Disclaimer
I personaggi e le
ambientazioni non mi appartengono, ma sono proprietà di
Yoshihiro Togashi; al contrario, il racconto che state per leggere
è una mia creazione.
Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
≈*≈
Quando
l’ipocondria, l’usanza di sottoporsi a un
determinato regime alimentare e l’omissione di biscotti
contenenti olio di palma sono relazionati, e si manifestano nella
stessa persona all’interno di una coppia, l’altra
metà si ritrova a fare i conti con la propria
serenità messa in catene, l’intransigenza del
partner e qualche sacrificio poco dignitoso per ristabilire
l’ordine in casa.
Diet
wars!
(headcanon
1)
Il
morbido tocco di dita tiepide sulla sua pelle scaldata dal tepore delle
coperte, la delicata pressione – simile a una carezza
– che esercitavano sulla spalla e sul braccio - entrambi
scoperti -, scosse Leorio dal suo stato di sonnolenza.
Restò
immobile; non provò neanche a sgranchirsi o voltarsi in
direzione di chi lo stava vezzeggiando. Affondò
solamente metà del suo viso sul cuscino, soffocando con una
smorfia un sonoro sbadiglio ed emettendo un mugugno.
«Alzati,
pigrone», udì.
Per tutta risposta,
bofonchiò qualcosa di simile a un “non rompere”,
raggomitolandosi. Sentì una serie di passi alla sua sinistra
e, all’improvviso, un fascio di luce illuminò il
suo viso.
Cacciò un
urlo strozzato e si mise una mano davanti agli occhi.
«Sono le
otto del mattino», gli informò Kurapika appena
finì di scostare le tende, «Dormire troppo
può causare a lungo andare emicrania, malattie cardiache,
depressione e obesità».
«Ho perso
due diottrie…»
«Coraggio,
in piedi».
«Perché!?»,
sbottò il più grande, aprendo finalmente gli
occhi. Osservò il Kuruta vestito di tutto punto, con
pantaloni marroni, camicia beige e capelli ben pettinati.
«Leorio,
cosa facciamo ogni venerdì?», gli
ricordò seccato.
Bastarono cinque
secondi – forse anche meno – perché il
volto del partner assumesse un’espressione di consapevolezza
e puro terrore.
Era già
passata una settimana. Quel giorno si era ripresentato, con Kurapika
come suo ombroso messaggero.
Il giorno della spesa.
~
Leorio non si
capacitò di trovarsi già all’interno
del supermercato, poiché ciò significava che era
stato lui – probabilmente sospinto dall’aria
minacciosa del compagno – a mettere mano al volante della sua
auto.
Chi aveva la patente,
era lui; chi sosteneva di “avere le competenze necessarie
senza bisogno della tessera”, era Kurapika.
Quel luogo gli era
ostile; non tanto per la congestione e gli schiamazzi dei bambini che
pretendevano giocattoli o caramelle, bensì per
l’effetto “psicosi” che esso causava al
suo partner, il quale gli stava rivolgendo la parola da più
di cinque minuti.
Accorgendosi di
essersi imbambolato, cercò di liberare la sua mente per
impedire di udire ovattata la voce del Kuruta.
«…
Eh?», emise con un sorriso da ebete.
L’altro lo
guardò con occhio torvo.
«Non stavi
ascoltando, vero?»
«Sì
sì… cioè,
insomma…»
«Beh, penso
tu sappia già quello che devi
fare», disse indicando un foglietto che gli aveva
dato in mano – senza che lui se ne fosse accorto –,
«È la tua parte della lista della spesa: per me
dovresti cercare soltanto quello che mangio a colazione, il
tè e le spezie. Io penserò al resto».
Prima di fare
dietrofront e proseguire, chiarì: «Occupati,
ovviamente, delle tue cose; basta che stia attento anche alle
mie».
Una volta rimasto solo
e dopo aver osservato
l’essenziale da comprare – secondo il
Kuruta –, il suo unico pensiero fu: “È iniziato
l’incubo.”
«Mmh…
“biscotti della nonna” senza latte e
derivati… C’è il glutine, quindi non
vanno bene. Mmh... "il “buon mugnaio”, frollini per
la colazione senza glutine e senza lattosio. Penso possano
andare».
Leorio
gettò la confezione nel cesto dove erano già
stati depositati barattoli di zenzero e curcuma, e tre confezioni di
tè inglese, scovati dopo una serie di interviste
imbarazzanti a persone più esperte.
«Cosa viene
dopo?», si domandò scrutando la lista.
Aggrottò la
fronte.
«Latte di
riso e… gallette di maizena?», lesse con aria
perplessa, «… E io dove diamine li
trovo!?»
