Capitolo
VIII – Come l'irruzione di un'alba.
A
partire da
quel giorno, e per tutti i giorni a venire, Max sente di aver
ingaggiato una titanica lotta contro il tempo.
Ogni
giorno,
quando torna a casa, Ivan gli parla di Aima, e non sempre o non
necessariamente con la voce. Le notizie peggiori Max le intuisce
proprio quando Ivan è troppo stanco, troppo disperato per
parlare...
e allora, Max non chiede niente. In questi casi, quando il suo
compagno torna a casa esausto, cogli occhi troppo pieni di qualcosa
d'inesprimibile, Max deve esercitare su se stesso uno sforzo di
volontà ancora più intenso del normale per
obbligarsi a staccare
dai suoi libri, a un orario decente, e a infilarsi sotto le coperte
con lui. Ivan non chiede niente, non dice niente, eppure Max sa
ch'egli ha un disperato bisogno della sua presenza.
E
sarebbe poi
capace di spiegare ad alta voce, se qualcuno glielo chiedesse, che
cosa spera di ottenere, con queste notti insonni trascorse sui libri
e le sue competenze che si accrescono e sempre di più
affollano e
colmano la sua mente, ma che sono destinate a rimanere lì
– nella
sua mente – sterili e inservibili e totalmente
insignificanti? Aima
sta morendo, e se anche poi non fosse? Forse che ci sarebbe qualcosa,
qualsiasi cosa ch'egli potrebbe fare per salvare la sua vita? Max non
è un medico, non è niente di niente, impotente
come il più
miserabile studente del primo anno di Medicina, e la sua impotenza lo
fa sentire ignobile e furente come se si sfiancasse urlando contro
una marea di onde che lo affondano!
È
possibile
che non ci sia nulla, che non esista nulla, che tutto il suo impegno
e la sua rabbia siano destinati a rimanere insignificanti come atti
non compiuti?
E
poi, proprio
quando la lotta pare sopraffarlo, come un nemico invisibile e troppo
potente, una sera in cui Ivan è tornato a casa tanto
desolato e
furioso col mondo e con se stesso e con l'universo intero da non
riuscire neppure a guardarlo negli occhi, è stata la sua
impotenza a
parlare per lui. A un tratto Max si è accorto di essere
seduto a un
tavolo da ore, a rileggere e sottolineare in continuazione gli stessi
libri, sprecando le sue forze e il suo tempo proprio come se cercasse
di abbattere un muro con le sue mani nude. Sta sbagliando tutto.
Nulla di quanto potrà mai leggere in quei libri
potrà mai salvare
Aima, semplicemente perché, se questo è il
massimo che la scienza
può offrire allo stato attuale delle cose, non
è sufficiente, e
non c'è niente che né lui né
nessun'altro possano fare. Ai
miracoli, dopo averne cercato per anni uno che per poco non ha
distrutto Hoenn, Max ha ormai smesso di credere da un po', e la
scienza, ch'è stata sempre l'altro fondamentale caposaldo
della sua
vita (e anche quello che, alla fine dei giochi, si è
rivelato il più
sicuro), non è sufficiente a salvarla. Non ancora,
quantomeno.
E
improvvisamente Max capisce che quel non ancora è
tutto
quello a cui può aggrapparsi. Nella morte di Aima, che
è ormai una
certezza assoluta che si staglia davanti a lui coll'imponenza
dell'ineluttabile, Max si accorge finalmente che quella è
l'unica
via percorribile, e scoprirla è una liberazione, come
l'irruzione di
un'alba attraverso una coltre di nubi. È la chiave di tutto,
finalmente, e una volta che l'ha trovata, questi libri gli diventano
completamente inutili, per il momento.
«Ti
vedo in
forma» commenta Max a mo' di saluto, sinceramente sorpreso.
