7. Shaping the Puzzle
> Inazuma-cho, Rairaiken, 6 agosto, 1:13 PM
«...Un millepiedi, eh?»
Hibiki guardò con aria scettica i tre universitari che
mangiavano avidamente le pietanze che aveva preparato loro.
«Scì scignore!
Sembrava proprio un fottutissimo millepiedi!»
Aléja, con la bocca piena, cercò di eliminare i dubbi
del ristoratore, riuscendo solo ad aumentarli.
«Allenatore… Posso darle la mia parola, stanno dicendo
la verità.»
L’uomo fece una smorfia preoccupata: se Kidou
sosteneva la veridicità di quella storia voleva dire che aveva fondamento.
«Ho capito… Allora devo ringraziarvi per aver protetto
i miei ragazzi.»
Eiji, che aveva l’aspetto più ragguardevole tra i tre,
rispose con un sorriso.
«Si figuri, per noi era un dovere proteggere i
ragazzi. E la ringraziamo per la sua ospitalità, siamo ancora molto scossi
dall’incontro.»
Kidou guardò il suo cellulare: il vero motivo per cui
aveva portato lì i tre universitari era per fargli conoscere Vespera, Malia e
l’altro ragazzo che aveva combattuto contro il piccolo mostro il giorno prima.
Aveva chiamato la nuova manager un’ora prima, quando
aveva convinto Shane e gli altri a fermarsi al Rairaiken per presentar loro
queste persone, e lei avrebbe pensato a contattare Malia e Sebastiaan.
Sarebbero dovuti arrivare da un momento all’altro.
Infatti, pochi minuti dopo, i tre varcarono la soglia
del ristorante, Sebastiaan in testa a tutti. L’olandese si mise subito a
scrutare l’ambiente arricciando appena il naso, infastiditi dagli odori della
cucina, mentre Malia, entrata subito dopo di lui, andò direttamente a sedersi.
«Allora, perché ci avete chiamati qui?»
Vespera, che ancora esitava sulla porta, sussultò
davanti a quella domanda e si avvicinò al resto del gruppo, preoccupata
all’idea di potersi perdere una conversazione importante.
«Gouenji e io abbiamo incontrato un altro di quei mostri
stamattina. Questi tre ragazzi sono riusciti a sconfiggerlo.»
A quelle parole anche l’attenzione di Sebastiaan, che
fino a quel momento era immersa nei giudizi negativi rivolti a Hibiki e al suo
ristorante, fu conquistata completamente.
Intanto Eiji, sentendosi un po’ in imbarazzo a lasciar
spiegare tutto a un ragazzino di quattordici anni, decise di parlare a sua
volta.
«Sì… Era un mostro simile a un millepiedi, però aveva
delle braccia umane al posto delle zampe. Non è neanche il primo che vediamo,
eravamo usciti a cercarne un altro…»
Sebastiaan, ormai completamente assorto dalla
conversazione, si portò una mano sotto al mento, riflettendo.
«Quanti ne avete incontrato in tutto?»
I tre universitari si guardarono per un attimo prima
di lasciare nuovamente la parola a Eiji.
«Il mio amico Aléja ha incontrato da solo questo
millepiedi, il giorno dopo alla nostra sede universitaria abbiamo visto insieme
un altro mostro. Era un umanoide con gli arti lunghissimi che si arrampicava
sui palazzi come un insetto…»
Sebastiaan chiuse gli occhi, pensando a
cosa altro poteva chiedere ai ragazzi.
«E questi mostri sono comparsi dal
nulla? Non avete idea di dove possano essere spuntati?»
Alla risposta negativa dei tre
studenti, l’olandese sospirò profondamente.
«Io ho visto uno di queste creature
comparire da dietro un lampione, vicino alla Raimon. Era un uomo altissimo,
senza volto… È uscito da dietro il lampione come se fosse una porta, prima lì
non c’era niente.»
Un profondo silenzio calò nel ristorante, mentre
ognuno dei presenti cercava di districare quella matassa di misteri che si
trovavano per le mani.
«Non avete notato nulla di strano prima della loro
comparsa?» Chiese Kidou, sperando in qualche nuova informazione che potesse
aiutarli.
«Una ragazza…»
Il gruppo rivolse le sue attenzioni a Sebastiaan, che
aveva appena parlato.
«Una ragazza? Che ragazza?» Lo incalzò Shane, parlando
per la prima volta di fronte agli altri.
«Una ragazzina… L’ho vista davanti al cancello della
Raimon prima che comparisse il mostro dietro il lampione. Mancava un quarto
alle sei, era troppo presto perché fosse una studentessa in attesa che
aprissero la scuola. Inoltre non indossava nemmeno una divisa scolastica.
