Capitolo 23:
Giochiamo
Domenica 31
Gennaio, 24:30
Si avvicinò al
letto senza fare rumore, passandosi con stanchezza una mano
tra i capelli lisci ma leggermente spettinati. Era tardi ed era
piuttosto
stanca... Mathieu le aveva ripetuto più di una volta di
andare a dormire, ma
lei si era intestardita e voleva quantomeno provare a convincere
Adrianus ad andare
a dormire prima di farlo a sua volta.
Il ragazzo era ancora
lì... in effetti non l'aveva ancora visto alzarsi o
anche solo fare qualche movimento. Camila si stampò un
piccolo sorriso sulle
labbra mentre si avvicinava al letto, allungando una mano per sfiorare
con
delicatezza la spalla di Adrianus:
"Steb... forse dovresti
andare a dormire. È stata una serata molto
lunga."
Adrianus si voltò
verso di lei solo per un attimo, rivolgendole una breve
occhiata prima di scuotere leggermente il capo, tornando a guardare
Francisca.
Era stanco anche lui e si
vedeva, con i capelli castani spettinati, gli
occhi chiarissimi un po' arrossati e il viso segnato dalla
preoccupazione che
aveva precedentemente provato.
"Resto
qui con lei."
Camila abbassò lo
sguardo sulle mani del ragazzo, trovandone una che
stringeva quella più piccola e pallida di Frankie. Adrianus
era seduto accanto
a lei da ore, e sembrava non volersi ancora muovere.
"D'accordo. Ma dormi un
po'..."
Non si sentiva affatto in
diritto di fargli cambiare idea in quel momento,
così dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla ragazza
stesa sul letto Camila
mosse qualche passo indietro, sentendosi quasi in dovere di lasciare
l'amico
solo.
Forse ne aveva bisogno in
quel momento... ma lei? Voleva stare sola?
In realtà non lo
sapeva con certezza. Ma Mathieu era salito in camera sua
poco prima e non voleva disturbarlo... e sfortunatamente con Francisca
proprio
non poteva parlare.
Non seppe neanche
perché, si mosse quasi senza pensarci. Senza rendersene
conto Camila Selwyn-Holt mandò al diavolo la privacy e il
fatto che forse
stesse dormendo, ma si trovo davanti ad una porta bianca e
bussò con
delicatezza, sperando che le aprisse.
Tirò quasi un
sospiro di sollievo quando si trovò Mathieu davanti,
altrettanto
spettinato è visibilmente teso e stanco:
"Cami... cosa
c'è? Steb sta bene?"
"Ne dubito, ma forse ora
deve stare un po' da solo con lei. Io invece
non ho voglia di stare sola... posso entrare?"
Mathieu annuì
senza neanche esitare, spostandosi leggermente per
permetterle di entrare nella sua camera. Il francese non si era nemmeno
tolto
la divisa, limitandosi a sfilarsi scarpe e maglione.
Camila sedette sul letto
dell'amico, gli occhi fissi su un punto
imprecisato del muro mentre Mathieu chiudeva la porta e le si
avvicinava,
sedendosi accanto a lei senza dire nulla per qualche istante.
"A volte mi chiedo
perché il destino abbia voluto mandarci via, visto
tutto quello che è successo. Forse sarebbe stato meglio
restare nelle nostre
vecchie scuole, a conti fatti."
"Si, forse hai ragione.
Forse il nostro soggiorno qui non è stato
facile finora. E forse nemmeno lo sarà nei prossimi mesi...
Ma non è tutto
negativo. Hai conosciuto me, no?"
"Strano... ma tu pensa, ero
convinto che stessi per dire "ho conosciuto
te"."
Mathieu sorrise e Camila
nonostante tutto lo imitò, appoggiando il capo
sulla sua spalla prima di chiudere gli occhi, lasciandosi abbracciare
con
sollievo dall'amico.
Era stata una giornata molto
lunga... ma almeno era finita, fortunatamente.
*
8 ore prima,
Sabato 30 Gennaio
Era entrata
in camera sbuffando, non avendo proprio nessuna voglia di fare i
compiti. Certo
era sabato, e aveva passato la mattina a riposarsi… ma ormai
erano le 16 e lei,
Faye e Phoebe dovevano mettere fine al loro tanto agognato
relax.
Isabelle era
andata in camera per prendere i libri e raggiungere le due amiche in
Biblioteca… così, quando entrò nella
sua camera, puntò dritto verso la
scrivania per prendere la borsa.
Ci mise
qualche secondo a sentirlo.
Il rumore
familiare che la fece bloccare di colpo, i sensi improvvisamente in
allerta.
Conosceva
bene quel rumore, come chiunque altro… e non le piaceva.
Perché lì dentro non
l'aveva mai sentito.
Isabelle
rimase immobile, gli occhi verdi puntati sul vetro della finestra che
le stava
di fronte.
E intanto il
rumore continuava, diventando più fastidioso e assordante
ogni secondo che
passava… letteralmente, visto che le lancette scandivano i
secondi con una
precisione a dir poco snervante.
Tic, tac,
tic, tac
Dov'era?
Isabelle deglutì, abbassando lentamente lo
sguardo per puntarlo sul suo
comodino. Ed eccolo lì: l'orologio doppio da scacchi
sembrava fissarla di
rimando, mentre uno dei due quadranti era attivato. L'altro era
fermo… ma le
lancette erano sbagliate, puntate non sulle 16 ma sulle 21, cinque ore
dopo.
Isabelle
mollò la borsa, prendendo lentamente l'orologio tanto
familiare che era
appartenuto ad Alastair e che avevano usato centinaia di volte per
giocare a
scacchi.
Cinque ore
più avanti… perché? Lei non lo aveva
più usato da quando Alastair era morto. Ed
era passato più di un mese… e ricordava
perfettamente che quando Sebastian
glielo aveva portato le lancette erano puntate sul 12 in entrambi i
quadranti.
Qualcuno lo
aveva toccato, e non era stata lei.