Al
suo
complimento è alquanto evidente che non farà
seguito alcuna
risposta, ma per la verità Max si ritiene già
abbastanza fortunato
per il fatto che Ottavio abbia deciso di presentarsi
all'appuntamento. Convincerlo a venire a incontrarlo in questo bar di
Ciclamipoli è stato di per sé un mezzo miracolo,
e in quanto al
resto egli non ha proprio idea di come farà a persuaderlo ad
ascoltarlo per più di cinque minuti, per non dire a
collaborare con
lui. Con ogni probabilità, Max non riuscirà a
ottenere da lui che
un secco no, ma doveva almeno tentare. Ottavio ha
collaborato
con lui a partire dal suo primo progetto sulle rocce effusive al suo
primo anno di Geologia, e l'idea d'intraprendere un progetto senza di
lui, semplicemente, gli era impensabile. Certo, Max sa di dover
riscrivere parecchie cose della sua vita, ma non vede per quale
motivo cancellare proprio le migliori: e Ottavio, pur con tutti i
suoi evidenti difetti, è stato comunque una delle persone
più
importanti del suo passato. Almeno questo, Max glielo deve.
Le
apparenze
sono fatte per ingannare, ma qualcosa nell'aspetto del suo antico
collaboratore gli dice che Ottavio, quel tormento di rancore e di
rimorso che Max conosce anche troppo bene, lo ha già
superato. Non
era lui a portarsi dietro la responsabilità morale
più grossa per
quello che hanno fatto, dopotutto – Ottavio ha cercato di
fermarlo!
La sua coscienza, per quel tanto che un tardivo tentativo di fare la
cosa giusta può bastare a cancellare tutti gli anni che
hanno
trascorso inseguendo il medesimo obiettivo, è pulita. Anche
se non
immediatamente come Ivan, Ottavio ha cercato d'impedirgli di
distruggere Hoenn. Quello che è successo dopo, dal momento
che Max
si è rifiutato di prestargli ascolto, non è stata
colpa sua.
Ottavio
si
siede rabbiosamente davanti a lui, alla prudente distanza del tavolo
che li separa, e lo guarda. Forse non è arrabbiato tanto con
lui per
averlo convinto a incontrarlo, quanto con se stesso per avergli dato
retta, per l'ennesima volta.
Per
la sua
rabbia e per il suo rancore, Max nutre il massimo rispetto.
«Buongiorno,
Ottavio» riprende lentamente, ma con decisione. Sa
già che, con
ogni probabilità, Ottavio gli dirà comunque di
no, ma ormai la sua
strada è già tracciata e un suo eventuale rifiuto
non potrà in
alcun modo fargliela perdere di vista. Questo percorso, quali che
possano essere le difficoltà. Max ha intenzione di compierlo
tutto
sino alla fine, senza allontanarsene mai, alla stregua di chi segua
l'inestinguibile corso di un fiume, che prosegua la sua via verso il
mare anche dopo aver percorso un breve tratto sotto terra.
«Ti
ringrazio di essere venuto.»
«Veniamo
al
dunque, Max» ringhia Ottavio. «Hai detto di avere
bisogno di me,
quindi va bene, sono venuto qui a sentire quale nuova stronzata avevi
in mente. Ti confesso che sono curioso. Vuoi archeorisvegliare
qualcun'altro, prima di pranzo?»
Max
incassa il
suo sarcasmo a testa alta, senza replicare. Se lo merita. Non gli
viene in mente neppure per un momento che potrebbe fargli notare, in
modo più o meno velato, che quel piano folle lo ha concepito
lui,
d'accordo, ma che Ottavio lo ha aiutato per anni, prima di cambiare
idea e di tirarsi indietro a un minuto dalla fine. Non ne vale la
pena. Questo gioco delle responsabilità e delle colpe non ha
più
alcuna ragion d'essere, e tutto ciò che gli viene in mente
di
replicare, ora come ora, è: «Mi dispiace,
Ottavio.»
Con
l'aria di
qualcuno che fosse già in proncinto di lanciarsi in una
lunga tirata
alla sua volta, e che inaspettatamente sia costretto a rimangiarsela
prima ancora di averla cominciata, Ottavio spalanca gli occhi,
annaspa un po' e domanda: «Che cosa?»
«Mi
dispiace»
ripete Max con calma, senza timore di scandire bene le sillabe. Lo
guarda negli occhi, serenamente e a lungo come forse non ha fatto per
anni, e per una volta è contento di
riuscire ad ammettere
così, in modo spontaneo e del tutto indipendente dalle
circostanze
che lo circondano, di aver inseguito un miraggio per quasi vent'anni.
Gli ci è voluto un po' (beh, quasi un anno), ma ora
finalmente può
offrire al suo migliore amico delle scuse sincere dal profondo del
suo pentimento e della sua accettazione. Solleva le mani per
impedirgli di parlare, per il momento. «Mi dispiace,
Ottavio... per
davvero, questa volta. Per tutto. Per averti convinto a perseguire
quel piano e per aver creduto che intendessi tradirmi. E anche per
aver sciolto il Team quando le cose si sono fatte difficili.»
