce sempre più stizzita.
La
seconda volta andò un po’ meglio, non troppo, solo
un poco, impiegò meno a
raggiungere la destinazione; la terza volta era sempre meglio, aveva
imparato
in fretta a regolare la velocità e al tempo stesso
controllare il flusso
temporale. La quinta volta la navetta schizzava nel tempo indubbiamente
sbagliato evitando le fauci di un gruppo di dinosauri che li avevano
scambiati
per delle prede, eppure non poteva fare a meno di ridere mentre
cambiava
direzione all’ultimo momento prima di rientrare nel flusso
temporale.
«Qualcosa
mi dice che non è stato un errore.» Mick non si
voltò, non aveva bisogno di
voltarsi per sapere che nonostante tutto si era divertita di quella
piccola
deviazione, che in fin dei conti era solo il suo modo di mettere in
mostra le
sue innate abilità di pilota. Non che lei lo avrebbe mai
ammesso.
In
tutto
quello gli addestramenti continuavano, aveva abbandonato la sala con le
pecorelle smarrite per passare a qualcosa di più efficace e
raffinato. La prima
volta che il maestro Declan lo aveva condotto nell’armeria e
gli aveva detto di
scegliere un’arma con cui iniziare lo sguardo di Mick era
caduto su un pesante fucile
e aveva passato le ore successive, o erano stati giorni? a smontarlo e
rimontarlo memorizzando ogni singolo meccanismo. Sparare era venuto
naturale
come se il fucile fosse un’estensione del suo braccio, senza
difficoltà e con
precisione letale.
«Volevi
un cacciatore per fermare Rip Hunter e abbiamo qualcosa di
meglio.» Commentò
Zaman Druce mentre osservava i progressi dell’uomo che aveva
raccolto dal
nulla, Declan sorrise.
«Questo
l’Oculus non lo aveva mostrato, eppure non vedo come possa
giocare a nostro
sfavore.»
«È
imprevedibile.»
Asserì Druce guardando l’uomo sparare ai bersagli
della simulazione. «Inizia il
condizionamento, dobbiamo avere la sua completa lealtà se
vogliamo che
funzioni. Non mostrargli gli obbiettivi finali, non ancora
almeno.»
«E
i
Nuclei Temporali, Signore?» Zaman si voltò a
guardarlo prima di uscire dalla
stanza, l’ombra di un sorriso sul suo volto.
«Il
suo corpo è sopravvissuto la prima volta senza il nostro
intervento, l’energia
temporale lo renderà più forte quando
sarà il tempo. Prosegui.»
Le
simulazioni dovevano essere, almeno in teoria, più
complicate volta dopo volta,
Mick si ritrovò a pensare che doveva esserci qualche
problema nella
programmazione, ogni volta che entrava in una simulazione quella durava
sempre
meno, gli obbiettivi erano lenti e spesso non reagivano agli attacchi
come
sarebbe dovuto accadere. Il suo corpo fremeva per qualcosa di
più, sempre di
più, le simulazioni non erano abbastanza, mai
abbastanza.
Se
avesse saputo che la conseguenza di quella semplice richiesta sarebbe
stato un
ciclo di puro dolore che gli penetrava in ogni cellula del corpo fino a
distruggerla per poi essere rigenerato ogni volta avrebbe pensato due
volte
prima di farla, ma era tardi per tirarsi indietro.
Condizionamento,
così lo aveva chiamato Declan, completamente diverso
dall’apprendimento a cui era
stato sottoposto, il condizionamento era qualcosa che non sapeva come
descrivere, lo lasciava sospeso nel nulla, fuori dal tempo e dallo
spazio, ogni
cosa nella sua mente veniva creata solo per poi essere distrutta e
ricreata
nuovamente, ogni volta simile ma con una sfumatura impercettibilmente
diversa. Era
come morire e rinascere nel giro di pochi istanti, per centinaia di
migliaia di
volte. E ogni volta rinasceva più forte.
A
volte Declan si azzardava a far penetrare la sua voce nel flusso di
morte e rinascita,
una domanda semplice che interrompeva il silenzio del Tempo.
«Qual
è il tuo nome?» Mick non rispondeva mai, il suo
vero nome, perché certamente ne
doveva avere uno, non lo ricordava, il nome che aveva scelto per
sé stesso
stava aspettando il momento giusto per rivelarsi, si era insinuato
sinuoso nella
sua mente la prima volta che aveva toccato un Nucleo Temporale e si era
ancorato lì, gli diceva di aspettare, gli diceva che il
tempo non era ancora
giunto, c’era una strana ironia nel parlare di Tempo in un
luogo in cui il
tempo era quasi immobile. Un’ironia ancora più
profonda se considerava il nome
che aveva scelto.
