CAPITOLO
17.
DIMMI
SE VUOI MOLLARE.
Pov
Sana.
"E' andato tutto bene a Osaka?".
Mia
madre e le sue domande allusorie.
La guardai mentre la signora
Shimura mi serviva una tazza di tè, il suo sguardo era lo
specchio
della sua curiosità. "Quando la smetterai di chiedere con lo
stratagemma dei sottointesi?".
"Avanti figliola,
raccontami qualche particolare piccante!".
Scoppiai a
ridere, rischiando di rovesciare tutto il tè sul pavimento.
"Cosa
vuoi sapere esattamente, mamma?"
"Avete fatto sesso?".
Per poco non mi strozzai, ripensare ai momenti passati con Akito mi
fece arrossire, tanto che mia madre capì immediatamente che
la
risposta alla sua domanda era ovvia.
"O mio Dio, tesoro!!"
urlò alzandosi dal divano e venendosi a sedere accanto a me.
"Finalmente siete passati alla base successiva, temevo che vi
ritrovaste a quarant'anni vergini per non sprecare il vostro magico
momento!".
Rimasi sconvolta nel sentire quelle parole: non
solo mia madre era felice che io e Akito avessimo fatto sesso - e
sapevo che sarebbe stato così visto che mi aveva spinto lei
a
mettere la fede al dito - ma soprattutto stavo parlando di sesso con
mia madre! Era inquietante.
Mi alzai, prendendo la mia giacca
dopo aver posato la tazza sul tavolino, e diedi un bacio a mia madre.
"Devo andare mamma, è stato un piacere fare questa
chiaccherata a cuore aperto."
"Ma... io pensavo che
mi avresti raccontato i dettagli!" protestò lei, alzandosi a
sua volta.
"In un'altra vita, mamma.".
Detto ciò
presi l'ovetto di Kaori, che nel frattempo si era addormentata grazie
alla ninna nanna della signora Shimura e mi diressi verso la porta.
Misi la bambina in macchina e feci strada per tornare a casa,
perchè
finalmente era arrivato il giorno del ritorno di Akito.
Avevo
preparato tutto, la nostra giornata sarebbe stata assolutamente
dedicata all'ozio e anche a qualcos'altro, ovviamente. Non vedevo
l'ora di sentire quel campanello suonare, quindi per distrarmi dal
contare i minuti, mi misi sul divano con Kaori e la cullai per un
po', mentre lei continuava a dormire.
Ero così stanca... Le
riprese del film stavano per cominciare e avevo passato la precedente
settimana a riprendere le fila del mio personaggio. Miyazaki mi aveva
contattata giorni prima, dicendomi che aveva scelto il nome del
coprotagonista e che stavolta era affidabile. Mi vennero i brividi
quando ripensai all'episodio delle prove e, per tentare di scacciare
il disgusto, mi misi a cercare qualche informazione su chi mi avrebbe
affiancato.
Kengo Yamamura era un attore di teatro molto
famoso, avevo sentito parlare spesso di lui ma non avevo mai visto un
suo spettacolo, e quella sarebbe stata la sua prima esperienza dietro
una macchina da presa. Fantastico, avrei dovuto lavorare con un
dilettante del cinema, ma sapevo che era abbastanza bravo e di lui
non si trovavano che commenti positivi. Ad ogni modo ero convinta che
quel film sarebbe stato un successo e che se Miyazaki mi aveva scelta
tra tante attrici qualcosa doveva pur voler dire.
Guardai
Kaori, cresceva a vista d'occhio e somigliava sempre di più
a sua
madre. I capelli le erano cresciuti un po', e avevano cominciato a
prendere la sfumatura del castano di Natsumi. Akito sarebbe arrivato
il giorno dopo e già sentivo il cuore in gola al solo
pensiero.
Mi
addormentai subito dopo, mentre accarezzavo la testa di Kaori, con il
viso di Akito stampato davanti.
Pensavo di riposarmi, ma il
giorno dopo capii che non avrei mai trovato un attimo per rilassarmi:
la mia vita era un casino.