Quando
anche i loro occhi erano divenuti insopportabili per la sua coscienza
rimordente, quando le loro bocche e le loro fronti stanche, deluse,
tutto, tutto di loro gli era parso urlare e accusarlo, a ogni singolo
incrocio di sguardi, di averli ingannati tutti e trascinati con
sé
nell'abisso del suo errore di valutazione.
Ma
l'onestà
delle sue scuse a Ottavio non basta. Chinandosi in avanti sul tavolo
per non cedergli altra via di fuga, lo incalza: «E per
Rossella.
Non è vero?»
Ripensare
a
Rossella gli fa ogni volta più male. Rossella è
stata il suo grande
errore, l'erede e continuatrice del suo sogno di progresso e di
distruzione, e ora Max sa di averla odiata proprio per questo: per
avergli mostrato, nel modo più efficace possibile, con la
violenza
delle sue azioni, quale uomo egli era e sarebbe ancora, e quali
aberrazioni sarebbe stato in grado di compiere, se solo gliene si
fosse offerta l'occasione...
Max
ha odiato
Rossella per la semplice colpa di essere identica a lui, e proprio
per questo motivo l'ha allontanata, alla fine. Ora che l'ha capito,
che si è finalmente reso conto di cosa quella ragazza
disturbata
abbia significato per lui, a distanza di quasi un anno, egli
è
finalmente in grado di perdonarla... ma proprio per fare
ciò, per
poterla finalmente comprendere e perdonare, quest'anno gli era
necessario quanto una boccata d'aria dopo ore di apnea: Max ha potuto
perdonarla per aver compiuto i suoi stessi errori solo dopo aver
perdonato se stesso per averli commessi per primo.
«E
per
Rossella» conferma a bassa voce. Esita un poco, e poi:
«Hai avuto
notizie di lei?»
Che
sia per
l'onestà che gli ha letto negli occhi, o per il semplice
fatto di
avergli sentito pronunciare il nome di Rossella per la prima volta
dopo mesi, Ottavio appare più rilassato, ma si passa
egualmente una
mano sugli occhi. Il pensiero di Rossella estenua anche lui,
evidentemente.
«Credo
che sia
tornata a casa, dai suoi genitori, ma non ha voluto che
l'accompagnassi. Posso solo sperare che sia rimasta con loro»
ammette tristemente. «Alle mie chiamate non ha mai risposto.
Credo
che stia cercando di cancellarci, sai.»
In
risposta
alle sue considerazioni, Max si limita ad annuire in silenzio.
È
giusto così, si dice pensierosamente. Rossella è
malata e ha
bisogno di un aiuto che in questo momento né lui,
né Ottavio, né
nessun'altro è in grado di darle: Max ha conosciuto i suoi
genitori,
tanti anni fa, ed è certo che essi fossero e siano tuttora
in grado
di aiutarla meglio di chiunque altro... ma ora che Ottavio gliel'ha
detto, sa che non smetterà di pensarci e di domandarsi se
tutto vada
bene, e chissà, forse troverà anche la forza per
cercare di
ricontattarla, in futuro.
«E
tu,
invece?» chiese a bassa voce.
Ottavio
si
stringe nelle spalle come se quella domanda, per lui, fosse
irrilevante. Quest'uomo è sempre stato dannatamente pieno
delle
risorse e degli appigli più insospettabili, e Max non dubita
neppure
per un momento della risposta che gli sta per dare. «Ho
ripreso a
lavorare per la Devon. Credo di essere rimasto simpatico al Campione,
sai, Rocco. Mi ha aiutato lui a riottenere il posto.»
«Sono
contento
per te» risponde Max, e lo è davvero. È
sempre stato praticamente
certo che Ottavio avesse avuto fortuna in qualche altro modo, e non
è
venuto a offrirgli questo nuovo progetto perché pensava che
ne
avesse bisogno.
In
tutto
questo, comunque, non gli era venuto in mente che Ottavio avesse
potuto tenersi impegnato anche su di lui.
«Quanto
a te,
so che vivi con Ivan, adesso. Era l'ora» constata Ottavio in
tono
molto divertito, come se per tutta la conversazione non avesse atteso
altro che poter parlare di questo. Max aggrotta la fronte in un moto
di perplessità. «E tu come lo sai?»
