Buonasera
a
tutti!
Capitolo
brevissimo, lo riconosco, e che forse non aggiunge neppure molto al
precedente: ma è stato anche uno dei primi a venire scritti,
ed era
assolutamente fondamentale allo sviluppo dei prossimi, ma non c'era
alcun modo in cui potessi accorparlo ad altri.
Sono
davvero,
davvero dispiaciuta di non aver pubblicato prima: ammetto che avevo
sperato di riuscire a pubblicare durante le feste, ma poi l'ansia per
gli esami mi ha letteralmente assalita, e non ho più avuto
in minuto
libero senza un libro aperto davanti.
Non
posso
davvero che ringraziare di tutto cuore cristal_93 e Persej Combe per
le loro recensioni e per le loro carissime parole. Siete un sostegno
grandissimo, sotto tutti i punti di vista.
Grazie
a
chiunque di essere arrivato anche solo fin qui, e, anche se in
leggero ritardo, buon anno!
A
presto
Afaneia
Capitolo
VI
– Il Grande Sole Rosso.
Per
far
confessare i bambini, Max ha stabilito che la cosa migliore da fare
è
coglierli di sorpresa. Perciò, mentre Hyra sta disegnando
con aria
concentrata un grosso obbrobrio sproporzionato che, secondo l'ipotesi
più plausibile, dovrebbe voler rappresentare lo Sharpedo di
suo
padre, Max si china su di lei e le chiede senza preavviso:
«Tu te lo
ricordi il grande sole rosso?»
È
sabato, per
fortuna, e Hyra non ha trovato nulla d'inusuale nel rimanere a casa
loro per tutta la mattina, anche se soltanto con lui. Del resto,
è
abituata al fatto che suo padre lavori di sabato, e non sa che Ivan
oggi ha preso un giorno di permesso per accompagnare Aima in
ospedale.
»Il
grande
sole rosso? Che cos'è?» cinguetta Hyra per tutta
risposta, senza
peraltro distogliere gli occhi dal foglio, dove si comincia a
intravedere quella che, almeno secondo le sue intenzioni, dev'essere
una pinna dorsale. Preoccupato dai movimenti un po' troppo
entusiastici e irregolari del suo gomito, Max allontana
l'inconsapevole bicchiere di succo di pesca che aspetta con aria
apparentemente innocua in un angolo del tavolo.
«Non
te lo
ricordi?» insiste piano, scrutandola attentamente per
saggiare le
sue reazioni. «È stato qualche mese fa. Non ti
ricordi che c'era un
po' troppa luce, e il sole era troppo caldo, e...»
«Di
che colore
è la pancia degli Sharpedo?» lo interrompe Hyra,
che dev'essersi
evidentemente già scordata del fatto che egli, in
quel preciso
momento, le stava parlando.
«Bianca»
risponde asciuttamente Max, guardando il disegno con un certo
disappunto. Non che si capisca che è uno Sharpedo, comunque.
«A
ogni modo, tornando a noi...»
«Oh,
no!»
esclama Hyra, cacciandosi disperatamente le mani tra i capelli.
«Stai
scherzando?»
Max
non impiega
molto tempo a trasferire il suo disappunto dal disegno a
lei.«Cielo,
non hai visto abbastanza volte lo Sharpedo di tuo padre?»
«Ma
guarda!» proclama Hyra tragicamente, porgendogli l'astuccio
delle
matite con lo stesso spirito di sacrificio di una moderna Ifigenia
avviata al martirio. Con un'occhiata compassionevole alle matite
mordicchiate e perlopiù spuntate, a Max non occorrono
più di un
paio di secondi per capire qual è il problema. Non
c'è una matita bianca.
«Come potrò finire il mio disegno,
adesso?»
Gli
accenti
melodrammatici di questa bambina risulterebbero dannatamente
irritanti, se solo Max non potesse fare a meno di trovarli suo
malgrado divertenti. Il fatto di non possedere una matita bianca deve
sembrarle un problema mortalmente serio, in questo momento, e in fin
dei conti è giusto così. Istantaneamente, Max
decide che non è da
lei che potrà sanare i suoi dubbi e mettere in pace la sua
coscienza, e semplicemente lascia perdere. Non sa per
quant'è che
Hyra potrà essere ancora serena, e rubarle questi ultimi
giorni di
quiete apparente sarebbe un crimine peggiore di quello ch'egli ha
commesso nei confronti di sua madre.
«Perché
non
fai finta che sia sott'acqua e lo colori di azzurro chiaro?»
propone, aggiustandosi gli occhiali sul naso con l'aria di esporre la
conclusione di un lungo e complesso studio scientifico. «Sai,
i
colori cambiano sott'acqua. Può funzionare.»
La
disperazione di Hyra si tramuta in un tripudio di gioia, non tanto
all'idea dell'azzurro, quanto alla prospettiva di poter trasporre il
suo aborto di Sharpedo non più sull'anonimato di un foglio
bianco,
ma su uno scenario esotico e concreto e in quache modo esotico.