*
Arrivai
in ospedale non appena il dottore mi chiamò per dirmi che
c'erano
dei documenti da compilare, per la sistemazione di Natsumi in
un'altra stanza del reparto. Non capivo perchè dovevano
spostarla,
ma comunque non feci storie e salii in macchina. Dovetti portare
Kaori con me, mia madre era impegnata nell'ultima stesura del suo
nuovo romanzo e non voleva essere disturbata, e il signor Hayama non
riusciva a badare a se stesso, figuriamoci ad una bambina di pochi
mesi. Mandai Rei a prendere Akito alla stazione, dicendogli di
portarlo a casa, ma sapevo perfettamente che sarebbe venuto in
ospedale non appena il mio manager lo avrebbe lasciato davanti alla
porta. Quando arrivai davanti alla nuova stanza di Natsumi
un'infermiera si avvicinò a me porgendomi una serie di
carte, dopo
averle lette per bene, le firmai - perchè Rei mi aveva
insegnato che
nulla va firmato senza averlo prima letto - e glieli restituii con un
sorriso. Guardavo la mia amica dall'esterno della sua camera,
attraverso il vetro della porta. Era piena di fili, ma le era stato
tolto il tubo di respirazione perchè nelle quarantotto ore
aveva
cominciato a respirare da sola, senza l'aiuto dei macchinari. Era un
buon segno, mi disse il dottore, ma ricordai che aveva già
detto una
cosa del genere, quindi non mi munii di speranze che poi sarebbero
state distrutte.
Spinsi la carrozzina di Kaori dentro la stanza
della sua mamma e la misi in un angolo, accertandomi che avesse il
ciuccio e che fosse ben coperta, prima di avvicinarmi al letto di
Natsumi.
Era dimagrita tantissimo, l'alimentazione attraverso
le sondine l'aveva stremata in tutto e per tutto, e aveva perso anche
il colorito roseo che di solito le invidiavo per il mio un po' troppo
chiaro. Le sfiorai i capelli, erano crespi e rovinati, a forza di
stare schiacciati contro un cuscino. Le erano venute le piaghe, ma i
dottori l'avevano curata e le facevano cambiare posizione
più spesso
di prima. Mi sembrava di guardare una persona diversa, non la Natsumi
che conoscevo da tutta la vita. Non più la Natsumi che avevo
rimproverato per il modo in cui trattava Akito o la Natsumi che mi
aveva assillato per un mio autografo quando eravamo bambine, ma
semplicemente una sagoma, un corpo, costretto in un letto d'ospedale.
Se mi avessero detto che non c'era più
possibilità che si
risvegliasse non sapevo come avrei reagito. Non sapevo come avrebbe
reagito Akito. Probabilmente avrebbe perso la voglia di vivere, ma
non volevo nemmeno pensarci.
Cominciai a parlarle, le raccontai
tutto quello che era successo negli ultimi tempi, le spiegai dei
problemi con Akito per il film, le dissi che avevamo anche smesso di
litigare tanto spesso e immaginai la sua faccia se avesse potuto
muoversi. Sarebbe scoppiata a ridere e mi avrebbe guardato con quegli
occhi sarcastici che proprio non riusciva a trattenere. Mi venne da
ridere, era bello parlarle ed immaginare che mi sentisse sul serio,
magari era anche un po' stupido ma non riuscivo a non pensare che
forse, da qualche parte, la sua anima mi stesse ascoltando.
Rimasi
lì un po', non saprei nemmeno dire quanto, la guardai per la
maggior
parte del tempo, le strinsi la mano e la pregai di sbrigarsi a
tornare che sua figlia mi stava facendo ammattire.
Quasi a
farlo apposta Kaori si mise a piangere, quindi mi allontanai dal
letto e la presi in braccio, tornando vicino a Natsumi. Nel sedermi
sul materasso, la mano di Kaori e quella di Natsumi si toccarono e mi
ritrovai piegata su di lei perchè Kaori la stringeva e non
voleva
staccarsi.
Non mi tolsi subito, volevo lasciare a madre e
figlia quel piccolo momento di intimità, forse sarebbe stato
l'unico
che avrebbero mai avuto, poi mi spostai e il contatto si interruppe.
Presi la mano di Natsumi e la strinsi forte alla mia, cercando
di inviarle tutta la mia linfa vitale attraverso quel tocco.
Inizialmente non compresi. Pensai di averlo immaginato. Rimasi
immobile per un istante che mi parve un'eternità. Poi lo
fece di
nuovo.
Natsumi mi stava stringendo la mano.
Quando
realizzai che stava succedendo davvero e che dovevo muovermi e
chiamare qualcuno, lasciai la sua mano e corsi fuori dalla stanza,
prendendo il primo medico che mi capitò a tiro.
