capitolo
33 – Ammissioni
Le
sue mani poggiano leggere sul vetro. Lontano, a dominare il cielo
terso, brilla un sole dorato. La sua luce si posa gentilmente sopra
le palpebre abbassate, sulle quali si possono distinguere sottili
venature blu. Le dita affusolate si flettono appena, scivolando sulla
fredda superficie. Per un breve istante, emanano un bagliore simile a
quello del sole là fuori, poi tornano al loro pallore
naturale.
Un
singulto sorpreso rompe il tranquillo silenzio della stanza e lo
spirito si volta, trovandosi attentamente osservato dagli occhi
curiosi della bambina.
«Sei
sveglia» mormora Pitch, avvicinandosi. «Come ti
senti?».
Katherine
distoglie lo sguardo e annuisce titubante.
«Meglio»
replica nervosamente. «Io…».
Lui
la osserva incuriosito, provando a scorgerne l’espressione
nonostante lei sia mezza sepolta dalle coperte e si ostini a non
incontrare il suo sguardo.
«Mi
dispiace per… Non dovevo dire quelle cose. Io…
È solo che…».
Lui
posa un polpastrello sulle sue labbra e quando lei, finalmente, torna
a guardarlo, scuote la testa, accennando un debole sorriso.
«Va
bene così».
«Ma
io…», tenta Katherine.
Una
mano di Pitch, ora piacevolmente calda, le accarezza gentilmente il
viso, e Katherine sospira, per un momento appagata. I suoi occhi
cercano quelli dello spirito e li trovano intenti a scrutarla con
un’espressione strana, mai vista al loro interno; somiglia
molto
alla serenità, ma è più triste:
malinconia.
«Sarei
stato un uomo felice e un padre orgoglioso, se tu fossi stata la mia
bambina» mormora con voce incrinata.
Katherine
sgrana gli occhi e trema violentemente. Un momento dopo ha nuovamente
il viso seppellito nelle pieghe della veste di Pitch, che fa del
proprio meglio per non lasciarsela sfuggire dalle braccia.
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
«Che
cosa stavi facendo?» chiede la voce piccola di Katherine,
molti
minuti dopo aver ritrovato un respiro regolare.
«Allenamento».
Lei
lo fissa, dubbiosa. «Cioè?».
«Hai
presente quella luce che non ti garba molto?» prova a
spiegare
Pitch, e al suo cenno di assenso prosegue. «Sto cercando di
venirne
a capo. Devo trovare il modo per controllarla e poterla usare in
maniera efficace».
«Per
che cosa?» si incuriosisce Katherine.
«Per
potermi difendere».
Lei,
d’un tratto, si allarma. «Pensi che quelle cose
luminose
torneranno?».
«Non
lo so» dubita Pitch. «Ma anche se non lo facessero
loro, devo
comunque tenere in conto la probabilità che le Ombre
intendano
ripresentarsi» ipotizza incerto, lasciandosi cogliere da un
tremito
preoccupato.
Lei
si fa seria e lo osserva, impensierita.
«Ombre?
Quelle altre
cose strane di cui parlavi quando mi hai raccontato
dell’altra
Katherine? Quelle cattive che rubano i sogni?» chiede
sgomenta.
Lui
annuisce piano. «Sì, esatto».
Cautamente,
studia la sua espressione spaventata, indeciso se spiegarle altro
oppure se sia preferibile tacere.
«Che
cosa c’è?» lo incalza invece Katherine,
che ha intuito i dubbi
dello spirito e vuole vederci chiaro.
Pitch
sospira e si siede più comodamente vicino alle sue gambe.
«Ci
sono cose di cui non ti ho parlato. Riguardano le Ombre e una parte
del mio passato. Solo… non sono certo che sia una buona idea
metterti a conoscenza di questo tipo di informazioni. Potrebbero
rivelarsi pericolose per…».
«No»
lo interrompe nuovamente Katherine. «Se ti cercano per farti
del
male, io voglio sapere che cosa sono, e anche perché ce
l’hanno
con te» decreta irremovibile.
Pitch
si massaggia stancamente le tempie e sospira frustrato. Non vuole
metterla in pericolo, non più di quanto sia già
riuscito a fare.
Eppure è anche cosciente del fatto che tacerle quella parte
del suo
passato potrebbe rivelarsi la scelta sbagliata. Inoltre ha il sentore
che lei, a quel punto, non sia particolarmente propensa a
permettergli di tacere oltre.
«D’accordo»
accetta, anche se a malincuore. Poi accenna un ghigno ironico.
«Sei
piuttosto dispotica, quando ti ci metti».
Katherine
ridacchia divertita e annuisce. In fondo è vero, quindi
perché
preoccuparsi di negare?
Lui
la fissa con sguardo speculativo e lei si agita irrequieta, non
sapendo bene cosa aspettarsi.
«Posso…
uhm… sedermi lì di fianco a te?»
bisbiglia Pitch, in imbarazzo.
Katherine,
dapprima interdetta, sorride felice e si scosta un poco per fargli
spazio, invitandolo poi con un colpettino della mano sulla coperta.
Pitch
piega le labbra in un piccolo sorriso più rilassato.
«Sai,
qualche anno fa tutto questo non sarebbe mai potuto accadere»
ragiona divertito. «Di solito aspettavo sotto i letti dei
bambini
che i loro occupanti si addormentassero per portar loro
incubi».
Katherine
spalanca gli occhi, sorpresa. «Sotto il letto? Ma…
non era
scomodo?» dubita, un po’ perplessa.
Pitch
socchiude le labbra, interdetto, poi scoppia a ridere di gusto.
«Accidenti
se lo era!» esclama.
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
ͽͼ
Il
resto della giornata Pitch la trascorre accoccolato sotto le calde
coperte, con la piccola Katherine appoggiata al suo fianco, impegnato
a narrarle di tempi antichi e nemici insidiosi; di soldati coraggiosi
e pericolose creature oscure; di ciò che, nonostante tutti i
loro
sforzi, è andato irrimediabilmente perduto, e di
ciò che invece è
rimasto e ha continuato, nei secoli, a minacciare la
serenità di
tutti, in particolare dei piccoli sognatori.
"Abbiamo
una vita sola. Nessuno ci offre una seconda occasione. Se ci si
lascia sfuggire qualcosa tra le dita, è perduta per sempre.
E poi si
passa il resto della vita a cercare di ritrovarla." (Rosamunde
Pilcher)
*
* * * * * * * * * * * * *
“Quando
il cuore piange per ciò che ha perso, l’anima ride
per quello che
ha trovato.” (Detto Sufi)
|