Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
J. R. R. Tolkien, mentre i nuovi personaggi e luoghi sono di mia
proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto,
prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro.
ERINTI
CAPITOLO 20: NAMARIE.
Era calato un silenzio pesante. I due erano rimasti a fissarsi: Monica
lo scrutava, cercando di capirne le intenzioni, Garion aspettava una
risposta.
- Avete una buona vista. - rispose assottigliando gli occhi, fredda.
Maledisse il fatto di non aver preso la sua sacca che aveva lasciato
appesa alla sella di Aaron. La sua spada era lì dentro.
Lui sorrise e si scostò dalla porta – Beh, era un
mio pregio di guerriero, una volta. - rivelò avvicinandosi
lentamente – Ora ditemi… cosa porta una giovane
ragazza a viaggiare con un Elfo ridotto in quelle condizioni, tra cui
un braccio mozzato, con questo tempaccio? - le si fermò a
pochi centimetri di distanza e si chinò fino a raggiungere
l'altezza del suo viso – Perché io lo trovo
decisamente strano… - proferì con tono tagliente,
poi, con un gesto veloce della mano le afferrò la faccia e
le strinse le dita sulle guance – Vi conviene dirmi la
verità. - disse minaccioso.
Monica lo fissava negli occhi chiari cercando di mantenere la calma. In
quel momento una mano da dietro di lei si posò fulminea sul
braccio di Garion che spostò sorpreso lo sguardo sull'Elfo.
Questo ansimava e lo guardava furibondo – Lasciatela. -
ordinò perentorio.
Quello fece come dettogli e una volta ritratto il braccio se lo
massaggiò – Non siete una spia del Nemico? -
chiese interdetto.
Ma la ragazza non gli badò, fissava l'Elfo con le lacrime
che le rigavano il viso: era felice che si fosse ripreso –
Alyon. - sussurrò.
- Lei è con me. - fu lui a rispondergli – Voi chi
siete? - chiese poi.
- Garion Pietragrigia… da dove venite? - scrutava prima
l'uno, poi l'altra ancora diffidente.
- Da Imladris. - rivelò l'Elfo prima che una fitta lo
facesse piegare in due dal dolore.
Garion lo guardò sbalordito – Imladris? -
ripeté incredulo – Siete ferito? - ora era
preoccupato.
Monica affermò con il capo asciugandosi le lacrime
– Quando sono arrivata ad Imladris, era l'unico rimasto in
vita, ma non era conciato proprio bene, come avete potuto appurare voi
stesso… ho fatto tutto quello che potevo per salvarlo,
ma… - spiegò singhiozzando.
- Avreste dovuto dirmelo subito! - esclamò l'Uomo rivolto
alla ragazza, poi sospirò – La vostra gente
è passata di qui diversi giorni fa. Cercavano un posto per
riposare: erano tutti molto provati. Avevano diversi feriti. Quasi non
credemmo a quello che ci raccontarono riguardo l'attacco ad Imladris. -
disse.
- Purtroppo è tutto vero… l'ho visto con i miei
occhi. - affermò lei chinando il capo.
- Sentite… mi dispiace di avervi aggredito prima, ma posso
aiutarvi. - dichiarò. I due lo guardarono sorpresi
– Innanzi tutto voi avete bisogno di un dottore e poi credo
siano rimasti un paio di Elfi qui in città. -
A quella frase i due sgranarono gli occhi – Chi? - chiese la
ragazza.
L'Uomo scosse la testa – Non ne so molto, l'ho solo sentito
dire in giro, ma posso provare a cercarli. - in quel momento la porta
bussò – Chi è? - chiese dopo aver fatto
cenno di tacere ai due.
- Ethelind. Ho portato il pranzo. - quindi entrò dopo aver
ricevuto il permesso e restò stupita nel constatare che vi
fosse un Elfo nella stanza. Guardò interrogativamente l'Uomo
che le spiegò tutto.
- Et… c'è bisogno di un dottore, è
urgente. Qualcuno di cui possiamo fidarci, sai a chi mi riferisco. -
disse, lei affermò con il capo – Poi dì
a tuo padre di raggiungerci il prima possibile, devo parlare con lui. -
- Ah, io ho lasciato i bagagli in groppa al suo cavallo… -
aggiunse Monica – Vi sono le nostre armi dentro, mi sentirei
più sicura ad averle dietro. -
- Quelle vado a recuperarvele io. Voi restate con lui e intanto
mangiate. - le riferì uscendo dopo la figlia dell'oste.
Pochi minuti dopo fu di ritorno con un altro Uomo. Avevano tutti i
bagagli. Monica li ringraziò e restò a fissare il
tizio. Al contrario di Garion che aveva i capelli lunghi fino alle
spalle e biondicci, quello era moro e barbuto.
- Vi do il benvenuto nella mia locanda… sono Meinrad,
l'oste. - si presentò inchinandosi. La ragazza
ricambiò il gesto e presentò Alyon e se stessa. -
Ho saputo che venite da Imladris. - soffermò lo sguardo su
Alyon che ricambiò. Monica affermò con il capo.