Ogni
venerdì la stessa storia: spesa infinita
all’insegna di prodotti il più possibile poveri di
ingredienti.
Ogni volta, lui e
Leorio si dividevano i compiti per fare più in fretta, dato
che il Kuruta aveva la perenne sensazione di star perdendo tempo, e che
a lui piaceva agire come se fosse monitorato da un cronometro.
Ogni tipo di
alimento destinato a Kurapika doveva rispondere alle seguenti
caratteristiche: zero farina di frumento, zero lattosio.
Non che avesse bisogno
di essere così fiscale col proprio intestino; era sua
abitudine ingigantire i problemi. Dopo che gli era stata riscontrata
una lieve sensibilità alle proteine del latte, ed essendo
parecchio suscettibile alle notizie delle riviste e dei telegiornali
che affrontano questo argomento, aveva preso troppo sul serio la
questione; da un giorno all’altro, aveva drasticamente deciso
di diminuire – o eliminare – l’assunzione
di determinati nutrienti e di attenersi ad una dieta quasi ferrea,
nella quale trascurava più del dovuto persino ciò
che al momento non gli provocava nulla per prevenzione.
Erano stati vani i
rimproveri e i tentativi di Leorio di farlo tornare a ragionare; egli
si era dovuto arrendere dopo aver utilizzato tutto il suo repertorio di
persuasioni e intimidazioni, non potendo fare altro che assecondarlo.
E il moro non poteva
commettere nessun errore.
«Leorio,
dove sei?»
«Nel reparto
“calzini”», rispose un interlocutore
indaffarato a reggere il cellulare fra una guancia e una spalla, e
cercare di rimettere a posto tutti i ganci estratti.
«Ah, allora
siamo vicini! Vieni in quello dermocosmetico? Ho bisogno di un
consiglio».
«…
Arrivo».
Tra uno sbuffo e
l’altro, raggiunse il compagno, impegnato nella lettura
minuziosa degli ingredienti di due shampoo e dall’espressione
titubante.
Non diede a Leorio il
tempo di fare la domanda retorica che piazzò davanti ai suoi
occhi le due confezioni.
«Capelli
secchi e sfibrati o crespi e gonfi?»
Il più
grande cercò di mettere a fuoco i prodotti.
Il primo nominato era
verde, l’altro blu. Quella era l’unica differenza
che riuscì ad individuare; non perché non avesse
afferrato l’indecisione dell’amante, ma
perché a lui bastava leggere la parola
“shampoo” insieme alla marca per poterlo mettere
nel carrello.
«Ehm…
il secondo», rispose alla fine.
Il biondo
osservò quello eletto con una certa perplessità.
«Perché?»,
domandò infatti.
«Penso sia
più utile…?», replicò Leorio
con sorriso incerto.
«Mmh».
Kurapika gli diede le
spalle per gettarlo del cesto, ma c’era qualcosa nel suo
sguardo che non convinse il compagno.
“Ora ricomincia”,
pensò dunque, “Sicuro.”
«Mi stai
dicendo che ho i capelli crespi e gonfi?», gli chiese difatti
pochi attimi dopo, esibendo un’aria timorosa che fece mettere
immediatamente in funzione il cervello di Leorio per escogitare qualche
scappatoia ed uscire vivo dall’accusa.
«No no! I
tuoi capelli sono splendidi, sul serio!»
«Però
hai optato per il prodotto più drastico!»
«Perché
voglio che l’effetto sia migliore!»
«Quindi
ammetti che ne ho bisogno!»
«MI PIACE IL
BLU, OK?», sbottò alla fine, con un tono
esasperato che fece voltare diverse persone nella loro direzione.
«…
Hai scelto quello shampoo per il colore?», azzardò
il Kuruta accigliato.
«Più
o meno… sì», ammise il più
grande.
«Mai avrei
pensato che potessi essere così superficiale!», lo
rimproverò distogliendo lo sguardo.
«Ma
io…»
«Non ti si
può chiedere niente!»
Tirò di
nuovo fuori dal cesto il prodotto e lo sostituì con quello
dell’altro colore.
«Vada per
“secchi e sfibrati”…».
Fulminò Leorio con un’occhiata minacciosa.
«… perché mi piace il verde».
~
Quella spesa non fu la
più ostica.
Numerose erano state
le volte in cui il Kuruta aveva ripreso Leorio per aver scelto un
prodotto – a suo avviso – sbagliato, sia alla cassa
del supermercato, sia quando tornavano a casa e Kurapika esaminava,
oltre allo scontrino, i loro acquisti.
