capitolo
8 – Domande
«Assaggiane
un pezzettino. Dai, dai, dai!» trilla Katherine esaltata.
Pitch
sospira stremato. La voce della bambina è come un trapano a
percussione nel proprio cervello già malandato di suo. Se
solo
stesse in silenzio per un po’, solo un poco, come renderebbe
tutto
più piacevole
Non
è affatto avvezzo ad ascoltare le chiacchiere dei bambini.
Sono così
rumorosi, raggiungono picchi sonori mai sentiti prima, e lui ha
vissuto troppo a lungo in un silenzio di tomba. Inoltre, prima di
ciò, il suo massimo diletto era far loro visita di notte,
per
seminare un po’ di sano
terrore. Ma a parte qualche strillo agghiacciato, non ci si
è mai
veramente soffermato, non lo ha mai ritenuto necessario ai propri
scopi. Ora invece è costretto, per cause di forza maggiore,
a
sorbirsi la compagnia affatto richiesta di una di loro. E la cosa
peggiore è che, ha il malsano sospetto, questa in
particolare sia
una delle meno piantagrane e rumorose della sua specie. Di tanto in
tanto si sofferma a osservarne il comportamento e, non senza una
certa sorpresa, si rende conto che in qualche modo Katherine sa
essere rispettosa dei bisogni del prossimo e molto empatica.
«Pitch».
«Mh?».
«Posso
chiederti una cosa?».
Dal
tono che ha usato la bambina, Pitch può facilmente intuire
che sarà
una di quelle domande scomode e complicate che solo i bambini
riescono a porre senza remore. Sospira di nuovo, affranto e arreso
all’inevitabile.
«Se
proprio lo ritieni necessario» borbotta senza un grammo di
convinzione.
Katherine
abbozza un sorriso che sa di incoraggiamento, poi prende fiato.
Sarà
una cosa lunga e tediosa? Pitch inizia seriamente a preoccuparsi.
«Perché
stai qui?».
Lui
sbatte le palpebre un paio di volte, perplesso. Lei intuisce di non
essere stata troppo chiara, così ci riprova.
«Nel
senso… Hai detto che non hai la casa…»
nota che Pitch sta per
ribattere, così si affretta a mettere le mani avanti e a
proseguire
velocemente. «Per ora! Non hai la casa, per ora»
precisa. «Così,
pensavo… Perché non sei a cercare una casa nuova
o… non so,
qualcosa del genere?».
«È
troppo presto» ribatte piccato.
«Troppo
presto per cosa?» indaga incuriosita.
«È
una storia lunga. E no, non intendo raccontartela, nel caso te lo
stessi chiedendo».
Il
sorriso di Katherine si affievolisce un po’, ma lungi dal
perdersi
d’animo parte immediatamente al contrattacco.
«Quindi
aspetti qui? E cosa aspetti? È qualcuno? O è
qualcosa? O…».
Pitch
sbuffa con forza, travolto da quell’irritante terzo grado.
«Non
sto aspettando proprio nessuno! Non… Ho provato ad
andarmene»
ammette, nonostante sia davvero l’ultima cosa che desidera.
«Ma
non ci sono riuscito» soffia irritato e in parte
demoralizzato al
ricordo del recente insuccesso.
«Oh…
È perché non stai bene?» chiede
Katherine con tono gentile e
comprensivo.
Lui
si limita ad annuire riluttante e spera sia finita lì, ma
è una ben
misera speranza la sua.
«Sono
sicura che se mangi un po’ di cioccolato dopo stai meglio.
Prova.
Oh, ti prego, solo uno» lo incoraggia lei.
Le
insistenze estenuanti di quel soldo di cacio, sommate alle recenti
traversie, non aiutano di certo a farlo rilassare,
tutt’altro.
Così, dopo aver cercato di incenerirla (inutilmente) con uno
sguardo
al cianuro, espira lentamente e si lascia cautamente scivolare al
suolo (tanto non avrebbe comunque retto ancora a lungo, incaponendosi
nel voler rimanere in piedi).
Lei,
prevedibilmente, gli si fa più vicina e gli offre un sorriso
incoraggiante. Così Pitch allunga esitante una mano, afferra
fra due
dita un piccolo quadretto di cioccolato al latte e, dopo
un’ultima
e sospettosa annusatina, lo cattura fra le labbra livide e lo fa
scivolare dolcemente sulla lingua. Un minuscolo, soffice mugolio fa
vibrare la sua gola e, registrando in ritardo quel suono
indesiderato, le sue guance si colorano appena di un tenue violetto.
Oh,
ma Katherine è una bambina attenta e scrupolosa, che sa come
osservare il mondo intorno. E Katherine ha sentito e ha visto molto
più di quanto le serva per caricarsi di nuova speranza.
Quello,
pensa fra sé, non è che l’inizio.
“Questa
è la vera natura della casa: il luogo della pace; il
rifugio, non
soltanto da ogni torto, ma anche da ogni paura, dubbio e
discordia.”
(John Ruskin)
*
* * * * * * * * * * * * *
“Il
cioccolato è materia viva, ha il suo linguaggio interiore.
Solo
quando si sente oggetto di intima attenzione, e solo allora, esso
cessa di ammaliar la gola e si mette a dialogare con i
sensi.”
(Alexander Von Humboldt)
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