"Si è
mossa! Mi ha stretto la mano!!" urlai, spostandomi i capelli dal
viso.
Il dottore osservò l'encefalogramma di Natsumi, rimase
in silenzio e poi chiamò qualcun'altro con il cercapersone.
Un paio
di specializzandi entrarono nella camera, cominciarono ad analizzare
l'encefalogramma, ad auscultarla, a usare parole incomprensibili e
troppo tecniche che non capivo per niente.
"Signora si
calmi, è stato solo un riflesso incondizionato
probabilmente."
"Ma lei mi ha stretto la mano, non ha solo mosso un dito,
mi stringeva!" urlai insistendo. Non poteva essere solo un
riflesso. Perchè se fosse stato così significava
che il mio cuore
sarebbe ricaduto nella rassegnazione, e io non volevo perdere la
speranza.
Continuai ad insistere, ad urlare, a cercare di far
capire ai medici che non stavo sognando e che non me l'ero inventato
per la disperazione. Lei si era mossa.
Uno specializzando mi
guardò esterrefatto, poi si avvicinò a me e
tentò di calmarmi, ma
non ero sconvolta o arrabbiata e nemmeno pazza, quindi dovevano fare
qualcosa.
Mi rivolsi di nuovo al medico. "La prego. La
prego, dottore. Controlli un'altra volta."
Lui annuì,
facendomi capire che mi avrebbe accontentata solamente
perchè glielo
stavo chiedendo in quel modo e non perchè lui nutriva una
speranza,
nè umana nè scientifica, sulle condizioni di
Natsumi.
Uscì
dalla stanza dopo avermi posato una mano sulla spalla, seguito da
quattro o cinque specializzandi.
Rimasi lì un altro po', non
volevo lasciarla da sola anche se Kaori aveva fatto un po' di
capricci quando l'avevo rimessa nella cesta.
Facevo su e giù
per tutta la stanza, aspettando che i medici tornassero e mi dessero
qualche notizia in più, ma niente. Per la successiva ora non
ci fu
traccia nè dei dottori e tantomeno di Akito.
Chiamai Rei, ma
non rispondeva nessuno, quindi ci rinunciai alla terza telefonata.
Ero impotente. E non mi piaceva affatto quella sensazione.
Uscii
un attimo dalla stanza, mia madre era corsa subito dopo che l'avevo
chiamata sconvolta dal fatto che Natsumi si fosse mossa, quindi le
diedi Kaori chiedendole di farla addormentare.
Mi tolsi quel
maledetto camice e lo gettai nel cestino, esasperata dal fatto che
non mi avessero creduta e che Natsumi non si decidesse a dare la
prova della verità: lei si stava svegliando e io lo sapevo.
Lo
sentivo.
Mi appoggiai al muro, buttando la testa all'indietro e
sbuffando. Era tutto inutile, e da sola mi sentivo peggio.
"Kurata?". La sua voce fu come la risposta a tutte le
mie preghiere, come se l'universo mi avesse letto nella mente e lui
fosse arrivato per salvarmi dai miei brutti pensieri.
Mi
fiondai su di lui, mentre la tensione accumulata nelle ultime ore
sembrava diradarsi lentamente verso le mie braccia che lo
stringevano. Mi veniva da piangere, ma trattenni le lacrime, sperando
che lui riuscisse a risolvere le cose.
Dopo qualche minuti ci
staccammo e finalmente rividi i suoi occhi ambrati. Erano il mio
personale toccasana.
"Che succede Sana?"
Ero
indecisa se raccontarglielo o meno, avrei probabilmente alimentato
senza alcun fondamento le sue speranze, ma avevo bisogno che qualcuno
mi capisse, che credesse a ciò che stavo dicendo. Mentre Rei
e mia
madre giocavano con Kaori, che proprio non voleva saperne di dormire,
mi allontanai un po' con Akito, senza mai lasciare la sua mano.
Mi
guardava come se stesse aspettando una sentenza di morte, quindi
affrettai il passo e quando fui abbastanza lontana da occhi
indiscreti cominciai a parlare.
Gli raccontai tutto, senza
tralasciare nemmeno un dettaglio. La sua espressione era incredula,
ma da qualche parte scorsi anche un pizzico di felicità nel
sentire
che c'era la possibilità che sua sorella, in coma da quasi
tre mesi,
si svegliasse.