Indossava una felpa grigia, dei jeans blu scuro, scarpe da ginnastica bianche e
mi sembra una maglietta verde con una scritta bianca. Aveva il cappuccio calato
sul volto, ma si è girata a guardarmi. Aveva i tratti occidentali, occhi
marroni, capelli castani e pelle chiara. Doveva avere un taglio corto, i
capelli erano completamente coperti dal cappuccio. Aveva più o meno l'età dei
ragazzi della Raimon, forse appena più grande. Mi ha sorriso ed è scappata, due
secondi dopo è comparso quel mostro dal lampione.»
Il silenzio conquistò nuovamente il ristorante, anche
se brevemente. Con uno schiocco di dita Aléja portò l'attenzione su di sé.
«L’ho vista anche io.»
Sconvolti da quella rivelazione, Shane ed Eiji si
fiondarono in una serie infinita di domande.
«Sul serio? E dove? Perché non ce l’hai detto prima?»
«Non pensavo fosse importante! Ero alla biblioteca
pubblica, lì c'è sempre un casino di gente. Però questa ragazza sono sicura di
averla vista! Ero davanti al banco prestiti, ha preso un libro enorme e si è
seduta davanti a me. Capelli corti e castani, tratti occidentali, felpa grigia
e maglia verde, sono sicurissimo che fosse lei!»
Sebastiaan in questo modo ebbe conferma di ciò che
sospettava già da un po’.
«La ragazza potrebbe essere in qualche modo legata a
questi mostri, o almeno sapere qualcosa su di loro. Suggerisco di cercarla.»
«E se non lo fosse? La sua presenza in entrambi i
luoghi potrebbe essere una coincidenza.»
L’olandese lanciò un’occhiata colma di fastidio a
Hibiki, che si ergeva dietro al bancone a braccia conserte con aria severa.
«Una straniera che si palesa insieme a questi mostri è
sospetto, non crede?»
«Anche tu sei uno straniero e ti sei palesato insieme
a un mostro, devi essere sospetto anche tu?»
Aléja ridacchiò e si stese sul bancone verso il
proprietario del locale.
«Signor Hibiki, vero? Capisco cosa sta dicendo, ma
anche io penso che dovremmo trovare questa ragazza. Potrebbe non c’entrare
nulla con la storia, oppure potrebbe essere in pericolo! Solo trovandola
potremmo saperlo.»
L’allenatore emise un sospiro.
«Sì, penso che sia giusto da questo punto di vista…»
Preso dall’entusiasmo, Aléja si alzò di scatto, occhi
brillanti e sorriso furbo stampato in faccia.
«Bene, alla biblioteca!»
> Inazuma-cho, Stadio della Zeus, campi di
allenamento, 6 agosto, 3:54 PM
«Raphaeeeeeeeeeeel~»
Cercando di contenere l’imbarazzo che provava, il
giovane interprete ricambiò il saluto di Aphrodi dall’alto degli spalti. Come
promesso il giorno prima, il capitano della Zeus aveva approfittato del
contatto telefonico dell’americano per invitarlo ad assistere agli allenamenti
della squadra. Raphael, non sentendosela di deludere il giovane calciatore,
aveva accettato l’invito, pentendosene amaramente quando si era ritrovato a
subire un terzo grado da parte delle guardie dello stadio, chiaramente poco
contente di vederlo lì. A salvare la situazione ci aveva pensato Aphrodi in
persona, intervenuto per spiegare agli energumeni che Raphael era suo ospite e
per accompagnare l’interprete sugli spalti per consigliargli il posto migliore
dove poterlo osservare.
L’americano quindi si era ritrovato a essere il solo
ad assistere agli allenamenti, con gli occhi di tecnici e squadra puntati
contro ogni volta che il biondo capitano lo salutava e la cosa lo metteva
terribilmente a disagio. A circa un quarto d’ora dall’inizio dell’allenamento
una figura scura si avvicinò a Raphael, che pensò subito a un’altra guardia
venuta a interrogarlo sulla sua presenza lì. Girandosi per guardare meglio il
nuovo arrivato, l’interprete fece un salto sulla sedia rendendosi conto che la
figura scura apparteneva a Kageyama. L’americano poteva percepire i penetranti
occhi neri dell’allenatore fissi su di lui anche se non poteva vederli, e la
cosa lo preoccupava da morire.
«Lei sarebbe? Chi le ha dato il permesso di stare
qui?»
Raphael si sentì mancare un battito: Kageyama non si
ricordava di lui? Non sapeva dire se quello era un vantaggio o uno svantaggio.
