ReggaeFamily
Capitolo
29
Il weekend era trascorso
tranquillamente: il giorno dopo la festa gli organizzatori si erano
recati nella sala in cui si era tenuta per riordinare e pulire, ma
alla fine anche Lionel e Marta avevano insistito per dare una mano e
tutti insieme avevano trascorso un piacevole pomeriggio all'insegna
delle chiacchiere e delle risate.
Marta, con il suo
carattere espansivo, riusciva ad andare d'accordo con tutti; anche
Alex nutriva un insolito rispetto per quella ragazzina che conosceva
da anni e che era sempre riuscita a tenergli testa.
Lunedì le lezioni
trascorsero in fretta e alcuni professori permisero perfino
all'ospite di seguire le spiegazioni insieme a Lionel, altrimenti da
sola nel campus deserto si sarebbe ritrovata a vagare a vuoto e
avrebbe finito per annoiarsi.
Nel pomeriggio, alle
quattro, il ragazzo si sarebbe dovuto recare al maneggio per la prima
volta. Ben aveva prenotato gli appuntamenti di lunedì dopo
aver fatto una breve indagine: il giorno dopo in genere Lionel
frequentava corsi abbastanza leggeri, quindi non avrebbe dovuto
svolgere compiti eccessivamente numerosi o impegnativi.
“Marta, tu con chi
resterai quando sarò lì? Io devo andare con Ben”
le domandò lui un quarto d'ora prima di lasciare i dormitori
maschili.
Si trovavano all'interno
della stanza del ragazzo e lui, seduto sul letto, si stava infilando
il paio di scarpe più comode e resistenti che possedeva.
La ragazza ruotò
su se stessa per esaminare con attenzione la camera, poi lo osservò
con la testa inclinata leggermente da un lato. “I tuoi amici
sono simpatici, starò con loro! Che problema c'è?
Divertiti e non pensare a me!”
“Dovrò
chiedere a Cat di tenerti d'occhio, di te non ci si può
fidare!”
“Cat è
davvero una brava ragazza. Sono felice che il mio amichetto
d'infanzia abbia perso la testa per una così!” affermò
Marta, ridacchiando maliziosamente.
“Lascia stare. Sto
cercando in tutti i modi di dimenticarla, non ho speranze” si
rabbuiò lui con un sospiro.
“Scusa, non volevo
ricordartelo! Parliamo d'altro: l'unica che non riesco a inquadrare è
Lisa. Ma che ha quella ragazza? Ride e grida sempre, sembra una
bambina di cinque anni... non per male eh, è solo che non
riesco a capire il suo comportamento.”
“Lisa è
particolare, sono in pochi ad andare d'accordo con lei. All'inizio
sembrava solo un po' immatura e ingenua, poi durante l'anno è
peggiorata e ora ha questo atteggiamento abbastanza fastidioso. Pensa
che Cat è in stanza con lei e sono amiche nonostante tutto”
raccontò Lionel, mettendosi in piedi e dirigendosi verso la
porta.
“A quattordici anni
ci sono cambiamenti di questo tipo... ma se divento come lei, ti
prego, dammi una botta in testa: magari rinsavisco!”
Lui scoppiò a
ridere, contorcendosi per indossare il giubbotto in similpelle.
“Invece Ben e
Tiffany sono una forza, io ce li vedrei bene come coppia, non trovi?
Ma Ben è il ragazzo di Lisa, giusto?”
Prima di lasciare la
stanza, Lionel riassunse la storia del tradimento di Lisa. Le aveva
accennato quella faccenda una volta, ma per messaggi era difficile da
spiegare e quindi non era sceso nei dettagli.
“Okay, quel minimo
di simpatia che provavo per Lisa si è dissolto improvvisamente
nel nulla. Ben è un ragazzo troppo caro, glielo si legge negli
occhi, non ci si può approfittare di lui in questo modo!”
affermò lei indignata.
I due stavano
attraversando il corridoio deserto e continuarono a parlare delle
impressioni che lei aveva avuto della scuola e degli studenti finché
non si ritrovarono all'aria aperta.
“Ragazzi!”
attirò la loro attenzione Tiffany, raggiungendoli. “Stavo
proprio venendo a cercarvi! Non mi andava di lasciare Marta da sola.”
“Tiffany, grazie,
sei stata molto gentile! Allora buona fortuna Lion, dopo mi
racconterai tutto, okay?”
I due si strinsero in un
abbraccio e lui le raccomandò di non combinare guai.
“Che ne dici di
andare a prendere qualcosa al bar? Sta cominciando a fare caldo,
secondo me un bel gelato ci sta!” propose la più grande
mentre si allontanavano.
“Sì, gelato!
Mi piacciono le tue idee, Tiff!” accettò l'altra con
entusiasmo.
“Davvero Alex ti
importuna? Oddio, non ti invidio!”
“Ti giuro che non
lo sopporto più, è così insistente! Ma è
sempre stato così?”