"Ma ne sei certa?" chiese portandosi
le mani sulla testa.
"Ne sono sicura, Akito. Lei mi ha
stretto la mano, devi credermi. Ho passato più di mezz'ora a
cercare
di convincere i medici ma nessuno di loro vuole decidersi a mettere
da parte il loro scetticismo e darmi ascolto! Tu non hai idea... lei
era così.. così forte! Devi credermi Akito..
perchè..."
"Ti
credo, Kurata. Certo che ti credo." mi zittì lui, mettendomi
un
dito sulla bocca. Quel contatto, anche se non era affatto il momento,
sembrò accendere tutto il mio corpo. Cercai di scacciare
quella
sensazione e mi avvicinai, poggiando il viso sul suo petto. Ero
distrutta.
"Andiamo, Sana. Cerchiamo di capire cosa sta
succedendo."
Mi prese la mano e mi riportò davanti alla
camera di Natsumi. Rei era seduto accanto a mia madre che cullava
Kaori che, mentre io e Akito parlavamo, si era addormentata. Sapevo
che non era un sonno destinato a durare molto, infatti non appena
Akito si chinò a darle un bacio sulla fronte i suoi occhioni
si
spalancarono nuovamente.
"Vieni qui." Akito la prese
dalle braccia di mia madre e se la portò al petto. Un giorno
sarebbe
stato un grande papà.
"Entro un attimo con Kaori, va
bene?"
Annuii e gli sorrisi, accomodandomi accanto a Rei e
poggiando la testa sulla sua spalla.
"Sei stanca?"
La
voce di Rei era pesante, esattamente come la mia, e sapevo che anche
lui aveva il suo bel da fare mentre io mi occupavo della mia
famiglia. Lo avevo lasciato da solo a sistemare miliardi di cose
prima delle riprese del film e non avevo assolutamente considerato
quanto lavoro gli stavo addossando senza preoccuparmi minimamente.
"E tu?"
Non rimasi sveglia abbastanza per
sentire la risposta, mi addormentai sulla spalla del mio manager
mentre lui mi accarezzava la testa, proprio come quando ero bambina.
Pov
Akito.
Quando
Sana mi aveva raccontato cosa aveva visto, cosa Natsumi aveva fatto,
il mio cuore aveva perso un battito. Mi era sembrato che,
improvvisamente, la mia vita sarebbe potuta tornare alla
normalità
o, anzi, che potesse migliorare visto il matrimonio con l'amore della
mia vita.
Ma in quel momento, mentre mi trovavo accanto a mia
sorella, distesa da quasi tre mesi su quel maledetto letto
d'ospedale, mi sembrò che niente potesse andare meglio. Che
niente
potesse più andare in alcun modo, perchè io non
esistevo più.
Afferrai una sedia e mi sedetti, stando bene attento a non far
piangere Kaori, per poi prendere la mano di Natsumi.
Sana aveva
ragione: era dimagrita tantissimo e non sembrava più mia
sorella.
Era solo un corpo, buttato su un letto, e la cosa che mi dava
più
fastidio era che non potevo fare niente per aiutarla.
"Nat..."
sussurrai cercando di trattenere le lacrime. "Se vuoi vivere...
se vuoi davvero vivere, muoviti ad alzarti da questo cazzo di letto.
Ma se tu..." Mi fermai, spaventato dai miei stessi pensieri,
perchè non volevo pensare quello che in realtà
avevo nella testa,
era sbagliato e soprattutto mio padre non sarebbe mai stato
d'accordo. "Ma se tu non vuoi... puoi andare, solo.. dammi un
segno che vuoi mollare e io farò sì che questo
finisca. Ti prego...
ti prego dimmi se vuoi mollare."
Le lacrime mi rigavano il
volto ormai, e non ero nemmeno certo che fosse la cosa giusta, ma
dovevo dirlo. Dovevo dire ad alta voce che forse era lei a non voler
lottare. Era un'opzione che non avevo mai contemplato veramente,
eppure era lì, ed era possibile.
"Non ci pe... non ci
penso nemm... nemmeno."
Ebbi la sensazione di essere in
una specie di trans, non capii nulla di quello che accadde subito
dopo. Vidi solo gli occhi di Natsumi aprirsi lentamente, sentii la
sua mano stringere la mia e poi una decina di dottori che entrarono
in camera e mi dissero qualcosa come si
allontani, dobbiamo visitarla.