All’improvviso
l'ormai familiare sensazione di angoscia la pervase, quella tremenda
sensazione
di essere costantemente osservata, tenuta sotto controllo. L'idea che
potesse
essere ovunque, anche nel suo armadio. Che potesse comparire in ogni
momento.
Isabelle
deglutì e lasciò l'orologio sulla scrivania quasi
come se scottasse, guardando
l'oggetto con orrore prima di spostare lo sguardo, certa che da qualche
parte
ci fosse qualcos’altro.
Non si
sbagliava… ormai sapeva come funzionava, dopotutto. Gli
occhi di Isabelle
finirono su un biglietto, lasciato sul comodino. In effetti era da un
po’ che
non ne riceveva… per un po' si era sempre fatto direttamente
vivo di persona, e
poi dopo averla avvelenata non si era fatto sentire per una settimana
prima di
ricomparire, giusto per complimentarsi con lei per aver
“saggiamente deciso di
non ritirarsi” e per ricordarle cosa doveva fare. Ah, e anche
per avvertirla di
non dire niente a nessuno di ciò che stava succedendo,
specialmente a “quel
ragazzo”, che aveva identificato come Jude.
Isabelle
prese il biglietto con le dita quasi tremanti, strabuzzando gli occhi
nel
leggere quelle poche parole che quasi le mozzarono il fiato per un
attimo:
Facciamo un
gioco, Isabelle?
Lo lasciò
cadere e ritrasse le mani, iniziando a tormentarsele quasi
convulsamente mentre
teneva gli occhi fissi su quel pezzo di carta e un mucchio di pensieri
sconclusionati le affollavano la testa senza un ordine, impedendole di
pensare
lucidamente.
Le era sempre
piaciuto giocare, fin da piccola. Ma soprattutto, ad Isabelle Van Acker
piaceva
vincere. Lui lo sapeva.
Ma non aveva
nessuna voglia di giocare con lui… non con le SUE regole.
Aveva la
sensazione che perdere non sarebbe stato affatto piacevole.
*
22:00
“Signor Stebbins,
le sembra questo il modo… Che cosa è
successo?”
Adrianus deglutì
a fatica, fermandosi nel bel mezzo dell’Infermeria. Per un
attimo rimase immobile, mentre la stanza quasi girava intorno a lui,
dandogli
un senso di nausea che andò a sommersi con la tachicardia
che l'aveva colpito
da diversi minuti.
“Non…
non lo so. L'abbiamo trovata… così.”
L'ex Corvonero abbassò
lentamente gli occhi sul corpo minuto ed esile che teneva tra le
braccia mentre
una mano gli stringeva il braccio, quasi spingendolo verso il letto
più
vicino.
“La metta qui.
Perché è così
fredda?”
Adrianus, quasi in stato di
trance, lasciò delicatamente il corpo di
Francisca sul letto prima di lasciarsi cadere su una sedia, continuando
a
fissarla con gli occhi grigi vacui mentre l’infermeria
allungava una mano per
tastare il polso della ragazza, sfoggiando una lieve smorfia
preoccupata di fronte
alla pelle ghiacciata e pallidissima di Francisca.
“Era
nel
Lago.”
*
16:30
Continuava a
tamburellare le dita sul tavolo, prendere un libro, sfogliarlo,
rendersi conto
che era inutile, chiuderlo e continuare a muovere le lunghe dita
affusolate sul
ripiano di legno del tavolo. In un ciclo apparentemente senza fine.
In realtà
Jude non stava leggendo poi granché dei libri che aveva
portato su quel tavolo,
in Biblioteca… lì sfogliava semplicemente, alcuni
per più tempo e altri meno,
cercando qualcosa che sembrava non trovarsi tra quelle righe.
Che cosa
cercava, poi? Ad essere sinceri, non lo sapeva bene nemmeno lui.
Ricordava
stranamente bene quel pomeriggio, quando aveva incontrato Isabelle in
Biblioteca. Lui le aveva restituito il suo album e l'aveva trovata
proprio lì,
impegnata nella sua medesima azione… stava setacciando i
libri inerenti alla
Cimmeria, alla sua storia e all’edificio. Jude aveva presi
gli stessi libri,
chiedendosi che cosa potesse interessarle… ma ancora non
l'aveva capito.
E ovviamente
chiederlo direttamente a lei non sarebbe servito a nulla, anche se
negli ultimi
tempi qualche progresso era riuscito ad ottenerlo. Ci era voluto un
avvelenamento
per far ammettere ad Isabelle che agiva per ordine di un parente
stretto e per
il bene di sua madre.
Che cosa
cercava? Che cosa volevano da lei?
Nei suoi
ricordi quel giorno non aveva visto molto… ma ricordava
perfettamente un
ricordo in particolare, dove l'aveva vista parlare con suo zio, l'uomo
che
aveva visto anche al Ballo. Lui aveva detto qualcosa a proposito di un
libro… e
lei gli aveva chiesto se “non era tutta una
leggenda”, se quel qualcosa
esisteva davvero.
C'era forse
un libro che in qualche modo sarebbe potuto tornare utile a
qualcuno?
Jude sbuffò,
chiedendosi per la centesima volta che cosa stesse succedendo proprio
sotto al
suo naso.
Spostò gli
occhi dal tomo che aveva davanti per voltarsi verso una direzione ben
precisa:
il Reparto Proibito. Se c'era un'altra cosa che Jude ricordava di quel
pomeriggio, era ciò che lui stesso aveva detto ad Isabelle:
le aveva
consigliato di andare lì a cercare “qualunque cosa
stesse cercando”.
Forse non era
una cattiva idea. Forse, in fin dei conti, doveva farlo anche
lui.
*
22:15
“Che cosa
è successo? Non si capisce più niente…
va tutto bene?”
Phoebe sollevò lo
sguardo dalla tazza fumante che teneva in mano,
incontrando lo sguardo di sua sorella. La ragazza si limitò
ad annuire con un
lieve cenno del capo, seduta su una panca e con una coperta sulle
spalle:
“Io sto benissimo.
