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Autore: hinata 92    03/01/2017    6 recensioni
Kaito Kuroba, alias Kaito Kid, è un abile prestigiatore, si sa... ma se fosse anche qualcosa di più?
Cinque anni di inspiegabile ritardo per una lettera che gli cambierà la vita, consegnatagli di persona da un misterioso Silente legato da un Voto Infrangibile di tanti anni prima... quale segreto nasconde il preside, che vuole a tutti i costi nascondere ai mangiamorte ancora in circolazione l'esistenza di Kaito?
Quale sarà il destino di Kaito, passato suo malgrado dai trucchi di prestigio alla magia vera? Riuscirà a vendicare suo padre distruggendo Pandora, la pietra della vita eterna, che nel mondo magico è chiamata più semplicemente... Pietra filosofale?
E se fosse arrivato troppo tardi?
Ripercorriamo insieme i libri del più famoso mago di Hogwarts da un punto di vista completamente nuovo!
Genere: Avventura, Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Fred Weasley, Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Riappacificazioni e litigi

 

Kaito sospirò. Era giù di morale, come sempre nelle ultime settimane. Quasi non ricordava più quando avesse sorriso l'ultima volta. L'ambiente intorno a lui, certo, non lo aiutava molto: buio, appena schiarito dalla fioca luce di qualche torcia, e terribilmente umido. Rivoli d'acqua scorrevano sul pavimento nero, scivoloso e rotto in qualche punto. A completare l'atmosfera c'era poi l'incombente presenza dell'enorme statua, che fissava minacciosa ogni cosa fosse sotto il suo sguardo in modo così pressante da poter far credere che fosse lei ad ammorbare l'aria e non il gigantesco cadavere in decomposizione. Sì, l'atmosfera non era delle migliori, ma Kaito aveva scelto quella stanza perché era l'unico luogo dove potesse rimanere da solo. Troppi pensieri gli rendevano quasi insopportabile la compagnia degli altri, persino dei suoi amici. Aveva bisogno di rimanere solo, e in quel luogo nessuno avrebbe potuto disturbarlo.

Nessuno tranne...

Uno scricchiolio di pietra su pietra annunciò a Kaito, senza neppure bisogno di voltarsi, che la sua pacchia era appena finita.

«Ciao, Harry.»

Il ragazzo lo guardò sorpreso: «Come sapevi che ero io?»

Il prestigiatore, seduto alla base della statua, si voltò verso il suo ospite: «Nessun altro in questa scuola è in grado di aprire quella porta.»

«E nessun altro è in grado di entrare qua dentro senza aprirla.»

«Touchè. Era solo una questione di tempo, sapevo che prima o poi mi avresti trovato.»

Harry attraversò la sala e andò a sedersi vicino a lui: «Allora, Kaito, cosa ti riporta nella Camera dei Segreti?»

Il ragazzo lo guardò con aria triste: «Avevo bisogno di stare da solo.»

«Non è da te.»

Kaito non rispose e Harry continuò: «I tuoi compagni sono molto preoccupati per te, per non parlare di Fred e George. Sono due settimane, ormai, che ti presenti giusto alle lezioni, non parli con nessuno e poi scompari nel nulla. Non sei stato più visto né a mangiare né in dormitorio. Anche cercarti sulla Mappa del Malandrino era inutile, abbiamo persino cominciato a pensare che te ne tornassi direttamente a casa in Giappone dopo le lezioni!»

A Kaito sfuggì uno sbuffo divertito, la cosa più simile a una risata nell’ultimo periodo: «Non sono ancora così bravo.»

«Lo so. È per questo che mi sono messo a pensare a un luogo di Hogwarts non segnato sulla Mappa che tu potessi conoscere. Questo è l’unico che mi è venuto in mente.»

«E come vedi hai indovinato. Sei un bravo investigatore, sai? E io d’investigatori me ne intendo, credimi...»

Calò un silenzio carico di attesa per qualche minuto, poi Kaito disse: «Perché non hai portato qualcuno con te?»

«Ron non scenderebbe di nuovo qua sotto per nessun motivo al mondo, Hermione è impegnata a studiare... quanto a Fred, George e Sheridan, non mi andava d’illuderli. E se poi non eri qua? E se hai fatto tutto questo per non incontrarli, ci sarà stato un buon motivo, credo.»

A Kaito sfuggì un mezzo sorriso, poi sospirò.

«Ho avuto una notizia che mi ha sconvolto e che ancora non riesco ad accettare. Speravo che rimanendo un po’ da solo ce l’avrei fatta, ma...»

Harry non insistette, aspettando che il ragazzo decidesse se e quando parlare.

«Ho appena scoperto che mio padre era un mago.»

«Non è una novità. Me l’avevi già detto che tuo padre era un prestigiatore come te.»

«No, Harry. Un mago. Come me e te.»

Il ragazzo sbarrò gli occhi: «Cosa? Ma non avevi detto di essere nato in una famiglia babbana

Kaito scattò in piedi, quasi urlando lo sconforto che si era tenuto dentro per settimane: «CERTO! Questo mi hanno raccontato, ma erano solo bugie! La mia vita è solo un mucchio di frottole! Il mio stesso padre ha intessuto per me una rete di bugie e inganni! E ora in cosa dovrei ancora credere? Sono venuto qui per trovare informazioni che mi aiutassero a vendicare la sua morte e a far arrestare i suoi assassini, e ora tutto quello che sapevo è svanito nel nulla! Cosa dovrei ancora fare? Che senso può avere la mia vita, ora?»

Harry lo guardò un po’ perplesso, poi, quando Kaito sembrò essersi calmato un pochino, si arrischiò a fare una domanda.

«Tu hai conosciuto tuo padre, vero?»

Il prestigiatore sbuffò: «Un paio di settimane fa ti avrei risposto di sì.»

«Intendo, te lo ricordi?»

«Certo.»

«E ti voleva bene?»

Kaito impiegò un po’ a rispondere, come se quella risposta gli costasse molta fatica.

«Sì, penso proprio di sì.»

Harry sorrise dolcemente: «E allora, qualunque cosa abbia fatto, penso lo abbia fatto per questo. Perché ti voleva bene e voleva proteggerti.»

Kaito ringraziò di essere di spalle, perché la sua faccia da poker, per un istante, aveva ceduto di botto. Harry, che non sapeva nulla di quello che aveva scoperto, gli aveva ripetuto esattamente le stesse motivazioni che suo padre nel Pensatoio aveva pronunciato.

Possibile che fosse ovvio a tutti... tranne che a lui?

«Probabilmente hai ragione, ma penso che ci vorrà ancora un po’ prima che torni a crederlo veramente.»

«Penso che tu abbia tutto il tempo del mondo. E se non ce n’è abbastanza, possiamo farci ridare la Giratempo da Hermione...»

Kaito rise, finalmente, la prima risata sincera dopo tanto tempo.

«Mi sa che hai ragione, mi sono isolato un po’ troppo. Penso che non potrò fare altro qua, ma in ogni caso non è stato tempo sprecato.»

Harry lo guardò incuriosito e Kaito si concesse un piccolo sorriso soddisfatto: «Ho scoperto che mio padre era come me, poteva Smaterializzarsi ovunque. Così ho provato ad esercitarmi un po’ qua dentro.»

«Hai passato tutto il tempo a Smaterializzarti?»

«Dovevo pur distrarmi un po’ dai miei tristi pensieri, no? E sai, credo proprio di aver imparato qualcosina...»

Neanche il tempo di finire la frase che Kaito svanì di fronte a Harry. Il ragazzo sussultò. Glielo aveva già visto fare, ma questa volta non si era udito quello schiocco fortissimo che l’aveva sempre caratterizzato e non aveva nemmeno girato su se stesso.

«Non male, eh?»

Harry alzò il volto in alto, seguendo la voce e urlò dallo spavento. Kaito era seduto sul naso di Serpeverde. La sua voce rimbombava in tutta la Camera.

«Mi sono esercitato parecchio, anche se avevo promesso di non farlo. Sai, penso di aver capito di più da solo che non con tutte le lezioni di Lupin dell’anno scorso... in ogni caso, ora riesco ad essere precisissimo sul luogo di rimaterializzazione. E se mi concentro abbastanza, riesco anche a farlo silenziosamente.»

Il ragazzo a terra lo guardò stupito: «Non... non male!»