Per troppa pignoleria
o sbadataggine, c’era sempre qualcosa che non andava,
prevalentemente per la presenza del famigerato olio di palma fra gli
ingredienti.
La pazienza di Leorio
non veniva messa a dura prova soltanto in quelle situazioni; per lui
era davvero irritante anche assistere ogni giorno al compagno che si
faceva in quattro per preservare una salute in realtà mai
stata compromessa da quelle minacce.
In cucina avevano due
dispense: quella destinata a Kurapika, piena di prodotti biologici o
vegani, e quella di Leorio, provvista di cibo relativamente normale.
Tuttavia, nessuno dei
due aveva mai sopportato il doppio dispendio di soldi per poter
soddisfare le esigenze alimentari di entrambi; in cuor loro,
desideravano che il rispettivo partner potesse convertirsi
all’altro stile
di vita. Lo sapevano perché, quando capitava
che rianimassero la discussione, Leorio cercava di spronare Kurapika a
desistere con quella – a detta sua –
“pagliacciata”, e il più giovane lo
accusava di essere abituato ad assumere cibo
“insalubre”.
Leorio non demordeva:
in ogni momento possibile della giornata si spremeva le meningi per
trovare una soluzione a quel supplizio.
Successe anche durante
il pranzo di quella mattinata, mentre fissava Kurapika intento a
nutrirsi con una misera porzione di insalata e alcune fette di bresaola.
«Ti
dispiacerebbe guardare il tuo piatto?», ruppe il ghiaccio il
Kuruta.
«Stai
dimagrendo a vista d’occhio», constatò
il moro con una certa apprensione. L’affermazione fece
irrigidire per un attimo il compagno.
«…
Ho perso solo cinque chili».
«Solo!?»
«Significa
che l’astinenza da certi cibi mi sta facendo recuperare il
peso originale».
«Peso originale!?»,
ripeté sbigottito Leorio, sentendo un’improvvisa
voglia di imboccargli a forza il suo intero piatto di tortellini
– o, in alternativa, tirarglielo in faccia.
«54 chili.
Mi pare vada più che bene».
«Sicuramente!
Mi raccomando, dimagrisci ancora di più, così
potrai diventare più sottile di un foglio di giornale e
nasconderti dai nemici semplicemente mettendoti di profilo! Potresti
anche evadere di prigione passando attraverso sbarre distanti mezzo
alluce, dopo che ti avranno internato per disturbo della
regolarità alimentare e mentale!»,
sciorinò il più grande senza riprendere fiato.
«Hai mai
pensato di passare in giurisprudenza o in scienze
politiche?», azzardò Kurapika per tutta risposta,
«Ritieni di avere sempre ragione e vuoi cadere in piedi
dopo qualsiasi discussione. Sarebbero due facoltà
perfette!»
«Non prima
che ci sarai entrato tu senza neanche fare il test
d’ingresso, mister “acqua
dietetica”».
Una fetta di insaccato
lo colpì in pieno volto, depositandosi sul suo naso. Appena
Leorio lo rimosse con palese disgusto, osservò il Kuruta con
aria di sfida.
Con estrema
celerità, afferrò il suo bicchiere pieno di Coca
Cola e gettò quest’ultima in faccia al biondo, che
non ebbe il tempo di scansarsi.
L’immediata
espressione sconcertata di Kurapika divenne, poi, una di risolutezza e
sollecitudine a contrattaccare; e l’accogliente cucina si
trasformò ben presto in una trincea, dove il cibo veniva
scagliato come granate e la tavola da pranzo era il reticolato che
separava e proteggeva i due avversari dall’insozzarsi
più del dovuto.
I veri sconfitti di
quella battaglia furono i mobili della stanza e il pavimento lercio che
i due si prodigarono di lucidare prima di entrare in doccia, troppo
stravolti per stabilire chi avesse la colpa e dovesse sobbarcarsi di
più lavoro.
Quando Leorio rimase
da solo a strofinare la griglia dei fornelli, rifletté
sull’evoluzione di quella specie di litigio che, nonostante
tutto, era rimasto alquanto pacifico
e parecchio esilarante.
E gli venne
improvvisamente quell’illuminazione che aspettava da tanto
tempo, che forse gli avrebbe permesso di fronteggiare con successo
– e qualche sacrificio – la cocciutaggine del
Kuruta.
“Stare al
gioco” erano le parole chiave. Avrebbe fatto come voleva
Kurapika, ma meglio
del necessario.
~
Il rumore molesto di
passi celeri – ora più nitidi, ora più
felpati – e di un respiro energico, interruppe bruscamente il
sonno di Kurapika. Non faticò ad aprire gli occhi, ma si
stupì di vedere che l’orologio del comodino
segnava le sei e mezza del mattino.
