capitolo
12 – Impronte sul Cammino
Pitch
è, piuttosto comicamente, raggomitolato contro la siepe, il
grosso
bicchiere stretto tenacemente fra le mani e uno sguardo
inquietantemente spiritato fisso sul contenitore.
«Come
si apre?» chiede, a un certo punto, imbarazzato.
E
giusto per non smentirsi mai, Katherine ridacchia divertita e, per
pura bontà di spirito, «Così,
ecco» scoperchia per lui il
bicchiere.
Pitch
avvicina maggiormente il bicchiere, socchiude gli occhi e annusa,
questa volta evidentemente non con spirito sospettoso, ma
semplicemente per godersi per bene il profumo.
Il
bizzarro gorgoglio che emette ricorda distintamente a Katherine un
gatto che fa le fusa. Un enorme, nero gatto dagli occhi dorati.
Ridacchia di nuovo, dei suoi stessi pensieri folli, e si mette comoda
osservando felice lo spettacolo del grosso gatto alle prese con la
cioccolata calda.
«Deliziosa»
mormora Pitch, leccandosi i baffi...
ehm, le labbra.
«Allora
è vero che ti piace il cioccolato» nota Katherine,
gongolante per
aver fatto quella nuova, importante scoperta.
«Mh»
è tutto ciò che ha da dire Pitch a riguardo.
«E
cos’altro ti piace?» ritenta Katherine.
Pitch
sposta momentaneamente lo sguardo dalla sua cioccolata agli occhi
curiosi e indagatori di Katherine, poi sbuffa vagamente scocciato.
«Spaventare
a morte gli stupidi marmocchi petulanti, per esempio»
riflette
acido.
«Uh…
Beh, con quei cinque ragazzi hai fatto un grande lavoro»
concorda
Katherine.
«Vero?»
ghigna Pitch, tronfio e compiaciuto del proprio successo.
«Cos’altro?»
insiste lei.
Pitch
si agita nervosamente sul posto, prende un lungo sorso dal suo
bicchiere e si sofferma a riflettere seriamente sulla domanda che gli
ha posto la bambina.
Che
cosa gli piace? A parte il cioccolato, si intende. Qualcuno,
probabilmente, direbbe con una certa sicurezza la
Paura.
Ma non è del tutto esatto. Non è propriamente la
sensazione in sé
a interessarlo, quanto in realtà le reazioni degli umani
dettate
dalla paura. Quelle sì che sono, molto spesso, piuttosto
interessanti. Eppure nemmeno questo può veramente affermare
che gli
piaccia. Forse, più probabilmente, piace alle Ombre e, per
riflesso,
all’oscurità dentro di lui.
Sospira,
confuso. Ha trascorso secoli, letteralmente, su quel pianeta. Quasi
la metà li ha spesi nella totale incoscienza di
sé e del mondo che
lo circondava. Il tempo rimanente lo ha usato per ritrovare
ciò che
credeva di aver perduto. Eppure sente che gli manca ancora qualcosa.
È una sensazione che percepisce solo a livello inconscio, e
tuttavia
è sempre lì, in fondo, seppellita da qualche
parte dentro di lui,
in un luogo che non è mai veramente riuscito a raggiungere,
per
quanto in passato ci abbia provato più volte.
«Io…
non lo so» ammette.
Questa
ammissione, in qualche modo, gli provoca un dolore sfocato al petto.
Ci sono troppe cose che non sa, che non arriva a comprendere.
Perché?
Tutto questo non è giusto, affatto. Perché mai
non può avere il
controllo su di sé e sulla sua esistenza, sui propri
pensieri, sulle
emozioni e i ricordi? Per quale motivo?
Katherine,
nel mentre, lo osserva un po’ preoccupata. Ha potuto
chiaramente
vedere, e non per la prima volta, la tristezza nei suoi occhi, e
vorrebbe fare qualcosa per lui, qualcosa che lo faccia felice, per
poter avere nuovamente l’occasione di vederlo sorridere
(anche se
in modo strano).
«Non
lo sai?» chiede quindi, dubbiosa.
Pitch
stira le labbra in una smorfia di disgusto. Solo che questa volta non
c’è nessuno al quale rivolgere quel sentimento.
Nessuno a parte sé
stesso.
«No»
conferma, scuotendo la testa. «O forse… non lo
ricordo».
E
per un momento, solo un breve istante, ha davvero
l’impressione che
possa essere così. Poi la sensazione sfuma senza lasciare
traccia di
sé.
«Beh,
non importa. Possiamo trovare qualcosa adesso» propone seria
Katherine.
«Adesso?»
mormora Pitch, incerto.
Katherine
annuisce, più decisa che mai. «Sì, da
questo momento. Cerchiamo
quello che ti piace e che hai perso».
Pitch,
a quelle parole, spalanca gli occhi, e le iridi dorate per un attimo
brillano di una piccola speranza.
“Ricorda
che ogni persona che incontri ha paura di qualcosa, ama qualcosa e ha
perso qualcosa.” (H. Jackson Brown Jr.)
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“Per
torturare un uomo bisogna conoscere ciò che gli fa
piacere”
(Stanislaw Jerzy Lec)
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