Capitolo
ventisei
Prigionia
«Dobbiamo
scendere da qui» disse Vidar. Silye si guardò
dietro e, oltre la
coda acuminata della viverna, ormai accasciata senza vita come il
resto del corpo della belva morente, e si accorse che la fine del
pendio non era troppo distante da loro. Se avessero saltato, forse
con un po' di fortuna sarebbero riusciti a scendere dalla collina e
allontanarsi dalle serpi.
«Va
bene» gridò, prima che Vidar le tendesse la mano
libera dalla
lancia. Silye ebbe un attimo di esitazione: e se fossero atterrati
male e si fossero rotti qualche ossa? Allora sarebbe stato quasi
impossibile riuscire a scappare o contrattaccare le serpi.
«Dannazione.
Per una volta vuoi fidarti di me? Cos'è? Vuoi rimanere qui e
finire
il pasto di queste viverne?»
Silye
scosse la testa e si decise: afferrò la mano di Vidar.
Quindi
presero la rincorsa e saltarono. La ragazza sussultò quando
sentì
improvvisamente la terra mancarle sotto i piedi. Vide il suolo
diversi metri sotto di loro avvicinarsi pericolosamente,
finché non
atterrarono; per la violenza dell'impatto, Silye cadde di lato,
lasciando la mano di Vidar, che, al contrario di lei, stava piegato a
terra. Quando la sua spalla entrò a contatto con il terreno,
anche
la sua testa rimbalzò a terra per la velocità e
la forza con cui il
tutto era avvenuto, lasciandola frastornata e dolorante.
Vidar
si sollevò pochi istanti dopo, non sembrando affatto provato
dal
salto e la successiva caduta. Le venne accanto e si abbassò,
offrendole una mano. «Non vorrei metterti fretta, ma abbiamo
delle
viverne alle calcagna.»
«Vargdropi¹»
sibilò Silye, più per sfogare l'adrenalina che
aveva in corpo, che
per insultare Vidar. Lui, tuttavia, non parve affatto offeso
dall'insulto.
«Dici
me o alle serpi?» chiese ironicamente Vidar, quindi
sembrò
improvvisamente irrigidarsi, attratto da qualcosa che stava alle
spalle della ragazza, in direzione del pendio poco distante da loro.
«Silye...»
Lei
si voltò per guardare anche lei nel punto che Vidar adesso
fissava
con un cipiglio preoccupato. Quella che era sembrata una semplice
collina si stava rivelando in realtà un covo di viverne:
erano così
tante da apparire impossibile contarle. Si muovevano, alzavano le
enormi teste, ruggivano e si scrollavano di dosso la terra che finora
li aveva coperti. E poi quelli più vicini si voltarono verso
di
loro, aprendo i loro piccoli e minacciosi occhi, ora liberi dalla
melma.
Bastarono
pochi attimi e quelli scattarono. Vidar non rimase fermo a guardarli,
ma strinse in entrambe le mani la lancia e si preparò a
colpirli.
Silye non poté fare altro che mettersi dietro il dio per
proteggersi
dalle bestie. Odiava il fatto che non potesse fare nulla per aiutarlo
e dovesse farsi difendere da lui, ma al momento era tutt'altro che
utile. Si rammaricò di non aver pensato prima a portare il
suo
pugnale; era ben poca cosa rispetto alla lancia di Vidar, ma almeno
avrebbe potuto dare il suo contributo, anziché rimanere
indifesa,
come la vittima e il pasto perfetto delle serpi.
Vide
i muscoli delle spalle di Vidar, non coperti dalla maglia bianca,
tendersi mentre il dio si preparava all'attacco. Una delle viverne
sibilò, mostrando la lingua biforcuta. Silye, osservandole
meglio,
si accorse che c'era un altro dettaglio che le differenziava da
Nidhöggr: non avevano le ali. Queste apparivano più
come grandi
serpenti, solo munite di zampe anteriori e posteriori.
Quindi
due di esse scattarono all'unisono, tentando di assaltare Vidar, che
però non si fece trovare impreparato. Evitò il
muso di una e piantò
la punta della lancia nell'occhio dell'altra. Quella ruggì
di dolore
e, non appena il dio estrasse l'arma, lo attaccò nuovamente
con
rinnovata furia. Anche stavolta il dio piantò Gungnir prima
sulla
zampa che la serpe aveva sollevato nel tentativo di artigliare la sua
pelle, poi di nuovo nel muso con un movimento rapido e agile,
stavolta affondando la lancia nella testa fino a farla risbucare
nelle fauci e successivamente sotto la mandibola. Ormai non c'era
più
speranza per la serpe, che si accasciò al suolo, inerte.
