documenti nvu per efp
Peach
all’epoca non era altro che una paffuta bimba molto curiosa.
Nonostante le premure, spesso esagerate, di Mastro Toad, quel
pomeriggio era riuscita a superare la staccionata che limitava le sue
escursioni giornaliere a quel tratto di giardino che nel tempo si era
rimpicciolito fino a diventare banale e noioso. Gattonando, con il
ciuccio in bocca, guardandosi a destra e a manca con gli occhi blu
pieni di curiosità, la bambina si inoltrò tra gli alberi del
boschetto di baccagliegi dietro al castello. Le foglie sotto le sue
manine erano diverse da quelle nel suo giardino. I colori degli
alberi in fiore erano bellissimi. Molto meglio di quelli del
giardino! Sopra di lei sentiva i Fletchling e i Pikipek cinguettare
allegramente. Ogni tanto uno Spearow richiamava un suo compagno, e a
volte dei Pokémon volanti le passavano sopra e in quel momento, per
pochi istanti, il terreno su cui posava piedi e mani si oscurava,
come se fosse stato coperto da nuvole per qualche frammento di
secondo. E lei rideva, sorpresa. Nel suo giardino vivevano i Pokémon
degli inservienti, divertendosi in un parco giochi apposito per loro,
e alcuni Pokémon – molto batuffolosi e pacioccosi – erano
addestrati a sopportare i peggiori pizzicotti di qualsiasi bambino,
ed erano messi a sua disposizione quando voleva accarezzarne uno; ma
lei era sempre buona con i Pokémon, e adorava accarezzare le loro
pellicce folte e spazzolate. Ma questi animali erano diversi, erano
selvatici, scappavano quando la vedevano, o la ignoravano. Peach
avrebbe voluto arrampicarsi su un albero di baccaliege per affondare
la manina rosea nelle piume di un Tailow dormiente, o si sarebbe
divertita a toccare il buffo naso di un Caterpie. Mentre avanzava,
ignara che l’Herdier di Mastro Toad si era già messo alla sua
ricerca, preoccupato, la sua attenzione fu attratta da un fascio di
luce che la colpì in viso, facendole strizzare gli occhi. Si guardò
a destra, e vide un lago azzurro, una pozza d’acqua nel mezzo del
boschetto, dalla superficie frammentata e scintillante come un
diamante. Attorno, dei fiori coloratissimi a cui attingevano dei
Combee e dei Butterfree lo coronavano con eleganza. La bambina si
lasciò sfuggire un grido di stupore. Che bello! Nel farlo il suo
ciuccio cadde tra l’erba morbida, ma lei non vi fece caso. Si alzò
barcollando sulle due gambe e zampettò alla maggior velocità
consentitale dalla sua inesperienza verso quello specchio d’acqua
così lucente e così cristallino.
Mastro
Toad e il suo fidato compagno, già Herdier all’epoca, avevano
finito di cercare per tutto il giardino.
«Cosa
facciamo?!» esclamò lui, disperato.
«Woff!?»
Herdier
lo guardò con occhi intelligenti per un attimo, poi piantò il naso
per terra iniziando ad annusare.
«Vai,
amico mio, troviamo la Principessina prima che sia troppo tardi! Oh,
santo cielo, non potrei mai perdonarmi se accadesse qualcosa al mio
bocciolo in fiore!»
Paonazzo
si lanciò al seguito del cane, che aveva già trovato una pista
indirizzata fuori dal cancello.
Quando
inciampò, per un attimo sentì il suo corpicino sospeso per aria e
ebbe un attimo di panico. Il suo piedino aveva urtato un sasso, e
dopo un attimo si era trovata a rotolare fino al lago tra l’erba e
i fiori. Non si era fatta niente, ma la paura prese il sopravvento.
Senza neanche provare a rialzarsi, spalancò la bocca e iniziò ad
urlare, disperata. Il boschetto sembrava tremare sotto le sue urla
tanto potenti quanto il suo corpo era piccolo. Lacrimoni pesanti le
sgorgavano dagli occhioni blu, mentre i Pokémon impollinatori
fuggivano via spaventati. La bimba agitò i pugni al vento,
scalciando e dimenandosi. Dov’era Mastro Toad quando serviva?
Dov’era la sua pappa? E il muso morbido di Herdier? E il suo
ciuccio? Perché si era allontanata così tanto? In quel bosco era
sola, e solo adesso se ne rese conto. Come sarebbe tornata a casa?
Quanto si era allontanata? Continuò a piangere anche quando la gola
prese a farle male.
Poi
qualcosa le toccò la fronte, e lei rabbrividì sorpresa; aprendo gli
occhi cristallini, si ritrovò il muso capovolto di uno strano
Pokémon intento a guardarla. Sembrava un cane azzurro, con un grande
cristallo sulla testa. Qualcosa in quello sguardo la tranquillizzò.