Non capii nulla. Solo che Sana mi si era gettata al collo, con
le lacrime agli occhi, non sapevo nemmeno dov'era Kaori, se era
ancora in braccio a me o se qualche infermiera me l'aveva tolta dalle
mani prima che mi venisse una sincope. Il mio cervello non era
collegato al resto del corpo. Sentivo solo il cuore scoppiarmi e,
dopo mesi, finalmente riprendere a battere.
Amavo Sana, quando
finalmente avevo capito che anche lei mi amava avevo provato una
sensazione come quella, ma mia sorella, il sangue del mio sangue,
aveva appena riaperto gli occhi mentre io le stavo dando il permesso
di andarsene, di lasciarsi andare, e quello non poteva essere
paragonato a niente.
Ero nato un'altra volta in quel preciso
istante e avrei usato la mia vita al meglio che potevo.
"Si
è svegliata..." fu l'unica cosa che dissi per la successiva
ora, finchè non mi fecero rientrare in stanza.
La signora
Kurata e Rei nel frattempo erano andati via portandosi Kaori, quindi
alla fine l'infermiera acconsentì a farci entrare insieme.
Vedere
Natsumi respirare da sola, dormire ma sapere che non era un sonno
distruttore, mi riempì il cuore di gioia.
"Si è
svegliata..." ripetei guardando Sana, con tutto il trucco colato
e i capelli arruffati. Lei mi sorrise e annuì, stringendomi
la mano.
Era tutto quello di cui avevo bisogno.
*
Le
settimane successive furono frenetiche. Io e Sana non avevamo un
attimo per noi, negli ultimi cinque giorni ci eravamo visti si e no
quindici minuti di seguito.
Natsumi stava meglio, la sua
riabilitazione era sfiancante e a volte dolorosa, ma lei era forte e
grazie all'amore che aveva ritrovato in sua figlia riusciva ad avere
un motivo per lottare, nonostante tutto. Kaori abitava ancora con
noi, ma quella sera l'avrei portata da mio padre perché io e
Sana
avevamo bisogno di passare un po' di tempo insieme, senza dover
scappare al primo pianto di mia nipote.
Presi il telefono,
composi il numero di Sana e aspettai che rispondesse, mentre cercavo
di capire se nella sua lista della spesa ci fosse scritto pannolini o
pacchettini. Pacchettini di che poi? Attaccai quando scattò
la
segreteria, non mi avrebbe risposto di lì a breve quindi
tanto
valeva lasciar perdere, e mi avviai verso il reparto delle cose per
bambini. Comunque i pannolini ci sarebbero serviti. Dovevo portare la
spesa a casa e passare da mio padre perchè da quando mia
sorella era
uscita dal coma non avevo avuto molta possibilità di
parlargli.
Quando ero uscito dalla palestra mi ero persino illuso che la
giornata fosse finita e invece no. Uscii dal supermercato e andai
prima da mio padre, chiacchierammo e poi guardammo un po' di
televisione insieme e quando uscii dalla mia vecchia casa erano
già
le sette.
Sana continuava a non rispondere al telefono,
evidentemente era impegnata con Rei per le riprese del film che
stavano per iniziare quindi decisi di non chiamare più.
Mi
diressi verso casa, sperando di non trovarla impegnata con qualche
telefonata importante né tanto meno tra i fornelli,
più che per la
mia salute che per altro.
Parcheggiai velocemente nel vialetto
e corsi dentro casa, ansioso di passare un po' di tempo con Sana, ma
quando entrai trovai il mio salotto pieno di scartoffie e lei che
cercava di imparare una battuta.
Non mi notò, quindi la colsi
alle spalle. Saltò dalla paura e mi piazzò un
colpo proprio sul
petto, mentre io non facevo altro che ridere. “Ma crescerai
prima o
poi?” disse Sana sorridendo tra le mie braccia. Il sole
entrava
dalla finestra finendo con arrivare sui suoi capelli che presero
così
le sfumature di un meraviglioso tramonto.
“Non lo so, può
essere.” risposi mentre mi fiondavo sulle sue labbra per
baciarla.
Quando mi staccai la guardai a lungo in quei suoi occhi profondi, e
poi senza parlare la presi per mano e la condussi verso la nostra
camera da letto, dove per la prima volta l'avevo vista nuda,
spiandola attraverso la porta socchiusa. Quella volta sentii di
volerla e non poterla avere, ma in quel momento sapevo di poterla
avere ed era forse la sensazione più bella che avessi mai
provato.
