Titolo:
Scene
Personaggi: Un po' tutti
Genere: slice of life, generale
Rating: G
Avvertimenti: oneshot, what
if...?, raccolta
Wordcount: 1.179 (Fidipù)
Note: Nuovo appunamento con
Scene e, stavolta, il capitolo sarà interamente dedicato ad Alex
Simmons, il giovane hacker amico della banda di eroi che, in Miraculous
Heroes, è stato per un po' dalla parte del male (inconsciamente, sia
chiaro). Che posso dire? Con questo capitolo, ho cercato di dare una
motivazione al perché Coeur Noir ha trovato un facile terreno per il suo
cristallo nero e il suo attaccamento per Sarah durante i fatti di
Miraculous Heroes: ricordo bene che, in molti, avevano pensato che fosse
innamorato di Sarah ma...beh, in verità ho sempre pensato che i
sentimenti di Alex per Sarah fossero sì, forti e profondi, ma con una
connotazione diversa rispetto all'amore classico.
Beh, spero di aver dato una spiegazione e di aver messo l'ennesimo
tassello mancante del Quantum Universe.
La collocazione cronologica di questa oneshot è, ovviamente, prima di
Miraculous Heroes e direi anche dopo gli altri capitoli di questa
raccolta.
Detto ciò, come sempre voglio ringraziarvi tutti quanti: grazie dei
vostri commenti, grazie del vostro interesse alle mie storie, grazie del
fatto che le leggete.
Beh, grazie di tutto cuore!
Poche cose riuscivano a mettere di
cattivo umore Alex Simmons: fare colazione con suo padre, era una di
queste.
Sbuffò, osservando il genitore seduto al tavolo della cucina, con il New
York Times aperto davanti, e si mise seduto dalla parte opposta, pregando
quasi che il giornale lo nascondesse alla vista del genitore: «Quella
pagliaccia ne ha combinata un’altra.» dichiarò il sergente Simmons,
chiudendo il quotidiano e posandolo sul tavolo con un gesto stizzito: «Ai
miei tempi non c’era bisogno di questi buffoni che si spacciano per
supereroi…»
«Forse perché, ai tuoi tempi, non c’erano supercattivi.» sentenziò Alex
sottovoce, adocchiando la prima pagina del New York Times e sorridendo
alla foto sfocata dell’eroina della Grande Mela: Bee, la protettrice della
giustizia e del bene.
Nonché sua migliore amica.
«Hai detto qualcosa, Alexander?»
Alex sbuffò per la seconda volta: in tutto l’universo, conosciuto e non,
solo una persona lo chiamava con il suo nome per intero.
Suo padre, ovviamente.
«Niente.»
«Niente?»
«Niente, signore.» si corresse immediatamente il ragazzo, sistemandosi gli
occhiali e afferrando la scatola di cornflakes, versandosene una generosa
dose, riempendo poi la tazza fino all’orlo con il latte: suo padre aveva
tanti difetti, uno fra i quali quello di credere di essere perennemente in
una caserma.
Sentì lo sguardo del Sergente addosso e cercò di mangiare senza far notare
quanto questo lo mettesse a disagio: si portò alla bocca una generosa
cucchiaiata di latte e cereali, adocchiando il giornale ripiegato vicino
al genitore: «Cosa è successo?» domandò poi, cercando di fare un po’ di
conversazione e, allo stesso tempo, informarsi di quello che il New York
Times aveva scritto.
In verità sapeva benissimo cosa era successo: la supercattiva aveva
attaccato di nuovo e Bee era entrata in azione.
«Se tu la smettessi di smanettare ventiquattro ore su ventiquattro sul tuo
pc e ti tenessi informato…»
Alex si riempì nuovamente la bocca, masticando lentamente: perché aveva
sperato di fare una conversazione decente con il genitore? Perché?
Eppure lo sapeva che suo padre era un eccellente oratore, quando c’era da
parlare male di lui.
Velocemente finì la colazione e, recuperato lo zaino, bofonchiò un saluto
al genitore – ovviamente non ricambiato. Fosse mai che il Sergente si
abbassasse a salutarlo – e raggiungendo la porta di casa: «Vai già?»
domandò sua madre, facendo capolino dal salotto con un sorriso pacato
sulle labbra: «Mettiti la sciarpa. Fa freddo oggi.»
«Sì, mamma.» dichiarò Alex, afferrando l’indumento e buttandoselo sulle
spalle, sorridendo alla donna: «Oggi faccio un po’ tardi.» dichiarò,
avvicinandosi e chinandosi per baciarla sulla guancia.
«Esci con Sarah?» gli domandò la donna, illuminandosi un poco in volto.
Alex annuì, osservando la madre da dietro le lenti quadrate degli
occhiali: era certo che la donna aveva mandato a monte la sua relazione
con Annabelle Zhao perché, segretamente, sperava che lui si mettesse con
Sarah.
