Riappacificazioni e litigi
Kaito sospirò. Era giù di morale, come
sempre nelle ultime settimane. Quasi non ricordava più quando avesse sorriso
l'ultima volta. L'ambiente intorno a lui, certo, non lo aiutava molto: buio,
appena schiarito dalla fioca luce di qualche torcia, e terribilmente umido.
Rivoli d'acqua scorrevano sul pavimento nero, scivoloso e rotto in qualche
punto. A completare l'atmosfera c'era poi l'incombente presenza dell'enorme
statua, che fissava minacciosa ogni cosa fosse sotto il suo sguardo in modo
così pressante da poter far credere che fosse lei ad ammorbare l'aria e non il
gigantesco cadavere in decomposizione. Sì, l'atmosfera non era delle migliori,
ma Kaito aveva scelto quella stanza perché era l'unico luogo dove potesse
rimanere da solo. Troppi pensieri gli rendevano quasi insopportabile la
compagnia degli altri, persino dei suoi amici. Aveva bisogno di rimanere solo,
e in quel luogo nessuno avrebbe potuto disturbarlo.
Nessuno
tranne...
Uno scricchiolio di pietra su pietra
annunciò a Kaito, senza neppure bisogno di voltarsi, che la sua pacchia era
appena finita.
«Ciao, Harry.»
Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come sapevi
che ero io?»
Il prestigiatore, seduto alla base della
statua, si voltò verso il suo ospite: «Nessun altro in questa scuola è in grado
di aprire quella porta.»
«E nessun altro è in grado di entrare qua
dentro senza aprirla.»
«Touchè. Era solo
una questione di tempo, sapevo che prima o poi mi avresti trovato.»
Harry attraversò la sala e andò a sedersi
vicino a lui: «Allora, Kaito, cosa ti riporta nella Camera dei Segreti?»
Il ragazzo lo guardò con aria triste:
«Avevo bisogno di stare da solo.»
«Non è da te.»
Kaito non rispose e Harry continuò: «I tuoi
compagni sono molto preoccupati per te, per non parlare di Fred e George. Sono
due settimane, ormai, che ti presenti giusto alle lezioni, non parli con
nessuno e poi scompari nel nulla. Non sei stato più visto né a mangiare né in
dormitorio. Anche cercarti sulla Mappa del Malandrino era inutile, abbiamo
persino cominciato a pensare che te ne tornassi direttamente a casa in Giappone
dopo le lezioni!»
A Kaito sfuggì uno sbuffo divertito, la
cosa più simile a una risata nell’ultimo periodo: «Non sono ancora così bravo.»
«Lo so. È per questo che mi sono messo a
pensare a un luogo di Hogwarts non segnato sulla Mappa che tu potessi
conoscere. Questo è l’unico che mi è venuto in mente.»
«E come vedi hai indovinato. Sei un bravo
investigatore, sai? E io d’investigatori me ne intendo, credimi...»
Calò un silenzio carico di attesa per
qualche minuto, poi Kaito disse: «Perché non hai portato qualcuno con te?»
«Ron non
scenderebbe di nuovo qua sotto per nessun motivo al mondo, Hermione è impegnata
a studiare... quanto a Fred, George e Sheridan, non mi andava d’illuderli. E se
poi non eri qua? E se hai fatto tutto questo per non incontrarli, ci sarà stato
un buon motivo, credo.»
A Kaito sfuggì un mezzo sorriso, poi
sospirò.
«Ho avuto una notizia che mi ha sconvolto e
che ancora non riesco ad accettare. Speravo che rimanendo un po’ da solo ce
l’avrei fatta, ma...»
Harry non insistette, aspettando che il
ragazzo decidesse se e quando parlare.
«Ho appena scoperto che mio padre era un
mago.»
«Non è una novità. Me l’avevi già detto che
tuo padre era un prestigiatore come te.»
«No, Harry. Un mago. Come me e te.»
Il ragazzo sbarrò gli occhi: «Cosa? Ma non
avevi detto di essere nato in una famiglia babbana?»
Kaito scattò in piedi, quasi urlando lo
sconforto che si era tenuto dentro per settimane: «CERTO! Questo mi hanno
raccontato, ma erano solo bugie! La mia vita è solo un mucchio di frottole! Il
mio stesso padre ha intessuto per me una rete di bugie e inganni! E ora in cosa
dovrei ancora credere? Sono venuto qui per trovare informazioni che mi
aiutassero a vendicare la sua morte e a far arrestare i suoi assassini, e ora
tutto quello che sapevo è svanito nel nulla! Cosa dovrei ancora fare? Che senso
può avere la mia vita, ora?»
Harry lo guardò un po’ perplesso, poi,
quando Kaito sembrò essersi calmato un pochino, si arrischiò a fare una
domanda.
«Tu hai conosciuto tuo padre, vero?»
Il prestigiatore sbuffò: «Un paio di
settimane fa ti avrei risposto di sì.»
«Intendo, te lo ricordi?»
«Certo.»
«E ti voleva bene?»
Kaito impiegò un po’ a rispondere, come se
quella risposta gli costasse molta fatica.
«Sì, penso proprio di sì.»
Harry sorrise dolcemente: «E allora,
qualunque cosa abbia fatto, penso lo abbia fatto per questo. Perché ti voleva
bene e voleva proteggerti.»
Kaito ringraziò di essere di spalle, perché
la sua faccia da poker, per un istante, aveva ceduto di botto. Harry, che non
sapeva nulla di quello che aveva scoperto, gli aveva ripetuto esattamente le
stesse motivazioni che suo padre nel Pensatoio aveva pronunciato.
Possibile che fosse ovvio a tutti... tranne che a lui?
«Probabilmente hai ragione, ma penso che ci
vorrà ancora un po’ prima che torni a crederlo veramente.»
«Penso che tu abbia tutto il tempo del
mondo. E se non ce n’è abbastanza, possiamo farci ridare la Giratempo
da Hermione...»
Kaito rise, finalmente, la prima risata
sincera dopo tanto tempo.
«Mi sa che hai ragione, mi sono isolato un
po’ troppo. Penso che non potrò fare altro qua, ma in ogni caso non è stato
tempo sprecato.»
Harry lo guardò incuriosito e Kaito si
concesse un piccolo sorriso soddisfatto: «Ho scoperto che mio padre era come
me, poteva Smaterializzarsi ovunque. Così ho provato ad esercitarmi un po’ qua
dentro.»
«Hai passato tutto il tempo a
Smaterializzarti?»
«Dovevo pur distrarmi un po’ dai miei
tristi pensieri, no? E sai, credo proprio di aver imparato qualcosina...»
Neanche il tempo di finire la frase che
Kaito svanì di fronte a Harry. Il ragazzo sussultò. Glielo aveva già visto fare,
ma questa volta non si era udito quello schiocco fortissimo che l’aveva sempre
caratterizzato e non aveva nemmeno girato su se stesso.
«Non male, eh?»
Harry alzò il volto in alto, seguendo la
voce e urlò dallo spavento. Kaito era seduto sul naso di Serpeverde. La sua
voce rimbombava in tutta la Camera.
«Mi sono esercitato parecchio, anche se
avevo promesso di non farlo. Sai, penso di aver capito di più da solo che non
con tutte le lezioni di Lupin dell’anno scorso... in ogni caso, ora riesco ad
essere precisissimo sul luogo di rimaterializzazione.
E se mi concentro abbastanza, riesco anche a farlo silenziosamente.»
Il ragazzo a terra lo guardò stupito:
«Non... non male!»
«Vero? Non capisco sinceramente perché al
corso obblighino tutti a girare su se stessi, ho scoperto che per me è inutile,
mi fa solo girare la testa dopo un po’ e mi fa perdere l’equilibrio al momento
dell’atterraggio. Credo anche di potermi Smaterializzare non solo in posti
precisi, ma anche da persone specifiche, anche se non so dove siano. Dopotutto,
a pensarci bene, l’anno scorso avevo fatto così per raggiungervi nella
Stamberga Strillante. Però quello devo ancora sperimentarlo un po’.»
Harry ridacchiò: «Basta solo che avverti
prima, sennò mi prende un infarto ogni volta...»
Kaito alzò le spalle divertito: «Nel caso
ti porterò istantaneamente da Madama Chips, non preoccuparti. Ci sono ancora un
paio di cose che voglio sperimentare e che qui, da solo, non potevo fare.»
«Ovvero?»
«Smaterializzazione su lunghe distanze,
tanto per cominciare. Insomma, non sarebbe male potermene tornare a casa senza
sempre farmi ore e ore di aereo, no?»
«Giusto!»
«L’altra è la Smaterializzazione con più
persone. L’anno scorso era stato un disastro.»