Vidar
riprese svelto la lancia per difendersi dalle altre belve. Ne
arrivavano sempre in maggior numero e man mano che il tempo passava
si riducevano anche le speranze di Silye di riuscire a sconfiggerle
tutte. «Vidar, non possiamo farcela. Se vogliamo salvarci,
l'unica
alternativa è scappare.»
Il
dio non si voltò, ma tornò all'attacco contro due
viverne
contemporaneamente.
«Vidar!»
gridò Silye, e lui si girò a guardarla proprio
nel momento in cui
con la lancia tranciava di netto il corpo della bestia e schizzi di
sangue rosso scuro, quasi nero, gli andavano a macchiare la faccia e
la maglia bianca.
«Un
figlio di Odino non può tirarsi indietro da una
battaglia» ruggì
di rimando, distogliendo subito lo sguardo, troppo occupato dal
combattimento. Tagliò la testa a un'altra serpe che gli si
era
avvicinata sibilando e trapassò quella di un'altra ancora.
«Non
puoi vincere da solo questa battaglia!» affermò
Silye, con un tono
quasi disperato. Vidar si stava lasciando travolgere dall'eccitazione
della battaglia e dal desiderio del massacro; però, nemmeno
la sua
immensa forza sarebbe bastata ad uccidere tutte quelle viverne. Si
girò alla ricerca di una via di fuga, ma il cuore le
salì in gola
quando si accorse che non c'era. Alcune serpi erano strisciate fino
alle sue spalle, accerchiandoli.
La
ladra si rese conto che quelle bestie dovevano essere molto
più
intelligenti di quanto apparissero; animali del tutto guidati
dall'istinto non avrebbero mai pensato ad una strategia simile.
«Vidar...»
mormorò, troppo spaventata anche per urlare. Vidar,
tuttavia,
sembrava completamente preso dalla battaglia, mentre sferrava colpi
precisi e veloci, lasciando dietro di sé una fila di
cadaveri. Silye
indietreggiò mentre le serpi che aveva davanti si
avvicinavano
lentamente. «Vidar!» ripeté, stavolta
con un grido, nell'esatto
istante in cui una di esse si sollevava sulle zampe posteriori,
troneggiando su di lei. Ricadde a pochi centimetri da lei e, aprendo
le sue grandi e mostruose fauci, le azzannò il braccio
destro.
Come
Silye sentì i denti della bestia penetrare nella sua pelle e
trafiggerle la carne, urlò con tutto il fiato che aveva. Il
dolore
era intenso e insopportabile, affatto comparabile a quello di quando
si era volutamente tagliata i polsi, poiché la ferita era
molto più
profonda e la serpe l'aveva colpita con tanta forza e
rapidità da
coglierla di sopresa e rendere il morso più doloroso. La
serpe
continuò a stringere la presa sul suo braccio, affondando i
denti
più in profondità nella carne, fin quando Silye
non credette di
sentire l'osso rompersi.
All'improvviso
la presa dell'animale si attenuò leggermente, ma la ragazza,
con gli
occhi socchiusi e ancora urlante per il dolore, non si accorse
nemmeno che ormai i denti della viverna non erano più
conficcati in
lei. Dimentica di ogni sua conoscenza sulle ferite e sulle loro cure,
portò una mano al braccio e, quando questa entrò
a contatto con il
sangue e la carne viva, il dolore aumentò, stordendola. Si
morse le
labbra fino a farle sanguinare; non aveva neanche il coraggio di
guardarsi la ferita per paura di ciò che avrebbe trovato.
Riuscì
comunque a tenere gli occhi aperti, anche se solo per pochi istanti.
Giusto il tempo di vedere Vidar dare il colpo di grazia alla serpe,
che aveva ancora brandelli della sua pelle tra i denti, prima di
cadere in ginocchio a terra e perdere i sensi.
La
prima cosa che sentì non appena si risvegliò fu
il freddo,
accompagnato da un lancinante dolore in ogni parte del corpo, ma in
particolare al braccio. Quasi non riusciva a muovere le dita per
quanto le sentiva gelate.
Solo
dopo pochi istanti si ricordò ciò che era
accaduto gli ultimi
minuti prima che perdesse conoscenza. L'attacco delle viverne, il
duello di Vidar e poi la ferita al braccio e la sofferenza, subito
seguita dall'incoscienza.
