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Autore: Sophja99    30/01/2017    5 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo diciotto

Perdita di tempo


Si lasciò sfuggire dalle mani le verdure e i frutti comprati, che ricaddero sul pavimento di legno con un tonfo e Silye si precipitò fuori casa. Quasi si scontrò con Vidar, che stava rientrando in quel momento. «Ce l'ho!» esclamò lei, entusiasta.

Lui le rivolse prima un'espressione interrogativa; poi il suo sguardo si posò oltre le spalle di Silye e attraverso la porta lasciata spalancata da lei per guardare il cibo sparso a terra. La superò e si affrettò a raccoglierlo con un sospiro. «Cosa?»

«La posizione di Nidhöggr» rispose e Vidar si voltò verso di lei con un'espressione stupita. «Ho appena avuto una visione. Era frammentata, ma sono comunque riuscita a vederlo: si trovava tra le radici di un albero ed era dormiente.» Evitò di riferirgli l'ultima parte della visione, in cui vedeva i suoi occhi aprirsi e guardarla, perché lo riteneva troppo inquietante da raccontare. «A giudicare dall'ultima visione e dalle dimensioni della serpe, solo un albero in tutta Midgardr può avere delle radici così grandi da riuscire a contenerlo.»

«L'Yggdrasill...» sussurrò il ragazzo, dando voce a ciò che entrambi stavano pensando. «Ma è quasi impossibile...»

L'umore della ladra si oscurò di colpo e un moto di sconforto la assalì. «Perché?»

«È impossibile riuscire a penetrare nelle radici dell'Albero Sacro, soprattutto per un mostro come Nidhöggr. Come può un male così grande annidarsi in un luogo tanto puro?»

«Io non credo che sia tanto impossibile come dici» ribatté Silye. Prese il libro delle völve e, dopo una breve ricerca, lo aprì nella parte dedicata all'Yggdrasill. La notte prima aveva letto un paio di pagine, tra cui quella in questione. Indicò il disegno articolato che rappresentava l'albero in modo molto dettagliato e realistico. Si era stupita del tratto lineare e preciso del pittore: era come se l'albero potesse bucare il foglio e fuoriuscire dal piano. «Qui dice che l'Yggdrasill rappresenta un portale d'ingresso al regno dei morti, come uno strano ponte chiamato Bifröst.»

Vidar annuì. «Era l'unico mezzo in grado di trasportare gli dei da Asgard agli altri otto regni e viceversa, ma è andato distrutto con il Ragnarok e mai più ricostruito.»

Silye fremeva per continuare il discorso che aveva cominciato, ma si concesse di fargli una domanda su un dubbio che le parole di Vidar le avevano fatto sorgere in testa. «E allora come hai fatto a venire a Midgardr da Asgard?»

«Grazie a Sleipnir. Non era conosciuto in tutti i nove mondi solo per le sue incredibili doti, ma anche perché è in grado di viaggiare attraverso i regni.»

«Un cavallo prodigio» commentò Silye. «Tornando al libro, l'Yggdrasill sarebbe collegato al regno dei morti in qualche modo e così potremo anche raggiungere Nidhöggr, che suppongo si troverà nel mezzo del percorso. Basterà andare là, estirpare un po' di radici, uccidere la serpe e via» concluse, come se fosse la cosa più semplice da fare al mondo.

«Calma» la bloccò Vidar. «Non è così facile: non possiamo tagliare le radici che collegano l'Yggdrasill alla terra. Senza di esse, l'albero morirebbe e con lui tutti i regni e le creature che li abitano.»

«E allora cosa possiamo fare?»

«Trovare un altro modo per avere la certezza che effettivamente Nidhöggr si trovi sotto l'Yggdrasill senza nuocere l'albero» disse, pogiando tutto il cibo sul tavolo. «Ti consiglio di iniziare subito a cercare sul tuo libro qualche soluzione. E alla svelta.»

«E va bene...» sbuffò. Si era immaginata qualcosa di più pericoloso e pieno di azione, che potesse tenerla occupata e farle distogliere la mente dal desiderio di andare subito nel villaggio più vicino e rubare quanto voleva senza scocciature di ogni genere. E invece doveva passare un altro pomeriggio intero tra le pagine sporche e ingiallite di quel vecchio libro.

Vidar si riaffacciò dalla porta di casa dove era rientrato poco prima e le disse con sguardo innocente: «Dimenticavo: prima di iniziare la tua lunga sessione di lettura, prepara qualcosa da mangiare, perché sto morendo di fame.»


