Capitolo
venticinque
In
trappola
Vidar
colpì alcuni degli esseri incappucciati con la lancia in
un'unica,
precisa e potente mossa: quelli vennero scaraventati lontano,
scoprendo una via verso i cancelli del palazzo. «Corri,
corri!»
gridò il dio a Silye, mentre coglievano al volo
l'opportunità di
fuga.
«Dov'è
Sleipnir?» urlò la ragazza, per farsi sentire
oltre la voce
imperiosa di Hel che comandava: «Inseguiteli!»
«Ora
non c'è tempo» disse Vidar, senza alcun segno di
affanno dopo il
colpo con la lancia e la corsa.
Avevano
guadagnato un po' di tempo per la velocità con cui gli
ultimi eventi
erano accaduti e loro si erano dati alla fuga, lasciando gli
avversari, Hel in primis, sbigottiti. Tuttavia, quelli si erano
lanciati subito al loro inseguimento e i due dovevano sbrigarsi se
volevano riuscire a sfuggirgli.
Silye
correva più che poteva, come innumerevoli volte aveva fatto
nel
bosco di Hoddmímir e per quanto lo strato di neve che
copriva il
suolo le permetteva; in poco raggiunsero il cancello di ghiaccio, ma
la ladra, quando fece per aprirlo, si accorse che quello era chiuso.
«Non
possiamo uscire» strillò Silye, mentre l'ansia,
mischiata alla
fatica, prendeva il possesso di lei e delle sue facoltà.
«C'è
sempre un modo» affermò Vidar, risoluto. Almeno
uno di noi
riesce a pensare lucidamente si disse Silye, cambiando
subito
idea quando lo vide arrampicarsi sul cancello e scalarlo.
«Sei
matto? È
di ghiaccio:
scivoleremo.»
«Avanti!
Non c'è tempo» le gridò Vidar, poco
prima di saltare dall'altra
parte. Silye lanciò uno sguardo dietro di sé e
vide le figure
ammantate di nero avvicinarsi sempre più pericolosamente,
correndo
talmente veloci da sembrare che stessero volando, senza toccare il
terreno. La ladra lasciò da parte ogni buon senso e si
issò
anch'essa sulle grate ghiacciate del cancello, arrivando sulla
sommità.
«Lanciati,
Silye!» esclamò Vidar sotto di lei, con la braccia
aperte come a
volerla rassicurare che poteva gettarsi senza temere di farsi male.
La ragazza chiuse gli occhi e si tuffò, atterrando accanto
al dio.
Rischiò di sbilanciarsi e cadere di lato, ma le braccia
forti e
protettive di Vidar la sorressero, per poi lasciarla subito dopo,
mentre Vidar riprendeva a correre lontano dal cancello di ghiaccio.
Silye lo seguì, cercando quanto poteva di restargli dietro.
La
ragazza ebbe appena il tempo di dare un'occhiata alle creature dietro
di loro, che ora stavano tranquillamente oltrepassando il cancello
probabilmente aperto da Hel, che si lanciò immediatamente in
una
corsa sfrenata. In pochi istanti ripercorsero a ritroso la via che
portava fino al palazzo della dea e giunsero al ponte controllato
dalla gigantessa Móðguðr.
Anche stavolta la
videro, in piedi e vigile, dando loro le spalle. La circuiorono e,
quando lei li vide scappare e tentò di acchiapparli, ormai
era
troppo tardi, perché loro si erano già
allontanati in fretta. Silye
non riuscì a capire se la gigantessa si fosse gettata
nell'inseguimento, perché non aveva più il
coraggio, né il tempo o
la forza di girarsi o fare altro se non correre.
Nonostante
l'ansia e la paura che le creature potessero raggiungerli e prenderli
e il luogo spettrale che li circondava, Silye trasse conforto dal
movimento continuo delle gambe e dal leggero dolore che iniziavano a
manifestare i muscoli dopo aver corso tanto. Era come se quelle
rapide azioni le riportassero alla mente i giorni spensierati passati
nel bosco insieme ad Úlfur e le innumerevoli
volte in cui
aveva percorso di corsa l'intero bosco seguita dal cane, impiegando
quasi un'intera giornata.
Pensare
al passato e al lungo periodo di vita e solitudine a
Hoddmímir con
Úlfur aveva il potere di calmarla, di farla concentrare
sulla corsa
e sul suo respiro e riflettere lucidamente sulla situazione. Per
qualche motivo Hel aveva mandato alle loro calcagna degli strani
individui vestiti di nero ed ora loro stavano scappando senza una
meta, né una via d'uscita, dato che Sleipnir era rimasto nel
palazzo
della dea e non c'era modo di andarsene senza di lui. Erano in
trappola.
«Dove
stiamo andando? Come faremo ad uscire dall'Helheimr?»
domandò
Silye, con il fiato corto.
«Pensa
solo a correre» disse di rimando Vidar, senza fermarsi,
né girarsi
verso di lei.
«Dimmelo!»