«Quelli
come te non sono semplici Cacciatori.» Mick aveva alzato un
sopracciglio mentre
seguiva Declan nell’hangar, più volte il Signore
del Tempo si era rivolto a lui
con quell’appellativo. «Quello era il nostro scopo
iniziale, quello che dovevi
essere.» Spiegò notando il dubbio che si era
dipinto sul suo volto solitamente
impassibile. Gli stivali rinforzati risuonavano sul pavimento,
l’armatura era pesante
sulle sue spalle, l’elmo assicurato sotto un braccio e il
mantello scivolava
alle sue spalle. «Ma sei più di un semplice
Cacciatore, li hai visti. Eseguono
gli ordini senza alcuna inventiva o conoscenza, conoscono solo la
missione di
quel momento. Tu al contrario…» Mick si
lasciò sfuggire uno sbuffo orgoglioso,
si era accorto della differenza tra lui e i quattro Cacciatori
Temporali che
erano presenti al Punto di Non Ritorno. Tre uomini e una donna che non
aveva
nulla da invidiare a loro in fatto di brutalità, tutti
provenienti dal gruppo
di pecorelle, quattro sopravvissuti, i più forti. Ma non per
quello i migliori.
«Gli
Agenti Temporali sono una classe d’Élite, se
così vogliamo dire. A metà tra i
Cacciatori e i Signori del Tempo.» Mick conosceva la
differenza, la Pellegrina
faceva parte di quella classe, la Pellegrina era stata la sua
insegnante molto più
che Declan ed era l’unica veramente degna della sua fiducia.
Declan gli passò
lo schermo olografico che aveva avuto in mano fino a quel momento, Mick
spostò
la maschera da un braccio all’altro per avere una presa
più solida sullo
strumento e prese a scorrere i file leggendo solo le indicazioni
iniziali. «Queste
sono le tue prime missioni.» Spiegò il Signore del
Tempo. «Al termine di ognuna
voglio che tu rientra a fare rapporto prima di proseguire.»
Riprese a camminare
fino a giungere davanti ad una nave scura. «D’ora
in avanti userai questa nave
per viaggiare, posso sperare che tu sia in grado di
pilotarla.» Mick non
rispose, sapeva dal tono di voce che era una domanda retorica, Declan
sapeva
delle sue scappatelle a bordo della
navetta temporale, ma in quel momento non importava, forse non era mai
importato, forse tutto era voluto per giungere a quel momento.
«Non
voglio errori.» Decretò infine mentre Mick si
faceva scivolare la maschera sul
volto e saliva a bordo della nave temporale.
«Sapete
che non commetto errori.» Ribatté con voce
meccanica prima di chiudere lo
sportello e avviarsi verso il ponte; le luci che illuminavano i
corridoi
stretti e scuri tendevano ad un leggero verde, il ponte era ampio, una
poltrona
singola e un pannello di controllo più grande di quello a
cui era abituato, ma
a differenza di quando aveva iniziato ora sapeva come operare.
Lasciò che la
mano guantata scorresse sul pannello attivando i controlli manuali
quando prese
posto. L’ingresso nel Flusso Temporale lo
schiacciò contro lo schienale mentre
lo spettacolo a cui non si sarebbe mai abituato si apriva sullo schermo
davanti
a lui, un turbinare di vortici di colori brillanti, fulmini bianco
accecante e
filamenti dorati che si estendevano e intrecciavano tra loro in una
danza
antica e immortale.
Lasciò
vagare lo sguardo nuovamente sul riepilogo della prima missione.
2348,
Pirati Spaziali, Attentato all’Imperatore
delle Tre Galassie.
“E
pirati spaziali siano.”
Pensò mentre spostava di qualche grado i comandi e la nave
virava senza
diminuire la velocità.
«Posso
ricordarle la cintura, Capitano
Chronos?»
In un attimo, mentre Mick sobbalzava cercando di capire chi
avesse parlato, da dove e soprattutto come faceva a conoscere quel nome, la nave uscì dal
flusso
temporale nel 1348.
«Chi
diavolo sei?!»
Angolino
dell'Autrice:
Eccomi di nuovo qui, con un capitolo scritto completamente in una sera,
perchè come lo avevo iniziato non mi soddisfava
più e, a quanto pare, oggi ero discretamente ispirata (Dopo
essermi sparata una playlist di soundtrack discretamente rapide mentre
scrivevo per un'ora).
Non ci sono
grandi eventi ma si apre effettivamente la "storia" di Chronos, non
descriverò completamente le missioni, non tutte (e dipende
da quanta ispirazione c'è, sempre lì siamo!)
So che Chronos
è tecnicamente un Cacciatore, ma ho iniziato questa fanfic
per dare ppiù spazio a Mick e a quella mente che tiene bella
nascosta, volevo che fosse qualcosa in più di un semplice
Cacciatore, quindi ho creato la via di mezzo, gli Agenti Temporali. La
differenza è che i Signori del Tempo, come Zaman Druce e
Declan per capirci, controllano il tempo dalla loro postazione,
raramente vanno in missioni effettive per sistemare qualcosa. A quello
ci pensano gli Agenti. Loro sono fuori, nel Tempo a sistemare le
anomalie, o almeno quello dovrebbe essere il loro compito principale,
ogni Agente poi ha delle particolari specializzazioni, la Pellegrina
per esempio si occupa per eliminare le minacce prima che diventino
minacce.
Spero che la
storia continui ad interessarvi, se trovate errori mi scuso da subito,
l'ho riletta tre volte ma gli errori scappano sempre. E spero che
continuerete a seguirmi!
Bye Bye~
Aki
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