- Ero… mi ero recata ad Imladris per andare a trovare alcuni
miei amici e mi sono ritrovata davanti il posto completamente devastato
e distrutto. Sono entrata per controllare se vi fossero superstiti e ho
trovato Alyon gravemente ferito. Ho provato a fare tutto il possibile,
ma… - si bloccò voltandosi a guardare l'Elfo con
chi occhi tristi.
- Il vostro coraggio è ammirevole. - commentò
Garion – Vi sareste potuta imbattere in qualche Orchetto. -
- Infatti è successo… erano due per la
precisione. - rivelò lei.
I due sgranarono gli occhi sorpresi – E siete riuscita a
sopravvivere? - chiese Meinrad.
- Diciamo che me la sono vista brutta, ma alla fine ho avuto io la
meglio. - dichiarò abbozzando un sorriso.
- Sapete il fatto vostro. - commentò Garion che sorrideva
compiaciuto – E dire che sembrate gracile ed indifesa. -
- Perché prima eravate guardingo? - chiese all'improvviso
Alyon.
Il biondo sospirò – Da quando i vostri amici se ne
sono andati, abbiamo iniziato a vedere dei movimenti strani tra i tizi
poco raccomandabili di Tharbad. - riferì – Credo
sarà meglio che la vostra identità resti segreta
al di fuori di questa stanza. -
- Ci penserò io a non far trafugare alcuna informazione ed a
sviare i curiosi. E potete fidarvi di mia figlia. - li
informò l'oste. I due lo ringraziarono. - Potrete fidarvi
anche del medico che presto sarà qui. Ha già
visitato alcuni dei vostri amici. Erano solo ferite superficiali o
già in via di guarigione. Voi Elfi siete molto abili a
curare le ferite. - si sbrigò a dire vedendo lo sguardo
preoccupato dei due.
- Io mi metterò subito in movimento per cercare di
rintracciare gli Elfi. - aggiunse Garion.
- Posso chiedervi una cosa? - chiese la ragazza prima che i due uomini
uscissero dalla stanza. Questi la guardarono incuriositi. -
Perché vi date così tanto da fare per aiutarci? -
- Perché noi abbiamo ancora speranza. - rispose Garion
sorridendole, quindi aprì la porta ed uscì,
seguito dall'oste che riferì che sarebbe tornato appena il
medico fosse arrivato.
Era da diverso tempo che il medico era nella stanza con Alyon e non
accennava ad uscire. Monica era appoggiata al muro del corridoio
lì fuori la camera, Garion era lì con lei.
Il medico era un signore sulla sessantina, i capelli brizzolati, gli
occhi neri, piccoli. Aveva un'aria colta. Era arrivato ed aveva fatto
uscire tutti dalla stanza.
La ragazza teneva lo sguardo basso, le braccia incrociate al petto. Era
visibilmente tesa e preoccupata.
Garion le lanciava un'occhiata di tanto in tanto. Era incuriosito da
quella ragazza: la trovava strana. - Quanti anni avete? - le chiese.
- Diciannove. - rispose lei spostando lo sguardo su di lui.
- La stessa età di mio figlio se fosse ancora in vita. -
riferì l'altro mostrandole un sorriso triste.
- Oh, mi dispiace. - mormorò – Com'è
successo? - domandò – Sempre se vi va di parlarne.
- aggiunse velocemente cercando di non passare per sgarbata.
- É morto due anni fa in un'imboscata degli Orchetti. Ero
con lui quel giorno. Eravamo in perlustrazione giù alla
Breccia di Rohan. C'erano stati degli avvistamenti e il Re del Mark ci
aveva mandato a controllare. - Monica gli lanciò un'occhiata
interrogativa – Facevamo entrambi parte dei Rohirrim. Mio
figlio era veramente bravo, ecco perché era diventato
scudiero di Rohan a soli diciassette anni. Era la sua prima missione. -
un sorriso amareggiato gli incurvò le labbra - Dovevamo solo
vedere dove portavano le tracce, ma ci trovarono prima gli Orchetti e
io non sono riuscito a proteggerlo. - abbassò lo sguardo
– Dopo la sua morte lasciai i Rohirrim e ci trasferimmo qui
con mia moglie, da Edoras. -
La ragazza stava per dire qualcosa, ma in quel momento la porta si
aprì e ne uscì il dottore, la sua espressione non
era delle migliori.
- Ho fatto tutto il possibile, ma la sua ferita è ridotta
veramente male, nonostante sia stato fatto un buon lavoro nel
ricucirla. Purtroppo è troppo infettata: temo che la lama
fosse intrisa di veleno. Non gli resta molto da vivere, mi dispiace. -
dichiarò impotente.
A Monica le si mozzò il fiato, sentì una morsa
allo stomaco, poi gli occhi nocciola le si velarono. Guardava
implorante il dottore. Sperava che quello che le era stato detto fosse
soltanto una bugia. L'Uomo sospirò, le posò una
mano sulla spalla e se ne andò dopo aver dichiarato che
sarebbe andato a parlare con Meinrad.