Riaprì
lentamente gli occhi e si accorse di trovarsi sdraiata sulla neve,
con parte del volto appoggiato sulla terra gelida. Tentò di
muoversi, ma, come si spostò, il dolore al braccio si
acuì, poiché
era stata gettata a terra con la ferita rivolta verso il suolo.
Gemette, cercando di sopprimere un urlo. Ignorò le fitte che
il
braccio e ogni altra parte del corpo le mandavano e si mosse quanto
bastava perché il braccio non fosse più a
contatto con la neve.
Quindi,
in mezzo a tutto quel bianco fecero la loro comparsa delle scarpe
nere, non molto ben visibili a causa del lungo strascico dell'abito
dallo stesso colore. Sebbene quello fosse tutto ciò che
riuscisse a
vedere, comprese subito chi si trovasse di fronte a lei.
«Guarda
chi ha fatto ritorno dal mondo dei sogni» affermò
una voce
canzonatoria. Silye riconobbe subito la persona a cui apparteneva:
Hel. La donna si piegò in modo tale che la ladra riuscisse a
vederne
il volto, da una parte di una bellezza sconvolgente ed inquietante,
dall'altra deteriorato. Le labbra carnose si aprirono in un sorriso
che fece raggelare il sangue a Silye. «Il braccio ti fa molto
male?
Devi scusare le mie serpi, ma non sono abituate ad avere
ospiti.»
Silye
serrò le labbra per impedire che da esse uscissero altri
lamenti,
sebbene già il suo viso mostrasse tutta la sofferenza che
stava
patendo.
Il
sorriso di Hel si fece più ampio, come se traesse gioia
dalla sua
sofferenza. «Sai, Vidar, non mi hai ancora detto chi sia
questa
ragazzina» disse, non distogliendo l'occhio azzurro da lei.
«Sono
davvero curiosa di sapere perché te la sia portata dietro
come un
cane.»
«Vuoi
dire come fai tu con il tuo sposo? Non te lo porti anche te dietro
come fosse un cane o un gioiello?» ribatté la voce
tagliente del
dio. Silye, tuttavia, colse una nota affatto abituale: sembrava
stanco, tanto debole da non riuscire a parlare con la fermezza con
cui finora era sempre stato solito prenderla in giro.
Il
sorriso di Hel non vacillò, ma Silye vide chiaramente il
fastidio
che le aveva procurato il commento di Vidar. «Dyggvi²
in vita fu un grande re, ma il destino non è stato dalla sua
parte,
dandogli la morte nel suo letto, anziché in battaglia e
precludendogli il Valhalla. Io ho reso la sua esistenza nell'Helheimr
migliore, sposandolo, ma questo rimane il mio
regno
ed io la regina indiscussa.»
In seguito, aggiunse, guardando direttamente davanti a sé,
dove
Silye dedusse che si trovasse Vidar: «Fossi in te terrei a
freno la
lingua, giovane dio.»
Mentre
la dea parlava con Vidar, Silye sollevò il capo per
guardarsi
intorno: si trovavano in un'enorme sala dalle pareti di ghiaccio e
dal pavimento su cui era sdraiata ricoperto di neve. Doveva essere
l'interno del palazzo di Hel a giudicare dal grande trono nero, su
cui erano state poste diverse pellicce, che sovrastava ogni angolo
della stanza. Si soffermò ad osservare quest'ultimo e
notò che in
realtà era costruito su migliaia di ossa e teschi tanto
rovinati e
sporchi da essere diventati gialli e marroni dal bianco originale.
Rabbrividì al pensiero delle persone a cui dovevano essere
appartenuti quegli scheletri.
«Sarai
anche la regina di questa topaia, ma rimani la figlia del dio
più
buffone e odiato di tutti» continuò fieramente
Vidar.
Hel
si alzò di scatto, punta sul vivo, e gli lanciò
uno sguardo che
sarebbe stato capace di incenerirlo. Subito dopo, però,
chiudendo le
mani a pugno e prendendo un profondo respiro, sembrò
ritrovare la
calma e il contegno perduti, tornando l'Hel glaciale di pochi attimi
prima.
«Ancora
non mi hai spiegato chi sia lei» disse poi, spostando
nuovamente lo
sguardo su di lei.
«Come
mai tutta questa curiosità, Hel? Hai paura che possa essere
qualcuno
di più forte di te?»