Finalmente
il dio voltò la testa, anche se solo per poco, guardandola
in
faccia. «Non ne ho la più pallida idea.»
«Rassicurante!»
affermò Silye, per mascherare la preoccupazione con
l'ironia. «E
allora cosa facciamo? Continuiamo a girare in tondo fin quando non ci
reggeremo più in piedi?»
«Quello
è il piano» ghignò Vidar.
«Andiamo:
sono seria! Deve esserci qualcosa che possiamo fare per andarcene,
oltre a questa pazzia.»
«Pensa
a correre» ripeté ancora una volta il dio, facendo
saltare i nervi
a Silye, che si chiuse in un silenzio ostinato, lasciando che i piedi
e le gambe si muovessero da sé, quasi in modo meccanico.
Avanzavano
tra la nebbia e il buio degli Inferi, lasciandosi dietro l'imponente
e freddo palazzo di Hel.
Proseguirono
ininterrottamente per quelle che a Silye parvero ore, fin quando non
fu costretta a fermarsi, sfinita e con il petto che le sembrava in
procinto di scoppiare per quanto velocemente si alzava e riabbassava.
«Vidar» chiamò il dio, che finalmente si
fermò e si voltò verso
di lei. Silye notò che, nonostante l'enorme fatica, non dava
alcun
segno di stanchezza, né sudore. «Non possiamo
continuare così»
disse, per poi aggiungere sottovoce, per non farsi udire da Vidar.
«Non ce la faccio.»
«D'accordo.
Ormai dovremmo aver messo molte miglia tra noi ed Hel. Possiamo
proseguire camminando.»
Silye
annuì. Era sempre un'alternativa migliore al continuare a
correre
senza un luogo preciso verso cui si stavano precipitando.
A
un certo punto la ladra iniziò a distinguere strane sagome
in
lontananza, sebbene queste fossero offuscate dalla nebbia.
«Là!»
gridò, indicando verso l'alto, dove aveva visto le ombre.
«Là c'è
qualcosa!»
«Quello...
è l'Yggdrasill» mormorò Vidar, mentre
l'oggetto si mostrava
davanti a loro con sempre maggiore nitidezza man mano che gli si
avvicinavano. Silye vide delle colline scure e sopra di esse lunghe
radici che si levavano fino ad un punto non ben preciso,
poiché
doveva trovarsi troppo in alto da poter essere raggiunto ad occhio
nudo. Dava una sensazione spettacolare vedere fin dove si spingevano
le enormi radici dell'albero: un'ulteriore prova della sua grandezza
e maestosità.
Si
chiese come mai, quando era sotto l'effetto della runa della vista,
non fosse riuscita a vedere anche l'Hel. Forse aveva potuto
raggiungere la punta dell'ultima radice dell'Yggdrasill, che ora
vedeva distintamente, ma non oltre. O forse quel luogo era talmente
oscuro e nebbioso che la runa non riusciva a illuminarlo.
«Le
radici ci porteranno all'Yggdrasill e a Midgardr...» disse il
dio e
Silye si voltò a guardarlo, trovando un'espressione pensosa,
ma in
cui traspariva una certa eccitazione, come se quell'idea lo
entusiasmasse profondamente.
«Sul
serio? Come pensi di riuscire a reggerti sulle radici e risalire?
Insomma, guardale: ci metteremo una vita a scalarle e non è
neanche
detto che riusciremo a tornare in superficie!»
«C'è
sempre un modo» affermò Vidar.
«Sei
troppo ottimista. Io la vedo solo come una missione suicida. E se uno
di noi cadesse? A quella altezza non oso pensare cosa potrebbe
succedere...»
«Abbi
un po' di fiducia. Sei insieme ad un dio, non ad un garzone
qualunque» la rassicurò Vidar, ma
quell'affermazione non aiutò
affatto a calmare Silye. Odiava ammetterlo, ma l'idea di scalare
quell'enorme concentrato e intreccio di radici, con il costante
pericolo di rovinare e spiaccicarsi al suolo, la terrorizzava.
Vidar
si voltò a guardarla per la prima volta dopo ore. Sul suo
viso Silye
poté leggere quanta risolutezza avesse il dio. Sarebbe stato
bello
lasciarsi andare e fidarsi di lui, ma come poteva se sapeva
già in
partenza che lui non si sarebbe minimamente preoccupato per lei e la
sua incolumità? Se non ci avesse pensato lei stessa, nessuno
l'avrebbe fatto al suo posto, né lei voleva che accadesse.
Voleva
decidere da sola le sue scelte e il suo futuro, secondo le sue sole
esigenze.
«Allora?»
domandò Vidar. «Ti fidi?»
«Affatto.
Ma abbiamo altra scelta?»
Il
dio non disse nulla, perché la risposta era già
perfettamente
chiara ad entrambi.
«Bene.
Facciamolo.»
Nonostante
il sangue le si stesse ghiacciando nelle vene mentre guardava le
meravigliose radici dell'Yggdrasill, pensò che sarebbe stata
pronta
a tutto pur di lasciare quel regno infernale e Hel.