Harry annuì. Quando Kaito era sbiancato in
quel modo e si era messo a respirare così affannosamente da sembrare soffocare
da un momento all’altro, lui ed Hermione avevano faticato non poco a mantenere
la calma.
«E l’ultima è...»
Fu un istante. Kaito riapparve al fianco di
Harry, lo prese per un braccio e in un attimo furono in piedi sulla testa di
Serpeverde. Il ragazzo urlò dallo spavento e sentì perdere l’equilibrio, ma
Kaito lo tenne stretto. Harry prese fiato affannosamente, osservando l’amico
perfettamente in equilibrio e con tutta la tranquillità del mondo.
«... atterrare in equilibrio con un
passeggero, e direi che ho anche superato questo test.»
Harry cercò di trattenere l’istinto di
mandare a quel paese il prestigiatore: «Sì, ma credo di non averlo passato
io... che spavento...»
Kaito rise, una risata aperta e sincera,
come quelle che Harry aveva sempre visto sul suo volto. Non sapeva esattamente
come, ma sembrava essere riuscito nell’impresa di tirarlo un po’ su di morale.
Il prestigiatore lo aiutò a sedersi: «Non
male la vista da qui, vero?»
«In effetti... c’è solo il Basilisco che
stona un po’...»
Kaito alzò le spalle sorridendo: «Oh, sta
lì tranquillo e non disturba, è diventato proprio un serpentello educato. Non
morde più, sai?»
«Ma meno male, con tutta la fatica che
abbiamo fatto per farlo smettere! »
«Giusto.»
Calò qualche minuto di silenzio, poi Kaito
sospirò.
«Grazie.»
«Dovere. Siamo amici, no?»
«Già, ne abbiamo vissute parecchie di
avventure, eh?»
«Sì.»
«Sai, parliamo poco, io e te, ma sei un
ottimo ascoltatore.»
Harry sorrise: «Ti ringrazio, ma penso sia
solo perché ti capisco. Dopotutto abbiamo entrambi un conto in sospeso legato
all’uccisione dei nostri genitori...»
Kaito sentì una morsa al cuore. Se solo
Harry avesse saputo tutta la storia... se avesse saputo che anche suo padre era
morto, indirettamente, a causa di Voldemort...
Scosse la testa. No, non gli avrebbe dato
quel peso. Quel ragazzo ne aveva già troppi sulle sue giovani spalle.
«Dai, che ne dici? Scendiamo?»
«Non mi dispiacerebbe, ad essere sincero.»
«Oppure preferisci salire? Direttamente in
Dormitorio, magari?»
Harry lo guardò sorpreso: «Mi porteresti?»
Kaito annuì: «Ho fatto troppo l’eremita.
Adesso devo riunire tutti i pezzi della mia vita, e non posso farlo stando
chiuso qua dentro.»
Harry sorrise, e Kaito aggiunse: «E poi la
puzza del Basilisco sta iniziando a darmi la nausea!»
La piccola risata di Harry rimbombò ancora
per un pochino nella Camera, poi i due scomparvero, lasciando la stanza segreta
al silenzio e all’oblio.
Ci era voluto ancora qualche giorno prima
che Kaito riuscisse ad aprirsi con i Malandrini, ma dopo averlo fatto capì che
era stato assolutamente necessario. Raccontare quella vicenda a qualcuno
l’aveva resa in qualche modo più realistica, più accettabile, più sopportabile.
Non era più un brutto sogno da cui non riusciva a svegliarsi, era una realtà
che poteva e doveva affrontare e superare.
Sheridan era sconvolta: «Quello che ci hai
raccontato è incredibile.»
«Lo so. Io sono il primo a non riuscire ad
accettarlo del tutto.»
«Tuo
padre... un mago che ha rinunciato alla magia per fare il prestigiatore?»
«Sì.»
Fred intervenne: «Io sono più sorpreso dal
fatto che tu sia nato qua ad Hogwarts!»
Kaito annuì. In realtà non era stato del
tutto sincero con loro. Aveva volutamente saltato la parte che riguardava la
morte del padre. Era troppo, tutto insieme.
George lo guardò preoccupato: «E ora, cosa
farai?»
Il prestigiatore sospirò: «Innanzitutto,
cercherò di fare ordine nella mia vita. Tanto per cominciare, Kaito Kid si
prende un bel periodo sabatico. Le nuove scoperte hanno minato direttamente le
motivazioni per cui era tornato ad agire, per questo, anche in vacanza, non
ruberò nulla. Almeno fino a quando non avrò deciso se Kaito Kid ha ancora una ragione per esistere. E poi... poi
volevo chiedervi un favore.»
I Malandrini annuirono: «Tutto quello che
vuoi.»
Kaito sorrise tristemente guardando i
gemelli: «Voi due sapete dov’è la Stanza delle Necessità, vero? Voglio
vederla.»
I quattro ragazzi si fermarono di fronte a
un muro non lontano dall’aula della Cooman.
«È qui?»
Fred e George annuirono: «Bisogna passarci
tre volte davanti e...»
I ragazzi sussultarono dallo spavento. Era
bastato che Kaito sfiorasse la parete per far comparire una porta là dove fino
a pochi istanti prima c’erano solidi mattoni.
Il prestigiatore commentò perplesso: «...
oppure, a quanto pare, la Stanza ha il riconoscimento delle impronte
digitali...»
Dopo qualche istante di esitazione, il
ragazzo girò la maniglia e spinse la porta. L’uscio si aprì lentamente,
rivelando, con enorme sorpresa del ragazzo, la stessa identica stanza che aveva
visto nel Pensatoio, come se l’avesse lasciata solo da pochi minuti. Ogni
dettaglio era al suo posto, la sedia su cui lui si era appoggiato quando gli
erano venute meno le forze, le lenzuola ancora in disordine, come se sua madre
si fosse appena alzata dal letto... eppure erano passati diciotto anni.
Si voltò verso i suoi amici, rimasti
all’ingresso, come se non osassero entrare in un mondo che era di Kaito e solo
suo. Il suo sguardo era pieno di lacrime e li guardava come se stesse chiedendo
loro qualcosa, un muto permesso. Sheridan, senza nemmeno sapere esattamente
cosa stesse concedendo, annuì, e allora Kaito, nella stessa identica posizione
del padre quando lo salutò la prima volta, s’inginocchiò sul pavimento, poggiò
la testa sul letto e, stringendo con tutte le sue forze quel lenzuolo, pianse
tutte le lacrime che aveva trattenuto per settimane, lacrime di gioia e di
dolore, di sollievo e di disperazione, in un groviglio di sentimenti
contrastanti che riempivano il suo cuore e la sua mente in una sensazione quasi
di vuoto, a cui era impossibile dare un nome. A quelle lacrime, come in
risposta, le candele che illuminavano la camera si fecero più soffuse, più
leggere, come un delicato conforto che la stessa Stanza stava cercando di dare a
chi era nato fra le sue mura. I Malandrini assistettero a tutto questo in
silenzio, senza fare alcun rumore, muti spettatori di una scena la cui gravità
potevano appena intuire.
Solo quando Kaito sembrò essersi
leggermente calmato, George chiuse la porta alle loro spalle e i tre entrarono
nella Stanza. Sheridan fece per prendere la sedia, per scoprire con sua grande
sorpresa che ne erano comparse altre tre, senza che neppure se ne fosse
accorta. George si avvicinò al prestigiatore.
«Va meglio?»
Kaito annuì, rispondendo con voce ancora
tremante: «S-sì, s-scusate... io... io non dovevo.»
Sheridan gli offrì la sedia: «Dovevi,
invece. Non potevi tenerti tutto dentro per sempre.»
Il ragazzo si sedette: «P-papà mi diceva
sempre di mantenere la faccia da p-poker e io...»
Fred gli sorrise comprensivo: «Tuo padre ti
diceva di non mostrare agli avversari le tue debolezze, ma non penso si
riferisse anche agli amici. E poi sei un essere umano, non una statua. Non puoi
essere impassibile per sempre.»
Kaito si asciugò le lacrime con un
fazzoletto colorato, per poi farlo sparire: «Sì...»
Alzò lo sguardo, per cercare di non
guardare troppo il letto su cui era nato per non scoppiare nuovamente a
piangere, e fu allora che notò un dettaglio che lo incuriosì.
«Strano... quella porta non c’era quando ho
visto i ricordi di Silente...»
Fred lo guardò storto: «Eh?»