«S-Sono Raphael Polański signore. L-Le faccio da
interprete durante gli incontri col signor Smith… Sono qui sotto invito di
Afuro Terumi comunque!»
Kageyama distolse lo sguardo dal suo interlocutore per
qualche attimo, cercando di rammentare.
«Mh sì, ricordo. Se intende
assistere agli allenamenti mi faccia un favore e tenga d’occhio queste due.»
Spinto dalle parole dell’uomo, Raphael fece caso alle
due persone che lo accompagnavano. Sulla sinistra c’era una ragazza dai capelli
castani lunghi e lisci, la carnagione pallida e occhi neri ben incollati allo
schermo del suo iPhone, vestita con jeans e maglietta di una band un po’
datata, mentre sulla destra c’era un’altra ragazza più piccola della prima,
anche lei con i capelli lisci e castani, ma corti fino alla nuca con due ciocche
più lunghe sul davanti. Indossava una maglietta blu, una felpa blu, una gonna
dello stesso colore e tentava disperatamente di liberarsi dalla presa ferrea
con cui Kageyama aveva intrappolato il suo polso.
Raphael aveva la netta sensazione di non poter rifiutare
quella richiesta, ma in fondo la situazione lo incuriosiva e in quel mono non
sarebbe stato il solo ad occupare quegli spalti.
«Sì signore, nessun problema!»
Nell’udire quella conferma Andrea, senza staccare un
attimo gli occhi dallo schermo del suo cellulare, si sedette accanto
all’interprete, mentre Cassandra fu spinta a sedersi dall’uomo più grande.
«Io non ci rimango qui, vengo con te!»
L’italiana fece per alzarsi, ma le mani del suo ex
fidanzato la tennero ben ancorata sulla sedia.
«Devo lavorare Cassandra, non puoi venire con me.»
La castana lanciò all’altro un’occhiata colma di
rabbia.
«Tu non stai andando a lavorare, stai andando a
scegliermi una babysitter!»
L’allenatore alzò gli occhi al cielo, stanco di quella
discussione che andava avanti da un giorno intero ormai.
«Non parlare a vanvera di cose che non comprendi.»
«E tu non prendermi per una stupida, Reiji! Ho letto
l’annuncio, so esattamente di cosa parlo!»
«È una questione che non ti riguarda.»
«Sì che mi riguarda! Sono io quella che si becca la
palla al piede!»
Kageyama sospirò. Quando erano giovani lui e Cassandra
non avevano mai litigato tanto, quindi destreggiarsi in bisticci di quel genere
non era la sua specialità, ma per il bene della ragazza l’uomo sapeva di
doversi imporre con forza, anche se questo significava far arrabbiare la sua
giovane ospite.
«Ascoltami Cassandra, hai due possibilità: o stai qui
buona a goderti gli allenamenti o passerai il resto del pomeriggio chiusa in
uno spogliatoio sorvegliata a vista.»
La castana continuò a scoccare occhiate iraconde al
suo ex fidanzato per qualche secondo, poi si arrese e incrociò le braccia,
mettendo il broncio e distogliendo lo sguardo.
Sollevato dall’aver fatto ragionare la ragazza, Reiji
le lasciò le spalle e si rimise in piedi, sistemandosi gli occhiali.
«Tornerò tra tre ore. Non allontanatevi e se avete
bisogno del bagno chiedete allo staff, potreste perdervi.»
E, detto questo, l’uomo si ritirò, lasciando così la
libertà a Raphael di esprimere il sorriso che tratteneva già da un po’.
L’interprete non immaginava che Kageyama potesse nascondere un lato così
paterno, rendeva l’uomo molto meno spaventoso.
«Non sapevo che il signor Kageyama avesse delle
figlie…»
«Non ne ha.»
Rispose Andrea, sempre attaccata al cellulare.
«Io sono la figlia di un suo socio e lei, beh…»
L’americana spostò gli occhi neri dallo schermo a
Cassandra, seduta lì vicino. Già, chi era lei? Perché viveva con Kageyama e per
quale motivo conosceva tante cose sul mostro che le aveva attaccate quella
mattina?
«…Non lo so. Kageyama ha detto di essere il suo tutore
o qualcosa del genere.»
Raphael si ammutolì un attimo, messo un po’ a disagio
da quell’informazione. Non volendo però far morire la conversazione,
l’interprete si azzardò a spiare il cellulare della ragazza per capire cosa
stesse facendo. Il giovane ebbe un sussulto quando vide che Andrea stava
cercando informazioni su mostri dagli occhi rossi.
«Avete incontrato dei mostri con gli occhi rossi?»