Le due ragazze, dopo aver
acquistato un cono gelato a testa, erano nuovamente uscite al sole e
cercavano con lo sguardo un posto soleggiato in cui potersi
posizionare a consumare la loro merenda.
Nel frattempo si erano
ritrovate a chiacchierare del più e del meno come amiche di
vecchia data fino a giungere a un tasto dolente: Alex.
“Io lo conosco più
o meno da sette anni e ti posso assicurare che è sempre stato
un tipo tosto, ha sempre avuto un carattere pessimo e sgradevole;
insomma, tutto il contrario di Lion. Ma ultimamente penso che sia
peggiorato: vuole ostentare il suo essere duro e arrogante perché
è un adolescente in preda agli ormoni, oppure crede che questo
metodo sia efficace per conquistare le donne!”
Tiffany scoppiò a
ridere di gusto. “Tutta scena secondo me, non lo vuole
nessuna!”
“Hai ragione! Tra
l'altro sembra avere un'ossessione per te, quindi dubito vada a
cercarne altre!” convenne Marta.
Le due si sedettero sul
bordo di un'aiuola e cominciarono a gustare il loro gelato.
“No, mi sono
sporcata! Che cretina che sono...” esclamò Tiffany dopo
qualche secondo, osservando con la fronte aggrottata la piccola
macchia bianca sui suoi jeans.
“Vuoi un
fazzoletto? Ti serve aiuto?” si preoccupò subito Marta,
rovistando nella sua borsa con la mano destra e tenendo il cono con
la sinistra.
“Mi conviene andare
in bagno. Potresti tenermelo? Ci metto un attimo.”
Marta rimase da sola sul
basso muretto dipinto di bianco con due coni gelato in mano. Sperò
che quello di Tiffany non si sciogliesse troppo nel frattempo.
Cominciò a
osservare i ragazzi che stazionavano nei tavolini all'esterno del
bar, intenti a chiacchierare, studiare o semplicemente crogiolarsi
sotto il sole primaverile. Marta aveva adorato fin dal primo momento
quella scuola per l'atmosfera serena e festosa che si respirava in
ogni momento della giornata; i ragazzi erano circondati dal verde che
s'innalzava dalle numerose e grandi aiuole, l'orizzonte era dominato
dal mare che profumava l'aria per tutto l'anno e le viottole che si
snodavano per tutto il cortile facevano pensare a una piccola
cittadina composta solo da giovani.
Un ragazzo attirò
la sua attenzione: occupava un tavolino da solo e fissava con sguardo
vacuo un libro aperto, senza realmente donargli attenzione. Sembrava
parecchio annoiato e ogni tanto si guardava attorno, sperando di
riconoscere qualche faccia nota.
La ragazza era sicura di
averlo visto da qualche parte, ma non ricordava dove. Possibile che
si trattasse di un partecipante alla festa di Lionel? Aveva solo un
modo per scoprirlo; magari il suo gesto sarebbe servito anche per
distrarlo, le dispiaceva vederlo da solo nonostante non lo
conoscesse.
Si alzò e si
diresse verso di lui senza nessuna esitazione. Il ragazzo biondo
parve accorgersi del suo arrivo, ma non sollevò del tutto il
capo nella sua direzione, si limitò a lanciarle rapide
occhiate con la coda dell'occhio.
“Ciao!”
esordì Marta con un amichevole sorriso.
“C-ciao”
balbettò lui, a disagio.
“Ho un dubbio: per
caso tu sei un amico di Lionel?”
“Ehm... non
proprio, ci conosciamo.”
“Ah, allora
probabilmente ho ragione: ecco dove ti ho già visto, alla sua
festa di compleanno. Scusa la domanda un po' scema, ma m sembrava di
averti già visto!”
Lui posò
finalmente i suoi occhi grigi sul viso di lei e si illuminò
all'improvviso: “Sbaglio o tu sei l'amica di Lionel? Quella che
è apparsa dal nulla...”
Marta ridacchiò.
“Esatto, in persona! Mi chiamo Marta, tu invece sei...?”
“Angel” si
presentò lui, tendendole una mano; ma fu costretto a ritrarla
quando constatò che lei le aveva entrambe occupate.
“Ti sei comprata
due gelati? Come fai a mangiarli?” chiese allora perplesso,
facendosi sfuggire un sorriso divertito per le parole che aveva
appena pronunciato.
“Macché, uno
è di Tiffany che si è spostata un attimo... perfetto,
si sta sciogliendo... e adesso come faccio?”
“Marta, eccoti, non
ti trovavo più! Quel gelato è in condizioni pietose,
dallo a me che lo rimetto a posto! Attenta, ti stavi per sporcare per
colpa mia!” intervenne Tiffany, sopraggiungendo e recuperando
subito il suo cono impiastricciato di panna. “Oh, ciao Angel!
Com'è che ti ho notato solo ora?”
“Ciao Tiffany,
veramente anche io ho scoperto che eri qui solo quando Marta ti ha
nominato.”