«Oh,
andiamo,
Max. viviamo in un presente meravigliosamente aperto alla libera
circolazione delle notizie, e le voci girano» riprende
Ottavio. «E
comunque, ho conosciuto un'ex recluta del Team Idro, una di quelle
che hanno lasciato Ivan. Cercava lavoro a Ferrugipoli, ma non so se
abbia avuto fortuna, poi... se fossi stato in lui, non mi sarei
allontanato così tanto dal mare, a dire il vero. E chiunque
abbia
piantato Ivan senza avere una valida alternativa è stato
stupido, te
lo dico io, ma che vuoi farci... erano un branco di ragazzini che
avevano solo voglia di litigare con i nostri, era ovvio che avrebbero
lasciato perdere tutto quando avrebbero dovuto scontrarsi soltanto
con l'inquinamento dei mari e rimboccarsi bene le maniche, senza
troppi ideali e sfide di mezzo. Ma gli saranno rimasti i suoi
fedelissimi, no? E poi ho sentito che stanno lavorando molto in
questo periodo, è vero?»
Quello
di cui
Ottavio, ormai lanciato nel suo interminabile monologo, non sembra
essersi accorto, è che Max ha smesso di ascoltarlo
praticamente
subito, anche perché il destino di qualche anonimo ex-
accolito di
Ivan, per la verità, gli interessa ben poco. Non si
aspettava
affatto che Ottavio sapesse già della loro convivenza.
«Suppongo
che
tu sappia già anche della bambina, quindi» dice
pensierosamente.
Per
la prima
volta dall'inizio della loro conversazione, Max ha la soddisfazione
di vedere Ottavio veramente sconvolto.
«La
cosa?»
esclama stupefatto, appoggiandosi al tavolo con ambo le mani e gli
occhi spalancati per lo stupore. Cerca invano di riprendersi e di
riacquistare un contegno, ma subito dopo, lasciando perdere una
partita persa in partenza, prosegue: «Ma, Max... tu non hai
mai
sopportato i bambini! Vuoi dirmi che ne avete adottata una?»
Almeno
questo
non lo sapeva. Non che Max intendesse tenere nascosto niente,
beninteso – andiamo, anche volendolo, non avrebbe
più l'età per
una relazione clandestina – ma gli fa piacere aver assunto
una più
precisa percezione di quanto della sua vita sia già noto ad
altri.
«Niente
di
così complicato, Ottavio» si affretta a
spiegargli. «È la figlia
di Ivan, l'ha avuta prima che... beh, insomma. Non vive neppure
stabilmente con noi.» Non ancora, quantomeno,
pensa con una
stretta allo stomaco.
Se
il suo
tentativo era quello di tranquillizzarlo, Max ha fallito alla grande.
Ottavio ha l'aria di uno che potrebbe avere un infarto da un momeno
all'altro.
«Ivan
ha una
figlia? E da quando? E tu lo sapevi?»
«Certo
che non
lo sapevo, Ottavio!» protesta Max, sentendosi quasi offeso da
tale
mancanza di fiducia. «L'ho saputo pochi mesi fa, dopo che
abbiamo
cominciato a vivere insieme. E ti prego, risparmiami le tue
considerazioni in merito alle insospettabili capacità di
segretezza
di Ivan» soggiunge. Ottavio, che stava già
preparandosi a
interromperlo per obiettare ancora, chiude immediatamente la bocca.
«Qualunque riflessione tu possa esprimere, l'ho
già pensata mesi
fa. Ivan ha eluso ogni nostro tentativo di spionaggio e l'ha tenuto
nascosto anche al suo stesso Team, informando solo il suo stato
maggiore. Non c'era modo per noi di scoprirlo, se gli unici a saperlo
erano Ada e Alan.»
«A
dire il
vero, ero solo sorpreso che a te stesse bene così»
risponde Ottavio
cautamente, dopo qualche istante di silenzio.
Max
lo scruta a
lungo senza capire. «Che mi stia bene cosa?»
«Beh,
il tuo
uomo ha avuto una figlia da un'altra donna.» Ottavio sembra
quasi
far fatica ad articolare una frase compiuta, come se temesse,
spingendosi troppo in là, di offenderlo.