La ragazza restò a fissare la porta imbambolata. Le lacrime
calde le rigavano il viso.
- Andate da lui. Vado anche io a parlare con Meinrad e vi raggiungo. -
riferì Garion dandole una piccola pacca sulla spalla.
Lei restò lì immobile: non aveva nemmeno la forza
di muovere un passo. - Silwen. - si sentì chiamare da Alyon.
Un singulto la percosse. Si fece forza ed entrò nella stanza
richiudendosi la porta alle spalle. Si avvicinò al letto su
cui giaceva Alyon. I lunghi capelli neri mettevano in risalto il viso
bianco. Gli occhi verdi erano velati: non avevano più quella
luce caratteristica degli Elfi. - Mi dispiace. - sussurrò
prima di crollare a terra disperata, lì, al suo capezzale.
Lui allungò la mano sinistra e le cominciò ad
accarezzare lentamente il capo.
- Avete fatto tutto il possibile, Silwen. E vi devo ringraziare per
avermi salvato e non avermi lasciato in mano a quei due Orchetti. Non
potete nemmeno immaginare quanto ve ne sono grato. E poi… ho
avuto la fortuna di conoscervi meglio. Siete una ragazza incredibile e
forte. Avete un compito da svolgere… avete un sacco di altre
vite da salvare… e sono sicuro che ce la farete. -
proferì con voce dolce – Io credo in voi. -
Erano passati due giorni e Monica era rimasta in continuazione al
capezzale dell'Elfo, a malapena dormiva la notte per la paura che al
risveglio lo potesse trovare morto. Garion andava a fargli visita
spesso. Degli Elfi che dovevano essere rimasti a Tharbad non avevano
ricevuto ancora alcuna notizia.
Era sera e Monica era nella stalla. Era stata convinta da Alyon a fare
due passi, ma si era fatta promettere che al suo ritorno lui fosse
ancora vivo. Quindi ne aveva approfittato per andare a vedere come
stavano la Mearas ed Aaron, ma a quanto pare venivano trattati bene.
Nel rientrare incrociò Garion che arrivava in quel momento.
Fu sorpreso di vederla in giro. Per un attimo temette il peggio, ma lei
lo rassicurò spiegandogli che Alyon l'aveva cacciata dalla
stanza. L'Uomo allora le propose di bere insieme una birra, almeno
l'avrebbe distratta. Lei accettò con riluttanza. Si
sedettero ad un tavolo in un angolo ed Ethelind fu subito da loro. La
stanza era piena: probabilmente erano presenti tutti i viaggiatori che
sostavano lì. C'era ancora il gruppetto di Nani che aveva
visto il primo giorno, erano una decina e molto rumorosi. Gli altri
erano tutti Uomini, divisi in diverse tavolate: grandi e piccole.
Avevano appena iniziato a sorseggiare la birra che Meinrad li raggiunse
e si soffermò a parlare un po' con loro. Era davvero un
brav'uomo: aveva aiutato un sacco la ragazza in quei giorni. Per non
parlare di Ethelind che era sempre disponibile. Una sera, quando questa
era andata a controllare che tutto fosse a posto, le
raccontò che aveva perso sua madre quando aveva solo due
anni, quindi era stato il padre a crescerla, da solo. Lei lo aveva
aiutato sempre nella locanda, fin da bambina. Meinrad era
orgogliosissimo di lei, l'amava profondamente.
Fu davvero felice di vedere che Monica aveva ceduto a stare un po'
lì con loro, quella sera. Era preoccupato, perché
vedeva che la ragazza era stanca e tesa come una corda di violino:
sempre in ansia e preoccupata che l'Elfo potesse morire da un momento
all'altro. E lui sapeva cosa volesse dire essere in apprensione per
qualcuno: sua moglie era morta dopo mesi di malattia.
Ad un tratto un tizio ad un tavolo iniziò a cantare, forse
aveva alzato un po' troppo il gomito, ma i compagni lo seguirono subito
a ruota dopo la prima strofa della canzone. Avevano l'attenzione di
tutti rivolta su di loro. Qualcuno batteva le mani a ritmo e quando la
canzone terminò, ci fu uno scroscio di applausi.
Monica sorrise divertita: il tipo era tutt'altro che intonato. I due
Uomini si lanciarono un'occhiata e sorrisero contenti.
Poco dopo attaccò a cantare un tizio di un altro tavolo,
questa volta la canzone sembrava fosse conosciuta e tutta la stanza la
intonò, compresi Garion e Meinrad, con i boccali levati in
alto.
Monica iniziò a ridere divertita, anche perché il
tizio, vedendo il successo riscontrato, era salito sulla panca e aveva
anche iniziato a ballare. Finita la canzone ci furono delle ovazioni e
ancora applausi.
Poi Meinrad si congedò: era stato chiamato ad un tavolo.
- Non potete nemmeno immaginare che piacere è vedervi
ridere. - esclamò Garion ammiccando.