«Vero? Non capisco sinceramente perché al corso obblighino tutti a girare su se stessi, ho scoperto che per me è inutile, mi fa solo girare la testa dopo un po’ e mi fa perdere l’equilibrio al momento dell’atterraggio. Credo anche di potermi Smaterializzare non solo in posti precisi, ma anche da persone specifiche, anche se non so dove siano. Dopotutto, a pensarci bene, l’anno scorso avevo fatto così per raggiungervi nella Stamberga Strillante. Però quello devo ancora sperimentarlo un po’.»

Harry ridacchiò: «Basta solo che avverti prima, sennò mi prende un infarto ogni volta...»

Kaito alzò le spalle divertito: «Nel caso ti porterò istantaneamente da Madama Chips, non preoccuparti. Ci sono ancora un paio di cose che voglio sperimentare e che qui, da solo, non potevo fare.»

«Ovvero?»

«Smaterializzazione su lunghe distanze, tanto per cominciare. Insomma, non sarebbe male potermene tornare a casa senza sempre farmi ore e ore di aereo, no?»

«Giusto!»

«L’altra è la Smaterializzazione con più persone. L’anno scorso era stato un disastro.»

Harry annuì. Quando Kaito era sbiancato in quel modo e si era messo a respirare così affannosamente da sembrare soffocare da un momento all’altro, lui ed Hermione avevano faticato non poco a mantenere la calma.

«E l’ultima è...»

Fu un istante. Kaito riapparve al fianco di Harry, lo prese per un braccio e in un attimo furono in piedi sulla testa di Serpeverde. Il ragazzo urlò dallo spavento e sentì perdere l’equilibrio, ma Kaito lo tenne stretto. Harry prese fiato affannosamente, osservando l’amico perfettamente in equilibrio e con tutta la tranquillità del mondo.

«... atterrare in equilibrio con un passeggero, e direi che ho anche superato questo test.»

Harry cercò di trattenere l’istinto di mandare a quel paese il prestigiatore: «Sì, ma credo di non averlo passato io... che spavento...»

Kaito rise, una risata aperta e sincera, come quelle che Harry aveva sempre visto sul suo volto. Non sapeva esattamente come, ma sembrava essere riuscito nell’impresa di tirarlo un po’ su di morale.

Il prestigiatore lo aiutò a sedersi: «Non male la vista da qui, vero?»

«In effetti... c’è solo il Basilisco che stona un po’...»

Kaito alzò le spalle sorridendo: «Oh, sta lì tranquillo e non disturba, è diventato proprio un serpentello educato. Non morde più, sai?»

«Ma meno male, con tutta la fatica che abbiamo fatto per farlo smettere! »

«Giusto.»

Calò qualche minuto di silenzio, poi Kaito sospirò.

«Grazie.»

«Dovere. Siamo amici, no?»

«Già, ne abbiamo vissute parecchie di avventure, eh?»

«Sì.»

«Sai, parliamo poco, io e te, ma sei un ottimo ascoltatore.»

Harry sorrise: «Ti ringrazio, ma penso sia solo perché ti capisco. Dopotutto abbiamo entrambi un conto in sospeso legato all’uccisione dei nostri genitori...»

Kaito sentì una morsa al cuore. Se solo Harry avesse saputo tutta la storia... se avesse saputo che anche suo padre era morto, indirettamente, a causa di Voldemort...

Scosse la testa. No, non gli avrebbe dato quel peso. Quel ragazzo ne aveva già troppi sulle sue giovani spalle.

«Dai, che ne dici? Scendiamo?»

«Non mi dispiacerebbe, ad essere sincero.»

«Oppure preferisci salire? Direttamente in Dormitorio, magari?»

Harry lo guardò sorpreso: «Mi porteresti?»

Kaito annuì: «Ho fatto troppo l’eremita. Adesso devo riunire tutti i pezzi della mia vita, e non posso farlo stando chiuso qua dentro.»

Harry sorrise, e Kaito aggiunse: «E poi la puzza del Basilisco sta iniziando a darmi la nausea!»

La piccola risata di Harry rimbombò ancora per un pochino nella Camera, poi i due scomparvero, lasciando la stanza segreta al silenzio e all’oblio.

 

 

Ci era voluto ancora qualche giorno prima che Kaito riuscisse ad aprirsi con i Malandrini, ma dopo averlo fatto capì che era stato assolutamente necessario. Raccontare quella vicenda a qualcuno l’aveva resa in qualche modo più realistica, più accettabile, più sopportabile. Non era più un brutto sogno da cui non riusciva a svegliarsi, era una realtà che poteva e doveva affrontare e superare.

Sheridan era sconvolta: «Quello che ci hai raccontato è incredibile.»

«Lo so. Io sono il primo a non riuscire ad accettarlo del tutto.»

«Tuo padre... un mago che ha rinunciato alla magia per fare il prestigiatore?»

«Sì.»

Fred intervenne: «Io sono più sorpreso dal fatto che tu sia nato qua ad Hogwarts!»

Kaito annuì. In realtà non era stato del tutto sincero con loro. Aveva volutamente saltato la parte che riguardava la morte del padre. Era troppo, tutto insieme.

George lo guardò preoccupato: «E ora, cosa farai?»

Il prestigiatore sospirò: «Innanzitutto, cercherò di fare ordine nella mia vita. Tanto per cominciare, Kaito Kid si prende un bel periodo sabatico. Le nuove scoperte hanno minato direttamente le motivazioni per cui era tornato ad agire, per questo, anche in vacanza, non ruberò nulla. Almeno fino a quando non avrò deciso se Kaito Kid ha ancora una ragione per esistere. E poi... poi volevo chiedervi un favore.»

I Malandrini annuirono: «Tutto quello che vuoi.»

Kaito sorrise tristemente guardando i gemelli: «Voi due sapete dov’è la Stanza delle Necessità, vero? Voglio vederla.»

 

I quattro ragazzi si fermarono di fronte a un muro non lontano dall’aula della Cooman.

«È qui?»

Fred e George annuirono: «Bisogna passarci tre volte davanti e...»

I ragazzi sussultarono dallo spavento. Era bastato che Kaito sfiorasse la parete per far comparire una porta là dove fino a pochi istanti prima c’erano solidi mattoni.

Il prestigiatore commentò perplesso: «... oppure, a quanto pare, la Stanza ha il riconoscimento delle impronte digitali...»

Dopo qualche istante di esitazione, il ragazzo girò la maniglia e spinse la porta. L’uscio si aprì lentamente, rivelando, con enorme sorpresa del ragazzo, la stessa identica stanza che aveva visto nel Pensatoio, come se l’avesse lasciata solo da pochi minuti. Ogni dettaglio era al suo posto, la sedia su cui lui si era appoggiato quando gli erano venute meno le forze, le lenzuola ancora in disordine, come se sua madre si fosse appena alzata dal letto... eppure erano passati diciotto anni.

Si voltò verso i suoi amici, rimasti all’ingresso, come se non osassero entrare in un mondo che era di Kaito e solo suo. Il suo sguardo era pieno di lacrime e li guardava come se stesse chiedendo loro qualcosa, un muto permesso. Sheridan, senza nemmeno sapere esattamente cosa stesse concedendo, annuì, e allora Kaito, nella stessa identica posizione del padre quando lo salutò la prima volta, s’inginocchiò sul pavimento, poggiò la testa sul letto e, stringendo con tutte le sue forze quel lenzuolo, pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto per settimane, lacrime di gioia e di dolore, di sollievo e di disperazione, in un groviglio di sentimenti contrastanti che riempivano il suo cuore e la sua mente in una sensazione quasi di vuoto, a cui era impossibile dare un nome. A quelle lacrime, come in risposta, le candele che illuminavano la camera si fecero più soffuse, più leggere, come un delicato conforto che la stessa Stanza stava cercando di dare a chi era nato fra le sue mura. I Malandrini assistettero a tutto questo in silenzio, senza fare alcun rumore, muti spettatori di una scena la cui gravità potevano appena intuire.

Solo quando Kaito sembrò essersi leggermente calmato, George chiuse la porta alle loro spalle e i tre entrarono nella Stanza. Sheridan fece per prendere la sedia, per scoprire con sua grande sorpresa che ne erano comparse altre tre, senza che neppure se ne fosse accorta. George si avvicinò al prestigiatore.

«Va meglio?»

Kaito annuì, rispondendo con voce ancora tremante: «S-sì, s-scusate... io... io non dovevo.»

Sheridan gli offrì la sedia: «Dovevi, invece. Non potevi tenerti tutto dentro per sempre.»

Il ragazzo si sedette: «P-papà mi diceva sempre di mantenere la faccia da p-poker e io...»