“Beh Angel, tu devi
stare a guardare mentre noi mangiamo? Ti piace il gelato?”
esclamò la più piccola.
“Sì, ma
veramente io...”
“Dai, andiamo, così
lo scegli!” tagliò corto lei con un sorriso raggiante.
“Povera Tiff, mi
hanno detto che ha dovuto studiare moltissimo in questo periodo per
via di una relazione e ora ha di nuovo un sacco di compiti in
classe!” commentò Marta, osservando Tiffany che si
dirigeva verso i dormitori femminili. Dopo circa un'ora trascorsa
insieme a Marta ed Angel era dovuta fuggire perché il giorno
dopo avrebbe dovuto sostenere una verifica e doveva finire di
studiare qualche pagina.
“Oh sì,
scrivere quelle dodicimila parole è stato un problema. Infatti
io non le ho scritte.”
Si erano fatte ormai le
cinque e mezza, ma Lionel non si era ancora fatto vivo. Angel,
nonostante l'imbarazzo, si era offerto di fare compagnia alla
ragazza. In fondo si era trovato bene con lei, ci aveva chiacchierato
anche grazie all'aiuto di Tiffany, ma non era sicuro di riuscire a
sostenere una conversazione anche una volta da soli.
“Hai consegnato un
foglio bianco?!”
“Non ne avevo
voglia, e poi per la scrittura e materie del genere sono negato.”
“Però i
vostri professori mi sono sembrati abbastanza in gamba, ho assistito
ad alcune lezioni. Sai, questa scuola è mitica sotto tutti i
punti di vista; da quando ho saputo che Lion l'avrebbe frequentata ho
cercato in tutti i modi di convincere i miei genitori perché
iscrivessero anche me, ma non ho ottenuto risultati. Dicono che costa
molto farmi vivere qui e poi sarebbero preoccupati per me, hanno
paura che combini qualcosa” gli confidò Marta.
“È normale
che i tuoi genitori si preoccupino, non è una decisione facile
mandare i propri figli a studiare fuori.”
“Ahi, hai una
cicatrice sul polso! Ti sei fatto male?”
Quelle parole fecero
sobbalzare Angel, che solo in quel momento si accorse di avere una
manica leggermente sollevata. Marta aveva posto quella domanda con
innocenza, probabilmente non immaginava di cosa potesse trattarsi, ma
quella domanda lo colse alla sprovvista.
“Era v-vetro, mi
sono ferito con il vetro” mormorò lui, nascondendo in
fretta la ferita.
“Oh.” Marta
si era resa conto solo in quel momento di cos'aveva appena detto.
Come aveva potuto porre una domanda del genere? È quasi
impossibile procurarsi una ferita sul polso accidentalmente. Inoltre
Lionel una volta le aveva parlato di un suo compagno che aveva
tentato il suicidio, ma le era passato di mente e si ritrovava a
ricollegare i fatti solo dopo aver commesso l'errore.
“Che c'è?”
le chiese lui, notando il rossore sulle sue guance.
“No, è
che... mi dispiace...”
“Non ti
preoccupare, è acqua passata. Immaginavo che tu sapessi la
storia. Ma ora parliamo d'altro: sarebbe bellissimo se tu riuscissi a
frequentare questa scuola! Io te la consiglio, anche se ho pensato
più volte di abbandonarla.”
Angel non credeva a ciò
che aveva appena fatto: era riuscito a gestire con una grande dose di
autocontrollo una situazione abbastanza complicata e imbarazzante,
era stato lui a prendere l'iniziativa e portare la conversazione su
un altro argomento. In genere era lui quello che arrossiva e non
sapeva cosa dire.
Ma Marta lo metteva a suo
agio con la sua frizzante spontaneità, con lei anche il peso
di quelle cicatrici sembrava diminuire.
“Okay... davvero
hai pensato di lasciare la scuola? Come mai?”
“Poca voglia di
studiare e poca motivazione. Forse anche un po' di nostalgia di casa.
In realtà a volte ci penso ancora, ma poi mi dico che stare
qui è una grossa opportunità e la devo sfruttare.”
I due rimasero a parlare,
scherzare e confrontarsi seduti al parco finché non si fece
l'ora di cena.
Marta per tutto il tempo
non aveva più dato un'occhiata al telefono e solo in quel
momento si accorse del messaggio di Lionel; si accordarono per
incontrarsi in mensa.
Mentre lei ed Angel si
incamminavano tra le stradine illuminate dal tramonto, lui la
ringraziò per la piacevole chiacchierata, sinceramente grato
per quel magnifico pomeriggio.
“Perché mi
ringrazi? Io amo conoscere nuova gente e ancora di più
scoprire persone simpatiche e intelligenti come te!” replicò
lei semplicemente.
Per lei esprimere ciò
che pensava e mostrare curiosità nei confronti degli altri era
qualcosa di naturale, come respirare.
Per Angel ricevere quelle
attenzioni era qualcosa di surreale, come volare.
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