La ragazza sorrise e poi sospirò – In effetti mi
ci voleva… ma tra poco tornerò di sopra. -
dichiarò portando la sua attenzione sul suo boccale.
In quel momento alcune figure entrarono nella sala. Garion, che stava
bevendo un sorso, rischiò di strozzarsi nel notarle. - Oh,
perfetto… ci mancavano solo loro. - sbottò
rabbuiandosi. La ragazza domandò chi fossero. - Vi ricordate
quando vi avevo detto che a Tharbad c'è anche gente poco
raccomandabile? Bene, loro fanno parte di una banda di
furfanti… e quel tipo che zoppica ne è il capo. -
spiegò indicando un Uomo dai capelli lunghi e castani che
fece vagare velocemente lo sguardo sui presenti e si leccò
le labbra. - Monica, fatemi un favore… io cerco di
distrarli, voi dileguatevi senza farvi vedere. Alcuni di loro sono
stati qui queste ultime sere e mi hanno fatto un sacco di domande su di
voi ed Alyon. - rivelò – Non vi preoccupate, non
sanno niente a riguardo, siamo riusciti a fargli bere il fatto che
Alyon è solo influenzato e voi siete sua sorella. - si
affrettò a spiegare vedendo il suo sguardo impensierito. -
Ora però andate. - le sussurrò spingendola
cortesemente verso la parete poco più in là,
mentre lui andò incontro al gruppetto che stava importunando
i Nani. Uno di questi li stava guardando talmente torvo che gli avrebbe
puntato l'ascia contro se non fosse che Garion si intromise
prontamente. - Ma guarda un po' chi abbiamo qui… Griswold. -
e il tono con cui ne pronunciò il nome era alquanto
disprezzante.
- Garion… ho saputo che ultimamente bazzichi spesso da
queste parti… cos'è? State complottando qualcosa
tu e il buon vecchio Meinrad? - chiese divertito – Oppure vi
sono altri motivi? Mi hanno riferito i miei amici che tre giorni fa
sono arrivati due forestieri… - Monica, che stava
percorrendo il muro in direzione delle scale, si fermò un
momento ad ascoltare – una di loro era una
ragazza… e anche particolarmente bella… non
è che stai cornificando tua mogl… - ma non fece
in tempo a terminare la frase che si ritrovò il coltello
puntato in gola.
Garion lo fissava furente, anche lui con diverse lame puntate alla
gola: i compagni di Griswold non tardarono a reagire. A placare gli
animi fu Meinrad – Signori… sapete benissimo quali
sono le regole qui… non cambiano di certo da un giorno
all'altro: non voglio risse, men che meno armi puntate addosso. Se
avete qualcosa da dirvi, andate fuori! - proferì perentorio
guardando prima gli uni, poi l'amico che strinse i denti e mise via il
coltello.
- Via, via, mio vecchio Garion… non te la prendere per
così poco, sai che io scherzo! - esclamò dandogli
una pacca sul braccio, scoppiando a ridere. I suoi uomini lo imitarono.
- Sono solo venuto qui per divertirmi un po', questa sera. E per
tentare la fortuna, se fossi mai riuscito a vedere con i miei occhi la
bellezza di questa fanciulla che è vostra ospite, mio caro
Meinrad… - disse guardandolo – E a quanto pare la
fortuna è dalla mia parte! - un ghigno perfido gli si
dipinse sul volto prima di voltare lo sguardo in direzione delle scale.
Monica le aveva quasi raggiunte quando si ritrovò davanti
due tizi che la guardavano con un sorrisetto divertito sulle labbra e
che le bloccarono la strada. Li incenerì con lo sguardo.
Garion e Meinrad si lanciarono un'occhiata preoccupata.
- Ve ne state già andando, mia cara? Perché non
venite qui, così che possa vedervi da vicino? - uno dei due
le afferrò il braccio, ma lei si divincolò e
andò là da sola. - Bene, bene… devo
ammettere che i miei amici non sbagliavano, siete proprio bella. - fece
girandole intorno – Quanti anni avete? - le chiese, ma non
ricevette risposta – Cosa c'è? Non sapete parlare?
- domandò divertito.
- No, è solo che puzzate talmente tanto che sto trattenendo
il respiro. - sibilò.
Ci fu uno scoppiò di risa e alcuni Nani gridarono
soddisfatti. Ovviamente Griswold non la prese proprio bene.
Alzò la mano per colpirla, ma Meinrad gli bloccò
il braccio a mezz'aria. - Prova soltanto a sfiorarla con un dito e
giuro che ti stacco tutto il braccio. - mormorò al suo
orecchio minaccioso.