Fred gli sorrise comprensivo: «Tuo padre ti diceva di non mostrare agli avversari le tue debolezze, ma non penso si riferisse anche agli amici. E poi sei un essere umano, non una statua. Non puoi essere impassibile per sempre.»

Kaito si asciugò le lacrime con un fazzoletto colorato, per poi farlo sparire: «Sì...»

Alzò lo sguardo, per cercare di non guardare troppo il letto su cui era nato per non scoppiare nuovamente a piangere, e fu allora che notò un dettaglio che lo incuriosì.

«Strano... quella porta non c’era quando ho visto i ricordi di Silente...»

Fred lo guardò storto: «Eh?»

Kaito si alzò, attirato in modo irresistibile da quell’ingresso. Se non fosse stato assurdo, avrebbe quasi detto che qualcuno gli sussurrasse all’orecchio di andarlo a vedere più da vicino. Attraversò la stanza e si avvicinò alla porta. Era bianca, con eleganti intarsi dorati, e una rosa d’oro con il gambo irto di spine che si arrotolava su se stesso a formare la maniglia. Kaito la fissò perplesso. Per quanto la sua attenzione fosse attirata dai ricordi stessi, possibile che non avesse notato un dettaglio così appariscente?

Fred si avvicinò alle sue spalle: «Ehm... Kaito? Cosa stai facendo?»

«Cerco di capire a cosa serva questa porta.»

George si avvicinò al fratello: «Quale porta?»

Kaito sbarrò gli occhi: «Come quale porta? Questa porta! Non la vedete?»

Sheridan si avvicinò, toccando la parete: «Veramente, no.»

Il prestigiatore guardò sorpreso la mano dell’amica, che ai suoi occhi appariva proprio sui cardini della porta.

«Voi... voi non la vedete?»

Fred gli mise una mano sulla spalla: «Senti, forse oggi hai vissuto troppe emozioni tutte insieme. È normale che tu ora sia un po’ stravolto, forse è meglio che torniamo al Dormitorio.»

Kaito annuì: «Sì, forse hai ragione. Per oggi ho fatto abbastanza. Posso sempre tornare in un secondo momento, quando sarò più calmo, per controllare, no?»

Sheridan gli sorrise: «Quando vuoi.»

Il ragazzo sospirò: «Grazie, ragazzi.»

«Dovere di amici e Malandrini.»

 

 

Fu una ripresa lenta, ma Kaito, nel giro di un paio di settimane, sembrò ritornare a un’apparente normalità. Ricominciò a ridere e a scherzare con i suoi amici e compagni, riprese a studiare normalmente e trovò persino il coraggio di guardare la sua posta.

Tre lettere lo attendevano ormai da settimane.

 

Caro Kaito,

se le cose sono andate come dovevano, ora sai. Mi dispiace, credimi, mi dispiace che le cose siano andate così. Ho sperato con tutto il cuore che per te non giungesse mai quella maledetta lettera, che potessi continuare a proteggerti come ho sempre fatto.

Ora t’immagino benissimo a dire: “Ma come, proteggermi? Mi hai mandato coscientemente a fare il criminale!”. È vero, ma quelli erano pericoli da cui potevo difenderti, anche se poi te le sei cavata egregiamente da solo. Contro la magia, purtroppo, sono impotente, sono solo una semplice Babbana che ha letto molti libri proibiti. Conosco quali incantesimi potrebbero lanciarci contro, ma non ho modo per difenderci. L’unico modo che io, e che prima di me tuo padre, ho trovato, è stato tenerti all’oscuro di tutto. Non era il migliore, non era il più saggio, ma era l’unico alla mia portata. Forse avrei dovuto affidarti a qualche mago, ma non me la sono sentita di allontanarti da me. Perdona il mio egoismo, se puoi. Fra mille bugie, però, c’è un’unica e sola verità: ti voglio bene, Kaito, io come tuo padre, e sono e sarò sempre orgogliosa di te, qualunque cosa farai.

Spero che quando tornerai vorrai ancora parlarmi.

Mamma

 

Kaito deglutì, inghiottendo le lacrime. Sua madre era sempre stata un po’ fuori dagli schemi, una donna originale e schietta, mai pentita di ciò che aveva fatto. In quella lettera aveva riversato la sua stessa anima, il ragazzo non avrebbe potuto metterle in bocca parole diverse. Erano sincere, anche se dolorose.

Con le mani tremanti, prese la seconda busta. La scrittura gli era in parte familiare, ma dovette ammettere di essere sorpreso di ricevere una lettera da quella persona.

 

Caro Kaito,

il professor Silente mi ha informato che ora sai che conoscevo bene tuo padre. Mi dispiace averti nascosto quest’informazione. All’inizio ero confuso, non ero sicuro che fossi il figlio di Toichi e, se avevo ragione, cosa ci facessi ad Hogwarts. Il preside mi ha spiegato qualcosina all’inizio dell’anno, ma probabilmente ora sai più di quanto ancora non sappia io. Ammetto che non è stata casuale la mia presenza durante la tua prima lezione di Smaterializzazione, temevo che potesse succedere quanto è poi accaduto, e anche il preside condivideva questa mia preoccupazione. Forse ho preso un po’ sottogamba l’impegno di aiutarti con la Smaterializzazione, ma ero sinceramente convinto di poterti aiutare almeno psicologicamente. Col senno di poi, forse avresti imparato di più da solo... non sono il migliore insegnante del mondo, l’ho sempre saputo.

Volevo solo dirti che se avrai bisogno di aiuto io sarò sempre a tua disposizione.

Con sincero affetto,

Remus Lupin

 

Kaito non poteva dire nulla al professore. Dopotutto, anche lui aveva infranto la promessa di non esercitarsi da solo. Sapeva bene che l’anno prima ci aveva messo anima e corpo nel seguirlo e sostenerlo durante le sue lezioni serali.

L’ultimo era un biglietto spiegazzato, macchiato e rovinato, senza busta.

 

Abbiamo avuto poco tempo per parlare, e solo successivamente Lunastorta mi ha confermato la tua identità. Non ti avevo riconosciuto come figlio di Toichi fino a quando non ci siamo trovati faccia a faccia in volo. Non conoscevo bene tuo padre, l’ho visto qualche volta alle riunioni dell’Ordine e ammetto che ero un po’ sospettoso nei suoi confronti per la sua scarsa partecipazione, era uno di quelli che avevo candidato come traditore quando ci fu una fuga di notizie. In realtà non sapevo neppure che fosse morto, ad Akzaban le notizie arrivano col contagocce. In ogni caso ti sono grato per l’aiuto che mi hai dato, se potrò ricambiare il favore non esiterò a farlo. Se hai bisogno di contattarmi chiedi alla persona che mi è più vicina, lei sa come fare.

Felpato

 

Kaito sbarrò gli occhi sorpreso. Sirius! Persino lui, sfidando la clandestinità, aveva voluto scrivergli! Rilesse il messaggio: la persona a cui si riferiva era quasi sicuramente Harry, dopotutto era il suo padrino.

Sospirando, rimise tutto sotto il letto. Presto avrebbe trovato la forza di rispondere, ne era sicuro.

 

 

Ginny strattonò per una manica Kaito: «Vieni! Vieni a vedere!»

Il prestigiatore, sospirando, la seguì. Ormai aveva ripreso la sua vita normale e nessuno, né compagni né amici né professori, gli aveva chiesto cosa gli fosse capitato in quelle settimane. Non aveva ancora risolto i suoi problemi, ma aveva deciso di accantonarli momentaneamente in attesa di ritrovare abbastanza pace e sicurezza per poterli affrontare.

«Cosa c’è?»

La ragazza si limitò a indicargli un cartello:

 

TORNEO TREMAGHI

Le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang arriveranno alle 6 in punto di venerdì 30 ottobre. Le lezioni termineranno con mezz'ora d'anticipo. Gli studenti riporteranno borse e libri nei rispettivi dormitori e si riuniranno davanti al castello per salutare i nostri ospiti prima del Banchetto di Benvenuto.

 

Kaito guardò l’amica incuriosito: «E così ci siamo...»

La comparsa del cartello nella Sala d'Ingresso ebbe un effetto notevole su tutti. La settimana seguente, parve esserci un solo argomento di conversazione, ovunque Kaito andasse: il Torneo Tremaghi. Le voci si propagavano di studente in studente come virus altamente contagiosi: chi voleva farsi avanti come campione di Hogwarts, in cosa sarebbe consistito il Torneo, in che cosa gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang erano diversi da loro. Il castello fu ripulito da cima a fondo. Parecchi ritratti sudici furono scrostati, con gran disappunto dei loro soggetti, che sedevano rannicchiati nelle cornici, borbottavano cupi e trasalivano tastandosi i volti di un rosa acceso. Le armature all'improvviso diventavano scintillanti e si muovevano senza cigolare. E Argus Gazza, il custode, divenne talmente feroce con gli studenti che dimenticavano di pulirsi le scarpe che provocò una crisi isterica in un paio di ragazzine del primo anno.