Kaito si alzò, attirato in modo
irresistibile da quell’ingresso. Se non fosse stato assurdo, avrebbe quasi
detto che qualcuno gli sussurrasse all’orecchio di andarlo
a vedere più da vicino. Attraversò la stanza e si avvicinò alla porta. Era
bianca, con eleganti intarsi dorati, e una rosa d’oro con il gambo irto di spine
che si arrotolava su se stesso a formare la maniglia. Kaito la fissò perplesso.
Per quanto la sua attenzione fosse attirata dai ricordi stessi, possibile che
non avesse notato un dettaglio così appariscente?
Fred si avvicinò alle sue spalle: «Ehm...
Kaito? Cosa stai facendo?»
«Cerco di capire a cosa serva questa
porta.»
George si avvicinò al fratello: «Quale
porta?»
Kaito sbarrò gli occhi: «Come quale porta? Questa porta! Non la
vedete?»
Sheridan si avvicinò, toccando la parete:
«Veramente, no.»
Il prestigiatore guardò sorpreso la mano
dell’amica, che ai suoi occhi appariva proprio sui cardini della porta.
«Voi... voi non la vedete?»
Fred gli mise una mano sulla spalla:
«Senti, forse oggi hai vissuto troppe emozioni tutte insieme. È normale che tu
ora sia un po’ stravolto, forse è meglio che torniamo al Dormitorio.»
Kaito annuì: «Sì, forse hai ragione. Per
oggi ho fatto abbastanza. Posso sempre tornare in un secondo momento, quando
sarò più calmo, per controllare, no?»
Sheridan gli sorrise: «Quando vuoi.»
Il ragazzo sospirò: «Grazie, ragazzi.»
«Dovere di amici e Malandrini.»
Fu una ripresa lenta, ma Kaito, nel giro di
un paio di settimane, sembrò ritornare a un’apparente normalità. Ricominciò a
ridere e a scherzare con i suoi amici e compagni, riprese a studiare
normalmente e trovò persino il coraggio di guardare la sua posta.
Tre lettere lo attendevano ormai da
settimane.
Caro Kaito,
se le cose sono andate come dovevano, ora
sai. Mi dispiace, credimi, mi dispiace che le cose siano andate così. Ho
sperato con tutto il cuore che per te non giungesse mai quella maledetta
lettera, che potessi continuare a proteggerti come ho sempre fatto.
Ora t’immagino benissimo a dire: “Ma
come, proteggermi? Mi hai mandato coscientemente a fare il criminale!”. È vero,
ma quelli erano pericoli da cui potevo difenderti, anche se poi te le sei
cavata egregiamente da solo. Contro la magia, purtroppo, sono impotente, sono
solo una semplice Babbana che ha letto molti libri
proibiti. Conosco quali incantesimi potrebbero lanciarci contro, ma non ho modo
per difenderci. L’unico modo che io, e che prima di me tuo padre, ho trovato, è
stato tenerti all’oscuro di tutto. Non era il migliore, non era il più saggio,
ma era l’unico alla mia portata. Forse avrei dovuto affidarti a qualche mago,
ma non me la sono sentita di allontanarti da me. Perdona il mio egoismo, se
puoi. Fra mille bugie, però, c’è un’unica e sola verità: ti voglio bene, Kaito,
io come tuo padre, e sono e sarò sempre orgogliosa di te, qualunque cosa farai.
Spero che quando tornerai vorrai ancora
parlarmi.
Mamma
Kaito deglutì, inghiottendo le lacrime. Sua
madre era sempre stata un po’ fuori dagli schemi, una donna originale e
schietta, mai pentita di ciò che aveva fatto. In quella lettera aveva riversato
la sua stessa anima, il ragazzo non avrebbe potuto metterle in bocca parole
diverse. Erano sincere, anche se dolorose.
Con le mani tremanti, prese la seconda
busta. La scrittura gli era in parte familiare, ma dovette ammettere di essere
sorpreso di ricevere una lettera da quella persona.
Caro
Kaito,
il
professor Silente mi ha informato che ora sai che conoscevo bene tuo padre. Mi
dispiace averti nascosto quest’informazione. All’inizio ero confuso, non ero
sicuro che fossi il figlio di Toichi e, se avevo
ragione, cosa ci facessi ad Hogwarts. Il preside mi ha spiegato qualcosina
all’inizio dell’anno, ma probabilmente ora sai più di quanto ancora non sappia
io. Ammetto che non è stata casuale la mia presenza durante la tua prima
lezione di Smaterializzazione, temevo che potesse succedere quanto è poi
accaduto, e anche il preside condivideva questa mia preoccupazione. Forse ho
preso un po’ sottogamba l’impegno di aiutarti con la Smaterializzazione, ma ero
sinceramente convinto di poterti aiutare almeno psicologicamente. Col senno di
poi, forse avresti imparato di più da solo... non sono il migliore insegnante
del mondo, l’ho sempre saputo.
Volevo
solo dirti che se avrai bisogno di aiuto io sarò sempre a tua disposizione.
Con
sincero affetto,
Remus Lupin
Kaito non poteva dire nulla al professore.
Dopotutto, anche lui aveva infranto la promessa di non esercitarsi da solo.
Sapeva bene che l’anno prima ci aveva messo anima e corpo nel seguirlo e
sostenerlo durante le sue lezioni serali.
L’ultimo era un biglietto spiegazzato,
macchiato e rovinato, senza busta.
Abbiamo avuto poco tempo per parlare, e solo
successivamente Lunastorta mi ha confermato la tua
identità. Non ti avevo riconosciuto come figlio di Toichi
fino a quando non ci siamo trovati faccia a faccia in volo. Non conoscevo bene
tuo padre, l’ho visto qualche volta alle riunioni dell’Ordine e ammetto che ero
un po’ sospettoso nei suoi confronti per la sua scarsa partecipazione, era uno
di quelli che avevo candidato come traditore quando ci fu una fuga di notizie.
In realtà non sapevo neppure che fosse morto, ad Akzaban
le notizie arrivano col contagocce. In ogni caso ti sono grato per l’aiuto che
mi hai dato, se potrò ricambiare il favore non esiterò a farlo. Se hai bisogno
di contattarmi chiedi alla persona che mi è più vicina, lei sa come fare.
Felpato
Kaito sbarrò gli occhi sorpreso. Sirius! Persino lui, sfidando la
clandestinità, aveva voluto scrivergli! Rilesse il messaggio: la persona a cui
si riferiva era quasi sicuramente Harry, dopotutto era il suo padrino.
Sospirando, rimise tutto sotto il letto.
Presto avrebbe trovato la forza di rispondere, ne era sicuro.
Ginny strattonò per una manica Kaito:
«Vieni! Vieni a vedere!»
Il prestigiatore, sospirando, la seguì.
Ormai aveva ripreso la sua vita normale e nessuno, né compagni né amici né
professori, gli aveva chiesto cosa gli fosse capitato in quelle settimane. Non
aveva ancora risolto i suoi problemi, ma aveva deciso di accantonarli
momentaneamente in attesa di ritrovare abbastanza pace e sicurezza per poterli
affrontare.
«Cosa c’è?»
La ragazza si limitò a indicargli un
cartello:
TORNEO TREMAGHI
Le delegazioni di Beauxbatons
e Durmstrang arriveranno alle 6 in punto di venerdì
30 ottobre. Le lezioni termineranno con mezz'ora d'anticipo. Gli studenti
riporteranno borse e libri nei rispettivi dormitori e si riuniranno davanti al
castello per salutare i nostri ospiti prima del Banchetto di Benvenuto.
Kaito guardò l’amica incuriosito: «E così ci
siamo...»
La comparsa del cartello nella Sala d'Ingresso
ebbe un effetto notevole su tutti. La settimana seguente, parve esserci un solo
argomento di conversazione, ovunque Kaito andasse: il Torneo Tremaghi. Le voci si propagavano di studente in studente
come virus altamente contagiosi: chi voleva farsi avanti come campione di
Hogwarts, in cosa sarebbe consistito il Torneo, in che cosa gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang erano
diversi da loro. Il castello fu ripulito da cima a fondo. Parecchi ritratti
sudici furono scrostati, con gran disappunto dei loro soggetti, che sedevano
rannicchiati nelle cornici, borbottavano cupi e trasalivano tastandosi i volti
di un rosa acceso. Le armature all'improvviso diventavano scintillanti e si
muovevano senza cigolare. E Argus Gazza, il custode,
divenne talmente feroce con gli studenti che dimenticavano di pulirsi le scarpe
che provocò una crisi isterica in un paio di ragazzine del primo anno.
Anche altri membri del personale docente
sembravano stranamente agitati.