Quello restò un attimo a guardarlo apatico, poi un ghigno
malefico gli si formò sul viso – Dimmi…
chi è che sta badando all'influenzato, in questo momento? O
forse farei meglio a dire all'Elfo? - i tre sgranarono gli occhi
all'unisono, sconvolti, e Monica sbiancò. Lui con una mossa
rapida si liberò dalla presa e diede una testata all'oste
colto alla sprovvista. Quattro uomini furono su Garion e Monica, ma il
primo tenne a bada tutti e quattro. In pochi secondi scoppiò
il finimondo. La ragazza ne approfittò: si voltò
e salì prima sulla panca dietro di lei, poi sul tavolo che
percorse velocemente verso le scale, reggendosi l'orlo del vestito che
le dava fastidio, sotto le lamentele di alcuni Nani che videro i loro
boccali pieni di birra cadere a terra al suo passaggio. Salì
precipitosamente i gradini, inciampando un paio di volte e rischiando
di rotolare all'indietro. Aveva il cuore che le martellava nel petto.
Sperava che non toccassero Alyon. In pochi istanti fu davanti alla
porta. Sentì dei rumori di colluttazione. Fece per lanciarsi
all'interno, ma la trovò chiusa. - Alyon! - urlò
iniziando a prenderla a spallate. Ma vedendo che faceva più
male a se stessa che alla porta, spostò lo sguardo sul
corridoio in cerca di qualcosa di pesante, ma non trovò
niente. Poi le balenò in mente un'idea malsana.
Provò ad aprire la porta della stanza accanto, quella a
destra, ma era chiusa anche quella. Trovò aperta quella a
sinistra. In pochi passi fu alla finestra che spalancò. Si
affacciò e guardò nella direzione di quella della
sua stanza, vedeva delle ombre muoversi alla fioca luce della candela.
Strinse i denti e guardò giù. Non era molto alto:
si trovavano al primo piano e c'era molta neve ammucchiata a ridosso
del muro. - Devo essere impazzita. - si disse prima di salire sul
davanzale. L'aria fredda la colpì in pieno, ma non la fece
desistere. C'era una sporgenza di una decina di centimetri che
collegava le finestre di tutti i piani. Fece un gran respiro,
appoggiò il piede sulla sporgenza e si appiattì
con la schiena rivolta contro il muro. Pregò con tutto il
cuore di non perdere l'equilibrio. Con le dita cercava di aggrapparsi
alle fessure tra le pietre mentre avanzava lentamente. La finestra
distava circa cinque metri, ne aveva percorso sì e no uno
quando sentì dei nitriti provenire dalla stalla
lì sotto e delle grida. Poi vide con la coda dell'occhio
cavalli e pony uscire dalla stalla al galoppo e scappare in strada.
Riconobbe Aaron. Poco dopo la Mearas che si fermò al centro
del piazzale, un uomo le stava andando incontro con una corda sulle
mani. Tentò di avvicinarsi, ma quella si drizzò
sulle zampe posteriori ed iniziò a scalciare. - Ehi! Lascia
stare la mia cavalla! - urlò la ragazza che si
sbilanciò leggermente in avanti e per poco non perse
l'equilibrio – Merda! - imprecò.
Quello si voltò di scatto verso l'ingresso, ma non vide
nessuno. Allora alzò lo sguardo e la notò. Per un
attimo restò imbambolato ad osservarla. In quell'istante una
figura incappucciata gli arrivò silenziosamente alle spalle
e lo colpì in testa: quello cadde a terra svenuto. Un'altra
figura incappucciata si unì velocemente alla prima,
guardarono alcuni istanti verso la ragazza e si precipitarono
all'interno della locanda.
Monica però non se ne accorse, troppo presa a maledirsi per
quella genialata, il sudore le imperlava la fronte e ad ogni passo
rischiava di pestare l'orlo dell'abito. Aveva percorso metà
strada quando sentì un lamento provenire dalla stanza: era
la voce di Alyon. Iniziò ad imprecare cercando di accelerare
il passo, cosa alquanto difficile. Poi finalmente raggiunse il
davanzale della finestra. Si aggrappò alla sporgenza
lì sopra e riprese un momento fiato, quindi
spostò lo sguardo all'interno e vide Alyon disteso a terra e
un tizio puntargli la spada al collo. Le bastò per farla
riprendere completamente: si portò al centro della finestra,
si aggrappò bene alla sporgenza lì sopra e
mollò un calcio. La finestra si spalancò e lei si
tuffò all'interno della stanza urlando il nome dell'Elfo,
rotolando sul pavimento e andando a sbattere con il ginocchio contro la
gamba di legno del letto. I due tizi la guardarono sconvolti. Lei li
fissava ansimante e furibonda mentre si massaggiava il punto leso. -
State lontano da lui. - disse minacciosa, alzandosi.
Quelli la fissarono per un momento, si scambiarono un'occhiata e poi
scoppiarono a ridere. - E cosa vorresti fare, disarmata? -
puntualizzò uno dei due muovendo un passo verso di lei, la
spada puntata contro.
Lei deglutì ed indietreggiò. La sua spada era
nella sua sacca, e questa si trovava ai piedi del suo letto, dietro il
tipo. Spostò lo sguardo su Alyon, respirava, ma aveva il
viso contratto dal dolore. - Cosa volete da noi? - domandò
cercando di guadagnare tempo e pensare a qualcosa di intelligente.