Silye,
cercando come poteva di ignorare le fitte al braccio e muovendosi
cautamente per limitarne il più possibile il dolore, si
girò
dall'altra parte, nella direzione di Vidar. Come lo vide, rimase
allibita. Vidar era seduto a terra, forse troppo debole per stare in
piedi, tenuto, però, leggermente sollevato da due degli
individui
incappucciati che lo tenevano per la maglia. Questa ormai era
irriconoscibile: interamente rossa e in molti punti strappata, da cui
si intravedevano ferite e graffi superficiali. Il suo viso, tuttavia,
fu ciò che più spaventò Silye: tanto
pieno di chiazze di sangue
rosso scuro che era difficile trovare il naturale rosa della pelle.
Anche le ciocche bionde dei capelli, soprattutto all'attaccatura
della fronte, erano sporchi di sangue e terra. Eccetto i tagli al
petto, non sembrava aver riportato gravi ferite dallo scontro, al
contrario di lei, ma tutto quel sangue, sebbene sapesse che non fosse
del dio, le faceva impressione e allo stesso tempo le dava un senso
di timore verso Vidar. Quella era la prima volta che lo aveva visto
uccidere e combattere dal vivo, non attraverso le visioni, e ora si
rendeva davvero conto delle reali capacità del dio. Se
avesse
voluto, avrebbe potuto ucciderla in pochi attimi, senza neanche farle
realizzare di stare per morire.
Vidar
la guardò e, poco prima che Silye distogliesse lo sguardo,
vide un
leggero sorriso di incoraggiamento. La ragazza si voltò,
sdraiandosi
sulla pancia, per poi cercare di sollevarsi sulle ginocchia,
riuscendoci solo con grande fatica e sofferenza.
«Sono
solo curiosa di sapere qualcosa di più sugli sconosciuti che
hanno
avuto l'audacia di entrare nel mio regno. O forse è solo stoltezza»
affermò, velenosa.
«Vámr³»
sibilò Silye, mentre si scostava dal viso i ricci umidi per
il lungo
contatto con la neve.
Hel
si girò lentamente verso di lei, scoppiando in una risata
gelida e
priva di alcuna vera allegria. «Sarà anche bella,
ma manca
totalmente di tatto. Potevi almeno insegnarle come si parla
correttamente ad una divinità e spiegarle le conseguenze in
cui
incorre se ne insulta una» disse a Vidar, ignorando la ladra,
sebbene continuasse a guardarla. Silye capì che era un modo
per
farle capire la sua inferiorità rispetto a loro e questo non
fece
che farla arrabbiare di più. «A quanto pare non
sei riuscito ad
ammansire il tuo cagnolino.»
Silye
le lanciò uno sguardo infuriato, al quale Hel rispose con
un'espressione divertita e avvicinandosi a lei. «A
cuccia.»
La
ladra le sputò in faccia, cogliendola del tutto di sorpresa
e
togliendole il sorriso dalla faccia. Hel fece una smorfia disgustata,
ma, anziché ritrarsi, si asciugò il viso con la
manica dell'abito,
per poi afferrarle il viso con la mano umana. «Non sei
affatto
gentile» mormorò, graffiandole la guancia con le
lunghe unghie.
Silye
gemette man mano che quelle affondavano più in
profondità nella
pelle e lasciavano graffi sempre più estesi, ma non
gridò. Il
sangue le colò lungo la pelle, fino a raggiungere il lato
della
bocca e il profilo del viso.
Vidar
gridò un « Lasciala stare!», che,
tuttavia, arrivò attutito alle
orecchie di Silye. Infatti, all'improvviso, il dolore al viso e al
braccio e anche il volto spietato di Hel si erano fatti ovattati e
lontani, mentre veniva trasportata lontano e colta dal familiare
senso di incoscienza delle visioni.
Davanti
a lei si materializzò un grande salone, in cui tutto, dal
pavimento
alle pareti, dal camino al trono che capeggiava su un lato di essa,
sembrava costruito in oro. Sul trono stava seduto un uomo che
indossava abiti scuri e all'apparenza raffinati, con posata sulla
testa una corona gemmata. Silye ebbe subito la certezza che
quell'individuo era il Konungr in persona. Vederlo là,
circondato
dal suo lusso e dalle sue ricchezze, le diede un moto di rabbia
irrefrenabile. In piedi di fronte a lui c'era Hel, con lo stesso
abito, ma stavolta coperto da un lungo mantello nero e con il
cappuccio calato sul viso, forse nel tentativo di nascondere la sua
parte scheletrica. Hel stava guardando il Konungr con in viso
un'espressione profondamente soddisfatta, ricambiata dallo stesso
sovrano, con una tale complicità che due individui potevano
avere
solo dopo essersi accordati su qualcosa o condividere gli stessi
segreti e interessi. C'era qualcosa di losco e inquietante in quella
scena e Silye moriva dalla voglia di sapere cosa si fossero detti
durante il loro incontro.