Quando Kaito scese per colazione la mattina
del trenta ottobre, scoprì che la Sala Grande era stata addobbata durante la
notte. Enormi stendardi di seta pendevano dai muri. Ciascuno rappresentava una
Casa di Hogwarts: rosso con un leone d'oro per Grifondoro, blu con un'aquila di
bronzo per Corvonero, giallo con un tasso nero per Tassorosso, e verde con un serpente d'argento per
Serpeverde. Dietro il tavolo degli insegnanti, lo stendardo più grande di tutti
portava il blasone di Hogwarts: leone, aquila, tasso e serpente uniti sotto una
grande H.
Ancora un po’ sorpreso, Kaito notò in un
angolo della tavolata Fred e George, intenti in una discussione sottovoce.
Senza farsi notare li raggiunse alle spalle.
«Allora, ancora a discutere del vostro
debito non riscosso?»
I due gemelli trasalirono sorpresi, per poi
voltarsi.
«Kaito!»
«Non ti abbiamo sentito!»
Il prestigiatore sorrise: «Ricordatevi con
chi state parlando...»
Fred annuì: «Giusto.»
George aggiunse: «Come hai fatto a capire
di cosa stavamo parlando?»
Kaito si sedette vicino a loro: «Intuito...
e lettura del labiale.»
Soseiji sbuffò: «Con te c’è sempre il trucco...»
Mangetsu gli rispose con una bella linguaccia:
«Avanti, spiegatemi. Quali sono le ultime novità?»
George rispose con aria depressa: «È un
vero disastro. Ma se non vorrà parlare con noi, dovremo spedirgli comunque la
lettera. O gliela metteremo in mano, non può evitarci per sempre».
«Chi è che vi evita?»
I gemelli trasalirono ancora. Ron stava prendendo posto accanto a loro, insieme a Harry e
Hermione.
Fred ribatté, seccato per l'interruzione:
«Magari fossi tu.»
Ron chiese a George: «Che cos'è che è un
disastro?»
George disse: «Avere un idiota ficcanaso
come te per fratello.»
Kaito dovette trattenere un sorriso.
Facevano i duri, ma la verità era che i due gemelli non volevano coinvolgere il
resto della famiglia nella loro personale battaglia contro un pezzo grosso.
Harry buttò lì, come per cambiare
argomento: «Voi due vi siete già fatti venire in mente qualcosa sul Torneo Tremaghi? Avete pensato a come fare per tentare di
iscrivervi?»
George rispose in tono aspro: «Ho chiesto
alla McGranitt come vengono scelti i Campioni, ma non me l'ha voluto dire. Mi
ha detto solo di star zitto e continuare a Trasfigurare il mio procione.»
Kaito fece una smorfia: «Ti aspettavi
davvero che si sbottonasse? L’unico che avrebbe potuto fare una cosa così
stupida è Allock, e per fortuna non c’è...»
Ron era pensieroso: «Chissà che prove saranno...
sapete, scommetto che potremmo affrontarle, Harry, ne abbiamo fatte di cose
pericolose prima d'ora...»
Fred disse: «Non davanti a una giuria. La
McGranitt dice che i Campioni ricevono un punteggio in base a come hanno
superato le prove.»
Kaito li guardò sorpreso: «Siete ben
informati.»
George annuì: «Certo, vogliamo sapere cosa
ci attenderà!»
Harry chiese: «Chi sono i giudici?»
«Be', i Presidi delle scuole in lizza fanno
sempre parte della commissione, perché tutti e tre sono stati feriti durante il
Torneo del 1792, quando s'imbizzarrì il Basilisco che i Campioni avrebbero
dovuto catturare.»
Tutti si voltarono verso Hermione, piuttosto
sorpresi, e lei continuò, con il solito tono d'impazienza nel constatare che
nessun altro aveva letto i libri che lei invece conosceva: «È tutto scritto in Storia
di Hogwarts. Anche se, naturalmente quel libro non è del tutto affidabile.
Storia RIVEDUTA E CORRETTA di Hogwarts sarebbe un titolo più calzante. O
anche Storia DECISAMENTE PREVENUTA E SELETTIVA di Hogwarts, CHE GLISSA SUGLI
ASPETTI PIÙ SPREGEVOLI DELLA SCUOLA.»
Ron la guardò perplesso: «Di cosa stai
parlando?»
«Degli elfi domestici! In oltre mille
pagine di Storia di Hogwarts, non si dice nemmeno una volta che siamo
tutti complici nello sfruttamento di un centinaio di schiavi!»
Kaito sospirò leggermente. Era stato
costretto anche lui a comprare una spilletta del CREPA, ma non aveva davvero
avuto testa per seguire tutta la logica di Hermione. Decise che fosse meglio
cambiare brutalmente discorso: «Ragazzi, avete visto Sheridan?»
«In effetti no.»
Proprio in quel momento la ragazza fece
capolino dall’ingresso della Sala, con aria soddisfatta e venne a sedersi
vicino a loro: «Buongiorno!»
Kaito la guardò sospettoso. Conosceva
quello sguardo e di solito non lasciava presagire niente di buono: «Sheridan,
tutto bene?»
Lei rispose con aria complice: «Non c’è
niente di meglio che sistemare un paio di scocciatori di prima mattina...»
Come un lampo, un pensiero attraversò la
mente dei tre Malandrini.
Trenta
ottobre.
Sheridan.
Pessimo
abbinamento.
Immediatamente Fred, George e Kaito si
precipitarono fuori dalla Sala Grande, senza neppure concludere la colazione,
scrutando attentamente le finestre per controllare i pennoni.
Harry guardò un po’ confuso il portone da
cui i tre erano spariti: «Ma che è successo?»
Sheridan sorrise in puro stile malandrino:
«Oh, assolutamente nulla, in realtà. Mi sono solo divertita a fare uno
scherzetto a quei tre. Per fortuna quest’anno, con la storia del Torneo,
nessuno si è ricordato esattamente che giorno è domani...»
Nonostante i tre Malandrini avessero
passato gran parte del tempo a meditare una piccola vendetta nei confronti
della compagna per l’infarto che aveva fatto prendere loro, quel giorno
nell'aria c'era un piacevole senso di attesa. Nessuno fu molto attento in
classe, tutti erano molto più interessati all'arrivo delle delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang.
Quando la campana suonò in anticipo, tutti
i Grifondoro di ogni anno corsero su alla Torre di Grifondoro, depositarono
borse e libri, s'infilarono i mantelli e tornarono giù di corsa nella Sala
d'Ingresso.
I Direttori delle Case stavano disponendo
in fila i loro studenti.
La professoressa McGranitt ordinò a Ron: «Weasley, raddrizzati il cappello.» «Signorina Patil, via quella cosa ridicola dai capelli».
Calì si rabbuiò e si tolse una grossa farfalla
decorativa dall'estremità della treccia.
«Anche lei, Signorina Pumpkin.»
Sheridan si toccò sorpresa e inorridita i
capelli, trovandoci un fiore di pesco di plastica, fermato con una molletta.
Kaito le fece una linguaccia, seguito alle loro spalle da Fred e George:
«Piccola vendetta per stamattina da parte di tutti noi.»
Alla fine del controllo, l’insegnante
finalmente si calmò: «Seguitemi, prego, quelli del primo anno davanti... non
spingete...»
Scesero in fila i gradini e si schierarono
davanti al castello. Era una serata fredda e serena; il sole stava tramontando
e una pallida luna trasparente brillava già sulla Foresta Proibita. Nonostante
l’orario prefissato fosse appena passato, nessuno si vedeva all’orizzonte e
tutti gli studenti iniziavano a soffrire il freddo. Scrutarono ansiosamente i
prati sempre più bui, ma nulla si muoveva; tutto era immobile, silenzioso e
piuttosto normale.
Kaito guardò i suoi compagni. Tremavano
tutti, chi più, chi meno. Colin tendeva il collo alla ricerca di suo fratello
Dennis in prima fila, per il resto l’unica preoccupazione che sembrava aleggiare
su tutti era se questi ospiti sarebbero riusciti ad arrivare prima di trovarsi
di fronte una delegazione congelata.
Kaito sbuffò: «Odio il ritardo delle
ferrovie.»
Ginny rispose battendo i denti: «E chi ti
dice che arrivino in treno?»
Il prestigiatore rispose ironico: «E come
vuoi che arrivino, in nave?»
Ma le loro riflessioni furono interrotte
dalla voce di Silente dall'ultima fila, dove si trovava assieme agli altri
insegnanti: «Aha! O mi sbaglio di grosso, oppure sta
arrivando la delegazione di Beauxbatons!»
Parecchi studenti esclamarono con
impazienza, guardando tutti da una parte diversa: «Dove?»
Uno del sesto anno, puntando l'indice verso
la Foresta, urlò: «Laggiù!»
