Carta canta cap.3
Carta
canta
Tonight,
baby girl, we'll have a party
A tutte le ragazze
che nascondono un mondo dietro la maschera che il mondo le costringe a
indossare per sopravvivere...
La
lancetta era ancora
una volta arrivata in cima al quadrante, e di nuovo si rituffava per un
altro giro. Lexie la fissava intensamente, sperando forse di far
scorrere più in fretta i minuti, ma il percorso di quella
semplice stanghetta in grado di governare le nostre vite sembrava
rallentare sempre più sotto il suo sguardo. Dentro di lei,
era
in corso un complicato subbuglio di emozioni: sensibile com'era,
continuava a rivoltarsi in testa, battuta per battuta, il dialogo con
il ragazzo alla bancarella dei libri, e si sentiva così in
colpa
per non aver avuto il coraggio di scusarsi come si deve con lui per
come l'aveva trattata Libby. Era buffo, quel ragazzo; le era sembrato
dolce anche quando voleva fare lo spaccone con la sua amica. Lexie era
così: una bella persona che a causa della sua insicurezza
coglieva questa bellezza solo negli altri, che molto spesso erano resi
migliori proprio dalla luce che incontrarla accendeva su di loro. Tutti
per lei erano degni della sua attenzione e del suo affetto,
perché ciascuno possedeva qualcosa che lo rendeva un essere
speciale. Perciò, si colpevolizzava fin troppo facilmente
quando
le sembrava di non essere stata sufficientemente gentile e attenta nei
confronti degli altri. Era sempre tutta tesa a cercare di essere una
persona che rendesse felici gli altri; questo la stritolava anche in un
rigido senso del dovere, che se da un lato la rendeva molto resistente
alla fatica e all'impegno, dall'altro la rendeva fragilissima ai
fallimenti e agli errori, totalmente umani e che per altro raramente
aveva provato; per lei però "raramente" non era abbastanza,
avrebbe preferito di gran lunga "mai" come avverbio di frequenza.
Questa intransigenza verso se stessa, in quel momento in cui era
già agitata per l'incontro della mattina, aggiungeva alla
matassa di emozioni che le si agitava dentro anche delle fitte acute di
senso di colpa, quando attraversava la sua mente il pensiero che non
stava ascoltando una parola della lezione. Decise di cominciare da
quelle per sbrogliare quella massa che le pesava dentro: con uno
sforzo, spense la luce sul misterioso ragazzo dei libri e si
concentrò sul suo dovere.
Fresco, esattezza e trasparenza. Proprio quello di cui aveva bisogno
Lexie mentre appoggiava la fronte contro l'enorme vetrata della porta
finestra ad arco del corridoio dell'ateneo. Chiuse gli occhi,
lasciandosi cullare da quella sensazione. In quel momento del cristallo
sentiva di avere soltanto la fragilità, mentre il mondo
continuava a scagliarle contro sassolini. Sollevò a poco a
poco
le palpebre, in modo che i raggi di luce si facessero via via
più intensi. Un sorriso schiuse le sue labbra: il sole
inondava
le foglie gialle che riempivano il giardino sotto di lei, sui rami
degli alberi e ai loro piedi, creando un'atmosfera soffusa e
dorata. Lexie amava l'autunno perché le dava la
sensazione
di vivere tutto il giorno in un tramonto, c'erano la stessa
frizzantezza e la stessa dolcezza nell'aria, quelle che ti fanno
percepire delle vibrazioni nell'aria, create da un equilibrio magico.
Osservando di sotto, all'improvviso lo scorse: seduto su una panchina,
in compagnia di altri due ragazzi che la ragazza non aveva mai visto
prima, c'era il distratto compratore di libri, in attesa. Le gambe di
Lexie furono più veloci della sua mente: prima di rendersene
completamente conto, stava volando, la solita pila di libri stavolta
più bassa e stretta al cuore, sui gradini dello scalone
principale dell'ateneo; ma per quanto i piedi andassero veloci, non si
libravano tanto leggeri quanto il suo cuore in quel momento.
"Non
siamo stati qui abbastanza, Matty?" si decise finalmente a chiedere
George, guardando il cielo attraverso la nuvola di fumo che aveva
appena espirato.
Erano seduti su una panchina del campus universitario da dopo
l'incontro con la ragazza del mistero.
"Non pensavo sarebbe stato così facile trovarla" fu l'unica
risposta che ottenne dal suo migliore amico.
George si scambiò uno sguardo un po' preoccupato con Ross,
che aprì le braccia, rassegnato.
"Neanche noi, ma ora che si fa? Non penso che tu voglia accontentarti
di averla vista, giusto? Perché non l'hai fermata, allora?
Non le hai chiesto neppure come si chiama, sai di lei sì e
no quanto prima" rispose George con cautela, per non spezzare
l'incantesimo in cui sembrava immerso il riccio; infatti, quest'ultimo
si girò verso di lui con aria trasognata e un po' confusa.
"Be'... ora almeno le ho dato un volto, no? Non sarà
difficile rincontrarla qui all'università, o anche se lo
fosse, almeno non sarò tormentato dal pensiero che potrebbe
nascondersi dietro uno qualsiasi dei volti delle persone che passano di
qui in continuazione, senza che io sappia quale, giusto?".
George alzò le mani in segno di resa: "Hai ragione, meglio
un volto senza nome che un nome senza volto. Dunque siamo ancora qui
perché aspettiamo di vederla passare per fermarla?".
"Precisamente" replicò Matty, con un largo sorriso.
"Quindi, tu sai per certo che non è quella deliziosa ragazza
che si avvicina timidamente a noi, come a volerci parlare?".