Sana mi seguì senza dire nulla, sorridendo, consapevole di
ciò
che stavo pensando. Aprii la porta della camera e non la chiusi alle
nostre spalle, mentre sentivo il suo respiro farsi più
pesante. Mi
avvicinai piano al suo corpo esile e mi soffermai a guardare l'incavo
del suo collo delicato, abbassandole la spallina del top.
“Hai
intenzioni serie, eh?” disse lei, mentre la sua bocca si
incurvava
in un sorriso. Ricambiai, annuendo in silenzio, mentre mi voltavo per
aprire l'acqua calda nella vasca che avevamo accanto al letto. Avrei
dovuto ringraziare chi aveva preso quella meravigliosa decisione di
mettere la vasca lì. Gli avrei decisamente fatto una statua.
Sana
mi mise le braccia intorno al collo, stringendomi a sé, e
poi saltò
mettendomi le gambe intorno alla vita.
La baciai con tutta la
forza che avevo in corpo. Avevamo passato più di un mese
separati,
lo stress dopo il risveglio di Natsumi ci aveva portato al limite e
ritrovarmi così, insieme a lei, con l'unico di pensiero di
baciarla
e amarla mi rendeva la persona più felice dell'universo.
Eravamo
così giovani, eppure ci eravamo fatti carico di una
responsabilità
più grande di noi, ed eravamo stati bravi.
Il vapore
dell'acqua invase la stanza in poco tempo, mentre ci spogliavamo
reciprocamente ed entravamo nella vasca bollente. Avevo visto Sana
nuda molte volte, ma ogni volta mi sembrava una rivelazione. Il
colore della sua pelle, le morbide curve del suo seno piccolo, le
fossette più in alto del suo fondoschiena e i suoi
meravigliosi nei.
Quando ci sistemammo nella vasca da bagno, abbastanza grande da
accogliere entrambi, la strinsi a me più forte che potevo.
“Questa
vasca è sempre stata il mio sogno proibito, lo
sai?” le dissi io,
poggiando la mano sulla sua pancia. La sua pelle era liscia, e la
sentivo tremare al passaggio delle mie dita. Amavo farle
quell'effetto, mi dava un potere che adoravo avere e che mi rendeva
l'uomo più orgoglioso del mondo.
“Vorrei che ogni giorno
fosse così...” sospirò Sana.
“Anche io.” conclusi,
prima di farle voltare il viso e baciarla con tutto me stesso.
Quando la sfiorai con più forza il suo corpo
sussultò e
dentro di me tutto si accese. La feci voltare e Sana si mise a
cavalcioni su di me.
“Non è un sogno vero?” dissi
spostandole i capelli dietro le spalle. “Noi siamo sposati
sul
serio, mia sorella è sveglia e… è
tutto perfetto.”
Non
avevo ancora realizzato quanto quelle parole fossero vere. Avevo
trascorso gli ultimi giorni nella paura più assoluta che
fosse tutto
un meraviglioso sogno da cui mi sarei svegliato di lì a
breve. La
vita mi avrebbe dato il solito schiaffo in faccia e l'universo
sarebbe tornato al suo posto.
“Fa quasi paura dirlo ad alta
voce.”.
“E allora non diciamolo.” la zittii, baciandola,
mentre la sollevavo dai fianchi ed entravo piano in lei. Il suo corpo
si inarcò, e mi gettai a baciarle il collo, dove le
goccioline
scendevano piano verso il suo seno.
Persi la cognizione del
tempo mentre sentivo Sana gemere attorno a me, la mia mente
abbandonò
il mio corpo e mi ritrovai a guardarmi dall'esterno, come se le mie
azioni non fossero davvero le mie.
Avevo paura di quella vita
così perfetta e, mentre mi beavo della sensazione di avere
Sana,
finalmente, tutta per me, non potevo far tacere quella parte di me
che, comunque, non comprendeva come fosse possibile che io avessi
trovato così tanta felicità in così
poco tempo.
Pov
Sana.
Il
suono di quel maledetto telefono si propagò per tutta la
camera da
letto e il mio primo impulso fu quello di prenderlo e buttarlo fuori
dalla finestra. Non avevo voglia di svegliarmi, di lasciare andare la
spensieratezza della sera prima e soprattutto non volevo
assolutamente che Akito si svegliasse. Lo avevo guardato dormire per
un po', prima di crollare anch'io, e mi ero ritrovata più
innamorata
che mai.