Qualcosa di grosso, molto più grosso di un
manico di scopa - o meglio, di cento manici di scopa - si precipitava nel cielo
azzurro cupo in direzione del castello, e diventava sempre più grande.
Una ragazzina del primo anno strillò
istericamente: «È un drago!»
Dennis Canon esclamò: «Non dire
stupidaggini... è una casa volante!»
Mentre la gigantesca sagoma nera sfiorava
le cime degli alberi della Foresta Proibita, illuminata dalle luci del
castello, videro un'enorme carrozza di un blu polveroso, delle dimensioni di
una vasta dimora, che fluttuava verso di loro, trainata nell'aria da una
dozzina di cavalli alati, tutti palomino, grandi come
elefanti.
Le prime tre file di studenti si ritrassero
mentre la carrozza sfrecciava più in basso e si preparava ad atterrare a una
tremenda velocità; poi, con un fracasso abnorme che fece balzare Neville
indietro sul piede di un Serpeverde del quinto anno, gli zoccoli dei cavalli,
più grossi di piatti da portata, toccarono terra. Dopo un secondo, atterrò
anche la carrozza, rimbalzando sulle vaste ruote, mentre i cavalli d'oro
scuotevano le enormi teste e roteavano i grandi occhi fieri. La porta della
carrozza, decorata con un blasone formato da due bacchette d'oro incrociate da
cui spuntavano tre stelle ciascuna, si aprì. E un ragazzo vestito di azzurro
pallido balzò giù, si curvò, trafficò per un attimo con qualcosa ed estrasse
una serie di gradini d'oro. Poi arretrò rispettosamente. Una lustra scarpa nera
col tacco alto, grande come una slitta da bambino, spuntò dall'interno della
carrozza, seguita quasi immediatamente da una donna enorme. La taglia della
carrozza e dei cavalli furono subito spiegati. Alcuni ragazzi trattennero il
respiro. Quando entrò nella luce che fiottava dalla Sala d'Ingresso, si scoprì
che aveva un bel viso olivastro, grandi occhi neri liquidi e il naso piuttosto
grifagno. I suoi capelli erano raccolti in una crocchia lucente alla base del
collo. Era vestita da capo a piedi di satin nero, e molti splendidi opali
scintillavano attorno al collo e sulle sue dita enormi.
Silente prese ad applaudire; anche gli
studenti, seguendo il suo esempio, batterono le mani, molti in punta di piedi
per vedere meglio la donna.
Il suo viso si distese in un sorriso
cortese, e avanzò verso Silente, tendendo una mano tutta bagliori. Silente,
benché fosse ben alto, dovette chinarsi appena per baciarla.
«Mia cara Madame Maxime,
benvenuta a Hogwarts.»
«Mon cher Silonte! Voi sta bene,
spero!»
Kaito trasalì leggermente. La donna aveva
una voce decisamente più profonda di quella che si sarebbe aspettato.
Silente rispose: «Sono in ottima forma,
grazie.»
Madame Maxime
indicò alle sue spalle, agitando noncurante una delle sue enormi mani: «I miei studonti.»
In quel momento una dozzina circa di
ragazzi e ragazze, tutti, a occhio e croce, tra i diciassette e i diciott'anni,
spuntarono dalla carrozza e rimasero in piedi dietro Madame Maxime.
Tremavano, cosa tutt'altro che sorprendente dato che i loro abiti sembravano di
seta leggera, e nessuno portava il mantello. Alcuni si erano avvolti sciarpe e
scialli attorno alla testa. Per quel che si poté vedere delle loro facce, visto
che molti erano all'ombra di Madame Maxime, stavano
contemplando Hogwarts con aria preoccupata.
L’enorme signora riprese: «Karkaròff è già qui?»
«Dovrebbe essere qui a momenti. Preferite
aspettare qui e salutarlo o entrare a scaldarvi un po'?»
«Scaldarsci, si. Ma
i scevalli...»
«Il nostro insegnante di Cura delle
Creature Magiche sarà felice di occuparsene, non appena avrà sistemato un
piccolo problema che si è verificato con alcuni dei suoi altri - ehm –
compiti.»
Kaito avrebbe scommesso qualunque cosa che
Silente si stava riferendo agli Schiopodi.
Madame Maxime
aveva un’aria insicura, come se dubitasse che qualunque insegnante di Cura
delle Creature Magiche di Hogwarts fosse all'altezza dell'incarico: «I miei
destrieri hanno bisogno di... ehm... una mano descisa.
Loro sono tanto forti...»
Gli studenti ridacchiarono. Ad Hagrid
poteva mancare tutto tranne che la forza.
Silente sorrise: «Le assicuro che Hagrid se
ne occuperà con competenza.»
Madame Maxime fece
un piccolo inchino: «Très bien. Voleva
dire a questo Agrid che i scevalli
bevono solamonte whisky di malto, s'il
vous plaît?»
Silente restituì l’inchino: «Provvederemo.»
Madame Maxime si
rivolse imperiosa ai suoi studenti ordinando loro di salire, mentre la folla di
Hogwarts si dischiuse per lasciarli salire le scale di pietra.
Rimasero lì, tremando un po', ad aspettare
l'arrivo della compagnia di Durmstrang. Quasi tutti
guardavano il cielo in attesa. Per qualche minuto, il silenzio fu rotto solo
dagli sbuffi e dallo scalpitio dei grossi cavalli di Madame Maxime.
Ma poi un suono forte e stranamente misterioso iniziò ad udirsi nell'oscurità.
Un rombo e un risucchio soffocato, come se un immenso aspirapolvere avanzasse
lungo il letto di un fiume.
Lee Jordan urlò: «Il lago! Guardate il
lago!»
Dalla loro postazione in cima ai prati che
sovrastavano il parco, potevano vedere chiaramente la liscia superficie nera
dell'acqua, solo che all'improvviso non fu più affatto liscia. Al centro, in
profondità, c'era una strana turbolenza; grandi bolle si formavano in
superficie, ondate si abbattevano sulle rive fangose... e poi, proprio al
centro del lago, apparve un vortice, come se un tappo gigante fosse appena
stato tirato via dal fondo... infine, una cosa che sembrava un lungo palo nero
prese ad affiorare lentamente dal cuore del vortice.
Kaito guardò la scena con occhi sbarrati:
«Non ci credo... quella è...»
Lenta e maestosa, la nave sorse dalle
acque, splendente nella luce lunare. Aveva un'aria stranamente scheletrica,
come se fosse la vittima risuscitata di un naufragio, e le fioche luci nebulose
che scintillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Alla fine, con un
gran sciabordio, la nave emerse del tutto, galleggiando sull'acqua agitata, e
prese a scivolare verso la riva.
Ginny rimase a fissarla con gli occhi fuori
dalle orbite, poi trovò il coraggio di parlare.
«Kaito?»
«Sì?»
«Odio quando hai ragione.»
«Ma io scherzavo!»
«Lo so. Ti odio ancora di più per questo.»
Qualche istante dopo, udirono il tonfo di
un'ancora gettata in un fondale basso, e il rumore di una passerella che veniva
abbassata sulla riva. I passeggeri sbarcarono; i ragazzi videro le sagome
passare davanti alle luci dei boccaporti. Tutti davano l’impressione, a prima
vista, di essere di grossa stazza, ma poi, mentre si avvicinavano, risalendo i
prati nella luce che si riversava fuori dalla Sala d'Ingresso, si poteva notare
che in realtà era un effetto ottico dovuto al fatto che indossavano mantelli di
pelliccia ispida. Ma l'uomo che li guidava portava una pelliccia di un altro
tipo; liscia e argentea, come i suoi capelli.
«Silente! Come stai, mio caro amico, come
stai?»
«Benissimo, grazie, professor Karkaroff.»
Karkaroff aveva una voce leziosa, untuosa; quando
entrò nel fascio di luce che dilagava dal portone del castello, tutti videro
che era alto e sottile come Silente, ma i suoi capelli bianchi erano corti, e
il pizzetto (che finiva con un piccolo ricciolo) non riusciva a nascondere del
tutto il mento debole. Quando raggiunse Silente, gli strinse la mano tra le
sue.
L’uomo guardò in su verso il castello,
sorridendo con denti giallastri: «Cara vecchia Hogwarts... com'è bello essere qui,
com'è bello...»
Kaito ebbe però l’impressione che quel
sorriso non fosse veramente sincero, tuttavia l’uomo continuò: «Viktor, vieni
dentro, al caldo... non ti dispiace, Silente? Viktor ha un po' di
raffreddore...»
Karkaroff spinse avanti uno dei suoi studenti, un
ragazzo dal grosso naso ricurvo e folte sopracciglia nere. Molti iniziavano a
vociferare qualcosa.