Raggiunsero
la collina che si trovava esattamente sotto alle radici, come a
creare un passaggio diretto tra esse e la terra, tant'è che
il punto
più alto di essa si trovava a breve distanza dalla radice
più
lunga. Tuttavia, man mano che salivano, Silye si accorse che il suolo
era bagnato e scivoloso. Abbassò lo sguardo e vide che aveva
le
scarpe tutte sporche di una sostanza melmosa e nera, che ben poco
somigliava alla normale terra. «Vidar...»
iniziò, ma qualcosa la
interruppe. Una scossa. Molto leggera, ma l'aveva percepita
distintamente. La terra si era mossa e non sembrava l'unica ad
essersene accorta, dallo sguardo interrogativo che il dio le rivolse.
«Ma
cosa...» domandò l'altro, prima che un altro
tremore li scuotesse.
Silye si abbassò e toccò la terra con le mani,
come nel tentativo
di cercare un appiglio. Per pochi attimi tutto tacque e
sembrò
tornare alla normalità, quando improvvisamente
arrivò un'altra
scossa.
«Cosa
sta succedendo?» chiese Silye, sebbene Vidar ne sapesse
quanto lei.
E,
infatti, lui le rispose: «Non ne ho la minima idea.»
La
terra riprese a muoversi, ma non solo: si stava letteralmente
sollevando. Di fronte a loro si alzò una sorta di mucchietto
di
terra, o almeno tale appariva da quella angolazione. In seguito, la
terra davanti a loro emise un suono molto simile ad un ringhio
profondo e che fece accapponare la pelle a Silye.
«Oh
no» ebbe il tempo di mormorare la ragazza, troppo scossa e
spaventata per dire altro.
Il
suolo continuò a muoversi, solo che stavolta si stava come
rigirando, mentre si sollevava e la terra cadeva ai lati, rivelando
uno strato inferiore che tutto sembrava eccetto il terriccio su cui
finora avevano camminato. Al suo posto apparve una superficie sempre
dai colori scuri. Silye andò a scostare la pelle sopra e si
meravigliò di vedere e percepire sotto il palmo della mano
delle
squame. Ritrasse subito la mano e fece per voltarsi verso Vidar per
chiamarlo e dirgli cosa c'era sotto di loro, quando il rumore si fece
più forte e da un semplice ringhio divenne un acuto ruggito.
«Dobbiamo andarcene!» strillò,
abbastanza forte da riscuotere
Vidar dal torpore che sembrava averlo avvinto. La terra
continuò ad
alzarsi e ora rischiavano di cadere indietro se non si fossero
appigliati a qualcosa. «Reggiti alle squame» disse
Silye,
afferrando una grossa scaglia.
Vidar
seguì il suo consiglio e anche lui si piegò.
«Questa non è una
collina... È
una creatura.»
«L'avevo
capito» ebbe la forza di commentare Silye, nonostante le
tremasseo
le gambe e le mani per la paura.
L'essere
si sollevò, costringendo i due a reggersi più
forte su di lui per
non cadere, per poi ricadere in avanti. Quindi, la parte anteriore
ruotò, girandosi verso di loro e mostrando quello che doveva
essere
il muso della bestia. Le fauci si aprirono, facendo sfoggio di due
lunghe file di denti aguzzi e sottili e stordendoli con la puzza
dell'alito proveniente dall'interno della bocca. Silye si rese conto
che quella creatura assomigliava moltissimo alla serpe che aveva
più
volte visto nelle sue visioni, Nidhöggr, ma allo stesso tempo
era
diversa. Forse erano gli occhi, non abbastanza sottili e neri, o le
dimensioni, di gran lunga minori rispetto a quelle che pensava
fossero di Nidhöggr. Tuttavia, poteva essere certa di trovarsi
per
la prima volta davanti ad una viverna in carne e ossa.
Silye
dovette spostarsi per evitare un morso della creatura e in quel
momento Vidar si alzò, infilzando il muso della bestia con
la
lancia. Quella inizialmente si ribellò e tentò di
ritrarsi, ma fu
tutto inutile; ormai il colpo era stato sferrato e non le rimaneva
altro che una lenta agonia. Vidar estrasse la lancia e, per rendere
la morte della viverna più veloce, la fece ricadere anche
sul punto
in cui doveva trovarsi il collo della creatura, spezzandoglielo.
Vidar
stava per girarsi verso Silye, che per tutto il tempo era rimasta
accucciata, quando si levarono altri ruggiti. Quella non era l'unica
viverna a trovarsi là.
Angolo dell'autrice:
Beh,
si profilano molti problemi per Silye e Vidar (come se non ne avessero
già abbastanzaXD). Come pensate che riusciranno a tirarsi
fuori da questa situazione spiacevole?
Ringrazio
tutti i lettori che continuano a darmi un incredibile e sentito
supporto. Grazie mille!^^ A presto.
Sophja99
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