Per la prima volta Andrea guardò il ragazzo seduto al
suo fianco.
«Perché, sai qualcosa su di loro?»
Il cuore di Raphael iniziò a battere più forte
ricordando la paura provata in metro qualche giorno prima e per l’emozione di
aver forse trovato qualche risposta.
«Beh, in realtà ho incontrato qualcosa del genere tre
giorni fa. Ero alla stazione della metropolitana e ho visto una donna buttarsi
sotto al treno, ma era come se l’avessi vista solo io. Poi quando stavo per
entrare nella carrozza l’ho vista sui binari, mi guardava nello spazio tra la
banchina e il treno con i suoi occhi completamente rossi e luminescenti.»
Andrea venne scossa da un brivido: la metropolitana la
inquietava abbastanza da sé, non aveva bisogno di creature strane a peggiorare
la situazione.
«Cassandra, anche lui ha visto un mo-…»
Girandosi per parlare all’altra ragazza, Andrea vide
che questa era sparita. Raphael, notando la cosa nello stesso momento, si sentì
morire al pensiero di subire l’ira di Kageyama per non aver svolto il suo
compito.
> Inazuma-cho, Stadio della Zeus, Zona uffici, 6 agosto,
4:20 PM
«Respira e rilassati, andrai una favola!»
Circondato da tutti quegli energumeni grandi come
armadi, Matt non riusciva proprio a rilassarsi, anche se Fudou stava provando
seriamente a metterlo a suo agio.
«Non lo so Fudou… Non sono proprio tagliato per questo
lavoro, forse è meglio rinunciare e andare a casa.»
«Col cazzo che ce ne andiamo, ora tocca a te! Senti,
magari questo non ti prende per fare da guardia del corpo, ma se fai una buona
impressione potrebbe impiegarti in qualcos’altro! Tu smettila di sembrare sul
punto di vomitare e cerca di chiamarlo “comandante”, per qualche motivo gli
piace essere chiamato così.»
Matt deglutì a fatica. Per fortuna, pensò per
tranquillizzarsi, la sua carnagione era così pallida che non si notava quanto
fosse sbiancato a causa della tensione.
Quando il candidato prima di lui uscì dal ufficio di
Kageyama, Matt si alzò e barcollò verso la porta. L’allenatore intanto,
abbandonato sulla sedia della scrivania, si massaggiava le tempie. Quando aveva
creato l’annuncio sapeva che Cassandra era seguita da dei mostri, ma non aveva
idea che queste creature potessero raggiungere dimensioni grandi come quello di
quella mattina. A causa di questa nuova informazione ora ogni candidato gli
sembrava inadatto, non importava quante persone avessero protetto e dove
avessero lavorato, ogni volta che Reiji si chiedeva se fossero in grado di
combattere contro una bestia enorme la risposta era sempre no. Avrebbe dovuto
ingaggiare qualche miliziano preparato, ma anche loro non gli avrebbero dato la
sicurezza che cercava. Di sicuro l’ultima cosa di cui aveva bisogno era
qualcuno come Matt Hoffman.
Vedendo avanzare quel ragazzo sì alto, ma magro e dall’aspetto
fragile da bambola di porcellana, Kageyama non trattenne una smorfia
infastidita: non aveva tempo da perdere.
Sedendosi di fronte all’uomo, Matt poteva avvertire
chiaramente l’ostilità che provava nei suoi confronti, ma ormai era troppo
tardi per tirarsi indietro.
«Lei è…?»
«Matt Hoffman s-signor… Ehm, Comandante. Le sono stato
raccomandato da Fudou Akio.»
Kageyama fece un’espressione poco impressionata e
continuò con le domande sulle conoscenze della città, delle tecniche di difesa
e sulla competenza delle armi. Su queste ultime due cose Matt era assai
impreparato, ma il ragazzo, sicuro di non venire assunto, voleva solo che
quella tortura finisse al più presto.
Proprio quando l’allenatore stava per mandarlo via con
il solito “le farò sapere” di rito, la porta dell’ufficio si spalancò di colpo.
«Kageyama Reiji non ho intenzione di farmi appioppare
una guardia del corpo!»
L’uomo si alzò dalla sedia, guardando arrabbiato
Cassandra che si avvicinava alla sua scrivania.
«Ti avevo detto di rimanere a guardare gli
allenamenti.»
Confuso dalla situazione, Matt rimase in silenzio a
osservare i due che si guardavano in cagnesco.
«Non puoi dirmi cosa devo fare, che sia rimanere in un
posto o di portarmi dietro un energumeno senza cervello!»
«È per il tuo bene!»