Anche altri membri del personale docente sembravano stranamente agitati.

Quando Kaito scese per colazione la mattina del trenta ottobre, scoprì che la Sala Grande era stata addobbata durante la notte. Enormi stendardi di seta pendevano dai muri. Ciascuno rappresentava una Casa di Hogwarts: rosso con un leone d'oro per Grifondoro, blu con un'aquila di bronzo per Corvonero, giallo con un tasso nero per Tassorosso, e verde con un serpente d'argento per Serpeverde. Dietro il tavolo degli insegnanti, lo stendardo più grande di tutti portava il blasone di Hogwarts: leone, aquila, tasso e serpente uniti sotto una grande H.

Ancora un po’ sorpreso, Kaito notò in un angolo della tavolata Fred e George, intenti in una discussione sottovoce. Senza farsi notare li raggiunse alle spalle.

«Allora, ancora a discutere del vostro debito non riscosso?»

I due gemelli trasalirono sorpresi, per poi voltarsi.

«Kaito!»

«Non ti abbiamo sentito!»

Il prestigiatore sorrise: «Ricordatevi con chi state parlando...»

Fred annuì: «Giusto.»

George aggiunse: «Come hai fatto a capire di cosa stavamo parlando?»

Kaito si sedette vicino a loro: «Intuito... e lettura del labiale.»

Soseiji sbuffò: «Con te c’è sempre il trucco...»

Mangetsu gli rispose con una bella linguaccia: «Avanti, spiegatemi. Quali sono le ultime novità?»

George rispose con aria depressa: «È un vero disastro. Ma se non vorrà parlare con noi, dovremo spedirgli comunque la lettera. O gliela metteremo in mano, non può evitarci per sempre».

«Chi è che vi evita?»

I gemelli trasalirono ancora. Ron stava prendendo posto accanto a loro, insieme a Harry e Hermione.

Fred ribatté, seccato per l'interruzione: «Magari fossi tu.»

Ron chiese a George: «Che cos'è che è un disastro?»

George disse: «Avere un idiota ficcanaso come te per fratello.»

Kaito dovette trattenere un sorriso. Facevano i duri, ma la verità era che i due gemelli non volevano coinvolgere il resto della famiglia nella loro personale battaglia contro un pezzo grosso.

Harry buttò lì, come per cambiare argomento: «Voi due vi siete già fatti venire in mente qualcosa sul Torneo Tremaghi? Avete pensato a come fare per tentare di iscrivervi?»

George rispose in tono aspro: «Ho chiesto alla McGranitt come vengono scelti i Campioni, ma non me l'ha voluto dire. Mi ha detto solo di star zitto e continuare a Trasfigurare il mio procione.»

Kaito fece una smorfia: «Ti aspettavi davvero che si sbottonasse? L’unico che avrebbe potuto fare una cosa così stupida è Allock, e per fortuna non c’è...»

Ron era pensieroso: «Chissà che prove saranno... sapete, scommetto che potremmo affrontarle, Harry, ne abbiamo fatte di cose pericolose prima d'ora...»

Fred disse: «Non davanti a una giuria. La McGranitt dice che i Campioni ricevono un punteggio in base a come hanno superato le prove.»

Kaito li guardò sorpreso: «Siete ben informati.»

George annuì: «Certo, vogliamo sapere cosa ci attenderà!»

Harry chiese: «Chi sono i giudici?»

«Be', i Presidi delle scuole in lizza fanno sempre parte della commissione, perché tutti e tre sono stati feriti durante il Torneo del 1792, quando s'imbizzarrì il Basilisco che i Campioni avrebbero dovuto catturare.»

Tutti si voltarono verso Hermione, piuttosto sorpresi, e lei continuò, con il solito tono d'impazienza nel constatare che nessun altro aveva letto i libri che lei invece conosceva: «È tutto scritto in Storia di Hogwarts. Anche se, naturalmente quel libro non è del tutto affidabile. Storia RIVEDUTA E CORRETTA di Hogwarts sarebbe un titolo più calzante. O anche Storia DECISAMENTE PREVENUTA E SELETTIVA di Hogwarts, CHE GLISSA SUGLI ASPETTI PIÙ SPREGEVOLI DELLA SCUOLA.»

Ron la guardò perplesso: «Di cosa stai parlando?»

«Degli elfi domestici! In oltre mille pagine di Storia di Hogwarts, non si dice nemmeno una volta che siamo tutti complici nello sfruttamento di un centinaio di schiavi!»

Kaito sospirò leggermente. Era stato costretto anche lui a comprare una spilletta del CREPA, ma non aveva davvero avuto testa per seguire tutta la logica di Hermione. Decise che fosse meglio cambiare brutalmente discorso: «Ragazzi, avete visto Sheridan?»

«In effetti no.»

Proprio in quel momento la ragazza fece capolino dall’ingresso della Sala, con aria soddisfatta e venne a sedersi vicino a loro: «Buongiorno!»

Kaito la guardò sospettoso. Conosceva quello sguardo e di solito non lasciava presagire niente di buono: «Sheridan, tutto bene?»

Lei rispose con aria complice: «Non c’è niente di meglio che sistemare un paio di scocciatori di prima mattina...»

Come un lampo, un pensiero attraversò la mente dei tre Malandrini.

Trenta ottobre.

Sheridan.

Pessimo abbinamento.

Immediatamente Fred, George e Kaito si precipitarono fuori dalla Sala Grande, senza neppure concludere la colazione, scrutando attentamente le finestre per controllare i pennoni.

Harry guardò un po’ confuso il portone da cui i tre erano spariti: «Ma che è successo?»

Sheridan sorrise in puro stile malandrino: «Oh, assolutamente nulla, in realtà. Mi sono solo divertita a fare uno scherzetto a quei tre. Per fortuna quest’anno, con la storia del Torneo, nessuno si è ricordato esattamente che giorno è domani...»

 

 

Nonostante i tre Malandrini avessero passato gran parte del tempo a meditare una piccola vendetta nei confronti della compagna per l’infarto che aveva fatto prendere loro, quel giorno nell'aria c'era un piacevole senso di attesa. Nessuno fu molto attento in classe, tutti erano molto più interessati all'arrivo delle delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang.

Quando la campana suonò in anticipo, tutti i Grifondoro di ogni anno corsero su alla Torre di Grifondoro, depositarono borse e libri, s'infilarono i mantelli e tornarono giù di corsa nella Sala d'Ingresso.

I Direttori delle Case stavano disponendo in fila i loro studenti.

La professoressa McGranitt ordinò a Ron: «Weasley, raddrizzati il cappello.» «Signorina Patil, via quella cosa ridicola dai capelli».

Calì si rabbuiò e si tolse una grossa farfalla decorativa dall'estremità della treccia.

«Anche lei, Signorina Pumpkin

Sheridan si toccò sorpresa e inorridita i capelli, trovandoci un fiore di pesco di plastica, fermato con una molletta. Kaito le fece una linguaccia, seguito alle loro spalle da Fred e George: «Piccola vendetta per stamattina da parte di tutti noi.»

Alla fine del controllo, l’insegnante finalmente si calmò: «Seguitemi, prego, quelli del primo anno davanti... non spingete...»

Scesero in fila i gradini e si schierarono davanti al castello. Era una serata fredda e serena; il sole stava tramontando e una pallida luna trasparente brillava già sulla Foresta Proibita. Nonostante l’orario prefissato fosse appena passato, nessuno si vedeva all’orizzonte e tutti gli studenti iniziavano a soffrire il freddo. Scrutarono ansiosamente i prati sempre più bui, ma nulla si muoveva; tutto era immobile, silenzioso e piuttosto normale.

Kaito guardò i suoi compagni. Tremavano tutti, chi più, chi meno. Colin tendeva il collo alla ricerca di suo fratello Dennis in prima fila, per il resto l’unica preoccupazione che sembrava aleggiare su tutti era se questi ospiti sarebbero riusciti ad arrivare prima di trovarsi di fronte una delegazione congelata.

Kaito sbuffò: «Odio il ritardo delle ferrovie.»