- Oh, niente di personale, ci è stato solo ordinato di
uccidere tutti coloro che sarebbero venuti da Imladris. - rispose
quello più basso e tarchiato che teneva la spada puntata sul
collo dell'Elfo.
- Perché? - chiese lei assottigliando gli occhi.
L'altro ridacchiò – Questo non vi è
dato saperlo. - fece un altro passo in avanti.
- Mellon. - sussurrò Alyon. Monica lo guardò
interrogativamente: solo lei aveva sentito cosa aveva detto. Ma non
capiva cosa volesse dire. Il tipo basso gli diede un calcio intimandolo
di non lamentarsi. Poi si sentì un colpo fortissimo alla
porta.
In quel momento afferrò quello che intendeva l'amico e
approfittando del fatto che i due si distrassero, si lanciò
su quello che aveva davanti, gli mollò un calcio in mezzo
alle gambe e gli prese la spada che vibrò contro il
compagno, ma quello schivò il colpo. Riuscì
però a farlo indietreggiare. Quindi si frappose tra Alyon e
i due con un sorrisetto compiaciuto sul viso. - Vi conviene arrendervi.
- suggerì e in quell'istante la porta si spalancò
ed entrarono le due figure incappucciate.
- Allontanatevi. - ordinò quello che era entrato per primo,
anche lui spada alla mano.
I due Uomini ubbidirono, quello ancora armato lasciò cadere
la sua a terra, e si misero con le spalle al muro. Le loro espressioni
erano decisamente sprezzanti e per nulla felici.
- Ne è passato di tempo, Silwen! - esclamò
l'altro andandole incontro. Si abbassò il cappuccio
mostrando il bel viso sorridente.
- Turion! - esclamò lei sorpresa, poi lanciò
l'arma a terra e lo abbracciò di slancio per la
felicità.
- Vi trovo in forma. - notò contento, poi la sua espressione
cambiò completamente nello spostare gli occhi azzurri
sull'amico a terra – Non posso dire lo stesso di te, mellon
nin. -
Alyon accennò una smorfia che doveva essere un sorriso
– Ho visto tempi migliori. - sussurrò tossendo e
piegandosi dal dolore. Monica si chinò su di lui
preoccupatissima.
In quel momento arrivò Garion che tirò un sospiro
di sollievo nell'appurare che erano ancora tutti e due vivi. Aveva un
occhio rosso e gonfio e un labbro sanguinante. Poi si voltò
verso i due banditi e ghignò. - Questa volta siete proprio
nei guai. Le guardie stanno venendo a prendervi ed io avrò
il piacere di legarvi e consegnarvi a loro. - quindi mostrò
le corde che teneva in mano.
- Siete stati fortunati che siamo rimasti qui a Tharbad. -
dichiarò Turion – Varnohtar ed io non ci siamo
voluti dare per vinti, sperando che prima o poi arrivasse qui qualche
superstite. - spiegò.
- Certo non ci aspettavamo di trovare voi. - disse l'altro Elfo che
finalmente si abbassò il cappuccio sul capo appena Garion
portò al piano inferiore i due. Sorrise alla ragazza, poi
anche lui guardò Alyon preoccupato, si chinò su
di lui e gli sollevò la tunica bianca. Lo spettacolo che si
presentò ai loro occhi era raccapricciante: la ferita era
putrefatta. I due Elfi capirono. Monica invece distolse lo sguardo e
cercò di reprimere le lacrime. L'Elfo biondo le
posò una mano sulla spalla – Diteci tutto. -
E così la ragazza raccontò quello che aveva
passato da quando era partita dal suo mondo fino a quando erano
arrivati lì. I due Elfi restarono molto impressionati.
- Non ci avete raccontato di come lo siete venuta a sapere. - proruppe
Turion, quando lei terminò.
La ragazza era seduta sul suo letto e lanciò un'occhiata ad
Alyon che giaceva sull'altro, strinse le mani sul vestito, facendo
diventare le nocche bianche. - Mia cugina Milena… il giorno
che sono partita mi ha rivelato che aveva ascoltato Morwen mentre
parlava con qualcuno, un giorno. L'aveva sentita dire che presto
avrebbe ucciso tutti, riducendo a fiamme e cenere Imladris, una volta
che ce ne fossimo andati. - calò il silenzio. I due Elfi si
guardarono allarmati.
Varnohtar scattò in piedi - Dovevo immaginarlo che c'era lei
dietro a tutto questo! - gridò dando un pugno alla parete.
Poi sentendo Monica singhiozzare si voltò.
- Se mia cugina lo avesse detto subito, a quest'ora voi…
Alyon… - si portò le mani al viso – Mi
dispiace tanto. -
Turion le si avvicinò e l'abbracciò –
Probabilmente avrebbe trovato un altro modo per ucciderci e quasi
sicuramente avrebbe ucciso anche tutti voi. - cercò di
tranquillizzarla.
-Turion… io e Silwen abbiamo un'idea… -
proferì Alyon che faticava vistosamente a parlare.
- Quale idea? - chiese Varnohtar rivolgendosi alla ragazza.