«No, non lo è! Finirebbe per mettermi ancora più in
difficoltà! Finirebbe per bloccarsi come è successo a te e sarei io a doverlo
difendere!»
Reiji sospirò: così non avrebbero concluso niente e
rischiava di scatenare nella castana delle azioni dettate dalla testardaggine
che l’avrebbero spinta a mettersi ancora più in pericolo. Doveva trovare un
modo per rigirare la situazione a suo favore. Nel tentativo di risultare meno
nervoso e più aperto al dialogo, l’uomo tornò a sedersi, mettendosi così al
livello della ragazza.
«Comunque hai frainteso le mie intenzioni, non ti sto
cercando una guardia del corpo, sto cercando una… una guida! Così potrai
esplorare la città anche mentre io sono occupato.»
Cassandra alzò un sopracciglio, poco convinta.
«Ah sì? E allora perché tutti i candidati sono super
muscolosi e grandi come armadi?»
«Così potrai essere tranquilla anche nelle zone più
malfamate.»
La ragazza non era per niente convinta, sapeva
benissimo che il suo ex fidanzato stava tentando di imbrogliarla e lei non ci
sarebbe cascata. Si girò verso il terzo incomodo e lo osservò velocemente:
biondo, pallido, alto, magro e con occhi azzurri colmi di confusione, non
avrebbe spaventato neanche un coniglietto.
«Come ti chiami?»
«Matt Hoffman…»
«Conosci la città, Matt?»
«Sì, ci vivo da qualche anno…»
«E dimmi Matt… Ti capita mai di controllare i tuoi sogni?»
«Uh? Sì, abbastanza spesso… Perché?»
L’italiana, presa dall’entusiasmo, non si preoccupò di
rispondere e si girò verso Kageyama, guardandolo con aria vittoriosa.
«Assumiamo lui.»
«No.»
La risposta secca e negativa dell’allenatore fecero
trasformare l’espressione della ragazza in una maschera minacciosa.
«Assumi uno qualsiasi degli altri candidati e alla
prima occasione scappo di casa e mi assicuro di non farmi ritrovare neanche
dalla polizia internazionale.»
Rosso di rabbia, Reiji si trattenne dal dare qualche
altra risposta affrettata: sapeva che la castana era abbastanza testarda da
attuare quella minaccia, era stato messo all’angolo e doveva trovare un modo
per districarsi da quella situazione. Ma prima che l’allenatore potesse trovare
una soluzione, Andrea aprì la porta, seguita da Raphael.
«Cassandra, ha visto un mostro anche lui.»
L’italiana non si aspettava di trovare così tanti
sognatori lucidi in un giorno solo, men che meno di trovarne uno che aveva
avuto esperienze di quel tipo. Intanto la discussione con Kageyama era
ufficialmente finita, la ragazza aveva altro a cui pensare.
> Inazuma-cho, Stadio della Zeus, spogliatoio degli
ospiti, 6 agosto, 4:53 PM
«Davvero esistono dei mostri del genere?»
Cassandra annuì alla domanda di Matt, che si ammutolì.
Lo svedese avrebbe voluto dire che anche lui aveva visto una creatura dagli
occhi rossi, ma si vergognava troppo ad ammettere che l’aveva scambiata per un’allucinazione
causata dalle droghe che assumeva.
«Non sappiamo molto su di loro, ma è abbastanza chiaro
che sono aggressive nei confronti di noi sognatori lucidi. Probabilmente è
perché siamo in grado di combatterle. Comunque penso che se collaborassimo
potremmo sconfiggerle più facilmente!»
Raphael, completamente conquistato dalla storia e
ansioso di scoprirne di più, rispose al volo.
«Io ci sto!»
L’italiana sorrise: la risposta di Matt era scontata
visto che era la sua nuova guida cittadina, aveva appena trovato due nuovi
alleati. Forse insieme a loro avrebbe finalmente capito perché gli incubi erano
emersi dal mondo dei sogni. Nel cuore della ragazza aleggiava un sospetto
terribile riguardo a quella storia, ma cercava disperatamente di non pensarci.
Non voleva essere lei la causa di tutti quei problemi.
××××××××××××××××××××
Non avete idea di che corsa contro il
tempo è stato questo capitolo. Sì, lo so, avrei dovuto pubblicare molto prima,
ma la vita è brutta.
Allora, i nostri protagonisti iniziano a formare dei bei gruppetti, anche se in
questo capitolo non c’è stato nessun attacco la trama avanza.
Avviso qui che sarò assente per dieci giorni, non posterò altre storie e
risponderò parecchio in ritardo a eventuali messaggi e recensioni.
Ci si sente presto,
Lau