Ginny rispose battendo i denti: «E chi ti dice che arrivino in treno?»

Il prestigiatore rispose ironico: «E come vuoi che arrivino, in nave?»

Ma le loro riflessioni furono interrotte dalla voce di Silente dall'ultima fila, dove si trovava assieme agli altri insegnanti: «Aha! O mi sbaglio di grosso, oppure sta arrivando la delegazione di Beauxbatons

Parecchi studenti esclamarono con impazienza, guardando tutti da una parte diversa: «Dove?»

Uno del sesto anno, puntando l'indice verso la Foresta, urlò: «Laggiù!»

Qualcosa di grosso, molto più grosso di un manico di scopa - o meglio, di cento manici di scopa - si precipitava nel cielo azzurro cupo in direzione del castello, e diventava sempre più grande.

Una ragazzina del primo anno strillò istericamente: «È un drago!»

Dennis Canon esclamò: «Non dire stupidaggini... è una casa volante!»

Mentre la gigantesca sagoma nera sfiorava le cime degli alberi della Foresta Proibita, illuminata dalle luci del castello, videro un'enorme carrozza di un blu polveroso, delle dimensioni di una vasta dimora, che fluttuava verso di loro, trainata nell'aria da una dozzina di cavalli alati, tutti palomino, grandi come elefanti.

Le prime tre file di studenti si ritrassero mentre la carrozza sfrecciava più in basso e si preparava ad atterrare a una tremenda velocità; poi, con un fracasso abnorme che fece balzare Neville indietro sul piede di un Serpeverde del quinto anno, gli zoccoli dei cavalli, più grossi di piatti da portata, toccarono terra. Dopo un secondo, atterrò anche la carrozza, rimbalzando sulle vaste ruote, mentre i cavalli d'oro scuotevano le enormi teste e roteavano i grandi occhi fieri. La porta della carrozza, decorata con un blasone formato da due bacchette d'oro incrociate da cui spuntavano tre stelle ciascuna, si aprì. E un ragazzo vestito di azzurro pallido balzò giù, si curvò, trafficò per un attimo con qualcosa ed estrasse una serie di gradini d'oro. Poi arretrò rispettosamente. Una lustra scarpa nera col tacco alto, grande come una slitta da bambino, spuntò dall'interno della carrozza, seguita quasi immediatamente da una donna enorme. La taglia della carrozza e dei cavalli furono subito spiegati. Alcuni ragazzi trattennero il respiro. Quando entrò nella luce che fiottava dalla Sala d'Ingresso, si scoprì che aveva un bel viso olivastro, grandi occhi neri liquidi e il naso piuttosto grifagno. I suoi capelli erano raccolti in una crocchia lucente alla base del collo. Era vestita da capo a piedi di satin nero, e molti splendidi opali scintillavano attorno al collo e sulle sue dita enormi.

Silente prese ad applaudire; anche gli studenti, seguendo il suo esempio, batterono le mani, molti in punta di piedi per vedere meglio la donna.

Il suo viso si distese in un sorriso cortese, e avanzò verso Silente, tendendo una mano tutta bagliori. Silente, benché fosse ben alto, dovette chinarsi appena per baciarla.

«Mia cara Madame Maxime, benvenuta a Hogwarts.»

«Mon cher Silonte! Voi sta bene, spero!»

Kaito trasalì leggermente. La donna aveva una voce decisamente più profonda di quella che si sarebbe aspettato.

Silente rispose: «Sono in ottima forma, grazie.»

Madame Maxime indicò alle sue spalle, agitando noncurante una delle sue enormi mani: «I miei studonti

In quel momento una dozzina circa di ragazzi e ragazze, tutti, a occhio e croce, tra i diciassette e i diciott'anni, spuntarono dalla carrozza e rimasero in piedi dietro Madame Maxime. Tremavano, cosa tutt'altro che sorprendente dato che i loro abiti sembravano di seta leggera, e nessuno portava il mantello. Alcuni si erano avvolti sciarpe e scialli attorno alla testa. Per quel che si poté vedere delle loro facce, visto che molti erano all'ombra di Madame Maxime, stavano contemplando Hogwarts con aria preoccupata.

L’enorme signora riprese: «Karkaròff è già qui?»

«Dovrebbe essere qui a momenti. Preferite aspettare qui e salutarlo o entrare a scaldarvi un po'?»

«Scaldarsci, si. Ma i scevalli...»

«Il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche sarà felice di occuparsene, non appena avrà sistemato un piccolo problema che si è verificato con alcuni dei suoi altri - ehm – compiti.»

Kaito avrebbe scommesso qualunque cosa che Silente si stava riferendo agli Schiopodi.

Madame Maxime aveva un’aria insicura, come se dubitasse che qualunque insegnante di Cura delle Creature Magiche di Hogwarts fosse all'altezza dell'incarico: «I miei destrieri hanno bisogno di... ehm... una mano descisa. Loro sono tanto forti...»

Gli studenti ridacchiarono. Ad Hagrid poteva mancare tutto tranne che la forza.

Silente sorrise: «Le assicuro che Hagrid se ne occuperà con competenza.»

Madame Maxime fece un piccolo inchino: «Très bien. Voleva dire a questo Agrid che i scevalli bevono solamonte whisky di malto, s'il vous plaît?»

Silente restituì l’inchino: «Provvederemo.»

Madame Maxime si rivolse imperiosa ai suoi studenti ordinando loro di salire, mentre la folla di Hogwarts si dischiuse per lasciarli salire le scale di pietra.

Rimasero lì, tremando un po', ad aspettare l'arrivo della compagnia di Durmstrang. Quasi tutti guardavano il cielo in attesa. Per qualche minuto, il silenzio fu rotto solo dagli sbuffi e dallo scalpitio dei grossi cavalli di Madame Maxime. Ma poi un suono forte e stranamente misterioso iniziò ad udirsi nell'oscurità. Un rombo e un risucchio soffocato, come se un immenso aspirapolvere avanzasse lungo il letto di un fiume.

Lee Jordan urlò: «Il lago! Guardate il lago!»

Dalla loro postazione in cima ai prati che sovrastavano il parco, potevano vedere chiaramente la liscia superficie nera dell'acqua, solo che all'improvviso non fu più affatto liscia. Al centro, in profondità, c'era una strana turbolenza; grandi bolle si formavano in superficie, ondate si abbattevano sulle rive fangose... e poi, proprio al centro del lago, apparve un vortice, come se un tappo gigante fosse appena stato tirato via dal fondo... infine, una cosa che sembrava un lungo palo nero prese ad affiorare lentamente dal cuore del vortice.

Kaito guardò la scena con occhi sbarrati: «Non ci credo... quella è...»

Lenta e maestosa, la nave sorse dalle acque, splendente nella luce lunare. Aveva un'aria stranamente scheletrica, come se fosse la vittima risuscitata di un naufragio, e le fioche luci nebulose che scintillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Alla fine, con un gran sciabordio, la nave emerse del tutto, galleggiando sull'acqua agitata, e prese a scivolare verso la riva.

Ginny rimase a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite, poi trovò il coraggio di parlare.

«Kaito?»

«Sì?»

«Odio quando hai ragione.»

«Ma io scherzavo!»

«Lo so. Ti odio ancora di più per questo.»

Qualche istante dopo, udirono il tonfo di un'ancora gettata in un fondale basso, e il rumore di una passerella che veniva abbassata sulla riva. I passeggeri sbarcarono; i ragazzi videro le sagome passare davanti alle luci dei boccaporti. Tutti davano l’impressione, a prima vista, di essere di grossa stazza, ma poi, mentre si avvicinavano, risalendo i prati nella luce che si riversava fuori dalla Sala d'Ingresso, si poteva notare che in realtà era un effetto ottico dovuto al fatto che indossavano mantelli di pelliccia ispida. Ma l'uomo che li guidava portava una pelliccia di un altro tipo; liscia e argentea, come i suoi capelli.

«Silente! Come stai, mio caro amico, come stai?»

«Benissimo, grazie, professor Karkaroff

Karkaroff aveva una voce leziosa, untuosa; quando entrò nel fascio di luce che dilagava dal portone del castello, tutti videro che era alto e sottile come Silente, ma i suoi capelli bianchi erano corti, e il pizzetto (che finiva con un piccolo ricciolo) non riusciva a nascondere del tutto il mento debole. Quando raggiunse Silente, gli strinse la mano tra le sue.

L’uomo guardò in su verso il castello, sorridendo con denti giallastri: «Cara vecchia Hogwarts... com'è bello essere qui, com'è bello...»