La volontà
di comprendere la situazione fu più forte del nervoso che
aveva cominciato a covargli, per il solo pensiero che quel giorno
avrebbe dovuto lavorare da sera fino a notte fonda e che, quindi,
avrebbe desiderato riposare un po’ di più.
Dopo aver constatato
di essere l’unico sdraiato su quel letto, chiamò
Leorio con voce roca mentre si stropicciava gli occhi. Gli si
presentò l’interessato sul ciglio della camera,
con una tuta color melanzana in dosso – e le maniche
arrotolate fino a metà avambracci e ai polpacci –
e una fascia elastica in testa; continuava a saltellare da fermo.
Kurapika non ebbe la
forza di domandare nulla, e lo scrutò come se gli fosse
spuntata una coda.
«Jogging ed
esercizi mattutini», cominciò a dire Leorio,
«Bruciano molte calorie, abbassano i trigliceridi, migliorano
la circolazione, incrementano i livelli di endorfine… e
soprattutto, tonificano i glutei. Dovresti saperlo!»
Il più
giovane si schiarì la gola.
«Hai idea
del casino che stai facendo?», gli chiese.
«Beh, sei
solito svegliarti presto, no?»
«Mi
riferisco all’intero condominio. Il rimbombo dei tuoi passi
avrà svegliato sicuramente quelli del piano di sotto; e se
vengono a lamentarsi, io sono partito per il Congo»,
specificò mettendosi a sedere.
L’altro
sbuffò.
«Tra cinque
minuti finisco e faccio colazione con te».
Stretching, addominali
e flessioni sul tappeto della sala. Kurapika stentava a credere che
Leorio stesse facendo una cosa del genere, per giunta a
quell’ora.
Una volta terminati
gli esercizi, il moro passò un piccolo asciugamano sul suo
viso accaldato.
«Quindi…
ti sei svegliato prima di me?», suppose il biondo.
«Esattamente.
Mi lavo le mani e ti raggiungo».
«Leorio, che
ti prende?», fu la domanda che il Kuruta gli rivolse quando
uscì dal bagno, «Non sei il solito peso morto».
Per niente infastidito
dalla considerazione dell’amante, il moro gli si
avvicinò e posò le mani sulle sue spalle.
«La
verità è che mi hai aperto gli occhi»,
rivelò.
«…
Eh?»
«Non
c’è niente da capire. Avevi ragione tu, e basta.
Badavo poco alla mia salute, e ora voglio ricominciare».
«Ma
quindi…»
«Quindi
seguirò il tuo esempio, mangiando più o meno
le tue cose; in questo modo, risparmieremo sulla spesa»,
aggiunse mentre si dirigeva verso una mensola, «Ho riflettuto
su cosa è meglio apportare e togliere alla mia nuova
dieta».
«Senza prima
consultare un medico…?», domandò
Kurapika senza riuscire a camuffare lo shock.
«Io sono un aspirante
medico! Chi può capirmi meglio di me stesso? E ora si
mangia!»
«Ho
preparato qualcosa solo per me», gli informò il
più giovane, ancora incredulo e alquanto disorientato. Non
sapeva davvero come reagire, probabilmente perché non si
aspettava una tale conversione
da parte del compagno.
«Mmh…
cosa devi mangiare?», chiese l’altro.
«Latte di
riso, cereali integrali e una mela». Attese qualche secondo.
«Li vuoi anche tu?»
Leorio storse il naso.
«Meno male
che non sono per me!», esclamò, «Sai,
non è un ottimo abbinamento. Te lo sconsiglio».
«…
Ah?», emise il Kuruta sconcertato. Era la prima volta che
Leorio si permetteva di contestare le sue scelte alimentari.
«Ogni quanto
vai di corpo?», fu la domanda invadente del moro alla quale
Kurapika non diede risposta.
«Comunque
sia…», proseguì,
«… i cereali integrali e il latte di riso
combattono la stitichezza, poiché ricchi di fibre, ma la
mela la favorisce. Un’associazione del genere può
creare squilibri intestinali!»
«…
Ti senti bene!?», proruppe l’altro.
«Dovresti
unire cibi che hanno lo stesso effetto, come faccio io».
Senza attendere oltre,
il ragazzo si mise a rovistare la confezione dove Kurapika conservava
le sue adorate bustine di tè, eleggendone una. Ignorando il
viso sconvolto dell’amante, passò al ripiano
inferiore e tirò fuori un pacco di gallette di riso
– anch’esse di proprietà del Kuruta.
