33.
TI AMO
“Mi
sento benissimo!” Joel si guardò intorno e fece un grosso respiro. “Non mi
sentivo così bene da mesi oramai. Oh Allison” le strinse le mani e baciò il
dorso di entrambe. “Ti adoro, perché non sei venuta prima?”
Lei
rise in attesa che i loro caffè fossero pronti, dentro quel grandissimo
aeroporto mentre aspettava di ripartire per gli Stati Uniti. Il dottor Joel
Goran sembrava finalmente di nuovo se stesso; i capelli in ordine, la barba
appena accennata, negli occhi quella luce che Allison non aveva visto quando
era arrivata e lo aveva trovato seduto su una sedia a rotelle… rassegnato,
spento.
“Non
sapevo cosa fosse successo” gli disse ripensando a quel Paradiso che le era
stato offerto e che aveva rifiutato. “Quando l’ho scoperto sono venuta.”
“Come
l’hai scoperto, a proposito?”
“È
una lunga storia” tagliò corto lei. “Che non vale la pena di essere raccontata. Ad ogni modo, la cura che ti ho offerto non può essere replicata,
quindi prenditi cura di te e non fare l’eroe. Sei un dottore, fai solo quello
okay?”
L’uomo
annuì. “Ricevuto. Questo però ci porta alla mia prossima domanda; cosa mi hai
dato esattamente?”
“Fidati,
non mi crederesti se te lo dicessi.”
“Mettimi
alla prova.”
Allison
respirò a fondo e valutò le sue opzioni. Erano solo due in realtà: mentire o
dire la verità. Sperò di essere in grado di trovarne una terza perfettamente a
metà tra le due. Mentre ci pensava però decise di partire dalla seconda, era
comunque certa che Joel non le avrebbe creduto. “Era sangue di vampiro” lo
informò.
Lui
la fissò perplesso, poi scoppiò a ridere. Esattamente come lei aveva previsto.
“Sei più divertente di quanto ricordassi.”
“Non
ne hai idea” lo assecondò lei con un sorriso leggermente forzato. “Era sangue
comunque, misto ad alcune altre strane sostanze di cui non so molto. In una poco
conosciuta tribù africana c’è la convinzione che il sangue di uno specifico
insetto molto raro, se mischiato ad altri pochi ingredienti, possa guarire. Non
ci credevo all’inizio ma poi ho avuto le prove che funziona e così quando ho
saputo di te ho deciso che valeva la pena recuperare un po’ di questo magico
siero.”
“Parli
sul serio?”
Allison
annuì. “Sì Joel, per quanto assurdo possa sembrare. Sul serio, cerca di non
farti più saltare in aria perché quel dannato insetto è tanto raro quanto
costoso. Se hai capito cosa intendo.”
“Quanto
ti è costato?”
“Perché
vuoi saperlo? Vorresti ridarmi i soldi?” la cacciatrice si schiarì la voce.
“Senti Jo, consideralo un regalo, in fondo te lo devo dopo essere partita così
di improvviso tanti anni fa proprio mentre…”
“Mentre
io mi innamoravo di te ignorando che il sentimento non era reciproco?” concluse
lui facendo infine un grosso respiro. “È il passato Allison e se hai fatto
tutto questo perché credevi di dovermi qualcosa allora…”
“L’ho
fatto perché era la cosa giusta da fare. Ecco il motivo” Allison si mise in
ascolto della voce che gracchiava attraverso l’altoparlante. “È il mio volo,
sarà meglio che mi avvii. Grazie per avermi accompagnata Joel, spero di
rivederti presto.” Si alzò sulla punta dei piedi e gli baciò la guancia. Poi
afferrò la sua valigia e si incamminò.
“Hey
aspetta” le disse Joel raggiungendola. “Hai dimenticato qualcosa.”
“Cosa?”
“Questo”
l’uomo la baciò, senza preavviso e senza esitazione. Lei ricambiò. “Me lo
dovevi, questo sì che me lo dovevi.”
“Sei
un idiota” rise lei riprendendo a camminare verso il gate.
****
“Non
posso partire prima di qualche ora, sono appena tornata da Toronto
praticamente.” Allison fermò l’auto davanti la tenuta dei Mikaelson e la chiuse
incamminandosi verso l’interno. Aveva un piano, ce lo aveva chiaro in mente:
prendere la collana, dire addio, sparire per sempre dalle vite degli Originali.
O
meglio, fare in modo che loro sparissero dalla sua. Sperava che Rebekah non
avrebbe fatto troppe storie ma dubitava che sarebbe andata così.
“Che
ci sei andata a fare a Toronto?” Sam si schiarì la voce
dall’altra parte del telefono. “E dove sei ora?”