Kaito ebbe però l’impressione che quel sorriso non fosse veramente sincero, tuttavia l’uomo continuò: «Viktor, vieni dentro, al caldo... non ti dispiace, Silente? Viktor ha un po' di raffreddore...»

Karkaroff spinse avanti uno dei suoi studenti, un ragazzo dal grosso naso ricurvo e folte sopracciglia nere. Molti iniziavano a vociferare qualcosa.

«È Krum!»

Kaito alzò il sopracciglio: «Chi?»

Sheridan fece un gesto di stizza con la mano: «Oh, solo uno dei più grandi giocatori di Quidditch.»

Il prestigiatore alzò le spalle: «Ah, ecco.»

Mentre riattraversavano la Sala d'Ingresso con gli altri studenti di Hogwarts, diretti alla Sala Grande, Kaito notò un gran fermento intorno a sé per il nuovo arrivato. Molte ragazze cercavano rossetti o penne per farsi fare autografi, ma anche i maschi non erano da meno.

«Io voglio avere il suo autografo, se ci riesco. Non è che hai una penna, eh, Harry?»

«No, Ron, sono di sopra nella borsa.»

Kaito gli porse una piuma d’oca, tirata fuori apparentemente dal nulla: «Eccola, ma auguri per la tua impresa, avrai tutta la scuola contro.»

Raggiunsero il tavolo di Grifondoro e presero posto. Gli alunni di Durmstrang erano ancora riuniti all’ingresso della Sala, apparentemente incerti su dove sedersi. Gli studenti di Beauxbatons si erano sistemati al tavolo di Corvonero e si guardavano intorno imbronciati. Tre di loro si stringevano ancora sciarpe e scialli attorno alla testa.

Kaito li guardò e annuì: «Posso capirli, qua in Inghilterra la temperatura è davvero bassa, d’inverno...»

Nicole fece una smorfia: «D’accordo, ma potevano anche portarsi qualcosa di più pesante!»

Il prestigiatore alzò un sopracciglio: «Sei sicura che la “signorina” avrebbe permesso loro d’indossare qualcosa al di fuori della divisa ordinaria? Mi dà l’idea di essere una che tiene molto alle apparenze, guarda solo com’è vestita lei...»

Intanto finalmente gli studenti di Durmstrang si erano seduti al tavolo di Serpeverde, togliendosi le pesanti pellicce e guardando in su verso il soffitto nero stellato con aria interessata; un paio presero i piatti e le coppe d'oro e li osservarono da vicino, apparentemente impressionati.

Su al tavolo dei docenti, Mastro Gazza, il guardiano, con un vecchio frac ammuffito in onore della circostanza, stava aggiungendo quattro sedie, due da ciascun lato di Silente. Kaito si chiese quanti professori le delegazioni straniere avessero portato con sé. Quando tutto fu pronto, gli insegnanti entrarono, raggiunsero in fila il tavolo più lontano e si sedettero. Il professor Silente, il professor Karkaroff e Madame Maxime furono gli ultimi. Quando apparve la loro Preside, gli allievi di Beauxbatons scattarono in piedi. Alcuni studenti di Hogwarts risero. Il gruppo di Beauxbatons non sembrò minimamente imbarazzato, e nessuno tornò a sedere se non dopo che Madame Maxime ebbe preso posto alla sinistra di Silente. Quest'ultimo però rimase in piedi e il silenzio calò sulla Sala Grande.

«Buona sera, signore e signori, fantasmi e, soprattutto, ospiti. È un grande piacere per me darvi il benvenuto qui a Hogwarts. Spero e confido che la vostra permanenza qui sarà tanto comoda quanto piacevole».

Una delle ragazze di Beauxbatons che si stringeva ancora uno scialle attorno alla testa scoppiò in un'inconfondibile risatina di scherno.

«Il Torneo verrà ufficialmente inaugurato alla fine del banchetto. Ora vi invito tutti a mangiare, bere e a fare come se foste a casa vostra!»

A quel punto Silente sedette, e subito Karkaroff intavolò una conversazione con lui.

I piatti davanti a loro si riempirono di cibo come al solito. Gli elfi domestici giù nelle cucine sembravano aver dato fondo a tutte le loro capacità; davanti a loro c'era una varietà di pietanze molto più ricca del solito, comprese alcune che erano decisamente straniere e che Kaito riconobbe grazie alla passione per i viaggi di sua madre.

La Sala Grande sembrava molto più affollata del solito, anche se c'erano una ventina scarsa di studenti in più; forse era perché le uniformi di colore diverso spiccavano contro il nero della divisa di Hogwarts. Ora che si erano tolti le pellicce, gli studenti di Durmstrang apparvero vestiti di un intenso rosso sangue.

Hagrid sgattaiolò nella Sala passando per una porta dietro il tavolo degli insegnanti venti minuti dopo l'inizio del banchetto. Scivolò al suo posto in fondo e salutò Harry, Ron e Hermione con una mano pesantemente fasciata.

Harry gridò: «Gli Schiopodi stanno bene, Hagrid?»

«Benissimo.»

Kaito sospirò: «Gli Schiopodi forse sì, lui probabilmente un po’ meno...»

In quel momento una voce disse: «Mi scusa, voleva prondere la bouillabaisse...»

Era la ragazza di Beauxbatons che aveva riso durante il discorso di Silente. Si era tolta lo scialle: una cascata di capelli di un biondo argenteo le scendeva fin quasi alla vita. Aveva grandi occhi di un azzurro intenso e denti candidi e regolari.

Molti ragazzi, ma Ron in particolare, diventarono paonazzi. Anche Kaito non rimase indifferente alla bellezza della ragazza, ma qualcosa in lei sembrava quasi stonare, nonostante l’apparente perfezione. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, sapeva solo che in lei c’era qualcosa di strano e allo stesso tempo familiare.

Quando si fu allontanata con quanto richiesto, Kaito realizzò. Era la stessa sensazione che aveva provato quando aveva conosciuto Akako, di una bellezza innaturalmente perfetta e, dunque, che suscitava in lui una naturale repulsione. Forse usavano lo stesso incantesimo per affascinare gli uomini, quello da cui Kaito già sapeva di essere immune.

In quel momento Fred e George, seduti a qualche posto di distanza, cercarono di attirare la sua attenzione verso il tavolo degli insegnanti. I due posti ancora vuoti erano stati appena occupati. I due gemelli fissavano con insistenza l’uomo vicino a Karkaroff, ma Kaito non comprese cosa volessero dirgli.

Quando i piatti d'oro furono ripuliti, Silente si alzò di nuovo. Una piacevole tensione parve diffondersi nella Sala. Parecchi posti più in là, Fred e George erano tesi in avanti e fissavano Silente con grande concentrazione.

«Il momento è giunto, il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Vorrei dire qualche parola di presentazione prima di far entrare il forziere...»

L’istinto di ladro di Kaito fece per un attimo capolino. Forziere? Di un tesoro, magari?

«... solo per chiarire la procedura che seguiremo quest'anno. Ma prima di tutto lasciate che vi presenti, per coloro che non li conoscono, il signor Bartemius Crouch, Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale e il signor Ludo Bagman, Direttore dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici.»

Se gli applausi per il primo erano stati tiepidi, per il secondo furono decisamente più numerosi, anche se Kaito non ne comprendeva il motivo. Lui rispose con un cenno gioviale della mano, mentre Bartemius Crouch non sorrise né salutò quando venne annunciato il suo nome.

«Il signor Bagman e il signor Crouch hanno lavorato instancabilmente negli ultimi mesi per mettere a punto il Torneo Tremaghi e si uniranno a me, al professor Karkaroff e a Madame Maxime nella giuria che valuterà gli sforzi dei Campioni.»

Alla parola “Campioni”, l'attenzione degli studenti in ascolto parve ridestarsi.

Forse Silente aveva notato la loro improvvisa immobilità, perché sorrise dicendo: «Ora il forziere, prego. Mastro Gazza.»

Gazza, che era appostato seminascosto in un angolo remoto della Sala, si avvicinò a Silente, trasportando un grosso baule di legno tempestato di pietre preziose. Sembrava molto antico. Un mormorio eccitato di interesse si levò dagli studenti in attesa; Dennis Canon salì addirittura sulla sedia per vederci bene, ma, essendo così piccolo, la sua testa sovrastava a stento quelle degli altri.