Era stata la voce di Ross a pronunciare quella frase, perché
era stato l'unico a notare Lexie, che li osservava da qualche minuto
senza decidersi a farsi avanti. Quando Matty la vide, d'un tratto si
fece rossa e accennò un timido gesto di saluto, pensando a
quanto le sarebbe piaciuto in quel momento sprofondare sotto il
tappetto giallo e croccante su cui poggiavano i suoi piedi.
Il ragazzo le si avvicinò, sorridendole e cercando di
metterla a suo agio: "Ehi" le disse, fermandosi davanti a lei.
"Ehi" replicò a sua volta con voce flebile Lexie. Poi si
lanciò come un treno nella sua spiegazione; prese un gran
respiro e: "Non so se ti ricordi ci siamo visti prima alle bancarelle
con la mia amica e io ti volevo chiedere ancora scusa per come ti ha
trattato cioè anche per come ti ho trattato io
perché insomma avrei dovuto chiedere scusa subito invece di
scappare via e quindi quando ti ho visto dalla finestra ho pensato di
venire a chiederti scusa e oddio quante volte ho detto chiedere scusa
però ecco...".
Pronunciata tutta d'un fiato, senza pause, questa frase confusa, Lexie
si bloccò senza sapere cosa aggiungere e per maledire la sua
dannata parlantina a mitraglietta.
Matty parlò con calma a quella ragazza così
buffa, che gli ispirava tenerezza: "Meno male che ti sei fermata, non
sapevo se sarei mai riuscito a risponderti". E Lexie diventò
fucsia.
"Mi sembra di aver capito che vuoi chiedermi scusa, sbaglio?"
scherzò. E ora Lexie era color vinaccia.
Poi si fece serio: "Certo che mi ricordo, è stato un
incontro abbastanza indelebile, non trovi? Ma credimi, è
stato piuttosto piacevole, al contrario di quanto tu possa pensare;
infatti ero qui perché anche io volevo chiarire meglio, ma
la tua amica è scappata via in un baleno". Mentre le
parlava, le aveva afferrato una mano, e ormai la ragazza era viola.
"Ascolta...
Lexie, giusto?". Lei annuì, abozzando un sorriso a labbra
chiuse.
Proseguì: "Ok, Lexie. Io sono Matty. Stasera io e i miei
amici diamo una festa a casa mia.Ti va di venire, e ovviamente di
portare quel piccolo troll della tua amica? Giuro che non mordiamo, a
differenza sua, e siamo anche piuttosto simpatici. Almeno, io; per quei
due non mi sento di garantire". Finalmente la aveva fatta ridere; si
sentiva orgoglioso. Le lanciò uno sguardo speranzoso.
"D'accordo, Matty. Ti prometto che anche Libby è simpatica,
solo che deve volerlo, ed è piuttosto impulsiva. Ci saremo".
Il ragazzo aveva sorriso, e si era voltato per andare via.
"Matty?" lo richiamò lei. "Non mi hai detto dove abiti"
aggiunse arrossendo nuovamente. Improvvisamente le punte delle sue
scarpe erano diventate interessantissime.
Matty le scrisse il suo indirizzo sul dorso della mano, facendola
ridacchiare per il solletico.
Prima di lasciarlo andare, Lexie ebbe l'inusuale audacia di chiedergli:
"Posso sapere che cosa ti ha spinto a volerci rivedere?".
La mano di Matty era corsa rapidamente alla tasca dove teneva la sua
preziosa pagina, ma si fermò; non se la sentiva di rivelare
subito il suo segreto, e pensava di doverlo fare prima di tutto con la
legittima proprietaria del foglio. Così rispose: "Non lo so,
il caratterino della tua amica mi ha colpito molto; non sono tanti
quelli che riescono a mettermi soggezione".
Si separarono: Matty tornò alla panchina; Lexie, non appena
fu fuori dalla sua visuale, si mise a correre a perdifiato, sorridendo
da guancia a guancia.
"Giuro che non ti capisco, amico. Spendi un'intera mattinata in un
campus alla ricerca di una ragazza, e appena un'altra ti mostra un po'
di attenzione ne approfitti per parlarle, farle cambiare colore con la
frequenza di un semaforo e poi scappare via? Si può sapere
che vi siete detti?" disse George affannato, camminando a fianco
dell'amico.
"E sopratutto, perché dopo essertene stato immobile su
quella panchina per un'intera mattinata all'improvviso ti stai
allenando per la maratona di New York?" gli fece eco Ross; i due,
nonostante la lughezza chilometrica delle gambe, faticavano a tenere il
passo con il loro basso amico.
Matty sorrise malizioso a entrambi, senza smettere di camminare: "Ogni
cosa a suo tempo, ora dobbiamo preoccuparci di organizzare una festa
per stasera".
George e Ross si rivolsero l'ennesimo sguardo rassegnato della
mattinata, rinunciando a fare altre domande, forse preferendo non
sapere.
Matty intanto con la mente galoppava ancora più veloce che
con i piedi: "Sarà una serata da ricordare, ne sono sicuro".
F's spot
Ehi! Per farmi
perdonare del fatto che sono sparita per più di un mese,
ecco qui un altro aggiornamento poco dopo il capitolo precedente, ed
è anche bello lungo. Sono felice, perché mi
è tornata la voglia di portare avanti questa storia! Fatemi
sapere se anche a voi sta piacendo, o anche se non vi sta piacendo, le
critiche sono bene accette :) E la festa di Matty, sarà
davvero così memorabile? Lo sapremo presto :) Al prossimo
capitolo! F.
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