Ma… Francisca è dentro, non so come
stia.”
Phoebe vide distintamente la
sorellastra impallidire prima di quasi correre
dentro l’Infermeria, lasciandola nuovamente sola sul
pianerottolo.
La ragazza
sospirò e bevve un sorso di camomilla, continuando a
chiedersi
come fosse successo mentre sentiva dei passi echeggiare leggermente
nell’area
circolare dal soffitto a cupola.
Phoebe, ormai piuttosto
asciutta anche grazie ad un incantesimo, sollevò
nuovamente lo sguardo e sorrise leggermente nel vedere Isabelle andarle
incontro.
“Ciao. Cominciavo
a chiedermi che fine avessi fatto.”
“Mi dispiace. Ho
sentito che è successo qualcosa… stai
bene?”
“Io si, benissimo.
Ma non so se possiamo dire lo stesso di Francisca.”
Phoebe si strinse leggermente nelle spalle mentre Isabelle si fermava
davanti a
lei, continuando a tenere le braccia strette al petto. In effetti
guardandola
bene Phoebe intuì che l'amica era nervosa, preoccupata per
qualcosa… sembrava
che non sentisse neanche le sue parole, ma allo stesso tempo colse
sincero
dispiacere negli occhi verdi dell'amica.
“L'hai
trovata… nel Lago?”
“Si. Alla fine
è una fortuna che io sia un’ottima nuotatrice, non
trovi?”
Phoebe sfoggiò un
sorriso tirato mentre l'amica sospirava, sedendosi
accanto a lei e abbracciandola.
“Sono felice che
tu stia bene. Quando ho sentito che una ragazza era stata
trovata nel Lago ho pensato potessi essere tu.”
“Sciocchezze amica
mia, io non potrei mai annegare o simili, lo sai.”
“Mai dire mai,
sfortunatamente… povero Adrianus invece, come
sta?”
“Leggermente sotto
shock, temo. Quando l'ho trascinata fuori dall'acqua
l’ha presa in braccio senza dire niente e l'ha portata qui...
gran bel modo per
iniziare, non c'è che dire.”
Phoebe sorrise amaramente,
pensando all'incontro di quella sera, finito in
anticipo e in modo decisamente inusuale… erano andati fuori
a correre come
sempre, anche se sia Isabelle, Jude e Francisca erano risultati
assenti. Ma
passando accanto al Lago, lei si era accorta di qualcosa di strano, in
acqua.
C'era solo da sperare che avesse tirato fuori Francisca dall'acqua
gelata abbastanza
in fretta…
“Isabelle…
all’incontro mancavate tu e Francisca, ma anche Verrater. E
non
vorrei sembrare paranoica, ma il fatto che fosse assente anche lui mi
sa
vagamente di strano… per caso oggi
è
successo qualcosa di cui ancora non sono a conoscenza?”
Phoebe inarcò un
sopracciglio, scoccando un’occhiata inquisitoria in
direzione dell'amica. Isabelle esitò per un attimo ma poi
annuì, sospirando
leggermente: in fin dei conti era la sua migliore amica. Ed era davvero
stanca
di tenersi sempre tutto dentro.
*
17:00
“Fino a due
settimane fa ero curioso riguardo alla Night School e tutto il
resto… non
fraintendermi, sono felice di esserci entrato, ma è
più pesante di quanto
pensassi.”
“Se ti
riferisci al fatto che mercoledì ti sei quasi appisolato
mentre aspettavi il
tuo turno per duellare…”
Adrianus
sfoggiò un piccolo sorriso, ricordando con sommo
divertimento l'incontro di
qualche giorno prima. Mathieu invece piegò le labbra in una
smorfia prima di
scuotere leggermente il capo, come a non volerci più pensare:
“Lasciamo
perdere. Insomma, ci alziamo presto tutte le mattine, immagino che ci
vorrà
qualche tempo per abituarsi a passare un sacco di ore in piena notte a
correre,
duellare, tirare calci a destra e a sinistra…
Chissà cosa faremo
stasera.”
Adrianus si
strinse nelle spalle prima di lasciare i libri su un tavolo e sedercisi
davanti, ricordando quando gli era stato comunicato di essere entrato
nel gruppo.
Era strano pensare che fossero passati solo pochi giorni… a
lui erano sembrare
intere settimane.
Da una parte
ne era rimasto piuttosto perplesso, ma anche felice, quasi sollevato:
finalmente Francisca non avrebbe dovuto nascondergli nulla.
Naturalmente
nessuno li aveva costretti, ma entrambi i ragazzi e anche Camila
avevano
accettato. Mathieu aveva quasi riso nel leggere quel biglietto: se solo
Etienne
avesse saputo… a volte il destino è
così tristemente ironico. E forse se non
era proprio riuscito a non rifiutare era anche per il suo defunto
amico.
Tutti e tre
però avevano pensato la stessa cosa: forse entrando a far
parte nella Night
School avrebbero capito di più di quello che stava
succedendo alla Cimmeria…
ben presto però si erano resi conto di una cosa, ossia che
anche i loro
compagni che già facevano parte del gruppo non avevano le
idee molto
chiare.
Eccetto
qualcuno, certo.
*
17:30
Le lancette
continuavano a muoversi e lei era seduta sul letto, le gambe strette
tra le
braccia mentre teneva gli occhi fissi su quell’orologio. Non
l'aveva mai odiato
come in quel momento… e forse se non fosse appartenuto ad
Alastair l'avrebbe
già fatto a pezzi con un incantesimo, o lanciato fuori dalla
finestra.
Ma era suo.
Non l'avrebbe mai rotto… non avrebbe potuto, nonostante
fosse piuttosto
impulsiva non sarebbe mai arrivata a tanto, anche se in quel momento
sentiva un
mucchio di pressione su di sé.
Isabelle si
morse il labbro, continuando a chiedersi che cosa sarebbe successo di
lì a
poche ore se non avesse “vinto” la partita: le
lancette del secondo quadrante
erano puntate su un orario… e di certo non era un caso.