Dopo aver preso
un’altra mela dal cesto, posò quegli oggetti sul
tavolo e disse: «Io ho bisogno di alimenti astringenti;
quindi, questi fanno al caso mio».
Kurapika
cercò di cancellare quell’espressione impacciata
dal suo volto, e tornò a sfoggiare la sua solita aria
imperturbabile.
«Le tue
improvvise manifestazioni di erudizione
sempliciotta in questo argomento non ti danno il diritto
di appropriarti delle mie cose», bacchettò.
«Non
desideravi ardentemente convertirmi al tuo stile di vita?»,
commentò l'altro con una punta di ironia.
«È
così, ma sai bene che ognuno, in genere, pensa a
ciò che gli riguarda, andando di persona a comprarlo. E se
vuoi qualcosa che non è tuo, è buona educazione
chiedere il permesso all’interessato».
«Yes,
sir!», esclamò il più grande,
cominciando a sbucciare la mela. Nel farlo, si riempì le
mani di un po’ di succo del frutto, poiché aveva
conficcato il coltello troppo in profondità.
«Bah, che
sbadato…», brontolò prima di andare a
lavarsele di nuovo.
E così
rifece dopo che ebbe finito di sgranocchiare il suo pasto, dopo essersi
accidentalmente rovesciato del tè caldo sulla mano che
reggeva la tazza, e dopo aver spizzicato qualche galletta.
Kurapika si
sentì impotente di fronte a un compagno che quel giorno
pareva aver dimenticato il cervello sotto il cuscino.
“Non durerà per molto”,
pensò. Uno come Leorio si sarebbe stufato subito di quella
routine.
Decise di non dargli
troppa corda, al momento, e cominciò anche lui a fare
colazione; non prima di aver rimesso nel cesto la mela che avrebbe
dovuto mangiare.
«Tu vuoi
fare cosa!?», inveì Kurapika, raggiungendo Leorio
– seduto sul divano a guardare la TV – in salotto.
Erano le sette di
sera; il buio aveva già inglobato la città in cui
vivevano, e il Kuruta doveva sbrigarsi per l’appuntamento con
i suoi colleghi.
Aveva già
in dosso la sua divisa nera da guardia del corpo, ma doveva ancora
abbottonarsi la camicia e annodarsi la cravatta.
L’affermazione del partner l’aveva destabilizzato.
«Dai, mi hai
sentito…», rispose l’altro svogliato.
«Vuoi
buttare tutto il cibo della tua dispensa!?»,
ripeté il biondo.
«Oppure
darlo al rottweiler di un mio amico. Quello rosicchia pure la sua
cuccia».
«È
uno spreco! Se proprio non vuoi mangiare quelle cose, dalle in
beneficienza o semplicemente a una persona... e non al suo
cane!»
«Io non le
consumo e neanche tu; quindi, devono trovare un’altra
sistemazione».
Appurato
ciò, si voltò verso l’amante alquanto
alterato, che stava finendo di sistemarsi, e specificò:
«Non mangerò più nessun tipo di
dolciume, dai semplici biscotti alle torte».
Kurapika si
irrigidì e piantò lo sguardo sul più
grande.
«Suppongo
che la mia torta “solo albumi” sia
un’eccezione!», esclamò con tono
velatamente intimidatorio.
«Mi
dispiace, neanche quella».
«Spiegami il
motivo».
«Dopo
estenuanti ore di meditazione, mi sono ricordato che, nella mia
famiglia, più della metà dei miei parenti hanno
la glicemia alta o il diabete», svelò
l’aspirante medico.
«E tu come
sei messo?»
«Nah, non ho
niente…», rispose scuotendo il capo,
«… stando, almeno, all’ultimo
controllo».
«Non puoi
fasciarti la testa prima di rompertela! Chi ti dice che abbia per forza
ereditato questo squilibrio?», ribatté Kurapika.
«Prevenire è meglio
che curare, no?», ripeté il partner
facendo una smorfia.
Il Kuruta si
paralizzò, trovando difficoltà a dare una
risposta. Non volendo, però, apparire sconfitto, fece per
tornare nella sua stanza dicendo: «Appena torno, ne
riparliamo. Ora sono di fretta».
«Sai che non
mi sono ancora abituato alla tua assenza nel mio letto,
vero?», sentì pronunciare a Leorio mentre si stava
infilando le scarpe.
Gli sfuggì
un sorriso mellifluo.
«Purtroppo
ci sono giorni in cui il lavoro mi chiama a quest’ora.
Stanotte potresti abbracciare il mio cuscino, se ti dovesse struggere
la mia lontananza», scherzò.
«Stronzo»,
fu la risposta dell’amante, che Kurapika udì meno
nitida.