Lei si asciugò le lacrime – Dove si stanno
dirigendo tutti? - chiese invece.
- Ad Edoras. Elrond vuole tenere un consiglio là. Sono stati
spediti inviti a tutti i maggiori rappresentanti dei Popoli Liberi
della Terra di Mezzo, quando siamo arrivati qui. É centrale
e ben raggiungibile da tutti. - rispose.
La ragazza sgranò gli occhi e lanciò uno sguardo
allarmato ad Alyon. - Quanto tempo fa? - chiese questo.
- Due settimane fa. Perché? Qual è quest'idea? -
Turion aveva iniziato ad agitarsi.
Monica sospirò – Alyon ed io crediamo che Morwen
voglia attaccare Edoras, proprio durante il consiglio. -
Ricalò un silenzio teso – Ok, calma, ragioniamo. -
fece Turion a cui l'idea non piaceva affatto – Saranno
presenti anche i guerrieri più valorosi al
consiglio… se davvero quello che avete supposto è
vero… Morwen dovrebbe disporre di un esercito di Orchetti
numerosissimo. -
- E se non fosse così? - proruppe la ragazza. Varnohtar la
incitò a spiegarsi meglio. - Se Morwen fosse abbastanza
potente da non dover disporre di un esercito? - sei paia di occhi la
stavano guardando stralunati – Lo so che può
sembrare strano… ma l'avete detto voi che è in
grado di soggiogare la mente degli Uomini… se si servisse di
questo? -
I tre si guardarono ancora più allarmati –
Approfittare del consiglio per far mettere tutti contro
tutti… - mormorò Varnohtar.
- E sbarazzarsi così delle persone più
importanti. - aggiunse Turion.
- La scintilla che fa scoppiare l'incendio. O meglio... una Guerra, ma
questa volta vedrebbe i Popoli Liberi combattersi tra di loro. -
proferì sottovoce la ragazza.
Gli altri tre la guardarono sconvolti – Siete sempre
così ottimista? - le domandò Turion sarcastico.
Lei abbozzò un sorriso.
- Dobbiamo avvisarli in qualche modo. - mormorò Varnohtar
che si era di nuovo alzato ed ora camminava avanti ed indietro per la
stanza.
- Come? Anche se partissimo ora da qui non so se faremo mai in
tempo… Loro saranno arrivati ormai e la maggior parte degli
invitati saranno già stati avvisati e partiti. Ci vogliono
quattro giorni da qui per arrivare ad Edoras, con questo tempo e nelle
condizioni in cui viaggiano loro probabilmente una settimana. Quindi
sono già lì da un pezzo. - ragionò
Turion.
- Ok, ma prima che il consiglio inizi dovranno attendere tutti. - fece
Varnohtar – Chi sono quelli più distanti? - chiese
poi all'amico.
Quello ci rifletté su un momento – Gli Hobbit. Ma
ho sentito dire Elrond che erano a Minas Tirith a far visita a Sire
Aragorn, in questo periodo. Quindi a quanto pare Re Thorin che viene da
Erebor. A meno che non sia anche lui in visita a suo figlio Durin a
Moria… questo accorcerebbe il nostro tempo. -
- Ma c'è Re Thranduil, in caso, che ci impiegherebbe una
decina di giorni a raggiungere Edoras. - aggiunse Varnohtar. L'altro
gli lanciò un'occhiata perplessa. - Che c'è?
Credi che non si faccia vivo? - l'occhiata di Turion era eloquente. -
Ma lo sai che negli ultimi anni è cambiato. - gli
ricordò – E vedrai che non si lascerà
sfuggire l'occasione di rivedere suo figlio. -
Turion stava per controbattere, ma venne interrotto da Alyon
– Amici miei… state divagando… -
- Ok, mettiamo che Re Thorin Elminpietra sia ad Erebor…
avremmo due settimane di tempo… - rifletté
Varnohtar.
- Di più, se avete spedito qualcuno a mandare l'invito. - si
intromise Monica.
- Se avessimo mandato persone, non saremmo riusciti ad avere un
consiglio prima della fine di febbraio. - dichiarò Turion
– Abbiamo usato volatili che abbiamo trovato a portata di
mano. Con questo tempo era impossibile mandare qualcuno a cavallo. -
- Allora non abbiamo molto tempo visto che sono passate già
due settimane. - replicò la ragazza guardandoli agitata.
- É per questo... che dovete partire immediatamente...
Silwen. - Alyon si era sollevato sul braccio e la guardava serio
– Siete l'unica… che può farlo. Con la
Mearas riuscireste ad essere ad Edoras in meno di una settimana. Nessun
nostro cavallo può eguagliarla in velocità. - si
stava sforzando molto a parlare.
- Ma ho visto un uomo cercare di catturarla prima… -
replicò lei.
- Oh, state tranquilla, la vostra cavalla sta benissimo. Diciamo che
siamo arrivati in tempo per sistemare le cose. - le disse Turion
sorridendo.
- E per vedere voi attaccata al muro della locanda a circa cinque metri
d'altezza. - aggiunse Varnohtar divertito.
