Capitolo
diciotto
Perdita
di tempo
Si
lasciò sfuggire dalle mani le verdure e i frutti comprati,
che
ricaddero sul pavimento di legno con un tonfo e Silye si
precipitò
fuori casa. Quasi si scontrò con Vidar, che stava rientrando
in quel
momento. «Ce l'ho!» esclamò lei,
entusiasta.
Lui
le rivolse prima un'espressione interrogativa; poi il suo sguardo si
posò oltre le spalle di Silye e attraverso la porta lasciata
spalancata da lei per guardare il cibo sparso a terra. La
superò e
si affrettò a raccoglierlo con un sospiro.
«Cosa?»
«La
posizione di Nidhöggr» rispose e Vidar si
voltò verso di lei con
un'espressione stupita. «Ho appena avuto una visione. Era
frammentata, ma sono comunque riuscita a vederlo: si trovava tra le
radici di un albero ed era dormiente.» Evitò di
riferirgli l'ultima
parte della visione, in cui vedeva i suoi occhi aprirsi e guardarla,
perché lo riteneva troppo inquietante da raccontare.
«A giudicare
dall'ultima visione e dalle dimensioni della serpe, solo un albero in
tutta Midgardr può avere delle radici così grandi
da riuscire a
contenerlo.»
«L'Yggdrasill...»
sussurrò il ragazzo, dando voce a ciò che
entrambi stavano
pensando. «Ma è quasi impossibile...»
L'umore
della ladra si oscurò di colpo e un moto di sconforto la
assalì.
«Perché?»
«È
impossibile riuscire a penetrare nelle radici dell'Albero Sacro,
soprattutto per un mostro come Nidhöggr. Come
può un male
così grande annidarsi in un luogo tanto puro?»
«Io
non credo che sia tanto impossibile come dici»
ribatté Silye. Prese
il libro delle völve
e, dopo una
breve ricerca, lo aprì nella parte dedicata all'Yggdrasill.
La notte
prima aveva letto un paio di pagine, tra cui quella in questione.
Indicò il disegno articolato che rappresentava l'albero in
modo
molto dettagliato e realistico. Si era stupita del tratto lineare e
preciso del pittore: era come se l'albero potesse bucare il foglio e
fuoriuscire dal piano. «Qui dice che
l'Yggdrasill rappresenta
un portale d'ingresso al regno dei morti, come uno strano ponte
chiamato Bifröst.»
Vidar
annuì. «Era l'unico mezzo in grado di trasportare
gli dei da Asgard
agli altri otto regni e viceversa, ma è andato distrutto con
il
Ragnarok e mai più ricostruito.»
Silye
fremeva per continuare il discorso che aveva cominciato, ma si
concesse di fargli una domanda su un dubbio che le parole di Vidar le
avevano fatto sorgere in testa. «E allora come hai fatto a
venire a
Midgardr da Asgard?»
«Grazie
a Sleipnir. Non era conosciuto in tutti i nove mondi solo per le sue
incredibili doti, ma anche perché è in grado di
viaggiare
attraverso i regni.»
«Un
cavallo prodigio» commentò Silye.
«Tornando al libro, l'Yggdrasill
sarebbe collegato al regno dei morti in qualche modo e così
potremo
anche raggiungere Nidhöggr, che suppongo si troverà
nel mezzo del
percorso. Basterà andare là, estirpare un po' di
radici, uccidere
la serpe e via» concluse, come se fosse la cosa
più semplice da
fare al mondo.
«Calma»
la bloccò Vidar. «Non è così
facile: non possiamo tagliare le
radici che collegano l'Yggdrasill alla terra. Senza di esse, l'albero
morirebbe e con lui tutti i regni e le creature che li
abitano.»
«E
allora cosa possiamo fare?»
«Trovare
un altro modo per avere la certezza che effettivamente
Nidhöggr si
trovi sotto l'Yggdrasill senza nuocere l'albero» disse,
pogiando
tutto il cibo sul tavolo. «Ti consiglio di iniziare subito a
cercare
sul tuo libro qualche soluzione. E alla svelta.»
«E
va bene...» sbuffò. Si era immaginata qualcosa di
più pericoloso e
pieno di azione, che potesse tenerla occupata e farle distogliere la
mente dal desiderio di andare subito nel villaggio più
vicino e
rubare quanto voleva senza scocciature di ogni genere. E invece
doveva passare un altro pomeriggio intero tra le pagine sporche e
ingiallite di quel vecchio libro.
Vidar
si riaffacciò dalla porta di casa dove era rientrato poco
prima e le
disse con sguardo innocente: «Dimenticavo: prima di iniziare
la tua
lunga sessione di lettura, prepara qualcosa da mangiare,
perché sto
morendo di fame.»