«Le istruzioni per le prove che i Campioni affronteranno quest'anno sono già state prese in esame dal signor Crouch e dal signor Bagman ed essi hanno preso i provvedimenti necessari. Le sfide saranno tre, distribuite nell'arco dell'anno scolastico, e metteranno alla prova i Campioni in molti modi diversi... la loro perizia magica, la loro audacia, i loro poteri deduttivi e, naturalmente, la loro capacità di affrontare il pericolo.»

A quest'ultima parola, la Sala fu invasa da un silenzio così assoluto che sembrava che tutti avessero smesso di respirare.

«Come sapete, tre Campioni gareggiano nel Torneo, uno per ogni scuola. Essi otterranno un punteggio in base all'abilità dimostrata in ciascuna delle prove del Torneo e il campione che avrà totalizzato il punteggio più alto dopo la terza prova vincerà la Coppa Tremaghi. I Campioni verranno designati da un selezionatore imparziale... il Calice di Fuoco.»

Silente estrasse la bacchetta e batté tre volte sul cofano. Il coperchio si aprì lentamente con un cigolio. Silente infilò la mano all'interno ed estrasse una grossa coppa di legno rozzamente intagliata. Sarebbe sembrata del tutto comune, se non fosse stata colma fino all'orlo di fiamme danzanti blu e biancastre.

Silente chiuse il forziere e pose delicatamente il Calice sul coperchio: da lì sarebbe stato ben visibile a tutti.

«Chiunque desideri proporsi come campione deve scrivere a chiare lettere il suo nome e quello della sua scuola su un foglietto di pergamena e metterlo nel Calice. Gli aspiranti Campioni hanno ventiquattr'ore per farsi avanti. Domani sera, la sera di Halloween, il Calice restituirà i nomi dei tre che avrà giudicato più meritevoli di rappresentare le loro scuole. Il Calice verrà esposto stasera nella Sala d'Ingresso, dove sarà liberamente raggiungibile per tutti coloro che desiderano gareggiare. Per garantire che nessuno studente di età inferiore a quanto richiesto cada in tentazione, traccerò una Linea dell'Età attorno al Calice di Fuoco una volta che sarà stato posto all'Ingresso. Nessuno al di sotto dei diciassette anni potrà varcare questa linea. Infine, vorrei ricordare a tutti coloro che desiderano partecipare che il Torneo non va affrontato con leggerezza. Una volta che un campione sarà stato scelto dal Calice di Fuoco, lui o lei sarà tenuto a partecipare al Torneo fino alla fine. Inserire il vostro nome nel Calice costituisce un contratto magico vincolante. Non è concesso di cambiare idea una volta diventati Campioni. Vi prego dunque di essere molto sicuri di voler prendere parte alla gara, prima di mettere il vostro nome nel Calice. Ora, credo che sia il momento di andare a dormire. Buonanotte a voi tutti.»

Mentre tutti si dirigevano verso la Sala d'Ingresso, Fred aveva gli occhi scintillanti: «Una Linea dell'Età! Be', si dovrebbe riuscire a imbrogliarla con una Pozione Invecchiante, no? E una volta che i nomi sono nel Calice, è fatta... lui non è in grado di stabilire se hai diciassette anni o no!»

Hermione replicò: «Ma io credo che nessuno sotto i diciassette anni abbia uno straccio di possibilità, non ne sappiamo ancora abbastanza...»

Kaito annuì: «Concordo. Nel mio caso, anche se ne hai diciotto.»

George sembrava pronto a ribattere, ma si rese quasi subito conto di aver perso parte del gruppo. Voltandosi, notò Karkaroff fissare intensamente Harry e dirgli qualcosa, ma quasi immediatamente fra i due si frappose Moody. Quella curiosa situazione mise prepotentemente fine alla discussione.

 

 

Di sabato, in genere, quasi tutti gli studenti facevano colazione tardi. Invece quella mattina c'erano già una ventina di persone che girellavano, mangiando toast e osservando il Calice di Fuoco. Stava nel centro della Sala, sullo sgabello che di solito reggeva il Cappello Parlante. Una sottile linea d'oro circolare era disegnata per terra, a circa tre metri dallo sgabello. Kaito faceva da palo all’ingresso della Sala, fino a quando non vide Fred, George e Lee Jordan che correvano giù dalle scale, tutti e tre molto eccitati.

«Via libera, Silente non c’è.»

«Sei sicuro di non volerci provare, Kaito? Tu avresti l’età giusta, senza nemmeno dover ricorrere a trucchi.»

«Sicurissimo, ma farò il tifo per voi. Avanti, andate!»

Il prestigiatore li seguì pigramente, mentre si avvicinavano ai compagni di Grifondoro. Il ragazzo li ascoltò, mentre loro spiegavano il loro piano: una goccia di Pozione Invecchiante avrebbe dovuto permettere loro d’ingannare i controlli.

Fred andò per primo. Estrasse dalla tasca un foglietto di pergamena con scritto sopra “Fred Weasley – Hogwarts”, avanzò fino alla linea, e lì rimase, dondolandosi sulle punte dei piedi come un tuffatore che si accinge a un volo di quindici metri. Poi, con gli occhi di tutti i presenti puntati addosso, trasse un gran respiro e superò la linea.

Per un solo istante, Kaito fu convinto che avesse funzionato. George lo pensò di sicuro, perché emise un ululato di trionfo e seguì il fratello con un balzo, ma un attimo dopo si udì un forte sfrigolio, ed entrambi i gemelli furono espulsi dal cerchio d'oro come se fossero stati scagliati da un invisibile lanciatore del peso. Atterrarono doloranti a tre metri di distanza sul freddo pavimento di pietra, poi, come se non bastasse, risuonò una forte esplosione ed entrambi si videro spuntare due identiche lunghe barbe bianche. La Sala d'Ingresso rimbombò di risate, a cui si aggiunsero anche quelle di George e Fred, non appena si furono guardati bene in faccia.

«Vi avevo avvertiti.»

Tutti si voltarono mentre il professor Silente usciva dalla Sala Grande. Scrutò Fred e George con gli occhi che scintillavano: «Suggerisco a entrambi di andare da Madama Chips. Si sta già occupando della signorina Fawcett di Corvonero e del signor Summers di Tassorosso: anche loro hanno deciso di invecchiarsi un po'. Anche se devo dire che le loro barbe non sono nemmeno remotamente belle come le vostre.»

Per fortuna Fred e George la presero piuttosto bene, anche se nulla impedì ai due di fatturare Lee nel percorso verso l’infermeria, per farlo smettere di ridere. Mentre Madama Chips si occupava delle loro barbe, Kaito, seduto su un letto, chiese: «Allora, ci riproverete?»

«Sicuramente. Abbiamo già un piano B.»

«Ovvero?»

«Tu.»

Kaito li guardò sorpresi: «Io? Ragazzi, vi ho già detto che non ho intenzione di partecipare...»

«E non te lo stiamo chiedendo. Vorremmo solo che tu mettessi per noi i nostri nomi nel Calice.»

«Tu hai diciotto anni, puoi tranquillamente superare la linea!»

Il prestigiatore li guardò indeciso: «Non so, ragazzi... non per voi, sia chiaro, ma forse Hermione non ha poi tutti i torti. Non vorrei che si trattasse di cose pericolose e non voglio avervi sulla coscienza. Scusatemi.»

Fred sospirò: «Pazienza, ci abbiamo provato. Abbiamo ancora tutto il giorno per inventarci un modo.»

«Giusto!»

Madama Chips annuì: «Almeno uno di voi tre ha del cervello in zucca, ragazzi. Ora per favore, raccogliete la lingua di Lee, che mi sta sbavando il pavimento, e filate a lezione, presto!»

 

 

Quella sera la Sala Grande illuminata dalle candele era quasi piena. Il Calice di Fuoco era stato spostato; ora si trovava davanti al posto di Silente al tavolo degli insegnanti. Fred e George non avevano trovato, alla fine, un metodo per potersi iscrivere, ma sembravano aver preso bene la delusione.

«Spero che sia Angelina.»

Sheridan annuì: «Anch'io!»

Kaito alzò le spalle: «Be', lo sapremo presto!»

Il banchetto di Halloween parve protrarsi più del solito. Tutti in realtà volevano soltanto che venisse sparecchiato per scoprire chi erano i Campioni designati.

E finalmente, i piatti d'oro tornarono immacolati come in origine; il rumore nella Sala crebbe bruscamente e scomparve quasi all'istante mentre Silente si alzava. Ai suoi lati, il professor Karkaroff e Madame Maxime sembravano tesi e ansiosi come chiunque altro. Ludo Bagman sorrideva e strizzava l'occhio a parecchi studenti. Il signor Crouch, invece, sembrava piuttosto indifferente, quasi annoiato.