Non
appena la ladra si risvegliò dal torpore dovuto alla
visione, sentì
una presa ferrea sul suo viso, ancora artigliato con violenza dalle
unghie della dea.
«Conosco
quello sguardo. Sei una völva,
non è così?
Cosa hai visto?» stava urlando Hel, infuriata e fuori di
sé. «Cosa?
Dimmelo!»
Il
suo occhio azzurro era puntato su di lei ed era certa che, se avesse
potuto, la avrebbe incenerita con la sola forza dello sguardo. Silye
sorrise, vittoriosa, e si ritrovò a godere della rabbia
della dea.
Aveva trovato un suo punto debole, qualcosa in cui Hel si ritrovava
in netta inferiorità rispetto a lei. «Questo senso
di impotenza...»
iniziò, anche se ogni parola pronunciata le provocava una
fitta per
i graffi alla guancia. «Il fatto che tu non abbia la minima
idea di
cosa io abbia visto nella tua mente ti fa andare fuori di testa,
vero? Beh, a quanto pare la piccola e indisciplinata völva
è un passo avanti a te, vámr.»
La
dea la lasciò di scatto con odio e disgusto.
«Legatela» ringhiò e
subito Silye si sentì afferrare e torcere indietro le mani.
La ladra
digrignò i denti quando il braccio ferito venne strattonato
con
violenza e lei venne fatta alzare in malo modo. «Portateli
nelle
segrete. State attenti a non fare del male al dio, o, almeno, non
tanto da ucciderlo. Mi serve vivo. A lei, invece, potete fare
ciò
che volete.»
Anche
a Vidar gli incappucciati legarono le mani, ma prima che Silye
venisse trascinata via, sentì Hel dire a Vidar:
«Presto il peso
delle tue colpe ti schiaccerà, figlio di Odino.»
¹
Insulto norreno che letteralmente significa “Figlio di un
criminale”, ma che potrebbe essere tradotto anche come
“Figlio di
un lupo”, dato che allora i lupi non erano animali molto
apprezzati.
²
Mitologico re svedese, che, a seguito della morte naturale, negli
Inferi divenne consorte di Hel.
³
Insulto norreno che indica un individuo ripugnante e nauseante.
Angolo dell'autrice:
Salve! Spero che il capitolo vi
sia piaciuto. Lo ammetto: mi sono divertita molto a scrivere di come
Silye tiene testa a Hel. Un po' meno di quando è stata morsa
dalla viverna, ma un minimo di violenza è necessaria in una
storia come questa.
Ad ogni modo, era da giorni che
mi ronzava nella testa l'idea di creare una sorta di trailer su di
essa, sia perché ultimamente ne ho visti molti su Wattpad,
sia perché alcuni video mi avevano ispirata e
ricordato Völuspá. E
allora, avendo già qualche esperienza con il montaggio di
video, ho pensato: perché non fare un tentativo? Non
aspettatevi granché: questo è solo un video senza
pretesa, fatto più per divertimento, ma, dato l'impegno che
ci ho messo, nel mio piccolo mi ritengo abbastanza soddisfatta del
risultato.
Eccolo:
https://www.youtube.com/watch?v=h63HctS7PWo
Mi sono fatta anche un'idea
degli attori prestavolto dei personaggi, che vedrete anche nel
"trailer", anche se ammetto che non è stata un'impresa
facile, dato quanto sono puntigliosa in queste cose. Silye me la
immagino come Rachel Hurd-Wood (naturalmente quando ha i capelli ricci
e rossi come lei), ma in alcune clip del video ho anche usato Amy
Manson (la Merida di Once upon a time) per rappresentarla, mentre Vidar
come Finn Jones (per chi lo ha presente, ha interpretato Loras Tyrell
in Got), ma anche nel suo caso ho messo video e scene in cui viene
impersonato da Travis Fimmel (Ragnar di Vikings) e da Chris Hemsworth.
Un'ultima cosa: semmai
deciderete di dargli uno sguardo, fate molta attenzione ad alcuni
personaggi che ho inserito appositamente e di cui sentirete presto
parlare.
Spero che il video riesca a
restituirvi l'atmosfera della storia e che possa piacervi.^^ Grazie
mille a tutti e un abbraccio!
Sophja99
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