«Sì, vado con Sarah.» bofonchiò Alex, scuotendo il capo e uscendo
velocemente dall’appartamento, addossandosi contro la porta: sarebbero
bastati pochi secondi e…
«E’ colpa tua se è così.» tuonò la voce del padre dall’interno, facendolo
sospirare: ecco, come ogni mattina. Il copione di ogni sua giornata.
Rimase ad ascoltare i suoi genitori discutere ancora un po’ e poi si
allontanò dalla propria abitazione: suo padre lo ignorava o, al massimo,
gli faceva notare quanto distante dalla perfezione era; sua madre
riversava su di lui tutto l’amore che il marito non voleva, preoccupandosi
per ogni singolo momento della sua vita.
Una famiglia modello, proprio.
Alex sospirò, grattandosi malamente la testa e scendendo le scale del
proprio condominio, arrivando alla porta a vetri e notando la ragazza
all’esterno: Sarah Davis. La sua migliore amica.
C’era stato un tempo in cui si era creduto innamorato di lei, ma era
volato via molto velocemente.
Sarah era la sua migliore amica, la conosceva da una vita.
Era la ragazza con cui si era scambiato il suo primo bacio e, proprio in
quell’occasione, aveva capito che non ci sarebbe stato altro che amore
fraterno per la bella biondina che era una costante rassicurante della sua
vita.
«Buongiorno!» esclamò Sarah, con un sorriso che sparì alla vista della sua
faccia lugubre: «Che cosa è successo?»
«Oh. Nulla di che. Il solito in casa Simmons.» dichiarò Alex, con
un’alzata di spalle: «Mio padre mi ha fatto notare che non faccio altro
che smanettare al pc, secondo mamma oggi fa talmente freddo che ho bisogno
della sciarpa e poi…beh, il solito. Papà ha accusato mamma della mia
inadeguatezza e via dicendo.»
«Mi dispiace.»
«Non preoccuparti.» dichiarò Alex, carezzandole il capo biondo, stando ben
attento a non toccare il pettinino a forma d’ape: «A te come è andata?»
«Mamma mi ha detto di non stare troppo ai videogiochi.»
«E quando mai ci stai?»
«Occhiaie.» dichiarò la ragazza, indicandosi il volto: «Non si notano
perché ho usato un quintale di correttore, ma facevo paura stamattina.»
«Il male non dorme mai.»
«Ecco. Coeur Noir sembra averlo preso alla lettera…»
«Mi dispiace.»
«Non è vero che ti dispiace.» borbottò Sarah, guardandolo male: «Tu ci
godi, invece.»
«Oh sì. Tanto.» dichiarò Alex, sorridendo con fare maligno: «La mia intera
esistenza gioisce sapendo che non dormi per dare la caccia a quei cosi…»
«Guerrieri.»
«A quei guerrieri neri che imperversano per tutta New York.»
Sarah lo fissò, scuotendo poi il capo: «Sarebbe più facile se…»
«Sarebbe più facile se mi permettessi di darti una mano.» dichiarò Alex,
passandole un braccio attorno alle spalle e stringendola a sé: «Insomma,
per cosa ho creato quel programmino bello bello su cui sto smadonnando da
giorni?»
«No, Alex.»
«Sì, Alex.» la parafrasò lui, facendole l’occhiolino: «Dai, ogni supereroe
ha bisogno di una mano. Sarò il tuo Alfred! Me ne sto alla Bee-Caverna e
faccio le mie magie al pc…»
«No.»
«Oh andiamo! Ma perché? Ti sarei utile! Altrimenti per cosa mi avresti
rivelato il tuo segreto?»
«Per avere qualcuno che mi copre con mia madre?»
«Vedi? Ti sono utile per questo, potrei esserti utile anche per…»
«Potresti essere in pericolo, Alex!»
«Beh, se uso il mio nome sì, però potrei avere uno pseudonimo e…»
«No.»
«Pensi che il tuo no mi fermerà?» le domandò Alex, fissandola in volto:
«Ne sei veramente convinta?»
«Lo spero.»
«Ah! Illusa.»
Sarah sospirò, scuotendo il capo e facendo ondeggiare la coda bionda: «Non
ti voglio in pericolo, Alex. Davvero. Sei il mio migliore amico e…»
«E sono una persona comunemente normale.» decretò lui, chinando la testa e
sospirando: «Cosa posso fare io, senza poteri? Giusto.»
«Fidati, tu sei tutto che comunemente normale.» mormorò Sarah, posandogli
una mano sulla spalla e sorridendogli: «Sei un ragazzo fantastico, Alex. E
lo so che vorresti darmi una mano per dimostrare a tuo padre che sei in
gamba ma, fidati!, non ce n’è bisogno. E se tuo padre non se ne
accorge…beh, problemi suoi!»
Alex annuì, osservando l’amica negli occhi e poi lasciando andare un nuovo
sospiro: come rinfrancata da ciò che aveva visto, Sarah s’incamminò
seguita dallo sguardo dell’amico.
No, lui non era fantastico.
Era Sarah quella fantastica.
Lui era solo Alex: un ragazzo comunemente normale, un po’ fissato con i pc
e con i supereroi.
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