«Bene, il Calice è quasi pronto a prendere le sue decisioni. Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i Campioni che verranno chiamati di venire da questa parte della Sala, passare davanti al tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto, dove riceveranno le prime istruzioni.»

Estrasse la bacchetta e tracciò un ampio gesto; tutte le candele tranne quelle all'interno delle zucche intagliate si spensero all'istante, sprofondando la Sala nella semioscurità. Il Calice di Fuoco ora splendeva più luminoso che mai, e lo sfavillio bianco e bluastro delle fiamme era quasi doloroso allo sguardo. Tutti lo fissavano, in attesa... qualcuno continuava a controllare l'orologio... poi le fiamme ridiventarono rosse all'improvviso. Dall'interno del Calice si sprigionarono scintille. Un attimo dopo, una lingua di fuoco dardeggiò nell'aria, un pezzetto di pergamena bruciato ne volò fuori... tutta la sala trattenne il respiro.

Silente afferrò il foglietto e lo tenne in mano col braccio teso, in modo da poter leggere alla luce delle fiamme, che erano tornate di un bianco bluastro.

«Il campione di Durmstrang è Viktor Krum

Una tempesta di applausi e urla invase la Sala. Viktor Krum si alzò dal tavolo di Serpeverde e si diresse goffo verso Silente; girò a destra, avanzò lungo il tavolo degli insegnanti e sparì oltre la porta che conduceva alla stanza accanto.

Karkaroff gridò così forte che tutti lo udirono, anche sopra gli applausi: «Bravo, Viktor! Lo sapevo che avevi la stoffa!»

I battimani e i commenti si spensero. L'attenzione si concentrò di nuovo sul Calice, che qualche istante dopo tornò a farsi rosso. Un secondo foglietto di pergamena ne schizzò fuori, sospinto dalle fiamme.

«Il campione di Beauxbatons è Fleur Delacour

Kaito rimase sorpreso nello scoprire che era la ragazza con lo stesso potere di Akako. Che avesse incantato persino il Calice?

Quando anche Fleur Delacour fu scomparsa nella sala accanto, calò di nuovo il silenzio, ma questa volta era un silenzio carico di un'eccitazione quasi palpabile. Era la volta del campione di Hogwarts...e il Calice di Fuoco divenne ancora una volta rosso; scintille ne piovvero fuori; la lingua di fuoco scattò alta nell'aria, e dalla sua punta Silente prese il terzo pezzetto di pergamena.

«Il campione di Hogwarts è Cedric Diggory

Ogni singolo Tassorosso era balzato in piedi, urlando e saltando, mentre Cedric avanzava tra i compagni, con un gran sorriso sul volto, e si dirigeva verso la stanza dietro il tavolo degli insegnanti.

I Malandrini alzarono le spalle: «Peccato per Angelina, ma anche lui può andare.»

In verità l'applauso per Cedric durò tanto a lungo che Silente ci mise un po' a farsi sentire di nuovo.

«Ottimo! Bene, ora abbiamo i nostri tre Campioni. Sono certo di poter contare su tutti voi, compresi gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang, perché diate ai vostri Campioni tutto il sostegno che potete. Acclamando il vostro campione, contribuirete in modo molto...»

Ma Silente s'interruppe all'improvviso, e tutti capirono che cosa lo aveva distratto.

Il fuoco nel Calice era tornato rosso. Le scintille sprizzarono. Una lunga fiamma dardeggiò repentina nell'aria, e su di essa galleggiava un altro foglietto di pergamena.

Automaticamente, così parve, Silente tese la lunga mano e afferrò la pergamena. La allontanò da sé e lesse il nome. Per un lunghissimo istante, Silente fissò il foglietto, e tutta la Sala fissò Silente. Poi il Preside si schiarì la voce e lesse:

«Harry Potter.»

Harry rimase là dov'era, esterrefatto. Non ci furono applausi. Un brusio come di api infuriate invase la Sala; alcuni studenti si alzarono per vedere meglio Harry, seduto al suo posto come paralizzato.

Al tavolo degli insegnanti, la professoressa McGranitt era scattata in piedi e aveva oltrepassato rapida Ludo Bagman e il professor Karkaroff per parlottare concitata col professor Silente, che tese l'orecchio verso di lei, accigliato.

Harry si voltò verso Ron e Hermione, mentre tutti i Grifondoro che lo fissavano a bocca aperta.

Harry disse con aria assente: «Non ho messo il mio nome nel Calice. Voi lo sapete che non l'ho fatto.»

Al tavolo principale, il professor Silente si era alzato in piedi e aveva fatto un cenno alla professoressa McGranitt.

«Harry Potter! Harry! Vieni qui, per favore!»

Harry si alzò, inciampò nell'orlo dell'abito e barcollò un po'. S'incamminò lungo lo spazio tra il tavolo di Grifondoro e quello di Tassorosso. Il brusio divenne sempre più intenso, mentre Harry seguiva gli altri Campioni.

Nella Sala scese il caos. Fred e George, dopo un attimo di sgomento, si voltarono all’unisono verso Kaito.

«Per noi no, ma per lui sì, vero?»

Il prestigiatore li guardò confusi: «Cosa...»

«Harry è stato chiaro. Lui non ha messo il suo nome nel Calice. Dei suoi amici, tu sei l’unico che avrebbe potuto farlo per lui.»

Il prestigiatore li guardò sconvolto: «Ma come potete pensare una cosa del genere?»

«Era un’occasione unica nella vita, sapevi quanto ci tenessimo!»

«Ma certo che lo sapevo! Non sapevo che Harry ci tenesse in modo particolare...»

«Storie! Lui voleva andare e gli hai fatto questo favore, nonostante fosse addirittura più piccolo di noi! Ci hai traditi! Hai tradito il nostro patto segreto!»

Kaito iniziò ad inalberarsi: «Ma non è vero! Se me lo avesse chiesto, avrei detto a lui quello che ho detto a voi! E certamente non lo avrei messo a sua insaputa! Era sorpreso come tutti noi, glielo si leggeva in faccia!»

Sheridan provò a intervenire: «Dai, ragazzi, ragionate: sapete benissimo che Kaito non...»

Fred la interruppe subito: «Sappiamo che Kaito non è la persona che pensavamo che fosse. E se lo difendi, neppure tu, Sheridan.»

Kaito perse le staffe: «Ah, è così che la pensate? Bene! Fate i miei migliori auguri a Harry, ne avrà bisogno!»

Il ragazzo si alzò, abbandonando la Sala. George fece un cenno a Sheridan.

«Bè? Non segui il tuo amico?»

La ragazza scosse la testa: «Siete due sciocchi, spero solo che ve ne accorgiate.»

E anche lei uscì dalla Sala.

 

E rieccoci qua! Auguri di un anno magico a tutti! Questa volta dovrei avervi fatto attendere un pochino meno il nuovo capitolo, e sono costretta nuovamente a scusarmi. È vero, mi sono laureata (incredibile ma vero!), e pensavo di passare il mio tempo da disoccupata a scrivere... poi è successa una vera e propria magia, di quelle da votone persino dalla McGranitt: ho trovato lavoro in quattro giorni. Quindi sì, continuerò a scrivere, non temete, solo che i tempi rimarranno più o meno questi.

Dunque, altro bel capitolone per introdurre finalmente il Torneo Tremaghi, e come annunciato Kaito non parteciperà. Forse per qualcuno di voi sarà una delusione, ma sinceramente è già un Torneo Tremaghi con quattro partecipanti, cinque mi sembravano decisamente troppi e la soluzione mi pareva troppo banale. Come vedete, però, il nostro prestigiatore ha molto altro da fare e il suo sguardo da spettatore ci farà vedere queste gare da una prospettiva diversa e spero interessante. A questo proposito spero di non essere andata OOC con il personaggio all’inizio del capitolo: so che Kaito è una persona ottimista, allegra e solare, ma credo che una botta come quella dello scorso capitolo avrebbe lasciato tutti un po’ sconvolti. Piano piano recupererà il suo solito modo di fare.

Ringrazio come sempre per i commenti (positivi, per fortuna, per lo scorso capitolo non ero così convinta) Lunaby, SuorMaddy2012, sophi33, fenris, _happy_04 e Tsuki no Sasuke.

Nel prossimo capitolo avremo due importanti scontri: due gemelli orgogliosi contro un prestigiatore testone e, secondariamente, i Campioni contro i loro Draghi. Come finirà?

Alla prossima!

 

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Hinata 92

  
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