capitolo
6 – Crepuscolo
«Oh,
wow! Ma è fantastico!» esclama Katherine
all'improvviso, facendo
sussultare Pitch.
Il
mal di testa è in aumento e Pitch desidererebbe provare
un'aspirina
per vedere se fa effetto anche sugli spiriti, oltre che sugli esseri
umani. E subito dopo averlo pensato dà un paio di capocciate
contro
il tronco alle sue spalle, dandosi dell'idiota per essere arrivato a
tanto. Deve aver dimenticato qualche pezzo importante di sé,
durante
la fuga. Non c'è altra spiegazione a tutto ciò
che gli sta
capitando nelle ultime ore.
Ormai
è il crepuscolo e Katherine, seppur a malincuore,
è costretta ad
ammettere che è ora di tornare a casa, o la nonna
finirà con il
preoccuparsi sul serio.
«Pitch»
mormora incerta, e attende che i suoi occhi dorati si posino di nuovo
su di lei. «Devo tornare a casa».
Indica
con un dito il cielo cremisi già striato di blu, a mostrare
quanto
si sia già fatto tardi.
Lui
fa per levarsi la sciarpa e rendergliela, ma la bambina scuote la
testa con decisione e appoggia le mani sul suo petto a bloccarne i
movimenti.
«Oh,
no. È per te. Qui fuori fa freddo, e così non ti
ammali».
Pitch
inarca un sopracciglio, dubbioso. Vorrebbe farle notare che le
creature come lui non prendono il raffreddore, tuttalpiù si
indeboliscono. Ma Katherine gli sorride convinta e a lui non rimane
che sbuffare contrariato.
«Torno
domani mattina, prometto» assicura Katherine, piena di
speranza e di
buone intenzioni.
Pitch
non è nemmeno certo che rimarrà lì
quella notte, ma non si prende
la briga di contraddirla, con il rischio di ritardare drammaticamente
la sua dipartita.
«Come
vuoi» risponde infatti monocorde.
Quello
che accade subito dopo non lo ha previsto e non sarebbe comunque
riuscito a impedirlo.
Katherine
si allunga su di lui e posa un bacio sulla sua guancia gelata, poi
sorride di nuovo, inspiegabilmente raggiante.
«Buona
notte, Pitch! Sogni d'oro» gli augura, scostandosi veloce e
correndo
come il vento verso casa.
Pitch,
in tutto questo, non è riuscito a emettere neppure un fiato.
È
rimasto semplicemente pietrificato contro il suo albero, incapace di
processare l'accaduto. Solo dopo lunghi minuti, passati in totale
immobilità, sbatte repentinamente le ciglia, ancora
sconvolto, e si
porta le dita tremanti di una mano alla guancia.
«Sogni
d'oro?»
rantola incredulo. «Che... diavolo?!».
Sospira,
il capo appoggiato alla corteccia, e chiude gli occhi. La sua
esistenza sta lentamente sprofondando in un buco nero di
assurdità e
Pitch non ha la più pallida idea di come interrompere
(né tantomeno
invertire) il processo. E la confusione, nella sua testa, aumenta.
Come
era tutto più semplice, qualche tempo fa, quando ancora
poteva
scorrazzare per il mondo e portare il terrore. Nessun pensiero,
nessun problema, solo qualche incubo e la delizia al suono degli
strilli spaventati dei bambini.
Ora
l'unica bambina che lo vede gli augura di fare bei sogni. A lui: il
Nightmare King. E gli ha dato un bacio... Un bacio!
Qual è stato il suo errore? In che cosa ha sbagliato? Non ha
di
certo chiesto lui tutto ciò, gli è piombato
addosso all'improvviso,
sommergendolo e facendolo annaspare sperduto.
Un
tempo non era così, un tempo lui era potente e temuto.
Chiunque,
alla sola menzione del suo nome, tremava spaventato. Ora invece
è
lui a tremare, e una bambina gli ha donato una sciarpa di lana
(ROSSA!) per non sentire freddo.
“Quanto
può essere profondamente ingiusta l'esistenza?” si
chiede Pitch,
sconsolato.
“Una
persona spesso finisce con l'assomigliare alla sua ombra.”
(Rudyard
Kipling)
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“Se
non procurate di evitare che vi si facciano piccole ingiustizie, vi
troverete in breve nel caso d'osar di tutto il vostro sapere per
assicurarvi da offese maggiori.” (Confucio)
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