«Insomma... a me farebbe
impazzire, penso. È da anni che va avanti tra voi
due.»
«È
successo
più di otto anni fa, Ottavio» risponde Max con
calma. È la prima
volta che ha modo di parlare con qualcuno di quest'argomento, ed
è
stupefacente che la cosa non lo metta minimamente in imbarazzo e che
egli sia in grado di ripetere così, ad alta voce e con la
massima
tranquillità, le stesse riflessioni che ha concepito nella
sua mente
ormai sei mesi prima. Questa è la verità,
dopotutto: non ha
accettato Hyra per compiacere Ivan, ma perché credeva
sinceramente
che fosse la cosa giusta da fare, e le legittime osservazioni di
Ottavio non mettono minimamente in crisi la sua convinzione.
«Non
stavamo neppure insieme all'epoca. Non ho mai minimamente creduto di
avere l'esclusiva su di lui, fino a dopo Groudon. E poi, beh... ti
dirò che sua figlia Hyra è sorprendentemente
intelligente. Non è
poi male come pensavo, con i bambini.»
«Oh»
risponde
Ottavio, stranamente colpito. Se ne rimane in silenzio per un po'.
«Va
bene,
allora» conclude finalmente, dopo un po', appoggiandosi alla
sedia,
con aria seria e concentrata e aperta al dialogo. «Dopo tanti
anni
direi che possiamo mettere da parte i convenevoli, no? Ora dimmi
perché hai voluto incontrarmi.»
Max
tamburella
per un po' con le dita sul tavolino, cercando dentro di sé
le parole
per cominciare il discorso. Ma un modo giusto per dirlo non esiste,
ormai lo sa anche troppo bene, perciò, con un sospiro
profondo,
finisce per lasciar perdere.
«La
madre di
Hyra sta morendo. Ha un melanoma. Hanno provato a operarla, ma le
metastasi sono troppo estese, perciò... non c'è
niente da fare.»
«Oh»
balbetta
Ottavio solamente. È senza fiato, e forse un po' confuso.
«Accidenti, Max, io... mi dispiace. Ivan sarà
distrutto.»
«Lo
definirei... incazzato.» Non esiste un momento migliore per
avanzare
la sua proposta, ormai. «Senti, Ottavio... quanto ne sai tu
della
tecnologia usata nella rimozione delle cellule cancerogene?»
«La
che cosa?»
Ma è evidente che Ottavio ha capito benissimo, e ha solo
bisogno di
un attimo di pausa per fare mente locale. «Cielo, Max... che
razza
di domanda! Bisognerebbe che mi documentassi almeno un po'! Ma Max,
ascolta... se i medici dicono che non c'è più
nulla da fare, dubito
molto che io...»
«Non
è per
sua madre, Ottavio» lo interrompe gentilmente Max.
«Non lo è più,
ormai. Lei mi ha solo... aperto gli occhi su quello che voglio fare
della mia vita, d'ora in poi.»
Gli
ci è
voluto un po' di tempo a lasciar andare Aima nella sua mente, e ad
ammettere a se stesso, con la massima e più dolorosa
sincerità
possibile, che non è e non sarà mai in grado di
salvarla. Che è
troppo tardi, troppo tardi per chiunque, a parte forse per un
miracolo, e che continuare a sfiancarsi a cercare una soluzione era
inutile e controproducente, come ostinarsi a fissare l'orizzonte con
un cannocchiale troppo piccolo per poterlo vedere interamente.
Seduto
di
fronte a lui, in questo locale così luminoso e vitale in
questa
Ciclamipoli accarezzata dal giorno, Max ha modo di osservare con
tutta calma la consapevolezza prendere forma negli occhi di Ottavio.
«È
questo che
volevi propormi, quindi?»
«È
questo»
conferma Max con calma. «Non ho ancora ben chiaro tutto,
ovviamente,
ma ora so che è questo che voglio fare nella vita, Ottavio.
Aiutare
le persone, ma in un modo migliore. Ora so che è quello che
hai
cercato di mostrarmi quel giorno, di fronte alla Grotta dei Tempi,
quando io non sono stato in grado di ascoltarti fino in fondo. Mi
piacerebbe cambiare di nuovo il mondo al tuo fianco, se sei
d'accordo.»