Aveva tempo fino alle
21, evidentemente… poi sarebbe successo qualcosa.
Presumibilmente,
a qualcuno.
Ma ancora una
volta, Isabelle non sapeva cosa fare, non aveva idea di come muoversi.
Doveva
chiedere consiglio, aiuto a qualcuno? L'ultima volta in cui aveva
cercato di
cavarsela da sola era stata quasi uccisa.
D’altro canto
però non voleva mettere nessuno nei guai… e da
quando Alastair era morto temeva
che potesse uccidere anche Phoebe. Difficilmente avrebbe retto, in quel
caso.
“Tu cosa
faresti?”
Il suo
sussurro ruppe il silenzio, ma disgraziatamente non ottenne alcuna
risposta:
che cosa avrebbe fatto Al? Lo conosceva così bene che
probabilmente lo sapeva
da sé.
Ripensò a
tutte le cose che non gli aveva detto, a tutte le cose che il suo amico
non
aveva e non avrebbe mai saputo. Giocava a quel gioco ormai da un sacco
di
tempo, e cominciava ad essere davvero stanca.
Quasi senza pensarci
Isabelle si alzò, sapendo che se non avesse
“vinto” sarebbe morto qualcun
altro, entro la fine della giornata. Forse proprio lei.
Ci pensava da
più di un'ora, ma ancora non sapeva cosa fare… a
parte scegliere, forse per la
prima volta, di farsi aiutare di sua spontanea
volontà.
*
“A cosa stai
pensando? Si vede che hai la testa da un'altra
parte.”
Francisca
esitò, ma poi decise di rispondere alla domanda che Camila
le aveva appena
fatto, entrambe comodamente sistemate sul suo letto, una appoggiata
alla
testiera e l'altra ai piedi del materasso.
“A mio padre.
Tu ci pensi mai?”
“Si, a volte.
Ora forse non tanto, ma prima sì, quando praticamente non
avevo idea di chi
fosse.”
Camila si
strinse nelle spalle, alzando gli occhi dagli appunti di Storia della
Magia per
puntarli sull’amica, chiedendosi perché Frankie
stesse pensando a suo padre:
era piuttosto sicura che la ragazza non l'avesse mai nominato da quando
la
conosceva.
“Sai…
forse
infondo un po’ ti invidio. Insomma, forse non avete un
rapporto, magari non lo
avrete mai per davvero. Ma almeno lo conosci, sai chi è, e
nonostante tutto lui
ti ha riconosciuta.”
“Immagino che
fosse il minimo che dovesse fare, visto che era
sposato…”
Le parole di
Camila trasudavano una nota di amarezza che fece sorridere leggermente
Francisca, prima che la ragazza parlasse di nuovo:
“Di sicuro ha
sbagliato. Ma almeno, come ho detto, ti ha riconosciuta. Io non ho mai
conosciuto mio padre Cami, non so neanche di preciso chi
sia… ho sempre pensato
che infondo noi due siamo piuttosto simili. Forse tu mi
capisci… capisci come
ci si sente.”
Francisca si
strinse leggermente nelle spalle, abbassando gli occhi sui suoi appunti
senza
davvero vederli. Non ne aveva mai parlato davvero con nessuno,
perché non aveva
mai conosciuto nessuno che potesse capirla. Ma forse Camila sapeva come
ci si
sentiva.
“Come se ti
mancasse un pezzo, qualcosa di fondamentale. Lo so… so chi
è mio padre, ma per
anni non l'ho conosciuto, e tutt’ora forse non posso dire di
conoscerlo. So come
ti senti Frankie… Ma se può valere, sono sicura
che ci hanno rimesso loro,
entrambi. Non noi.”
“Lo dice
sempre anche mia madre… e immagino anche la tua. Ma a volte
mi chiedo se
crederci o meno.”
*
Si bloccò,
improvvisamente non convinta al 100% di quello che stava per
fare.
Era davvero
una buona idea?
Deglutì,
tenendo gli occhi fissi sul ragazzo che le dava le spalle, seduto a
qualche
metro di distanza.
Non le era
mai piaciuto chiedere aiuto, in generale… specialmente in
casi come quello. Ma
forse era la cosa migliore, e sapeva che non avrebbe retto un'altra
morte sulla
coscienza.
Così prese un
bel respiro e gli si avvicinò, chiedendosi cosa gli avrebbe
detto. Forse
avrebbe dovuto prepararsi una specie di discorso, ma non ne aveva
proprio il tempo…
“Jude.”
Si fermò
accanto al ragazzo, che si voltò per guardarla con gli occhi
carichi di
sorpresa. O meglio l'occhio, visto che l'altro era come sempre
praticamente
nascosto dai capelli neri del ragazzo.
“Ciao Van
Acker… a cosa devo il piacere?” Jude
sollevò un sopracciglio, ma la
voglia di fare ironia gli passò non appena colse
l’espressione tesa, nervosa e
preoccupata della ragazza. Isabelle esitò, continuando a
torturarsi le mani e
distogliendo gli occhi verdi dal suo viso prima di parlare a mezza
voce:
“Io…
Devi
aiutarmi, Jude.”
“Strano che
sia tu a chiedermelo. Ma di qualunque cosa si tratti, lo sai che
avrà un
prezzo, vero?”
Isabelle
sospirò prima di puntare di nuovo gli occhi su di lui,
guardandolo come s
volergli dire che non aveva tempo per quei discorsi. E allora fu lui a
doversi
sforzare per non distogliere lo sguardo, faticando a reggere a lungo il
contatto visivo con lei:
“Dico
davvero. È importante. Non te lo chiederei altrimenti, lo
sai anche tu.”
Era vero, lo
sapeva. L'ultima volta in cui Isabelle aveva richiesto il suo aiuto
stava per
morire con lo stomaco a pezzi, dopotutto.
Senza
rifletterci Jude si ritrovò ad annuire, parlando con un tono
improvvisamente
serissimo e attento:
“Ok. Dimmi
che succede.”