Le ombre degli alberi si erano allungate fino a sembrare enormi giganti neri, segno che la sera incombeva sul pomeriggio, e lei continuava a sfogliare svogliatamente le pagine. Stava leggendo da tanto tempo che le lettere iniziavano a confondersi tra loro e sentiva un leggero fastidio agli occhi. Si fermò un attimo a guardare Vidar che stava seduto dalla parte opposta del tavolo ed era impegnato a tirare in aria un sasso per poi riprenderlo, annoiato. Erano ormai ore che non faceva altro che quello e Silye era vicina allo scoppiare. Era già difficile concentrarsi e non addormentarsi proprio sopra il libro; se ci si metteva anche Vidar con la sua pietra, Silye era sicura che non mancava tanto dal cacciarlo fuori e lasciarlo al freddo per tutta la notte.

«Ancora niente?» domandò per la millesima volta.

Silye tentò di ignorarlo, ma lui la incalzò. «Allora?»

«Allora un bel niente!» gridò, con i nervi tesi.

«Va bene, va bene» si affrettò a dire Vidar, per farla calmare, ma non funzionò.

«Senti, puoi almeno farmi il piacere di lasciarmi leggere in pace? Ho già un tale sonno che non riesco neanche a tenere gli occhi aperti. Non ti ci mettere anche te» voltò la pagina con impeto, rischiando pure di strapparla.

Vidar si alzò senza dire nulla e le venne dietro, a leggere il testo che Silye aveva sotto gli occhi. Appoggiò un braccio sulla sua spalla, reggendosi su di lei con tutto il suo peso. Lo stava facendo apposta per farla innervosire. Silye socchiuse gli occhi e cercò con tutta se stessa di non perdere la calma, ma era davvero difficile riuscire a sopportarlo. Riprese la lettura da dove l'aveva interrotta. «Come sei lenta» fece notare Vidar con un sorriso beffardo.

«Ora mi hai davvero stancata» disse Silye, scrollandoselo di dosso e allontanandolo.

«Perché? Non ti piace il mio intrattenimento?» chiese con una finta espressione ferita.

«Piantala» Silye voltò di nuovo pagina e si ritrovò a leggere di nuovo il titolo Le Rune magiche. Aveva già studiato le rune e osservato le varie particolarità di ognuna. Il suo sguardo vagante e distratto, però, cadde su una in particolare: Runa Kenaz. Sotto vi era scritto che il suo significato era “torcia, fiaccola” perché aveva il potere di illuminare e portare alla vista anche le cose più lontane o buie. Riusciva a conferire una vista di gran lunga superiore a quella normale, permettendo, infatti, di vedere chiaramente al buio, quasi come se fosse giorno, e anche attraverso gli oggetti.

«Forse ho trovato qualcosa» disse, improvvisamente seria, e sentì Vidar avvicinarsi di più a lei, ma stavolta davvero interessato. «La runa Kenaz: della vista.»

Era un simbolo molto semplice: una v girata verso destra, come un angolo. «Tu non puoi vedere neanche questa, giusto?»

«Questa sì. Il fatto che non possa vederle vale solo per la runa Wyrd. Per tutte le altre non ho problemi: credo che sia perché sono il figlio di Odino, l'unico dio ad avere una conoscenza completa delle rune.»

«Ad ogni modo» riprese Silye. «posso incidermi la runa per vedere attraverso le radici se c'è Nidhöggr; in questo modo non rischieremo di distruggere l'albero inutilmente.»

«In realtà non è per non rischiare, ma perché non possiamo nel modo più categorico possibile» la corresse.

«Come dici tu» sbuffò Silye, già pronta a prendere il coltello.

«Aspetta» la trattenne lui. La ragazza si voltò per ascoltare cosa voleva. «Non devi farlo da sola. Posso aiutarti, ora che sono in grado di vedere la runa.»

«Non ne ho alcun bisogno. Questa sarà una passeggiata rispetto alla runa Wyrd.»

«D'accordo. Forse, però, è meglio farlo direttamente là. Per evitare che si indebolisca nel tempo che impiegheremo ad andare dall'Yggdrasill.»

«Già. Allora andiamo.»


Percorsero la strada ormai ben nota ad entrambi che conduceva all'Albero della Vita, circondati dall'oscurità della sera ormai calata, rischiarata solo dalla tenue luce proveniente dalla candela che Vidar stava reggendo. Nonostante l'assenza di luminosità, avvistarono subito da lontano l'Yggdrasill, con il suo fusto robusto e possente e i suoi enormi rami. Anzi, al buio Silye poteva vedere anche con più chiarezza le linee gialle e verdi che scorrevano sul fusto, le stesse che aveva visto nel sogno dove era venuta a conoscenza del libro. Non le aveva mai viste prima d'ora nella realtà, forse perché tutte le volte che vi era andata, da sola o con Vidar, era sempre stato alla luce del giorno.