«È Krum!»
Kaito alzò il sopracciglio: «Chi?»
Sheridan fece un gesto di stizza con la
mano: «Oh, solo uno dei più grandi giocatori di Quidditch.»
Il prestigiatore alzò le spalle: «Ah,
ecco.»
Mentre riattraversavano la Sala d'Ingresso
con gli altri studenti di Hogwarts, diretti alla Sala Grande, Kaito notò un
gran fermento intorno a sé per il nuovo arrivato. Molte ragazze cercavano
rossetti o penne per farsi fare autografi, ma anche i maschi non erano da meno.
«Io voglio avere il suo autografo,
se ci riesco. Non è che hai una penna, eh, Harry?»
«No, Ron, sono di
sopra nella borsa.»
Kaito gli porse una piuma d’oca, tirata
fuori apparentemente dal nulla: «Eccola, ma auguri per la tua impresa, avrai
tutta la scuola contro.»
Raggiunsero il tavolo di Grifondoro e
presero posto. Gli alunni di Durmstrang erano ancora
riuniti all’ingresso della Sala, apparentemente incerti su dove sedersi. Gli
studenti di Beauxbatons si erano sistemati al tavolo
di Corvonero e si guardavano intorno imbronciati. Tre
di loro si stringevano ancora sciarpe e scialli attorno alla testa.
Kaito li guardò e annuì: «Posso capirli,
qua in Inghilterra la temperatura è davvero bassa, d’inverno...»
Nicole fece una smorfia: «D’accordo, ma
potevano anche portarsi qualcosa di più pesante!»
Il prestigiatore alzò un sopracciglio: «Sei
sicura che la “signorina” avrebbe permesso loro d’indossare qualcosa al di
fuori della divisa ordinaria? Mi dà l’idea di essere una che tiene molto alle
apparenze, guarda solo com’è vestita lei...»
Intanto finalmente gli studenti di Durmstrang si erano seduti al tavolo di Serpeverde, togliendosi
le pesanti pellicce e guardando in su verso il soffitto nero stellato con aria
interessata; un paio presero i piatti e le coppe d'oro e li osservarono da
vicino, apparentemente impressionati.
Su al tavolo dei docenti, Mastro Gazza, il
guardiano, con un vecchio frac ammuffito in onore della circostanza, stava
aggiungendo quattro sedie, due da ciascun lato di Silente. Kaito si chiese
quanti professori le delegazioni straniere avessero portato con sé. Quando tutto
fu pronto, gli insegnanti entrarono, raggiunsero in fila il tavolo più lontano
e si sedettero. Il professor Silente, il professor Karkaroff
e Madame Maxime furono gli ultimi. Quando apparve la
loro Preside, gli allievi di Beauxbatons scattarono
in piedi. Alcuni studenti di Hogwarts risero. Il gruppo di Beauxbatons
non sembrò minimamente imbarazzato, e nessuno tornò a sedere se non dopo che
Madame Maxime ebbe preso posto alla sinistra di
Silente. Quest'ultimo però rimase in piedi e il silenzio calò sulla Sala
Grande.
«Buona sera, signore e signori, fantasmi e,
soprattutto, ospiti. È un grande piacere per me darvi il benvenuto qui a
Hogwarts. Spero e confido che la vostra permanenza qui sarà tanto comoda quanto
piacevole».
Una delle ragazze di Beauxbatons
che si stringeva ancora uno scialle attorno alla testa scoppiò in
un'inconfondibile risatina di scherno.
«Il Torneo verrà ufficialmente inaugurato
alla fine del banchetto. Ora vi invito tutti a mangiare, bere e a fare come se
foste a casa vostra!»
A quel punto Silente sedette, e subito Karkaroff intavolò una conversazione con lui.
I piatti davanti a loro si riempirono di
cibo come al solito. Gli elfi domestici giù nelle cucine sembravano aver dato
fondo a tutte le loro capacità; davanti a loro c'era una varietà di pietanze
molto più ricca del solito, comprese alcune che erano decisamente straniere e
che Kaito riconobbe grazie alla passione per i viaggi di sua madre.
La Sala Grande sembrava molto più affollata
del solito, anche se c'erano una ventina scarsa di studenti in più; forse era
perché le uniformi di colore diverso spiccavano contro il nero della divisa di
Hogwarts. Ora che si erano tolti le pellicce, gli studenti di Durmstrang apparvero vestiti di un intenso rosso sangue.
Hagrid sgattaiolò nella Sala passando per
una porta dietro il tavolo degli insegnanti venti minuti dopo l'inizio del
banchetto. Scivolò al suo posto in fondo e salutò Harry, Ron
e Hermione con una mano pesantemente fasciata.
Harry gridò: «Gli Schiopodi
stanno bene, Hagrid?»
«Benissimo.»
Kaito sospirò: «Gli Schiopodi
forse sì, lui probabilmente un po’ meno...»
In quel momento una voce disse: «Mi scusa,
voleva prondere la bouillabaisse...»
Era la ragazza di Beauxbatons
che aveva riso durante il discorso di Silente. Si era tolta lo scialle: una
cascata di capelli di un biondo argenteo le scendeva fin quasi alla vita. Aveva
grandi occhi di un azzurro intenso e denti candidi e regolari.
Molti ragazzi, ma Ron
in particolare, diventarono paonazzi. Anche Kaito non rimase indifferente alla
bellezza della ragazza, ma qualcosa in lei sembrava quasi stonare, nonostante
l’apparente perfezione. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, sapeva solo che
in lei c’era qualcosa di strano e allo stesso tempo familiare.
Quando si fu allontanata con quanto
richiesto, Kaito realizzò. Era la stessa sensazione che aveva provato quando
aveva conosciuto Akako, di una bellezza
innaturalmente perfetta e, dunque, che suscitava in lui una naturale
repulsione. Forse usavano lo stesso incantesimo per affascinare gli uomini,
quello da cui Kaito già sapeva di essere immune.
In quel momento Fred e George, seduti a
qualche posto di distanza, cercarono di attirare la sua attenzione verso il
tavolo degli insegnanti. I due posti ancora vuoti erano stati appena occupati. I
due gemelli fissavano con insistenza l’uomo vicino a Karkaroff,
ma Kaito non comprese cosa volessero dirgli.
Quando i piatti d'oro furono ripuliti,
Silente si alzò di nuovo. Una piacevole tensione parve diffondersi nella Sala.
Parecchi posti più in là, Fred e George erano tesi in avanti e fissavano
Silente con grande concentrazione.
«Il momento è giunto, il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Vorrei dire qualche parola di
presentazione prima di far entrare il forziere...»
L’istinto di ladro di Kaito fece per un
attimo capolino. Forziere? Di un
tesoro, magari?
«... solo per chiarire la procedura che
seguiremo quest'anno. Ma prima di tutto lasciate che vi presenti, per coloro
che non li conoscono, il signor Bartemius Crouch, Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica
Internazionale e il signor Ludo Bagman, Direttore
dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici.»
Se gli applausi per il primo erano stati
tiepidi, per il secondo furono decisamente più numerosi, anche se Kaito non ne
comprendeva il motivo. Lui rispose con un cenno gioviale della mano, mentre Bartemius Crouch non sorrise né
salutò quando venne annunciato il suo nome.
«Il signor Bagman
e il signor Crouch hanno lavorato instancabilmente
negli ultimi mesi per mettere a punto il Torneo Tremaghi
e si uniranno a me, al professor Karkaroff e a Madame
Maxime nella giuria che valuterà gli sforzi dei Campioni.»
Alla parola “Campioni”, l'attenzione degli
studenti in ascolto parve ridestarsi.
Forse Silente aveva notato la loro
improvvisa immobilità, perché sorrise dicendo: «Ora il forziere, prego. Mastro
Gazza.»
Gazza, che era appostato seminascosto in un
angolo remoto della Sala, si avvicinò a Silente, trasportando un grosso baule
di legno tempestato di pietre preziose. Sembrava molto antico. Un mormorio
eccitato di interesse si levò dagli studenti in attesa; Dennis Canon salì
addirittura sulla sedia per vederci bene, ma, essendo così piccolo, la sua
testa sovrastava a stento quelle degli altri.
«Le istruzioni per le prove che i Campioni
affronteranno quest'anno sono già state prese in esame dal signor Crouch e dal signor Bagman ed
essi hanno preso i provvedimenti necessari. Le sfide saranno tre, distribuite
nell'arco dell'anno scolastico, e metteranno alla prova i Campioni in molti
modi diversi... la loro perizia magica, la loro audacia, i loro poteri
deduttivi e, naturalmente, la loro capacità di affrontare il pericolo.»