*
22:00
Aveva sentito che durante
l'incontro della Night School una ragazza era
stata trovata nel Lago da Phoebe Selwyn. Lui non si era presentato,
quindi non
aveva idea di chi fosse stato assente come lui, non aveva idea di chi
potesse
trattarsi.
Ma ovviamente un'idea ce
l'aveva, ecco perché stava praticamente correndo
sulle scale per raggiungere il suo Dormitorio, rischiando di travolgere
non
poche studentesse ma senza fermarsi a scusarsi con nessuna di
loro.
Quando si fermò
davanti ad una porta che non era la sua, Jude si chiese se
non stesse prendendo un granchio. Non sapeva di preciso
perché dopo essere
stato in camera di Isabelle fosse corso lì… non
l'aveva trovata nella sua
camera, e il primo posto dove aveva pensato di cercarla era la camera
di
Alastair Shafiq.
Esitò, ma poi
prese la maniglia e l'abbassò, pregando mentalmente di
trovarla lì dentro.
Ad una prima occhiata la
stanza sembrava vuota, con la scrivania sgombra e
il letto ormai privo di coperte… vista così dava
una sensazione quasi di
desolazione, in effetti. Jude però fece qualche passo avanti
lo stesso,
entrando nella camera.
“È
viva?”
Si voltò nel
sentire quella voce nervosa e flebile, e vedendo Isabelle
seduta sul pavimento, rannicchiata accanto all’armadio ormai
vuoto, provò un
moto di sollievo.
"Non ne ho idea, ho solo
sentito che Phoebe ha trovato una ragazza nel
Lago… pensavo potessi essere tu. Tu sai di chi si
tratta?”
Isabelle non disse nulla,
limitandosi a scuotere il capo mentre Jude le si
avvicinava leggermente, porgendole la mano:
“Beh… andiamo a scoprirlo, allora.”
Isabelle non la prese
subito, limitandosi per qualche istante a ricambiare
il suo sguardo prima di parlare, osservandolo con aria dubbiosa:
“Perché
fai tutto questo? Perché mi aiuti?”
“Non
saprei… immagino di voler sapere cosa sta succedendo, e
l'unico modo
per riuscirci è farti da balia e assicurarmi che tu non tiri
le cuoia troppo
presto.”
Jude sfoggiò un
piccolo sorriso e Isabelle annuì leggermente, prendendo la
mano del ragazzo per alzarsi. Il “termine” era
scaduto alle 21… e quando si era
data per vinta, dicendosi che non sarebbe riuscita a vincere quella
partita, si
era chiusa dentro quella camera ad attendere chissà cosa.
Forse anche la sua stessa morte.
Sperava solo che non fosse
morto nessun altro.
*
22:25
“Dico
davvero,
Bibi… non so perché Jude non sia venuto
all’incontro. L’ultima volta che l’ho
visto è stato subito prima di cena. E poco fa, certo, prima
di venire qui.”
“D’accordo.
E tu
invece? Perché non sei venuta?”
Isabelle
esitò,
spostando momentaneamente lo sguardo su una finestra prima di
rispondere
all’amica, che la stava osservando in silenzio e con estrema
attenzione.
“Avevo
qualcosa su
cui… riflettere. Sai Phoebe… visto quello che
è successo a Francisca, forse è
il caso che io ti spieghi un po’ di cose. Se non altro
sapresti che cosa sta
succedendo se dovessi morire anche io.”
Phoebe
si accigliò
e fece per dire all’amica che non avrebbe dovuto nemmeno
pensare ad una simile
eventualità. Ma il sorriso cupo di Isabelle le fece morire
le parole in gola,
limitandosi ad accettare la mano che l’amica le porgeva prima
di iniziare ad
ascoltarla e a parlare con lei, finalmente.
*
“Perché
non ci
dicono niente? Voglio vedere Phoebe, maledizione! E qualcuno sa dove si
è
cacciata Belle? Non la vedo da ore ormai!”
Faye
Cassel sbuffò
quasi con rabbia, continuando a camminare nervosamente avanti e
indietro per la
stanza dove lei e gli altri membri della Night School si erano riuniti,
in
attesa. Fatta eccezione per Adrianus che era in Infermeria con Camila e
Phoebe,
ancora ferma nell’anticamera circolare in attesa che
Jefferson o Oldman la
raggiungessero per chiederle come fossero andate le cose.
“Faye,
rilassati.”
“No
che non mi
rilasso! Qui diventa tutto più assurdo ogni giorno che
passa, di questo passo
al Diploma ci sarà una sparatoria!”
Sebastian
roteò
gli occhi, evitando di replicare ulteriormente: conosceva sua cugina e
aveva la
sensazione che in quel momento a Faye non andasse di essere
contradetta,
nemmeno un po’.
“Sono
sicuro che
Phoebe sta bene, probabilmente le stanno solo facendo qualche domanda.
Quanto a
Belle… immagino che sia qui in giro, da qualche
parte.”
Il
ragazzo si
strinse leggermente nelle spalle, abbassando contemporaneamente lo
sguardo
mentre pronunciava quel nome. Faye smise di camminare per un attimo e
gli
lanciò un’occhiata scettica, pensando a quanto
poco il cugino avesse nominato o
anche solo parlato con Isabelle dal giorno del suo compleanno. Non
aveva voluto
dirle che cosa fosse successo, ma almeno da quel giorno lo vedeva stare
meglio,
e forse l’importante era quello.
“Rilassati
Cassel,
le tue amiche stanno bene. Isabelle è con Selwyn.”
Jude
sbucò dal
nulla accanto alla ragazza, p0arlando con un tono piuttosto piatto
mentre
teneva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni blu prima di andare
ad
occupare una sedia. Sebastian e Faye gli rivolsero
un’occhiata in tralice, osservandolo
con cipiglio scettico:
“Anche
tu non c’eri,
all’incontro…”
“No,
e anche se so
che vi sono terribilmente mancato credo che non siano affari
vostri.”
