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IN NOMINE PATRIS
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La Madre Priora veste un sorriso lieve, mentre con un cenno, il palmo
sospinto leggermente in alto, quasi un invito, a richiudere poi le dita
su se stesse, emana un ordine alla ragazza che già aveva
incontrato gli occhi di Oscar, trattenendoli nei suoi con dolorosa
empatia.
Non ci sono risposte da attendere, se non compiacersi dell'obbedienza.
La giovane suora fa strada ad Oscar lungo il corridoio, le apre la
porta, attende ancora un poco.
- Questa è l'unica occasione che ho per parlarvi
così apertamente, vi prego di ascoltare attentamente -.
Oscar si appoggia al muro, le braccia incrociate. Ha freddo. Ha freddo
lungo le cosce nude che si accostano sotto la veste, mentre una rabbia
sorda le morde tenace la gola.
- La giornata è scandita dai
tempi di preghiera e di lavoro, imparerete a riconoscerli, e
finchè non
verrete consacrata suora, mi seguirete per apprendere le regole della
vita conventuale. Ci sono solo dei momenti ben precisi in cui siamo
libere
di parlare, la Madre Priora
è molto rigida a questo proposito. Mi state ascoltando,
Blanche? -.
Oscar tiene lo sguardo basso, quasi serrato. Ed è puro fuoco
quello che investe la giovane suora.
- Io non posso stare qui. Non mi piegherete, mai. Non è
questa
la strada che ho scelto. Vi prego di comprendermi almeno voi,
sorella...
-.
- Nives. Potete chiamarmi Nives -.
La ragazza sospira, sospinge lo sguardo sulle mani raccolte in grembo,
quasi a raccogliere i pensieri tra quelle dita bianche e strette.
- Siete pallida, e molto magra, e avete il corpo segnato da cicatrici.
Era quella la vita che avevate scelto, sorella Blanche? Veramente quella? Non ho mai
conosciuto una donna come voi, nascosta in un'uniforme da uomo. O forse
piuttosto qualcuno
ha scelto per voi, sì da farvi credere che fosse la vostra
unica
via, e poi l'avete consacrata giorno dopo giorno, e fatta vostra? -.
Oscar muove un passo, le braccia strette al corpo, e poi volta le
spalle, lo sguardo perso oltre il tondo di luce che rischiara la parete.
Tace, ancora un poco.
- Che differenza fa, sorella Nives? -, mormora infine.
- Nessuna. Credo nessuna, in fondo -. Nives si avvicina a lei, non osa
toccarla, ma le si accosta, guardando nella stessa direzione.
- E' quasi l'ora della preghiera che precede il desco. Seguitemi,
sorella Blanche. E' il caso che mangiate qualcosa. Vi dirò
io
quando potremo parlare di nuovo. Se avete qualcosa da chiedermi, potete
farlo adesso. E ricordate: se vedete qualcosa, non l'avete vista. Se
udite qualcosa, non l'avete udita. Se provate qualcosa, non l'avete mai
provata -.
Un sorriso amaro si dipana sul volto di Oscar.
Avrebbe così tante cose da chiedere, che ogni domanda infine
le smuore nel petto.
E' giovane Nives, ha gli occhi vivi, intrepidi. Occhi che raccontano
una storia, come i tratti di quel bel viso incorniciato dal velo, i
capelli che Oscar intuisce nascosti e corti, al pari dei suoi,
impossibile indovinarne il colore.
Improvvisamente rinchiusa in un luogo di donne, doppiamente a lei
misterioso.
Mille volte meglio affrontare un soldato, una caserma, un reggimento!
Ma lì... donna fra donne... e non donne vacue di corte, ma
donne pronte a rinnegare (o sublimare?) se stesse...
Oscar si sente disarmata.
Non proferisce parola.
La regola del silenzio. La prima regola.
Nives esce dalla stanza, Blanche la segue.
André sprona il cavallo oltre il cancello fatuo della
caserma.
La testa rimbomba di pensieri, il cuore in
controcanto gli
rimanda tinte cupe.
Non ha i poteri e l'influenza di un nobile. Non vengono spalancate
porte al suo passaggio, né ci si inchina d'ossequi e di
premure. Non ha denari per corrompere, né amicizie da far
valere.
Ha solo la determinazione che nasce dalla disperazione, l'argutezza
buona che nasce dall'osservare il mondo con occhi caldi e attenti.
Un problema alla volta. Un pensiero alla volta.