«Max,
io...
non so cosa dire.» Ottavio è spiazzato, preso alla
sprovvista tanto
da non sapere neppure dove guardare. «Lo sai, vero, che non
è
proprio una cosa che si fa dalla sera alla mattina? Non è
come
risvegliare un leggendario e puff!, qualche milione di ettari di
terra coltivabile in più. Si tratta di studiare anni e anni
per
ottenere un miglioramento di ordine infinitesimale nelle tecniche
già
esistenti. Insomma, sei proprio certo...»
«Lo
sono,
Ottavio.»
I
miracoli non
esistono, l'umanità non può essere salvata in un
giorno. Max ha
cercato di opporsi a questa verità per tutta la vita,
scontrandovisi
di petto come contro un muro, e dopo vent'anni la sua resa è
ormai
completa e incondizionata. Ha fallito, e a distanza di quasi
vent'anni dal giorno in cui per la prima volta egli ha concepito il
suo folle piano, finalmente Max si è reso conto di quanto
tempo
abbia sprecato a inseguire una chimera e a rischiare di rovinare
tutto per voler ottenere troppo in un colpo solo.
Non
può
salvare il mondo da solo, ma può fare qualcosa, e
forse un
giorno questo infinitesimale qualcosa
potrà salvare una vita.
Questa è forse la massima speranza che può
permettersi di
coltivare, e veramente, va bene così. Ha sbagliato per tutta
la
vita, ma per fortuna, ringraziando il cielo, ha aperto gli occhi
prima che fosse troppo tardi, e ora è ancora in tempo per
rimediare
e fare la cosa giusta.
«Allora
ci
penserò, Max» afferma Ottavio, solo un po'
più convinto e meno
esitante di prima. «Dopotutto, sai... non è che
alla Devon il
lavoro sia così interessante. E poi non era male lavorare
con te,
quando non c'erano di mezzo leggendari di novecentocinquanta
chili.»
Per
oggi, Max
ritiene che sia più corretto non mettere in chiaro proprio
tutto.
Rimane sottaciuto, per esempio, il fatto che non ha più
alcuna
intenzione di avere sottoposti di alcun tipo, e che da oggi non vuole
altro che soci alla pari. Non vuole lusingare il suo orgoglio. Se
Ottavio accetterà, Max vorrà soltanto la sua
convinta
partecipazione, e basta.
«Grazie,
Ottavio. Confesso che non mi aspettavo che avresti preso in
considerazione la mia proposta.»
Ottavio
fa un
cenno noncurante con la mano, quasi a scacciare un'idea molesta che
non possa che disturbare la conversazione.
«Ci
conosciamo
da tanto, Max. Lascia perdere i ringraziamenti. In fin dei conti,
sai... potrebbe darsi che anche io abbia qualcosa da farmi perdonare
dal mondo.»
Fa
piacere
ritrovarsi con un vecchio amico, dopo tanto tempo. Per la prima volta
da quando tutto questo è cominciato, Max ha come la
sensazione di
essere ringiovanito di dieci anni.
Buonasera
a tutti!
Nuovo
capitolo di svolta, direi ormai decisiva e conclamata, e purtroppo
ancora più radicale che nel capitolo precedente. So che
forse Max ha
preso una “decisione” che non tutti si aspettavano,
ma (anche se
a malincuore) ritengo che questa presa di coscienza fosse
fondamentale nel suo percorso di redenzione, se così
vogliamo
chiamarlo: i miracoli non esistono, ed esigerne uno dall'universo non
può portare che danni.
Mi
viene quasi da dire che Ottavio sia entrato da solo nella storia,
perché non mi ricordo affatto di aver mai deciso di
inserirvelo. Mi
è piaciuto rappresentarlo come una persona un po'
logorroica, che ha
bisogno di dire tutto quello che pensa, subito, di qualsiasi
argomento, e anche come qualcuno che abbia sempre una soluzione in
tasca e sappia sempre come reinventarsi. Nel videogioco mi dava un
po' questa sensazione, anche per il fatto che (potrei ricordare male,
qualcuno mi corregga se sbaglio) viene specificato che al Team Magma
sono molto utili le sue conoscenze acquisite durante il lavoro alla
Devon.
Penso
di aver detto tutto quello che dovevo riguardo a questo capitolo:
come al solito, i miei più caldi ringraziamenti a cristal_93
e a
Persej Combe per le loro recensioni al precedente, e in generale a
chiunque sia arrivato a leggere sin qui!
Alla
prossima
Afaneia
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