Quando
quest’ultimo indossò la giacca e mise il suo
cellulare in una tasca, tornò in salotto per salutare il
compagno. Lo vide, però, spuntare dalla cucina con una
vaschetta in mano.
«Ecco a
te», esordì.
«…
Cos’è?», domandò
l’interlocutore confuso.
«La tua
cena: tramezzini integrali con prosciutto senza lattosio»,
specificò il più grande.
L’altro
sgranò gli occhi.
«Stai
scherzando!?»
«Ti
verrà sicuramente fame».
«Sai bene
che sono abituato a digiunare. Non posso permettermi di sorvegliare
l’edificio e i Nostrade mentre reggo in mano una vaschetta di
tramezzini!»
«Fammi il
favore di infischiartene degli altri e di mangiare appena ti danno
qualche minuto di pausa», insisté il
più grande, «Ho preparato queste cose con piacere
solo per te».
Dopo
quell’affermazione, il Kuruta fu costretto a rabbonirsi e
assecondare il volere dell’amante.
«Dammi
almeno un sacchetto», disse poi.
Per la prima volta,
ebbe una certa voglia di evadere di casa, motivato dagli assilli di
Leorio; perciò, presa la sua futura cena,
cominciò ad incamminarsi a passo lesto verso la porta.
«Aspetta!»,
proruppe ancora il moro, facendogli venire i nervi.
«Sono-in-ritardo!»,
scandì esasperato.
«Prendi
anche questo», lo esortò porgendogli una boccetta
di gel igienizzante, «Presumo non ci sarà sempre
il sapone nei bagni».
Kurapika lo
fulminò con uno sguardo pietrificante e sbigottito allo
stesso tempo. Soffocò tutte le domande e le invettive a fior
di labbra, e tolse con sgarbatezza l’oggetto dalle mani del
partner.
«Vai a letto
presto, te lo consiglio», gli suggerì prima di
varcare la soglia dell’abitazione, «Con un
po’ di riposo, forse
domattina potrai tornare ad essere te stesso».
~
Il sonno prolungato
dell’aspirante medico non bastò a farlo desistere
dalla sua missione,
ed arrivò ad accogliere l’assonnato Kuruta
– tornato alle quattro del mattino e che aveva dormito fino a
mezzogiorno – con un insolito buongiorno.
«Non hai
accettato roba strana
dagli sconosciuti, vero?»
Domanda seguita, poi,
da molte altre che miravano a comprendere se il compagno avesse gradito
il cibo di ieri.
«Me lo stai
chiedendo proprio tu?», domandò Kurapika.
In effetti, due
caratteristiche ordinarie di Leorio erano: la sua noncuranza per come
ogni volta si dovesse arrangiare l’amante, e il vizio
– che ora stava condannando – di mangiare e bere
qualunque cosa gli venisse offerto, rubando talvolta pure degli
stuzzichini dal piatto di chi gli era a fianco.
E i giorni
continuarono a ripetersi esattamente come il primo, con i soliti
esercizi mattutini e la solita routine alimentare fiscale di entrambi.
Non mancarono di certo
le novità. L’intransigenza si estese fino ad
argomenti tabù; la prevenzione da certe malattie
sessualmente trasmissibili era un esempio – cosa che, fino a
quel momento, aveva sempre rimarcato solo il Kuruta.
Gli effetti
soddisfacenti del comportamento di Leorio su Kurapika si ebbero
finalmente una di quelle sere, non appena il moro si era rifiutato di
mangiare un piatto di spaghetti – cucinati a tradimento dal
compagno – perché temeva un innalzamento dei
livelli del colesterolo.
«Traditore!»,
esclamò.
«Zitto.
Questa è la cena; non discutere»,
ribadì il partner.
«Non puoi
dirmi cosa mangiare!»
«Oggi a
pranzo hai toccato solo un po’ di insalata. Ti sembra
sufficiente?», gli ricordò il più
giovane.
«E tu,
allora? Come poteva nutrirti un brodo di verdure senza pasta?»
«…
Sono abituato a mangiare poco», replicò con
esitazione.
«Beh, da
adesso anch’io!»
«Non voglio
che diventi come me!», inveì improvvisamente
Kurapika, puntandosi il dito contro, «E smettila di imitarmi!
Sei fastidioso».
«Cosa stanno
sentendo le mie orecchie!?», sbottò Leorio con
simulato stupore, «Non volevi che io
fossi…?»
«Facciamo un
patto», lo interruppe l’altro con aria seccata,
«Forse la pasta è troppa per te. Se ne prendo
metà, promettimi che mangerai il resto».