Silye si prese un istante per toccare il tronco e sentire tutta la sua energia che le entrava nelle membra, rinvigorendola e infondendole un senso di forza e risolutezza. Tirò, quindi, fuori il coltello dal pesante mantello e si scoprì il braccio sano, in cui non aveva inciso la precedente runa. La pelle rabbrividì al diretto contatto con il freddo notturno e il gelo si propagò in ogni altra parte del suo corpo, che i vestiti non riuscivano a riscaldare abbastanza. Lo premette sulla pelle senza alcun indugio e incise due linee oblique che convergevano sullo stesso vertice, ignorando il dolore, che ormai considerava sopportabile dopo tutto ciò che aveva passato.

Sollevò la punta insanguinata del pugnale e lo passò a Vidar. Dalla profonda ferita cominciarono ad uscire grandi fiotti di sangue che dopo poco colò lungo il braccio fino a cadere al suolo, macchiando di rosso i residui di neve bianca e incontaminata che ancora coprivano la terra. Fece per voltarsi di nuovo verso Vidar, ma improvvisamente la vista le si oscurò. Conosceva bene quella sensazione: precedeva sempre le visioni, ma stavolta qualcosa cambiò. Dopo il buio, venne la luce, tanto forte da accecarla; dopo qualche istante, tuttavia, questa si fece più fioca e tollerabile.

Mise a fuoco il suo polso su cui spiccava la runa Kenaz e il suolo dietro quello. Guardò alla sua destra e vi trovò l'albero; questo, però, non era reso tenebroso dal buio, ma era illuminato come se fosse stato alla luce del giorno. La cosa più strana era che, dopo un po' che lo vide, fu come se potesse studiare tutto l'interno. Ora non vedeva più soltanto le linee colorate che trasportavano la linfa vitale dell'albero, ma l'intera struttura: l'Yggdrasill era gremito di milioni di linee giallo-verdi in continuo movimento verso l'alto e il basso. Silye rimase a bocca aperta davanti ad uno spettacolo tanto incredibile; l'albero appariva ancora più maestoso e vivo di come lo aveva sempre visto.

Confusa da ciò che aveva davanti, si girò verso Vidar, ma non lo trovò. O meglio: non lo vide in carne ed ossa, poiché era visibile solo la costituzione interna del suo corpo. Ossa, vene, muscoli... Era come se qualcuno avesse strappato via la pelle per mostrare le parti e gli organi celati nella struttura umana. «Che diavoleria è mai questa?» sussurrò Silye, senza parole per ciò che stava sperimentando. Le visioni per lei erano diventate un fatto abitudinario, non riusciva più a vederle come un qualcosa di fuori dal comune, ma questo era ben differente.

«Cosa c'è?» chiese lo strano essere che era diventato Vidar. Silye poté vedere l'osso della mascella muoversi mentre il dio pronunciava la domanda e dovette fare un grande sforzo per non ridere.

«Proprio nulla» affermò, mentre si lasciava andare ad una lunga risata davanti ad un Vidar interdetto e confuso.

«Non ne sono molto sicuro...» ribatté l'altro, mentre Silye si calmava e si asciugava le lacrime che le erano sgorgate dagli occhi per il tanto ridere. «Se hai finito di perdere tempo, potresti anche fare ciò per cui sei arrivata a tagliarti il polso.»

Come Vidar le ricordò il motivo per cui si trovavano là in quel momento, cercò di ritrovare un po' di contegno e guardò sotto di sé, proprio accanto al punto in cui le numerose ed enormi radici dell'Yggdrasill rientravano nel sottosuolo. Per un momento fu attraversata da un senso di vertigine: sotto di lei non c'era la terra, ma migliaia di linee vivaci che passavano attraverso il tronco dell'albero e sfociavano al di sotto del suolo.

Da lì aveva la completa visione di tutti i livelli di terra su cui camminavano ogni giorno. Certamente non riusciva a spingersi al di là di un certo limite, ma poteva arrivare a vedere la fine della radice più lunga. In mezzo ad un tale sfarzo di luci, sarebbe dovuto essere facile trovare Nidhöggr, un essere oscuro e gigante, ma non riusciva ad individuarlo. A un tratto le parve di scorgere qualcosa: una zona con meno luce rispetto a tutto il resto, era una buca in mezzo a metri e metri di terreno, la stessa che aveva visto nella sua visione, ma con una piccola differenza. Nidhöggr non c'era.

   
 
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