Ammiravo ogni suo movimento, ascoltavo ogni suo
respiro e mi sembrava che fosse il suono più bello del
mondo.
Uscii
il braccio dal tepore del piumone e afferrai il telefono. Era Rei.
Sapevo già cosa mi avrebbe detto e, guardando l'orario, mi
fiondai
fuori dal letto per correre in bagno a fare la doccia. Akito
mugugnò
qualcosa, ma non si svegliò, quindi ebbi il tempo di lavarmi
e
vestirmi mentre lui era ancora nel mondo dei sogni.
Rei
continuava a chiamarmi, all'ennesima telefonata uscii dalla camera da
letto e risposi.
“Ma perché diavolo mi attacchi il telefono
in faccia?”
“Buongiorno anche a te, Rei.” dissi ridendo.
Ero troppo felice per farmi rovinare quel momento da lui e dalla sua
ansia per il mio lavoro.
“Sto passando da te per andare a
fare lo shooting di lingerie. Pensi di essere pronta
diciamo…
adesso?”
“Non dimentico mai i miei impegni Rei, lo sai. Ti
aspetto.”
Chiusi la chiamata e mi diressi di nuovo verso la
camera da letto. Anche se avevamo chiarito quella parte della nostra
relazione sapevo che comunque ad Akito non andava giù che io
facessi
quel tipo di fotografie.
Ero felice che Natsumi si fosse
svegliata, avevo passato così tanto tempo sperando di
vederla
sorridermi di nuovo e poterle raccontare tutte le novità
della mia
vita, ma da quando avevo capito che avrebbe ripreso Kaori con lei il
mio cuore era caduto in preda allo sconforto. Akito mi amava, e di
questo ero certa, ma mi avrebbe amata allo stesso modo se non
avessimo dovuto sposarci? Sarebbe stato così anche se non ci
fosse
stato qualcosa a costringerci? Non sapevo rispondere a quella
domanda, ma non volevo nemmeno una risposta. Forse avrei dovuto
lasciarlo libero, avrei dovuto lasciargli vivere la sua vita senza
alcuna intromissione da parte mia. Il mio lavoro lo rendeva nervoso,
e quando avrei cominciato a girare il film sarebbe stato peggio.
Avrei dovuto combattere contro le sue insicurezze, mentre io ne avevo
già abbastanza di mie.
Cercai di mandare giù quel groppo
mentre mi accorsi che si stava svegliando. “Hai intenzione di
rimanere lì a fissarmi?”
Le sue spalle grandi si alzavano e
abbassavano ad ogni respiro, i suoi muscoli sembravano flettersi fino
allo sfinimento mentre faceva quel movimento impercettibile.
“Sarebbe un'idea fantastica.” dissi avvicinandomi.
“Ma
purtroppo Rei sta venendo a prendermi per il servizio
fotografico.”
Akito aggrottò le sopracciglia, allungando la
mano verso di me per spingermi sul letto. “Allora ti lascio
andare,
questa volta.”
Mi baciò la mano e poi mi abbassai per
baciarlo sulle labbra.
Dovetti staccarmi un momento dopo perché
Rei suonava al campanello. Corsi verso la porta e dopo aver preso
borsa e giacca uscii dalla porta, sentendo Akito che dalla camera
urlava “Ciao Sana!”.
Era come se mi avesse fatto la più
bella dichiarazione d'amore della storia. Ero proprio una mogliettina
innamorata!
Eccomi
qui, di nuovo per voi...
Finalmente
Natsumi si è svegliata, ma le cose non sono ancora
completamente sistemate. Ci sono ancora tanti imprevisti da affrontare.
Spero che continuerete a seguirmi, nonostante tutto.
Vi
ringrazio infinitamente perchè mi seguite non solo su efp,
ma anche su instagram (dove mi sono arrivati dei messaggi meravigliosi,
che mi hanno veramente riempito il cuore), sulla mia pagina facebook
(per chi volesse e non ne è a conoscenza, ecco qui il link
(
https://www.facebook.com/inchiostronellevene/
) e su wattpad, dove pubblico in contemporanea
con efp.
Vi
ringrazio davvero, perchè siete meravigliosi :)
Spero
di vedere tante tante tantissime recensioni!
Un
bacio
Akura.
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