Arrovescia la testa, chiude lo sguardo al cielo che risplende limpido e
terso, un unico spazio monocolore, lasciando che il calore del sole
arrivi alla pelle, e la ristori.
Oscar...
Ha smesso di sperare. Ha smesso di attendere che l'anima
di lei
si apra all'amore. Vive, e nulla più. Dopo quella maledetta
sera, tra loro si è fatto silenzio e tacita distanza. Quante
volte deve dichiararsi ancora? C'è un qualcosa che a volte
rafferma il cuore e si chiama dignità.
In realtà ci sono stati degli istanti, quasi squarci
d'intuitiva
incoscienza, in cui gli è parso (o l'illusione diventa
abitudine?) che Oscar stesse per dirgli qualcosa. Come quella sera, a
casa, dopo l'aggressione a Sant'Antoine. Oscar aveva uno strano
sguardo. Di una dolcezza insolita, e prolungata. Aveva avuto
l'impressione che la cioccolata fosse solo una scusa, che fosse altra
la richiesta che ella avrebbe voluto fargli.
Resta
un po' con me, André.
Se solo Oscar avesse avuto il coraggio di dirglielo. Se solo fosse
riuscita a spezzare quelle antiche catene, e vivere, finalmente,
vivere... Oh, l'avrebbe abbracciata! O piuttosto, avrebbe lasciato che
lei si alzasse e gli si avvicinasse. Forse entrambi avrebbero guardato
la pioggia, la tazza di cioccolata fumante e amara, tra le mani,
lasciando che fosse un altro il calore a pervaderli. Se solo Oscar
avesse saputo che amare è così facile, così
facile...
Ma non era successo nulla di tutto ciò. Che sciocco il cuore
quando si fa sognatore!
Si era negato. Una punta di rivincita nella voce. Il corpo a pezzi,
malconcio e malmenato, e dentro non da meno.
E infine: Oscar non aveva reagito di fronte al padre. Non una parola.
E
adesso me ne andrò via assieme a vostra figlia.
Sarebbe fuggita, con lui? Avrebbe lasciato che
André, pistola in pugno, tenesse alzata la guardia,
coprendole la fuga, via da palazzo, i cavalli lasciati sellati e pronti
fuori le scuderie, forse una preghiera, una domanda, una mano che cerca
l'altra, e si incastra? Ancora silenzio. L'ennesimo, dannato, maledetto
silenzio.
Si inoltra tra i vicoli di Parigi. Un viavai affaccendato di
mendicanti, bambini e donne, nell'ora che precede il pranzo, per chi
può permetterselo. Per i più, un boccone divorato
in
fretta all'angolo di una straducola, un frutto rubato da un banco del
mercato
o da una cesta.
Quasi non si accorge di aver superato un ponte, e di ritrovarsi di
fronte ad un edificio familiare.
Solo che quel giorno nevicava, e qualcuno parlava alla folla, in una
piazzetta poco distante.
Lascia il cavallo, le finestre sono aperte, forse qualcuno è
in casa.
Chiama ad alta voce, un nome, poi due.
- André! -.
Rosalie si è affacciata d'impeto, la chioma bionda che la
segue, sporta oltre il davanzale. Una mano festosa a salutarlo.
- Sali, André! -.
E' casa. Odora di caffé, e verdure cotte, nei pochi mobili
disposti per necessità, ove non ci sono soldi per seguire il
gusto.
Ma ci sono fiori sul tavolo, e ricami nel tessuto che lo riveste. E' la
mano di Rosalie, che si riconosce ovunque, la sua composta freschezza.
- Spero di non recare troppo disturbo Rosalie! -, ride
Andrè.
La ragazza ride di rimando, la mano portata alla bocca. Non
cambierà mai, Rosalie.
Quel pensiero gli addolcisce il petto. Facile lasciarsi andare ai
ricordi. Non siamo fatti di quelli, in fondo?
- Dimmi subito di madamigella Oscar, André. Sta bene? Le hai
portato i miei saluti? Oh, quanto vorrei rivederla! -.
Trattiene malamente l'emozione che già le scivola sulle
guance.
Ha il cuore così piccolo Rosalie! Troppo piccolo per
contenere
tutto quello che ogni volta le esplode dentro.
- Sì, non temere. Sta bene, e ricambia con tanto affetto i
tuoi saluti -.
Se André è bravo in qualcosa, certamente lo
è nel non far soffrire e preoccupare gli altri.
- Sia lodato il Cielo! Sono sempre tanto in pena per lei -.
Sorride, Rosalie, dandosi a bassa voce della sciocca che non sa tenere
a freno la lingua.