Lei arrossì imbarazzata – Ma perché io?
Potrei prestare ad uno di loro la Mearas… -
iniziò.
- Silwen… - il tono di Alyon era perentorio –
Sapete che non si fa cavalcare da altri oltre a voi. E se Morwen
vedesse ora uno di loro, si insospettirebbe. Se poi venissero con voi,
vi rallenterebbero solamente. E non possiamo rischiare di mandare
messaggi di avviso, potrebbero venire intercettati. -
- Ma… - provò a replicare, però lo
sguardo che avevano tutti e tre le fecero morire le parole in bocca.
Sapeva quello che significava andarsene: avrebbe dovuto lasciare Alyon
e non rivederlo mai più. Abbassò il capo
mordendosi il labbro inferiore.
- Silwen… presto o tardi dovremmo dirci addio comunque. Non
reggerò molti giorni. Sento che non mi resta molto tempo. -
riferì quello, come se l'avesse letta nella mente. Quelle
parole la colpirono al petto come fossero una spada dalla lama
tagliente. Riuscì soltanto ad affermare con il capo. Gli
altri due si guardarono con aria mortificata.
Erano le prime luci dell'alba e la ragazza stava sistemando le ultime
cose. Si era portata dietro le armi, del Lembas e un cambio di vestiti.
Era rimasta sveglia tutta la notte al capezzale di Alyon, nonostante
questo avesse insistito più volte che riposasse. Una volta
chiusa la sacca si voltò a guardare l'amico, stava
impiegando tutte le sue forze per non piangere. Anche lui la guardava,
con un leggero sorriso sulle labbra.
Le fece segno di avvicinarsi e le afferrò la mano
– Promettetemi che ce la farete. - lei distolse lo sguardo.
- Non fatemi promettere qualcosa al di sopra delle mie forze. -
sussurrò.
- Se partite con quest'idea in mente fallirete sicuro… fino
a pochi giorni fa eravate pronta a tutto pur di salvare tutti. - le
ricordò.
- Non sono riuscita a salvare voi, la promessa che mi ero fatta prima
di partire è stata spezzata. - replicò
guardandolo mogia con un groppo in gola.
- Ecco perché vi chiedo di farne una nuova a me…
- insistette lui. Lei ne fu sorpresa. - Promettetemi che ce la farete.
- ripeté stringendole forte la mano – La vita
della gente a cui tenete è in pericolo: pensate ad Elveon,
Elladan, Melime, Elrohir… loro sono ancora vivi. - Turion e
Varnohtar gli avevano riferito la sera prima che loro si erano salvati,
come Elrond e molti altri.
Monica spostò lo sguardo a terra e chiuse gli occhi,
deglutì, rivide i volti di coloro che erano stati appena
nominati, pensò ad Alyon che se ne sarebbe andato e a tutti
quelli che erano già morti. La rabbia iniziò a
ribollirle nel corpo. Ricambiò la stretta e si
voltò a guardarlo. - Vi prometto che farò il
possibile per salvarli! - esclamò decisa. Il suo sguardo era
completamente cambiato. I tre Elfi se ne stupirono.
Alyon le sorrise – Ora andate. - e così dicendo
lasciò la sua mano.
La ragazza si voltò verso i due Elfi e fece un cenno con il
capo, poi mosse alcuni passi verso la porta.
- Silwen… - la chiamò l'amico prima che uscisse,
lei si bloccò – namarie. - sussurrò.
- Namarie. - ricambiò il saluto con voce incrinata e se ne
andò. Scese velocemente le scale e si precipitò
fuori della locanda diretta alla stalla, ma si ritrovò
davanti Garion con la Mearas da una parte e Meinrad ed Ethelind
dall'altra. Li guardò sorpresa.
- Non potevamo certo lasciarvi partire senza salutarvi. -
commentò Garion facendole l'occhiolino. L'altro occhio era
diventato nero.
- Monica… ah, no… Silwen... – si
corresse l'oste che aveva il naso gonfio – Sappiamo che sta
accadendo qualcosa di veramente grande e grave. Turion ci ha accennato
qualcosa ieri sera. Non so cosa c'entrate voi in tutto questo, non ci
è stato detto, ma… qualunque cosa sia…
state attenta. - pregò preoccupato. Lei affermò
con il capo.
- Buona fortuna. - le augurò la figlia.
Lei salì sulla Mearas, fece un cenno del capo come saluto e
la spronò a partire. Si fermò sulla strada,
appena fuori del cancello in legno e volse lo sguardo in direzione
della finestra della sua stanza. In quell'istante il groppo in gola le
si sciolse, il cuore le si strinse in una morsa, le ritornarono in
mente vari momenti passati con Alyon, non riuscì
più a trattenere le lacrime ed iniziò a piangere.
Poi fece ripartire la Mearas e si allontanò. Una volta fuori
della porta est guardò l'orizzonte, verso sud-est, ed ancora
scossa dai singhiozzi spronò la cavalla al galoppo in quella
direzione, con il vento freddo che le sferzava le guance bagnate.
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