La sorpresa del moro
divenne in un attimo autentica, e non poté evitare di
mascherare un sorriso che lasciava trapelare soddisfazione ed
incredulità.
Colmo di fierezza,
poggiò la sua fronte su quella dell’amante
alquanto contrariato, sussurrandogli: «Affare
fatto».
~
Quella notte stava
conciliando particolarmente il sonno di Leorio.
La prima vittoria gli
aveva fatto abbassare la guardia, e non sembrava predisposto a
svegliarsi di nuovo presto la mattina seguente e riprendere quegli
esercizi.
Chi, invece, pareva
non riuscire ad addormentarsi era Kurapika. Si girava e rigirava fra le
coperte, oppure sospirava; talvolta rimaneva ad osservare il soffitto
come paralizzato, senza sbattere le palpebre, e spesso – per
passare il tempo – infastidiva il compagno dormiente
tappandogli il naso o tirandogli qualche capello.
In tutta la sua
irritazione mischiata all’opprimente sonnolenza, a Leorio
sembrò di averlo anche sentito parlare; non fu certo che si
stesse rivolgendo a lui o si trattasse di un semplice monologo, ma
credette di udire parole come “sbaglio”,
“ossessione” e – con sua grande sorpresa
– un flebile “scusami”.
Quando il moro
riaprì gli occhi, si rese conto che il suo viso era rivolto
verso il suo comodino e che l’orologio segnava mezzogiorno.
Pensò
immediatamente due cose: che poteva dimenticarsi la colazione e che
Kurapika avrebbe potuto insospettirsi o rinfacciargli di aver gettato
la corda come aveva previsto.
Con
l’intenzione di accusare il Kuruta di aver disturbato il suo
sonno, saltò in piedi e, dopo essersi dato una rinfrescata,
si diresse nella cucina da dove proveniva un profumo stuzzicante al suo
olfatto.
Ciò che
vide lo lasciò di stucco. Rare volte aveva visto la loro
tavola così imbandita di vere e proprie pietanze da pranzo
luculliano: penne al ragù, un hamburger a testa, insalata di
carote e alcune fette di torta al cocco – a giudicare dalla
consistenza, appena sfornata.
Seduto a sinistra
c’era Kurapika, che scrutò l’interessato
con espressione imperturbabile quando mise piede nella stanza.
«Stavo per
svegliarti», gli informò con tono pacato, mentre
versava dell’acqua in ciascuno dei bicchieri.
Leorio si
avvicinò al suo posto con circospezione, faticando a credere
che il suo amante stesse per mangiare cose normali e nutrienti.
«Nulla in
contrario su quello che ho preparato, vero?», chiese ad un
tratto il più giovane, «Siccome hai fatto lo scemo
per tutti questi giorni, immagino che ora desideri un po’ di
cibo sostanzioso».
«…
Mai quanto te», replicò l’interlocutore
con un sorriso sornione.
«Buon
appetito», tagliò corto l’altro.
«Altrettanto».
~
Dire che Leorio aveva
vinto quella strampalata competizione non era un’affermazione
totalmente corretta, considerato il prezzo del trionfo.
Kurapika si era
incaponito sulla salute e sull’igiene più di
quanto non vi prestasse già attenzione; la finta apprensione
di Leorio l’aveva portato a prenotare visite mediche, analisi
di sangue e test di consanguineità per rintracciare nei suoi
antenati qualche strana malattia a lui ignota che poteva aver
ereditato. D’altra parte, era tornato sui suoi passi,
mangiando ciò che soleva scartare e riuscendo a riprendere
un po’ di peso.
Tuttavia, la nuova
spesa al supermercato fu rimandata a quando lui e Leorio avrebbero
consumato con tanta pazienza i cibi particolari della
dispensa del più giovane. Il moro non obiettò
soprattutto per preservare i loro risparmi, che stavano implorando
pietà.
«…
e poi hanno scoperto che c'è familiarità
alla talassemia dalla parte di mio padre», spiegò
un giorno il Kuruta durante la cena.
«Mmh, e
poi?», domandò l’aspirante medico.
«Per fortuna
nient’altro».
«Stai
scherzando!?», sbottò l’amante,
facendolo sobbalzare, «E la familiarità con le
cerniere lampo? Credevo si riscontrasse con facilità nel tuo
DNA!»
«…
Leorio, vuoi morire adesso o fra un secondo?»,
replicò Kurapika lanciandogli un’occhiata sbilenca.
«Suvvia, io
lo prenderei come un complimento!», esclamò per
poi ridacchiare.
«Ho anche
familiarità con le catene avviluppate ai cuori delle
persone», lo minacciò il partner, facendole
apparire per un attimo sulla mano destra.