A quest'ultima parola, la Sala fu invasa da
un silenzio così assoluto che sembrava che tutti avessero smesso di respirare.
«Come sapete, tre Campioni gareggiano nel
Torneo, uno per ogni scuola. Essi otterranno un punteggio in base all'abilità
dimostrata in ciascuna delle prove del Torneo e il campione che avrà
totalizzato il punteggio più alto dopo la terza prova vincerà la Coppa Tremaghi. I Campioni verranno designati da un selezionatore
imparziale... il Calice di Fuoco.»
Silente estrasse la bacchetta e batté tre
volte sul cofano. Il coperchio si aprì lentamente con un cigolio. Silente
infilò la mano all'interno ed estrasse una grossa coppa di legno rozzamente intagliata.
Sarebbe sembrata del tutto comune, se non fosse stata colma fino all'orlo di
fiamme danzanti blu e biancastre.
Silente chiuse il forziere e pose
delicatamente il Calice sul coperchio: da lì sarebbe stato ben visibile a
tutti.
«Chiunque desideri proporsi come campione
deve scrivere a chiare lettere il suo nome e quello della sua scuola su un
foglietto di pergamena e metterlo nel Calice. Gli aspiranti Campioni hanno
ventiquattr'ore per farsi avanti. Domani sera, la sera di Halloween, il Calice
restituirà i nomi dei tre che avrà giudicato più meritevoli di rappresentare le
loro scuole. Il Calice verrà esposto stasera nella Sala d'Ingresso, dove sarà
liberamente raggiungibile per tutti coloro che desiderano gareggiare. Per
garantire che nessuno studente di età inferiore a quanto richiesto cada in
tentazione, traccerò una Linea dell'Età attorno al Calice di Fuoco una volta
che sarà stato posto all'Ingresso. Nessuno al di sotto dei diciassette anni
potrà varcare questa linea. Infine, vorrei ricordare a tutti coloro che
desiderano partecipare che il Torneo non va affrontato con leggerezza. Una
volta che un campione sarà stato scelto dal Calice di Fuoco, lui o lei sarà
tenuto a partecipare al Torneo fino alla fine. Inserire il vostro nome nel
Calice costituisce un contratto magico vincolante. Non è concesso di cambiare
idea una volta diventati Campioni. Vi prego dunque di essere molto sicuri di
voler prendere parte alla gara, prima di mettere il vostro nome nel Calice.
Ora, credo che sia il momento di andare a dormire. Buonanotte a voi tutti.»
Mentre tutti si dirigevano verso la Sala
d'Ingresso, Fred aveva gli occhi scintillanti: «Una Linea dell'Età! Be', si
dovrebbe riuscire a imbrogliarla con una Pozione Invecchiante, no? E una volta
che i nomi sono nel Calice, è fatta... lui non è in grado di stabilire se hai
diciassette anni o no!»
Hermione replicò: «Ma io credo che nessuno
sotto i diciassette anni abbia uno straccio di possibilità, non ne sappiamo
ancora abbastanza...»
Kaito annuì: «Concordo. Nel mio caso, anche
se ne hai diciotto.»
George sembrava pronto a ribattere, ma si
rese quasi subito conto di aver perso parte del gruppo. Voltandosi, notò Karkaroff fissare intensamente Harry e dirgli qualcosa, ma
quasi immediatamente fra i due si frappose Moody.
Quella curiosa situazione mise prepotentemente fine alla discussione.
Di sabato, in genere, quasi tutti gli
studenti facevano colazione tardi. Invece quella mattina c'erano già una
ventina di persone che girellavano, mangiando toast e osservando il Calice di Fuoco.
Stava nel centro della Sala, sullo sgabello che di solito reggeva il Cappello
Parlante. Una sottile linea d'oro circolare era disegnata per terra, a circa
tre metri dallo sgabello. Kaito faceva da palo all’ingresso della Sala, fino a
quando non vide Fred, George e Lee Jordan che correvano giù dalle scale, tutti
e tre molto eccitati.
«Via libera, Silente non c’è.»
«Sei sicuro di non volerci provare, Kaito?
Tu avresti l’età giusta, senza nemmeno dover ricorrere a trucchi.»
«Sicurissimo, ma farò il tifo per voi.
Avanti, andate!»
Il prestigiatore li seguì pigramente,
mentre si avvicinavano ai compagni di Grifondoro. Il ragazzo li ascoltò, mentre
loro spiegavano il loro piano: una goccia di Pozione Invecchiante avrebbe
dovuto permettere loro d’ingannare i controlli.
Fred andò per primo. Estrasse dalla tasca
un foglietto di pergamena con scritto sopra “Fred Weasley – Hogwarts”, avanzò
fino alla linea, e lì rimase, dondolandosi sulle punte dei piedi come un
tuffatore che si accinge a un volo di quindici metri. Poi, con gli occhi di
tutti i presenti puntati addosso, trasse un gran respiro e superò la linea.
Per un solo istante, Kaito fu convinto che
avesse funzionato. George lo pensò di sicuro, perché emise un ululato di
trionfo e seguì il fratello con un balzo, ma un attimo dopo si udì un forte
sfrigolio, ed entrambi i gemelli furono espulsi dal cerchio d'oro come se
fossero stati scagliati da un invisibile lanciatore del peso. Atterrarono
doloranti a tre metri di distanza sul freddo pavimento di pietra, poi, come se
non bastasse, risuonò una forte esplosione ed entrambi si videro spuntare due
identiche lunghe barbe bianche. La Sala d'Ingresso rimbombò di risate, a cui si
aggiunsero anche quelle di George e Fred, non appena si furono guardati bene in
faccia.
«Vi avevo avvertiti.»
Tutti si voltarono mentre il professor
Silente usciva dalla Sala Grande. Scrutò Fred e George con gli occhi che
scintillavano: «Suggerisco a entrambi di andare da Madama Chips. Si sta già
occupando della signorina Fawcett di Corvonero e del signor Summers di
Tassorosso: anche loro hanno deciso di invecchiarsi
un po'. Anche se devo dire che le loro barbe non sono nemmeno remotamente belle
come le vostre.»
Per fortuna Fred e George la presero
piuttosto bene, anche se nulla impedì ai due di fatturare Lee nel percorso
verso l’infermeria, per farlo smettere di ridere. Mentre Madama Chips si
occupava delle loro barbe, Kaito, seduto su un letto, chiese: «Allora, ci
riproverete?»
«Sicuramente. Abbiamo già un piano B.»
«Ovvero?»
«Tu.»
Kaito li guardò sorpresi: «Io? Ragazzi, vi
ho già detto che non ho intenzione di partecipare...»
«E non te lo stiamo chiedendo. Vorremmo
solo che tu mettessi per noi i nostri nomi nel Calice.»
«Tu hai diciotto anni, puoi tranquillamente
superare la linea!»
Il prestigiatore li guardò indeciso: «Non
so, ragazzi... non per voi, sia chiaro, ma forse Hermione non ha poi tutti i
torti. Non vorrei che si trattasse di cose pericolose e non voglio avervi sulla
coscienza. Scusatemi.»
Fred sospirò: «Pazienza, ci abbiamo
provato. Abbiamo ancora tutto il giorno per inventarci un modo.»
«Giusto!»
Madama Chips annuì: «Almeno uno di voi tre
ha del cervello in zucca, ragazzi. Ora per favore, raccogliete la lingua di
Lee, che mi sta sbavando il pavimento, e filate a lezione, presto!»
Quella sera la Sala Grande illuminata dalle
candele era quasi piena. Il Calice di Fuoco era stato spostato; ora si trovava
davanti al posto di Silente al tavolo degli insegnanti. Fred e George non
avevano trovato, alla fine, un metodo per potersi iscrivere, ma sembravano aver
preso bene la delusione.
«Spero che sia Angelina.»
Sheridan annuì: «Anch'io!»
Kaito alzò le spalle: «Be', lo sapremo
presto!»
Il banchetto di Halloween parve protrarsi
più del solito. Tutti in realtà volevano soltanto che venisse sparecchiato per
scoprire chi erano i Campioni designati.
E finalmente, i piatti d'oro tornarono
immacolati come in origine; il rumore nella Sala crebbe bruscamente e scomparve
quasi all'istante mentre Silente si alzava. Ai suoi lati, il professor Karkaroff e Madame Maxime
sembravano tesi e ansiosi come chiunque altro. Ludo Bagman
sorrideva e strizzava l'occhio a parecchi studenti. Il signor Crouch, invece, sembrava piuttosto indifferente, quasi
annoiato.