Jude
sfoggiò un
sorrisetto che fece roteare gli occhi ad entrambi i cugini, prima che
Faye
sbuffasse e riprendesse a misurare la stanza a grandi passi, marciando
avanti e
indietro davanti ai compagni.
“Tu
sai perché Isabelle
non è venuta?”
“Forse.
Ma non
sono affari tuoi, quindi non te lo dirò.”
“Se
è per questo Verräter,
non sono neanche affari tuoi!”
“Vero…
ma io mi
impiccio da sempre, è la prassi. A me è
concesso.”
Jude
sorrise
angelicamente di nuovo, facendo sbuffare Sebastian: in effetti con
quella
faccia istigava parecchio al prenderlo a sberle, ma Bas decise di
puntare
nuovamente lo sguardo sul pavimento e di non pensarci.
Jude
invece
continuava ad essere forse il più rilassato della stanza,
forse solo
soddisfatto e gongolante di essere l’unico tra i presenti a
sapere cosa stesse
succedendo davvero.
Sì,
era piuttosto
gratificante…
Non
era andato all’incontro,
ma non aveva immaginati che sarebbe andata in quel modo…
aveva sospettato che
nemmeno Isabelle ci sarebbe stata, certo, ma si chiedeva
perché avevano preso
di mira Francisca, quella volta.
Si
appuntò
mentalmente di chiederlo ad Isabelle, forse la centesima domanda che
aveva da
farle… prima o poi avrebbe dovuto scriversele tutte quante.
Perché
lui non era
andato all’incontro? Isabelle non aveva insistito per
saperlo, con sua somma sorpresa…
ma forse era troppo preoccupata per quello che stava succedendo per
pensarci.
In
effetti dopo
cena era sgattaiolato di nuovo in Biblioteca, questa volta per farsi un
giretto
nel Reparto Proibito… ma non aveva trovato niente. In
realtà, non sapeva nemmeno
di preciso cosa cercare… forse la cosa migliore era
aspettare che Isabelle ci
andasse e pedinarla.
Sì,
era una buona
idea. Anche se probabilmente lei non l’avrebbe pensata allo
stesso modo.
*
Si alzò con un po’ di fatica,
sentendo le
gambe fatte come di zucchero filato. Sbattè le palpebre un
paio di volte per
abituarsi alla luce mentre muoveva qualche passo in avanti, cercando di
capire
dove fosse.
L’ultimo ricordo che aveva… in
effetti era
tutto molto confuso nella sua testa, che le girava leggermente:
ricordava di
aver parlato con Camila nella sua camera, ricordava che quella sera ci
sarebbe
stato un incontro… ma ci era effettivamente andata? Non
ricordava nulla a
riguardo.
“Vorrei dire che è bello
vederti, ma
mentirei in questa situazione.”
Si voltò, e per un attimo il respiro le
si
mozzò. Era un sogno, doveva esserlo per forza. Eppure, era
tutto così reale…
così familiare.
Alexandrine le sorrise e senza riuscire a
trattenersi Francisca ricambiò, avvicinandolesi quasi di
corsa per
abbracciarla:
“Mi sei mancata…”
“Anche tu. Che cosa ci fai qui,
tesoro?”
Alexa la prese sottobraccio e iniziò a
camminare, trascinandola con sé. Francisca provò
a guardarsi intorno, ma tutto
era ancora avvolto in una surreale luce biancastra e non riusciva a
capire di preciso
dove si trovasse.
“Io… non lo so. Che cosa
è successo?”
“Sfortunatamente, sei rimasta coinvolta
anche tu… sai, speravo non succedesse. Guarda.”
Alexa improvvisamente si fermò e
Francisca,
seguendo il suo sguardo, si ritrovò a guardare uno scenario
familiare: il Lago
della Cimmeria. Quella strana luce bianca sparì e tutto
tornò alla normalità…
Frankie fece per chiedere all’amica spiegazioni, ma si
bloccò nel vedere una
figura familiare avvicinarsi all’acqua: era buio, ma distinse
comunque Phoebe.
Era vestita di nero, con i pantaloni
termici e la felpa con il cappuccio scura… conosceva quei
vestiti.
“Siamo nel pieno dell’incontro,
vero?”
La sua voce risuonò bassissima e
Alexandrine
si limitò ad annuire, continuando a seguire la scena con gli
occhi chiari.
Francisca la imitò e non disse altro,
ritrovandosi
a guardare con orrore Phoebe che si fermava, che si accorgeva di
qualcosa che
non andava, qualcosa che affiorava dall’acqua scura e fredda.
La vide quasi correre dentro l’acqua
mentre
anche altri suoi compagni raggiungevano la riva, e con una stretta al
cuore
Francisca riconobbe anche Adrianus.
“Vieni.”
Alexandrine le strinse leggermente il
braccio e la scena cambiò, trasportandole in Infermeria. Era
sempre piuttosto
buio, ma una candela era accesa accanto all’unico letto
occupato… da lei, in
effetti.
Francisca deglutì, avvicinandosi
silenziosamente al ragazzo seduto accanto al letto, che le stringeva
una mano e
la guardava con gli occhi grigi stanchi e imploranti.
Era strano guardare se stessa così
pallida,
stesa in quel letto.
“Alexa. Sono…”
“Morta? Dimmelo tu.” Francisca si
voltò verso l’amica, che le
sorrise dolcemente prima di metterle una mano sulla spalla:
“Ricordi cosa ti ho detto una volta,
tesoro? E’ ancora davvero troppo presto per fermarsi. Tienilo
a mente, per me,
per te… e per lui.”
Francisca si voltò di nuovo verso
Adrianus
e gli si avvicinò ulteriormente, mentre alle sue spalle
Alexandrine spariva.
“Mi dispiace, davvero. Mi dispiace
vederti
così.”
Francisca sedette sul letto,
parlando con un filo di voce nonostante lui non l’avrebbe
potuta sentire in
nessun caso, anche se avesse urlato.