Le
ombre degli alberi si erano allungate fino a sembrare enormi giganti
neri, segno che la sera incombeva sul pomeriggio, e lei continuava a
sfogliare svogliatamente le pagine. Stava leggendo da tanto tempo che
le lettere iniziavano a confondersi tra loro e sentiva un leggero
fastidio agli occhi. Si fermò un attimo a guardare Vidar che
stava
seduto dalla parte opposta del tavolo ed era impegnato a tirare in
aria un sasso per poi riprenderlo, annoiato. Erano ormai ore che non
faceva altro che quello e Silye era vicina allo scoppiare. Era
già
difficile concentrarsi e non addormentarsi proprio sopra il libro; se
ci si metteva anche Vidar con la sua pietra, Silye era sicura che non
mancava tanto dal cacciarlo fuori e lasciarlo al freddo per tutta la
notte.
«Ancora
niente?» domandò per la millesima volta.
Silye
tentò di ignorarlo, ma lui la incalzò.
«Allora?»
«Allora
un bel niente!» gridò, con i nervi tesi.
«Va
bene, va bene» si affrettò a dire Vidar, per farla
calmare, ma non
funzionò.
«Senti,
puoi almeno farmi il piacere di lasciarmi leggere in pace? Ho
già un
tale sonno che non riesco neanche a tenere gli occhi aperti. Non ti
ci mettere anche te» voltò la pagina con impeto,
rischiando pure di
strapparla.
Vidar
si alzò senza dire nulla e le venne dietro, a leggere il
testo che
Silye aveva sotto gli occhi. Appoggiò un braccio sulla sua
spalla,
reggendosi su di lei con tutto il suo peso. Lo stava facendo apposta
per farla innervosire. Silye socchiuse gli occhi e cercò con
tutta
se stessa di non perdere la calma, ma era davvero difficile riuscire
a sopportarlo. Riprese la lettura da dove l'aveva interrotta.
«Come
sei lenta» fece notare Vidar con un sorriso beffardo.
«Ora
mi hai davvero stancata» disse Silye, scrollandoselo di dosso
e
allontanandolo.
«Perché?
Non ti piace il mio intrattenimento?» chiese con una finta
espressione ferita.
«Piantala»
Silye voltò di nuovo pagina e si ritrovò a
leggere di nuovo il
titolo Le Rune magiche. Aveva già
studiato le rune e
osservato le varie particolarità di ognuna. Il suo sguardo
vagante e
distratto, però, cadde su una in particolare: Runa
Kenaz.
Sotto vi era scritto che il suo significato era “torcia,
fiaccola”
perché aveva il potere di illuminare e portare alla vista
anche le
cose più lontane o buie. Riusciva a conferire una vista di
gran
lunga superiore a quella normale, permettendo, infatti, di vedere
chiaramente al buio, quasi come se fosse giorno, e anche attraverso
gli oggetti.
«Forse
ho trovato qualcosa» disse, improvvisamente seria, e
sentì Vidar
avvicinarsi di più a lei, ma stavolta davvero interessato.
«La runa
Kenaz: della vista.»
Era
un simbolo molto semplice: una v girata verso destra, come un angolo.
«Tu non puoi vedere neanche questa, giusto?»
«Questa
sì. Il fatto che non possa vederle vale solo per la runa
Wyrd. Per
tutte le altre non ho problemi: credo che sia perché sono il
figlio
di Odino, l'unico dio ad avere una conoscenza completa delle
rune.»
«Ad
ogni modo» riprese Silye. «posso incidermi la runa
per vedere
attraverso le radici se c'è Nidhöggr; in questo
modo non
rischieremo di distruggere l'albero inutilmente.»
«In
realtà non è per non rischiare, ma
perché non possiamo nel modo
più categorico possibile» la corresse.
«Come
dici tu» sbuffò Silye, già pronta a
prendere il coltello.
«Aspetta»
la trattenne lui. La ragazza si voltò per ascoltare cosa
voleva.
«Non devi farlo da sola. Posso aiutarti, ora che sono in
grado di
vedere la runa.»
«Non
ne ho alcun bisogno. Questa sarà una passeggiata rispetto
alla runa
Wyrd.»
«D'accordo.
Forse, però, è meglio farlo direttamente
là. Per evitare che si
indebolisca nel tempo che impiegheremo ad andare
dall'Yggdrasill.»
«Già.
Allora andiamo.»
Percorsero
la strada ormai ben nota ad entrambi che conduceva all'Albero della
Vita, circondati dall'oscurità della sera ormai calata,
rischiarata
solo dalla tenue luce proveniente dalla candela che Vidar stava
reggendo. Nonostante l'assenza di luminosità, avvistarono
subito da
lontano l'Yggdrasill, con il suo fusto robusto e possente e i suoi
enormi rami. Anzi, al buio Silye poteva vedere anche con più
chiarezza le linee gialle e verdi che scorrevano sul fusto, le stesse
che aveva visto nel sogno dove era venuta a conoscenza del libro. Non
le aveva mai viste prima d'ora nella realtà, forse
perché tutte le
volte che vi era andata, da sola o con Vidar, era sempre stato alla
luce del giorno.