«Bene, il Calice è quasi pronto a prendere
le sue decisioni. Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i Campioni
che verranno chiamati di venire da questa parte della Sala, passare davanti al
tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto, dove riceveranno le
prime istruzioni.»
Estrasse la bacchetta e tracciò un ampio
gesto; tutte le candele tranne quelle all'interno delle zucche intagliate si
spensero all'istante, sprofondando la Sala nella semioscurità. Il Calice di
Fuoco ora splendeva più luminoso che mai, e lo sfavillio bianco e bluastro
delle fiamme era quasi doloroso allo sguardo. Tutti lo fissavano, in attesa...
qualcuno continuava a controllare l'orologio... poi le fiamme ridiventarono
rosse all'improvviso. Dall'interno del Calice si sprigionarono scintille. Un
attimo dopo, una lingua di fuoco dardeggiò nell'aria, un pezzetto di pergamena
bruciato ne volò fuori... tutta la sala trattenne il respiro.
Silente afferrò il foglietto e lo tenne in
mano col braccio teso, in modo da poter leggere alla luce delle fiamme, che
erano tornate di un bianco bluastro.
«Il campione di Durmstrang
è Viktor Krum.»
Una tempesta di applausi e urla invase la
Sala. Viktor Krum si alzò dal tavolo di Serpeverde e si
diresse goffo verso Silente; girò a destra, avanzò lungo il tavolo degli
insegnanti e sparì oltre la porta che conduceva alla stanza accanto.
Karkaroff gridò così forte che tutti lo udirono,
anche sopra gli applausi: «Bravo, Viktor! Lo sapevo che avevi la stoffa!»
I battimani e i commenti si spensero.
L'attenzione si concentrò di nuovo sul Calice, che qualche istante dopo tornò a
farsi rosso. Un secondo foglietto di pergamena ne schizzò fuori, sospinto dalle
fiamme.
«Il campione di Beauxbatons
è Fleur Delacour!»
Kaito rimase sorpreso nello scoprire che
era la ragazza con lo stesso potere di Akako. Che
avesse incantato persino il Calice?
Quando anche Fleur
Delacour fu scomparsa nella sala accanto, calò di
nuovo il silenzio, ma questa volta era un silenzio carico di un'eccitazione
quasi palpabile. Era la volta del campione di Hogwarts...e il Calice di Fuoco
divenne ancora una volta rosso; scintille ne piovvero fuori; la lingua di fuoco
scattò alta nell'aria, e dalla sua punta Silente prese il terzo pezzetto di
pergamena.
«Il campione di Hogwarts è Cedric Diggory!»
Ogni singolo Tassorosso
era balzato in piedi, urlando e saltando, mentre Cedric avanzava tra i
compagni, con un gran sorriso sul volto, e si dirigeva verso la stanza dietro
il tavolo degli insegnanti.
I Malandrini alzarono le spalle: «Peccato
per Angelina, ma anche lui può andare.»
In verità l'applauso per Cedric durò tanto
a lungo che Silente ci mise un po' a farsi sentire di nuovo.
«Ottimo! Bene, ora abbiamo i nostri tre Campioni.
Sono certo di poter contare su tutti voi, compresi gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang, perché
diate ai vostri Campioni tutto il sostegno che potete. Acclamando il vostro
campione, contribuirete in modo molto...»
Ma Silente s'interruppe all'improvviso, e
tutti capirono che cosa lo aveva distratto.
Il fuoco nel Calice era tornato rosso. Le
scintille sprizzarono. Una lunga fiamma dardeggiò repentina nell'aria, e su di
essa galleggiava un altro foglietto di pergamena.
Automaticamente, così parve, Silente tese
la lunga mano e afferrò la pergamena. La allontanò da sé e lesse il nome. Per
un lunghissimo istante, Silente fissò il foglietto, e tutta la Sala fissò
Silente. Poi il Preside si schiarì la voce e lesse:
«Harry Potter.»
Harry rimase là dov'era, esterrefatto. Non
ci furono applausi. Un brusio come di api infuriate invase la Sala; alcuni
studenti si alzarono per vedere meglio Harry, seduto al suo posto come
paralizzato.
Al tavolo degli insegnanti, la
professoressa McGranitt era scattata in piedi e aveva oltrepassato rapida Ludo Bagman e il professor Karkaroff
per parlottare concitata col professor Silente, che tese l'orecchio verso di
lei, accigliato.
Harry si voltò verso Ron
e Hermione, mentre tutti i Grifondoro che lo fissavano a bocca aperta.
Harry disse con aria assente: «Non ho messo
il mio nome nel Calice. Voi lo sapete che non l'ho fatto.»
Al tavolo principale, il professor Silente
si era alzato in piedi e aveva fatto un cenno alla professoressa McGranitt.
«Harry Potter! Harry! Vieni qui, per
favore!»
Harry si alzò, inciampò nell'orlo
dell'abito e barcollò un po'. S'incamminò lungo lo spazio tra il tavolo di Grifondoro
e quello di Tassorosso. Il brusio divenne sempre più
intenso, mentre Harry seguiva gli altri Campioni.
Nella Sala scese il caos. Fred e George,
dopo un attimo di sgomento, si voltarono all’unisono verso Kaito.
«Per noi no, ma per lui sì, vero?»
Il prestigiatore li guardò confusi:
«Cosa...»
«Harry è stato chiaro. Lui non ha messo il
suo nome nel Calice. Dei suoi amici, tu sei l’unico che avrebbe potuto farlo
per lui.»
Il prestigiatore li guardò sconvolto: «Ma
come potete pensare una cosa del genere?»
«Era un’occasione unica nella vita, sapevi
quanto ci tenessimo!»
«Ma certo che lo sapevo! Non sapevo che
Harry ci tenesse in modo particolare...»
«Storie! Lui voleva andare e gli hai fatto
questo favore, nonostante fosse addirittura più piccolo di noi! Ci hai traditi!
Hai tradito il nostro patto segreto!»
Kaito iniziò ad inalberarsi: «Ma non è
vero! Se me lo avesse chiesto, avrei detto a lui quello che ho detto a voi! E
certamente non lo avrei messo a sua insaputa! Era sorpreso come tutti noi,
glielo si leggeva in faccia!»
Sheridan provò a intervenire: «Dai,
ragazzi, ragionate: sapete benissimo che Kaito non...»
Fred la interruppe subito: «Sappiamo che
Kaito non è la persona che pensavamo che fosse. E se lo difendi, neppure tu,
Sheridan.»
Kaito perse le staffe: «Ah, è così che la
pensate? Bene! Fate i miei migliori auguri a Harry, ne avrà bisogno!»
Il ragazzo si alzò, abbandonando la Sala.
George fece un cenno a Sheridan.
«Bè? Non segui il tuo amico?»
La ragazza scosse la testa: «Siete due
sciocchi, spero solo che ve ne accorgiate.»
E anche lei uscì dalla Sala.
E rieccoci qua! Auguri di un anno magico a tutti! Questa volta
dovrei avervi fatto attendere un pochino meno il nuovo capitolo, e sono
costretta nuovamente a scusarmi. È vero, mi sono laureata (incredibile ma
vero!), e pensavo di passare il mio tempo da disoccupata a scrivere... poi è
successa una vera e propria magia, di quelle da votone
persino dalla McGranitt: ho trovato lavoro in quattro giorni. Quindi sì,
continuerò a scrivere, non temete, solo che i tempi rimarranno più o meno
questi.
Dunque, altro bel capitolone per introdurre finalmente il Torneo
Tremaghi, e come annunciato Kaito non parteciperà. Forse
per qualcuno di voi sarà una delusione, ma sinceramente è già un Torneo Tremaghi con quattro partecipanti, cinque mi
sembravano decisamente troppi e la soluzione mi pareva troppo banale. Come vedete,
però, il nostro prestigiatore ha molto altro da fare e il suo sguardo da
spettatore ci farà vedere queste gare da una prospettiva diversa e spero
interessante. A questo proposito spero di non essere andata OOC con il
personaggio all’inizio del capitolo: so che Kaito è una persona ottimista,
allegra e solare, ma credo che una botta come quella dello scorso capitolo
avrebbe lasciato tutti un po’ sconvolti. Piano piano recupererà il suo solito
modo di fare.
Ringrazio come sempre per i commenti (positivi, per fortuna, per
lo scorso capitolo non ero così convinta) Lunaby,
SuorMaddy2012, sophi33, fenris, _happy_04 e Tsuki no Sasuke.
Nel prossimo capitolo avremo due importanti scontri: due gemelli
orgogliosi contro un prestigiatore testone e, secondariamente, i Campioni
contro i loro Draghi. Come finirà?
Alla prossima!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92