Allungò una mano e la mise su quella di
Adrianus, stretta nella… beh, sempre nella sua.
Sorrise: era davvero strano… lui non
poteva
nemmeno sentirla, né vederla.
“Forse volere un anno normale era
chiedere
troppo.”
Continuò a parlare a bassa voce, mentre
improvvisamente gli occhi verdi le si riempivano di lacrime.
Ripensò ad Alexa, a come si era sentita
subito dopo la sua morte, al vuoto che anche dopo tutte quelle
settimane
continuava a provare, senza mai esprimerlo ad alta voce.
Ripensò alla morte di Etienne, a come
avesse reagito Mathieu.
Ripensò a Jackson e ad Alastair e a come
anche lui, anche Steb, fosse stato male ma continuando comunque a
preoccuparsi
tanto per lei.
Pensò anche a Sebastian e ad Isabelle, a
come anche loro dovessero soffrire.
Era così stanca di vedere tutti stare
male.
Non voleva che Adrianus soffrisse, neanche
un po’.
Spostò la mano da quella del ragazzo per
posarla sul suo viso, anche se lui non poteva rendersene conto.
“Non so cosa succederà. Non so
se… se questo
vuol dire che sono morta. Ma comunque andrà Adrianus
Stebbins… So per certo che
ti amo.”
Sorrise debolmente e si sporse per
abbracciarlo, anche sapendo che non la poteva sentire.
Quasi sobbalzò quando lo
sentì parlare, ma
allo stesso tempo fu davvero felice di poter sentire la sua voce: se
non altro
poteva sentirla un’ultima volta, se non si sarebbe mai
svegliata.
“Te lo chiedo per favore… Non
andartene
anche tu.”
Lo sentì sospirare, parlare con una nota
implorante che la fece sorridere, nonostante tutto:
“Razza di sciocco che non sei
altro… se
fossi io a decidere, non andrei da nessuna parte. Ma sai come
va’, no? Succede e basta, fuori dal nostro raggio di
azione.”
*
23:00
Non
erano ancora
sicurissimi delle condizioni di Francisca, e alla fine aveva deciso di
andare a
dormire… a provarci, almeno. Aveva parlato con Phoebe, le
aveva finalmente
raccontato cosa stava succedendo… o almeno, quasi tutta la
storia.
Entrò
nella sua
camera e immediatamente gli occhi si posarono sulla finestra aperta.
In
un gesto ormai
automatico si avvicinò e la chiuse, parlando con una nota
quasi sprezzante
nella voce:
“Il
tuo amore per il
dramma è spaventoso. Annegarla nel lago, sul
serio?”
“Più
che “dramma”
io lo definirei… pittoresco.”
Sbuffò,
voltandosi
e guardandolo con esasperazione, seduto comodamente sul suo letto e
impegnato a
sfogliare il suo album da disegno.
“Jackson
lasciato
sotto il riflesso delle finestre con quella frase impressa sulla pelle,
Etienne
e Alexandrine trovati insieme con tanto di biglietto con falsa
confessione… Francisca
quasi annegata nel Lago gelato e…”
Alastair appeso a testa in giù nel
padiglione, con la gola mozzata.
Non
lo disse ad
alta voce, non ne ebbe la forza… ma di certo lui
intuì, tanto che le rivolse un
sorrisetto:
“Si,
beh, ad
ognuno il suo… stile. Carini comunque, i tuoi disegni. Mi
ripeti il suo nome?”
“Ridammelo.”
Gli
prese l’album
dalle mani, guardandolo sorridere con quel modo quasi divertito che la
istigava
a prenderlo a sberle: il quaderno era aperto su un disegno che aveva
fatto solo
qualche giorno prima, durante una noiosissima lezione di Storia.
“Vediamo
se me lo
ricordo da me… Jude, vero? Nome difficile da
dimenticare.”
“Chi
ti ha detto come
si chiama? Io non sono stata di sicuro.”
“Ti
prego,
Isabelle… ancora non hai capito che scopro tutto quello che
voglio?”
Le
sorrise mentre
si alzava, allungando una mano per sfiorarle una guancia. Lei non disse
niente,
evitando di ricambiare il suo sguardo mentre lui riprendeva a parlare,
questa
volta con un tono più duro:
“Digli
di
continuare a farsi gli affari suoi, tesoro.”
“Credimi,
ci
provo. Ma è molto testardo.”
“Beh,
avete
qualcosa in comune allora. Sai che non mi piace quando mi si presenta
un
ostacolo davanti… Quando succede, faccio in modo di farlo
sparire. Decidi tu
Belle, tocca a te adesso.”
Isabelle
Non replicò
e rimase perfettamente immobile mentre lui si spostava, allontanandosi
da lei
per uscire dalla stanza. E quando fu di nuovo sola si lasciò
cadere sul letto,
lieta che quella giornata fosse finita… ma i suoi occhi
caddero sul disegno che
ritraeva Jude di profilo, portandola a sbuffare e a lanciare
l’album dall’altra
parte della stanza.
Stupido, stupido Jude Verräter.
*
A
differenza dell’ultima
volta, quando aprì gli occhi non si trovò in uno
stato confusionale… no, sapeva
dov’era, anche se ancora non sapeva cosa fosse successo di
preciso.
Fissò
il soffitto
dell’Infermeria per qualche secondo con un sorriso stampato
sul volto prima di
sentire qualcosa, una specie di peso all’altezza dello
stomaco. Letteralmente,
in effetti.
Francisca
si
sollevò leggermente, facendo leva sui gomiti e finendo col
sollevare le
sopracciglia con leggera sorpresa prima di sorridere, allungando una
mano per
sfiorare i capelli castani del ragazzo che dormiva profondamente, il
capo
abbandonato sul suo ventre.
“Non
immaginavo di
essere tanto comoda. Bell’addormentato?”
Cercò
di non
ridere, ignorando le gambe e le braccia indolenzite e concentrandosi
solo su
Adrianus, che spalancò gli occhi nel sentire la sua voce e
sollevò la testa di
scattio guardandola con aria spaesata per un attimo prima di sorridere:
“Frankie!