Silye
si prese un istante per toccare il tronco e sentire tutta la sua
energia che le entrava nelle membra, rinvigorendola e infondendole un
senso di forza e risolutezza. Tirò, quindi, fuori il
coltello dal
pesante mantello e si scoprì il braccio sano, in cui non
aveva
inciso la precedente runa. La pelle rabbrividì al diretto
contatto
con il freddo notturno e il gelo si propagò in ogni altra
parte del
suo corpo, che i vestiti non riuscivano a riscaldare abbastanza. Lo
premette sulla pelle senza alcun indugio e incise due linee oblique
che convergevano sullo stesso vertice, ignorando il dolore, che ormai
considerava sopportabile dopo tutto ciò che aveva passato.
Sollevò
la punta insanguinata del pugnale e lo passò a Vidar. Dalla
profonda
ferita cominciarono ad uscire grandi fiotti di sangue che dopo poco
colò lungo il braccio fino a cadere al suolo, macchiando di
rosso i
residui di neve bianca e incontaminata che ancora coprivano la terra.
Fece per voltarsi di nuovo verso Vidar, ma improvvisamente la vista
le si oscurò. Conosceva bene quella sensazione: precedeva
sempre le
visioni, ma stavolta qualcosa cambiò. Dopo il buio, venne la
luce,
tanto forte da accecarla; dopo qualche istante, tuttavia, questa si
fece più fioca e tollerabile.
Mise
a fuoco il suo polso su cui spiccava la runa Kenaz e il suolo dietro
quello. Guardò alla sua destra e vi trovò
l'albero; questo, però,
non era reso tenebroso dal buio, ma era illuminato come se fosse
stato alla luce del giorno. La cosa più strana era che, dopo
un po'
che lo vide, fu come se potesse studiare tutto l'interno. Ora non
vedeva più soltanto le linee colorate che trasportavano la
linfa
vitale dell'albero, ma l'intera struttura: l'Yggdrasill era gremito
di milioni di linee giallo-verdi in continuo movimento verso l'alto e
il basso. Silye rimase a bocca aperta davanti ad uno spettacolo tanto
incredibile; l'albero appariva ancora più maestoso e vivo di
come lo
aveva sempre visto.
Confusa
da ciò che aveva davanti, si girò verso Vidar, ma
non lo trovò. O
meglio: non lo vide in carne ed ossa, poiché era visibile
solo la
costituzione interna del suo corpo. Ossa, vene, muscoli... Era come
se qualcuno avesse strappato via la pelle per mostrare le parti e gli
organi celati nella struttura umana. «Che diavoleria
è mai questa?»
sussurrò Silye, senza parole per ciò che stava
sperimentando. Le
visioni per lei erano diventate un fatto abitudinario, non riusciva
più a vederle come un qualcosa di fuori dal comune, ma
questo era
ben differente.
«Cosa
c'è?» chiese lo strano essere che era diventato
Vidar. Silye poté
vedere l'osso della mascella muoversi mentre il dio pronunciava la
domanda e dovette fare un grande sforzo per non ridere.
«Proprio
nulla» affermò, mentre si lasciava andare ad una
lunga risata
davanti ad un Vidar interdetto e confuso.
«Non
ne sono molto sicuro...» ribatté l'altro, mentre
Silye si calmava e
si asciugava le lacrime che le erano sgorgate dagli occhi per il
tanto ridere. «Se hai finito di perdere tempo, potresti anche
fare
ciò per cui sei arrivata a tagliarti il polso.»
Come
Vidar le ricordò il motivo per cui si trovavano
là in quel momento,
cercò di ritrovare un po' di contegno e guardò
sotto di sé,
proprio accanto al punto in cui le numerose ed enormi radici
dell'Yggdrasill rientravano nel sottosuolo. Per un momento fu
attraversata da un senso di vertigine: sotto di lei non c'era la
terra, ma migliaia di linee vivaci che passavano attraverso il tronco
dell'albero e sfociavano al di sotto del suolo.
Da
lì aveva la completa visione di tutti i livelli di terra su
cui
camminavano ogni giorno. Certamente non riusciva a spingersi al di
là
di un certo limite, ma poteva arrivare a vedere la fine della radice
più lunga. In mezzo ad un tale sfarzo di luci, sarebbe
dovuto essere
facile trovare Nidhöggr, un essere oscuro e gigante, ma non
riusciva
ad individuarlo. A un tratto le parve di scorgere qualcosa: una zona
con meno luce rispetto a tutto il resto, era una buca in mezzo a
metri e metri di terreno, la stessa che aveva visto nella sua
visione, ma con una piccola differenza. Nidhöggr non c'era.
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