«Oh,
ma è fantastico! Grazie, Max, grazie! Allora voglio farci
anche uno
sfondo blu e una stella marina e... tu sai dirmi com'è fatta
un'alga?»
Ma
ora neanche
Max la sta più ascoltando. È sorto qualcosa, in
quella
conversazione, che sta pungolando la sua coscienza nel profondo del
petto, e non saprebbe dire cos'è – o forse non
vuole soffermarsi a
riflettervi – ma ora per qualche strano motivo parlare con
lei a
quel modo lo sta mettendo tremendamente a disagio. Non vuole che Hyra
gli chieda niente. Non vuole aiutarla, non vuole consigliarla e non
vuole, assolutamente non vuole che lei lo ringrazi mai più!
Alzandosi
in
piedi, dice forzatamente: «Se ti vesti, ti porto a finire il
tuo
disegno al Museo Oceanografico. Così potrai guardare tu
stessa che
cosa c'è in fondo al mare. Sai, è proprio quello
che fanno i
pittori. Corri a cambiarti.»
«Hyra
mi ha
detto che siete stati al Museo Oceanografico.»
Ogni
volta che
Max lo guarda, malgrado tutte le sue speranze, Ivan è
così...
distrutto, e stanco. Ogni singola volta, vederlo così
è un dolore.
A
giudicare dal
suono rassicurante di personaggi che s'inseguono tra ridicole minacce
irrealizzabili e suoni onomatopeici tanto da suonare irreali, Hyra
è
tornata a guardare i suoi cartoni animati subito dopo aver salutato
suo padre. Bene così.
Ivan
si
accascia sul divano in una profusione di sospiri. Continua a parlare,
certo, ma senza guardarlo, e Max ritiene che sia più
prudente non
fare domande, per un po'.
«Già.
Hyra
stava disegnando un fondale marino, e pensavo che...»
Ma
Ivan non lo
sta veramente ascoltando, e non perché non gli interessi. Ha
gli
occhi vacui, perdutamente infissi nel vuoto, e forse non sa neppure
lui a che cosa precisamente stia pensando. Semplicemente, è
stanco.
Max però continua egualmente a parlare, perché di
solitudine, e di
silenzio, e di stanchezza e di pensieri orribili, la mente di Ivan
dev'essere anche troppo piena.
«Dice
che vi
siete divertiti un sacco.» Sono parole meccaniche e fiacche,
remote
e fredde come provenienti da un universo lontanissimo. Ivan sta
ancora fissando il vuoto, eppure Max fa finta di niente.
«Beh...
Hyra
si è divertita. Ha fatto un bel disegno.» Hyra ha
fatto la brava
per tutta la mattinata. Durante la lunga passeggiata al museo ha
chiacchierato ininterrottamente, colmando il vuoto con le sue parole,
ma non si è data peso dei suoi silenzi, e Max gliene
è stato grato.
Ha parlato del mare, della spiaggia, degli Wingull, e gli ha anche
fatto sentire un campionario del suo vasto repertorio di imitazioni
dei versi dei Pokémon, alcuni dei quali non sono neppure
tanto male,
per dirla tutta. Ma si è comportata notevolmente bene
durante la
coda d'ingresso al Museo, senza disturbare nessuno; e poi, non appena
sono entrati nelle vaste sale luminescenti di bagliori d'acqua che si
specchiavano sul pavimento, lo ha trascinato per il braccio lungo
l'intero edificio, raccontandogli tutto quello che sapeva delle
stelle marine e dei Magikarp e di tutto il resto, e poi, finalmente,
con buona pace dei suoi sensi stanchi e della sua coscienza
rimordente al centro del petto, si è messa a sedere, ha
tirato fuori
il suo disegno e ha ricominciato a disegnare. In silenzio, che era
una cosa della cui esistenza Max stava dubitando ormai da diverse
ore. «Credo che sia in camera sua. Se vuoi te lo vado a
prendere...»
«Max.»
La
voce di Ivan è profonda e non lascia adito a obiezioni. Per
una
volta, Max si lascia interrompere senza protestare.
«Grazie.»
Max non vuole
dare a questo grazie un significato più
profondo di quello
che può attribuirgli Ivan. Si sforza di trovare in fretta
qualcosa
da dire per sdrammatizzare un poco la situazione. «Di niente.
In
fondo, beh, quella bambina ha bisogno di un adulto che l'avvicini un
po' al mondo della cultura, no?»
«Non
parlavo
di... cioè, certo. Sei stato gentile a portarla al museo,
l'hai
fatta distrarre. Ma volevo dire... grazie di cercare di stringere un
rapporto con lei, Max. Io credo...»
«Che
cosa
credi?» chiede Max, quando l'esitazione di Ivan diventa
silenzio e
troppo carico di tensione, ed egli sente che potrebbe urlarne.
«Credo
che
Hyra dovrà passare moltissimo tempo con noi, d'ora in poi.
Aima non
potrà più prendersi cura di lei molto a lungo, e
vorrei che si
trovasse bene con te, e che vi voleste bene, se dovrà vivere
in
questa casa.»
Oh.
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