Stai
bene?”
“Credo
di sì…
Quanto ho dormito?”
“Un’eternità,
credo che siano le sei ormai… Ma hai bevuto molta acqua, non
eravamo sicuri che
ti saresti svegliata.”
Adrianus
le
sorrise, guardandola con gioia e sollievo. Francisca fece per tirarsi a
sedere
ma invece di rimettersi dritto a sua volta Adrianus si sporse verso di
lei,
travolgendola in un abbraccio prima di baciarle i capelli spettinati e
sospirare
leggermente:
“Non
immagini
quanto sono felice di vederti… E’ la seconda volta
quest’anno che mi fai quasi
morire di paura, Francisca Lothbrock.”
“Magari
in realtà
è tutto un piano premeditato per ricevere attenzioni, chi
può dirlo. Sei stato
qui tutta la notte?”
“Sono
seduto qui
dalle 10 Frankie, ormai il mio splendido fondoschiena avrà
assunto la forma della sedia!”
Nonostante
tutto
Francisca scoppiò fragorosamente a ridere, facendogli
mettere prima il broncio
e poi sorridere, guardandola con gli occhi grigi pieni di affetto e di
sollievo.
Era
davvero bello
sentirla ridere di nuovo, per qualche minuto sembrò che non
fosse cambiato
nulla.
*
“PER
TUTTE LE
MESCHES, ANDIAMO!”
“Camila
aspetta,
ma dove corri? Ho fame, non posso correre a
quest’ora…”
Mathieu gemette leggermente mentre correva
dietro a Camila, che aveva miracolosamente messo il turbo mentre
correva verso L’Infermeria,
ansiosa di abbracciare Francisca dopo aver sentito che si era
finalmente
svegliata.
L’americana
non
sembrò ascoltarle si fiondò verso la porta,
aprendola per andare ad abbracciare
l’amica che per fortuna stava bene… ma
finì col bloccarsi sulla soglia,
sorridendo teneramente nel trovare Adrianus mezzo steso accanto a lei,
tenendola abbracciata.
“Meno male, ti sei
fermata…”
“SHH! Zitto,
andiamo fuori, lasciamoli da soli altri cinque
minuti…”
“COSA? Mi hai
fatto correre fin qui, alle sei e mezza e di Domenica… per
niente?”
Mathieu
fece per
esprimere tutto il suo profondo sdegno
ma Camila lo trascinò fuori dalla stanza, proponendogli di
andare a saccheggiare
la Sala da Pranzo e assicurandosi così il silenzio
dell’amico.
Incredibile
ma
vero, per una volta tutto era andato per il meglio.
*
“Ho
sentito che
Francisca sta bene… sarai sollevata, immagino.”
Stava
bevendo una
tazza di thè in tutta tranquillità quando la sua
bevanda preferita quasi le
andò di traverso, appurando che no, una tazza di
thè in tranquillità per lei
ormai era un tabù.
Riconobbe
la voce
e disgraziatamente anche il profumo dolce che l’accompagnava,
ma si voltò
comunque mentre Jude prendeva posto accanto a lei, osservandola con il
suo
solito modo penetrante.
“In
effetti sì.
Piuttosto… mi dici perché non eri
all’incontro, ieri sera?”
“Quest’anno
finiamo sempre per ritrovarci l’uno sulla strada
dell’altro Isabelle, ma sono
ben lontano da dirti cosa faccio.”
Jude
le sorrise
con aria divertita, allungando una mano per prenderle il mento con due
dita
anche se Isabelle si scostò, lanciandogli
un’occhiata torva:
“Non
farmi rimpiangere
di essere venuta a chiedere aiuto a te, ieri sera.”
“In
effetti lo fai
spesso di recente. Forse non sono io quello che si sta rammollendo,
infondo…
Insomma, Francisca è viva. Forse non siamo riusciti a
risolvere il gioco al
100%, ma tutto è andato bene, stranamente.”
“Troppo
stranamente… Non so se Frankie ha avuto solo fortuna o se
lui aveva già previsto
tutto. Non ho risposto alla domanda entro il limite di tempo e di
conseguenza
qualcuno ha rischiato la vita… di nuovo. Le persone intorno
a me continuano a
cadere come birilli.”
Il
tono di
Isabelle era piuttosto tetro ma Jude si accigliò,
guardandola e parlando come
se stesse dicendo qualcosa di ovvio:
“Beh…
ci vuole ben
altro per far fuori me. Credimi, ho affrontato di peggio. Temo che
dovrai
sopportare la mia presenza fino alla fine dell’anno
Isabelle… E prima o poi
saprò anche che cosa stai cercando. Oltre a capire
perché diamine mi stai
lontana. Van Acker,
cosa stai facendo?”
Jude
sbuffò,
parlando con la voce colma di irritazione mentre guardava Isabelle
allontanarsi
progressivamente da lui con la sedia prima di sorridergli con aria
colpevole:
“Emh… Devo andare!
Ho un mucchio di cose da fare.”
“E’
domenica.”
“Beh,
il tizio del
piano di sopra si sarà anche riposato, ma io non ho tempo!
Ciao Jude, avvisami
quando avrai capito cosa cerco, cosa faccio, cosa penso
eccetera.”
Come
sempre
Isabelle se la diede elegantemente a gambe, sospirando quasi di
sollievo quando
non sentì più quel profumo e lasciandolo ad
osservarla con aria accigliata.
Cosa
cercava, cosa
faceva, cosa pensava… in effetti gli sarebbe piaciuto sapere
anche cosa
provava, ma forse non era il caso che lei lo sapesse.
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Angolo Autrice:
Buonasera! Si lo so, il capitolo
è abbastanza lungo... ma spero che vi sia piaciuto visto che
è stato un parto scriverlo, al momento ho il cervello in
pappa dopo tre ore di scrittura continua. Quindi mi limito a salutarvi
per evitare di dire cretinate, buona serata e a presto!
Signorina
Granger
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