Peach smise di urlare. Suicune la guardava con solennità. Lei rotolò
sulla schiena, fece forza sulle gambe e sulle braccia e si mise
gattoni. Continuò a guardare quel buffo animale, così grande e così
bello, dalla chioma fluente e dalle zampe lunghe e aggraziate. Questo
era in piedi sull’acqua, a pochi centimetri da lei. Questo sì che
era buffo!Il lupo allungò di nuovo la testa, toccando di nuovo la
fronte della bimba, che rise. Si era completamente dimenticata di
quel brutto incidente di poco prima. Suicune continuò a guardarla, e
lei tese una mano in avanti per accarezzare la sua pelliccia color
cielo. La creatura si lasciò accarezzare la testa. Rimase immobile
sull’acqua a osservarla, per lunghi istanti. Peach rise di nuovo.
Poi Suicune alzò la testa allarmato, scattò all’indietro e con un
paio di balzi attraversò il lago e sparì nel boschetto. La
Principessina non ebbe tempo di capire cos’era successo che le
braccia forti di Mastro Toad la cinsero.
«Principessina!
Sia ringraziato il cielo! Stai bene!»
E
si lasciò sfuggire delle lacrime di gioia, mentre Herdier
scodinzolava rilassato.
«Po..
po… pocchema»
Disse
lei indicando il punto in cui era sparito Suicune.
«Sì,
ci sono molti Pokémon pericolosi nel bosco! – affermò il Maestro
facendosi cupo – ed è per questo che le Principessine come te devo
rimanere in giardino con i Pokémon buoni e Herdier e Mastro Toad,
ok?»
E
senza aspettarsi una risposta si avviò per riportare la bambina di
nuovo nei giardini del castello.
Qualche
anno dopo, Peach era già una ragazzina dalle gambe gracili e
dall’animo sfavillante. Quella sera corse, come di consueto, tra i
ciliegi del castello. Doveva andare da quel Pokémon ferito che aveva
trovato la settimana prima, e portargli delle bacche. Si era
emozionata nel trovare quel Pokémon. Desiderava tantissimo averne
uno suo, ma mancava almeno un anno prima che potesse riceverne uno.
Non lo ammetteva, ma era invidiosa di Mario e Luigi che già ne
possedevano uno per uno, e di Bowser, quel prepotente che di tanto in
tanto si faceva vedere per darle noia, che ne aveva già due. Quando
aveva trovato quel Pokémon infortunato, invece, e aveva iniziato a
prendersi cura di lui, si era sentita un’Allenatrice per la prima
volta.
“Un
Allenatore non deve solo far combattere i suoi Pokémon – aveva
rimproverato Mario qualche mese prima, quando questo si era preso
poca cura del suo Torchic ferito ad una zampa – anzi, soprattutto
deve prendersi cura di loro, e crescere con loro affinché nelle
battaglie si diverta invece che farsi male!”
Lei
non avrebbe amato far combattere la sua squadra, lo sapeva già.
Probabilmente si sarebbe dedicata a cose meno violente, come le Gare
Pokémon di bellezza o di abilità, o al Pokéathlon, così come
avrebbe fatto sicuramente Daisy. Mentre rifletteva su queste cose,
raggiunse il laghetto vicino al castello. Aveva con sé delle bende,
e delle baccarancie “prese in prestito” dalla dispensa. Si
inginocchiò sulla riva e chiamò il suo nuovo amico:
«Feebaaaas!
Feeeeeebaaaaas!»
Vide
un’ombra sotto la superficie del lago venirle incontro. Lei
spezzettò una baccarancia e la lanciò sull’acqua, dove la vide
sparire pezzo per pezzo. Ridacchiò nel veder sprofondare quei
pezzettini celesti. Poi il musetto poco elegante del Pokémon Pesce
affiorò e aprì la bocca in un sorriso storto per ringraziare la
fanciulla. Lei sorrise, e guardò la pinna destra dell’animaletto
attraverso l’acqua limpida. Sembrava guarita. Decise che non aveva
bisogno di nuove bende.
“Piccoletto,
prometto che quando sarò abbastanza grande ti prenderò come primo
Pokémon. Scommetto che non sei così brutto come sembri...”
Quando
il pesce marrone ritornò a nuotare sul fondo, Peach sospirò e si
alzò, trovandosi faccia a faccia con il muso di un lupo azzurro. Si
impietrì, bloccata da quello sguardo indagatore che la raggelava, e
fissò negli occhi il suo osservatore. Una specie di dejavu la colse.
Aveva già visto quel muso da qualche parte? Ma dove? Bastarono pochi
minuti prima che la Principessina capisse che Suicune non solo non
l’avrebbe aggredita, ma sarebbe rimasto immobile per farsi
accarezzare. Lei si avvicinò un poco e gli affondò le dita tra la
criniera voluminosa.
«Sei
proprio bello» sussurrò guardandolo negli occhi rossi. Suicune le
toccò la fronte, poi scosse la testa e balzò via. Peach rimase a
guardarlo finché non scomparve nel bosco.
Commento
Appunti
mentali. Mai scrivere una storia di PokéMaio a puntate o troppo
lunga, tanto non la finiresti.
Detto
questo, vi lascio con questo bocconcino, spero possa allietare la
vostra interminabile attesa fino ad un capitolo, spero, più
complesso.
A
presto(pftt)!
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