- Non esserlo. La conosci -.
- Sì. Certo -, sorride, non può dirgli che
è
proprio perchè la conosce che è tanto
preoccupata. Ma intanto ha già preparato il caffé.
- E dimmi André. Cercavi forse Bernard? -.
André la osserva curioso. Forse non è vero che le
persone
non cambiano. Certe si assestano, evolvono, si fanno specchio del
vissuto dell'anima. Che la vicinanza di Bernard avesse smaliziato un
poco la piccola Rosalie?
- Ti confesso che mi sono ritrovato a passare di qua per caso. Ma senza
dubbio avrei bisogno di parlare di una certa faccenda con... con tuo
marito -.
Arrossisce, Rosalie. E quel tocco di pudicizia le dona quasi
sensualità.
- Non lo troverai stamattina. E' con Robespierre. Ma se ti fermi a
mangiare qualcosa con me, nel pomeriggio, sul presto, dovrebbe
rientrare.
Intendo, se non la trovi una cosa sconveniente. Oh, ma cosa sto
dicendo! -.
Ride, la mano di nuovo alla bocca, il grembiule che le sottolinea la
vita stretta, le braccia magre. Le nota, André.
- No, non lo trovo sconveniente, Rosalie. Anzi, mi farebbe piacere
restare un po' a parlare con te. Ma solo se non ti mette in
difficoltà avere un ospite -.
- Nessuna difficoltà, André. Non abbiamo molto da
offrirti, ma Bernard sarebbe felice quanto me di saperti alla nostra
tavola -.
E' un pasto semplice, quasi frugale, di brodo e verdure troppo mature.
André capisce quella povertà. L'ha toccata ogni
volta che
si è recato in caserma, che ha ascoltato i racconti dei suoi
compagni di brigata. Senza parlare, solo ascoltando. Storie di figli
senza genitori e di madri troppo povere. Di una Parigi avvolta da
spettri, e di un tempo gravido di cambiamenti.
- Ho paura per Oscar -, ripete Rosalie, il piatto vuoto di fronte.
- Sai cosa intendo, André. I nobili sono così in
odio
alla povera gente. Io lo so bene. Che cosa succederebbe se la
popolazione di Parigi si ribellasse? Io ogni tanto ascolto i discorsi
di Bernard. E non ci crederai -, arrossisce, - ma spesso mi legge i
suoi proclami chiedendomi cosa ne penso -.
- Mi sembra una bellissima cosa Rosalie! -, afferma André.
- Io non ne capisco di... di politica, ma sono una donna del popolo. So
cosa significa vivere in miseria -. Si osserva le mani, in grembo,
sfiorandosi piano le dita l'una contro l'altra.
- Rosalie... Non succederà nulla ad Oscar -.
Un assenso forte, con la testa: - Sì, certo André
-.
Si alza, toglie i piatti.
- Ma adesso dimmi un po' di te -.
André resta interdetto. Lo sguardo di Rosalie indugia su di
lui, sospeso in un sorriso appena accennato.
So di voi, l'ho sempre saputo.
Non può dirle nulla. Nulla che non la ferirebbe. Nella sua
vita
semplice, Rosalie ha trovato Bernard, hanno vissuto insieme, si sono
sposati. Non ci sono dubbi sul loro amore. Traspira lieve da quelle
mura, come un aroma delicato, impresso nel legno e nelle stoffe. Come
dirle che la loro vita, invece, la propria e quella di Oscar, sono
tremendamente complicate? Non solo per la differenza di classe. Rosalie
diventerebbe rossa in viso e alzando la voce gridererebbe che l'amore
non ha censo né blasoni.
E' proprio il riconoscersi, tra loro due, che è complicato.
Si ama
quando si è pronti. Anche Oscar prima o poi lo
sarà.
Spera solo di essere ancora vivo, a quel momento.
- Io sto bene, Rosalie -.
Rosalie sorride a pieno viso, fa un cenno con la testa.
- Tu hai sempre pensato molto agli altri... a madamigella Oscar,
soprattutto. E poco a te, André -.
- Sai, Rosalie. Credo che occuparsi delle persone cui vuoi bene
è come occuparsi di se stessi -.
- Sì-, mormora la ragazza di rimando, un'ombra di tristezza
nei begli occhi grandi e chiari, - lo credo anche io, André
-.
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Mi scuso per il ritardo della pubblicazione. Spero che l'aggiornamento
vi giunga gradito.
Grazie di cuore a chi segue, legge e commenta :)
Un abbraccio a tutt*
Amantea
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