“Un
vecchio amico aveva bisogno di una mano, gli ho fornito assistenza, per così
dire. Adesso sono a New Orleans, prima di partire ho dimenticato una cosa qui e
sono venuta a prenderla” gli raccontò e fu allora che Elijah le si piazzò
davanti, elegante e attraente come al solito.
Le
sorrideva con quella smorfia maliziosa che gli piegava le labbra e che
si scontrava – o incontrava, dipendeva da come si voleva guardare alla cosa –
con la tenerezza nei suoi occhi. Era dannatamente affascinante, magnetico, e
lei sapeva di essere nei guai.
“Allison,
ci sei ancora?”
“Sì
Sam, sono qui. Ma devo andare adesso, ti richiamo più tardi.”
Riattaccò
e fece un grosso respiro preparandosi alla battaglia tra cuore e ragione più
feroce che avrebbe mai combattuto. Per quanto la ragione le dicesse di rimanere
lucida infatti, il suo cuore sembrava urlarle lasciati andare. Come con
Joel sperò di trovare il giusto compromesso tra le due cose.
“Ciao”
le sussurrò lui, le mani dentro le tasche, l’attesa nello sguardo. “Rebekah ha
detto che saresti venuta, io non ne ero certo.”
“Rebekah
si è presa la collana di mia madre, ecco perché era certa che sarei venuta,
perché sa che la rivoglio, sa quanto è importante per me.”
Lui
sembrò sorpreso ma scosse poco il capo e le si avvicinò di qualche passo. “Non
ne sapevo nulla, ma Rebekah non è qui al momento. Mentre la aspettiamo
potremmo… parlare, che ne dici?”
“Parlare…”
Allison sorrise nervosamente. “Sai, io avevo molte cose da dirti, tante cose da
raccontarti. Ci pensavo e ripensavo mentre ti stavo seduta accanto su quel
letto, mentre ti guardavo dormire in attesa che aprissi gli occhi” gli disse.
“Poi però, quando li hai aperti, la prima cosa che hai fatto è stata andartene
via senza neppure salutarmi. Con Hayley…”
Elijah
aprì bocca per parlare ma lei lo bloccò con una mano.
“So
cosa vuoi dirmi, vuoi dirmi che lo hai fatto per me, perché non avevi il pieno
controllo di te stesso e non volevi rischiare di farmi de male” continuò.
“Risparmiati la favoletta, Klaus me l’ha già rifilata. Anche Rebekah se è per
questo. Peccato che io non creda alle favole.”
L’Originale
rimase in silenzio, la guardò andare avanti e indietro per l’atrio, inquieta,
arrabbiata. Come non gli capitava di vederla spesso. La ascoltò descrivergli la
sua frustrazione nello scoprire che non aveva saputo rispettarla, la sua
amarezza nel rendersi conto di contare così poco per lui.
Peccato
però che fosse tutto il contrario; era proprio perché ci teneva che era sparito
per un po’ anche se capiva che poteva non sembrare così.
“Ho
finito!” esclamò infine guardandolo. “Non ho più nulla da dire. E quando
Rebekah tornerà e avrò recuperato la mia collana, me ne andrò e non tornerò più
qui Elijah. Quindi se hai qualcosa da dire dilla ora. La ascolterò e poi ci
saluteremo per sempre.”
“Ti
amo” le disse lui. “E mi dispiace.”
Allison
fu colta alla sprovvista. Piegò poco il capo e chiuse gli occhi per un istante.
Le tornò in mente qualcosa che non sapeva di ricordare…
“Ti
amo. Mi dispiace di averci messo tanto a dirlo.”
“Allison... Ti prego resta con me. Ti prego, torna da me.”
“È
tutto quello che hai da dire?” gli domandò.
Lui
annuì. “Ti amo” ripeté. “Non voglio stare senza di te.”
Lei
si strofinò gli occhi con le dita e fece un grosso respiro. Si disse che era
incredibile quanto magiche potessero sembrare due semplici parole se
pronunciate dalla voce giusta. Per quanto provasse a negarlo per lei non c’era
voce più perfetta di quella di Elijah Mikaelson.
“Se
fai di nuovo una cosa del genere non te lo perdonerò Elijah” gli disse. “Se
molli di nuovo la presa, giuro che me ne andrò e non mi rivedrai mai più.”
“Hai
la mia parola che mai e poi mai mollerò la presa, a meno che non sia tu a
volere che lo faccia.”
Allison
rifletté per un attimo e lasciò che a parlare per lei fossero le farfalle nel
suo stomaco. Con delicatezza gli passò le braccia intorno al collo e sentì ogni
rabbia svanire quando la bocca di Elijah incontrò la sua.