«Infatti il
mio cuore ti appartiene; mi hai stregato»,
confessò l’altro con tono enfatico, per poi
ammiccare, «Devi ancora dimostrarmi, però, che le
sai utilizzare bene sul mio corpo. In quanto aspirante medico, ritengo
ci siano cose
che solo io so di te o posso riscontrarti».
«Oh…
vuoi giocare al dottore?»,
fu la domanda retorica del Kuruta.
«Tsk, e chi
vuole solo giocare?»,
controbatté Leorio ampliando il suo sorriso.
La speranza di poter
avvicinare le sue labbra a quelle di Kurapika e posargli un bacio a
stampo venne infranta da quest’ultimo, che mise davanti ai
suoi occhi un’insalatiera.
«Prima
finisci la tua porzione di rucola», gli ordinò.
«…
E tu mangia la frittata!»
«Tranquillo».
«Bravo».
«Lo
so».
«Bene».
«Bene».
E cominciarono ad
ingozzarsi, per vedere chi finiva prima quegli alimenti salutari che
non compiacevano ai loro palati.
Perché per
loro tutto ciò che concerneva l’amore –
specialmente nei confini della loro abitazione – era una
lotta.
E la questione del
cibo non fu mai un’eccezione.
~
Angolo
dell’autrice
*sospira* È
sempre bello tornare a casa.
Non ho messo da parte la
mia OTP, e non ho smesso di avere un occhio di riguardo per il mio
fandom del cuore – così come per questa fanfiction
che aveva bisogno di essere aggiornata. Perciò, dopo essermi
liberata da una serie di impegni e “deadlines”,
eccomi qua!
Stavolta i nostri
eroi(?) sono alle prese col cibo. Confesso che non è stato
affatto semplice strutturare il capitolo; mi ha divertito e stancato
allo stesso tempo, per intenderci.
Ho sviluppato
l’idea partendo da un headcanon
personale: “Kurapika è il classico tipo che,
dietro le quinte, presta particolare attenzione a quello che mangia e
alla sua linea, arrivando talvolta a fissarsi sulla scelta di certi
alimenti in maniera morbosa”. Tuttavia, ciò che mi
ha spinto a metterlo per iscritto è quest’immagine
scovata qui. Oltre ad essere morta dal
ridere, ho subito pensato “Oddio, i biscotti ideali per
Kurapika!”; e da lì è partito tutto.
*ride*
Leorio è
veramente particolare; da una parte, dimostra di essere alquanto
ferrato sull’argomento “nutrizione e
benessere” – sfruttandolo ed enfatizzandolo per
“affrontare” il compagno, anche affermando di
proposito cose non vere –, dall’altra si perde in
un bicchiere d’acqua per cose in cui Kurapika – che
non è uno studente ma a cui piace apprendere per conto
proprio – eccelle (ma con esagerazione). Inoltre, si
è ormai capito che spesso la pigrizia lo può
assalire fino a non curarsi di ciò che è meglio
mangiare.
In generale,
è stato interessante immaginare alcune scene che ritengo
fortemente probabili nella “realtà”, con
le stesse ripercussioni, se quei due fossero una coppia di fatto.
Non ho inserito scene di
veri e propri aspri litigi. Voglio dire… per quanto un gatto
e un topo andrebbero più d’accordo di quei due,
non è detto che ogni volta che c’è
qualche controversia debbano risolvere tutto a suon di
“angst” e colpi di padella in testa. *ride* Ho
voluto rendere l’atmosfera un tantino più
“giocosa”, inscenando una competizione
più sana.
Una cosa importante che
non ho specificato nel primo capitolo! È vero che
l’ambientazione e il timeline si rifanno a quelli di
Irreplaceable, ma qui Kurapika non ha una relazione a distanza con
Leorio: ci convive proprio (a parte qualche rara volta in cui
è chiamato a stare con i colleghi e il capo, persino per
più giorni). Di conseguenza, dove lavora Kurapika e dove
Leorio frequenta le lezioni non sono luoghi distanti dalla loro casa;
ho reso tutto più facile(?) anche perché
Recollections non è pensata per focalizzarsi su queste
“questioni”.
Infine, il titolo del
capitolo è ispirato a quello dell’anime
“Food wars! Shokugeki no Soma”.
Non credo di avere altro
da dire. Vi ringrazio, come sempre, per essere arrivati fin qui e per
aver messo tra le seguite questa bizzarra raccolta. ^^
Commentate, fatemi
sapere cosa ne pensate… e a presto (si spera) con il
prossimo capitolo.
Un saluto a tutti,
Scarlet
|