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Autore: Sophja99    29/03/2017    4 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo ventisei

Prigionia


«Dobbiamo scendere da qui» disse Vidar. Silye si guardò dietro e, oltre la coda acuminata della viverna, ormai accasciata senza vita come il resto del corpo della belva morente, e si accorse che la fine del pendio non era troppo distante da loro. Se avessero saltato, forse con un po' di fortuna sarebbero riusciti a scendere dalla collina e allontanarsi dalle serpi.

«Va bene» gridò, prima che Vidar le tendesse la mano libera dalla lancia. Silye ebbe un attimo di esitazione: e se fossero atterrati male e si fossero rotti qualche ossa? Allora sarebbe stato quasi impossibile riuscire a scappare o contrattaccare le serpi.

«Dannazione. Per una volta vuoi fidarti di me? Cos'è? Vuoi rimanere qui e finire il pasto di queste viverne?»

Silye scosse la testa e si decise: afferrò la mano di Vidar. Quindi presero la rincorsa e saltarono. La ragazza sussultò quando sentì improvvisamente la terra mancarle sotto i piedi. Vide il suolo diversi metri sotto di loro avvicinarsi pericolosamente, finché non atterrarono; per la violenza dell'impatto, Silye cadde di lato, lasciando la mano di Vidar, che, al contrario di lei, stava piegato a terra. Quando la sua spalla entrò a contatto con il terreno, anche la sua testa rimbalzò a terra per la velocità e la forza con cui il tutto era avvenuto, lasciandola frastornata e dolorante.

Vidar si sollevò pochi istanti dopo, non sembrando affatto provato dal salto e la successiva caduta. Le venne accanto e si abbassò, offrendole una mano. «Non vorrei metterti fretta, ma abbiamo delle viverne alle calcagna.»

«Vargdropi¹» sibilò Silye, più per sfogare l'adrenalina che aveva in corpo, che per insultare Vidar. Lui, tuttavia, non parve affatto offeso dall'insulto.

«Dici me o alle serpi?» chiese ironicamente Vidar, quindi sembrò improvvisamente irrigidarsi, attratto da qualcosa che stava alle spalle della ragazza, in direzione del pendio poco distante da loro. «Silye...»

Lei si voltò per guardare anche lei nel punto che Vidar adesso fissava con un cipiglio preoccupato. Quella che era sembrata una semplice collina si stava rivelando in realtà un covo di viverne: erano così tante da apparire impossibile contarle. Si muovevano, alzavano le enormi teste, ruggivano e si scrollavano di dosso la terra che finora li aveva coperti. E poi quelli più vicini si voltarono verso di loro, aprendo i loro piccoli e minacciosi occhi, ora liberi dalla melma.

Bastarono pochi attimi e quelli scattarono. Vidar non rimase fermo a guardarli, ma strinse in entrambe le mani la lancia e si preparò a colpirli. Silye non poté fare altro che mettersi dietro il dio per proteggersi dalle bestie. Odiava il fatto che non potesse fare nulla per aiutarlo e dovesse farsi difendere da lui, ma al momento era tutt'altro che utile. Si rammaricò di non aver pensato prima a portare il suo pugnale; era ben poca cosa rispetto alla lancia di Vidar, ma almeno avrebbe potuto dare il suo contributo, anziché rimanere indifesa, come la vittima e il pasto perfetto delle serpi.

Vide i muscoli delle spalle di Vidar, non coperti dalla maglia bianca, tendersi mentre il dio si preparava all'attacco. Una delle viverne sibilò, mostrando la lingua biforcuta. Silye, osservandole meglio, si accorse che c'era un altro dettaglio che le differenziava da Nidhöggr: non avevano le ali. Queste apparivano più come grandi serpenti, solo munite di zampe anteriori e posteriori.

Quindi due di esse scattarono all'unisono, tentando di assaltare Vidar, che però non si fece trovare impreparato. Evitò il muso di una e piantò la punta della lancia nell'occhio dell'altra. Quella ruggì di dolore e, non appena il dio estrasse l'arma, lo attaccò nuovamente con rinnovata furia. Anche stavolta il dio piantò Gungnir prima sulla zampa che la serpe aveva sollevato nel tentativo di artigliare la sua pelle, poi di nuovo nel muso con un movimento rapido e agile, stavolta affondando la lancia nella testa fino a farla risbucare nelle fauci e successivamente sotto la mandibola. Ormai non c'era più speranza per la serpe, che si accasciò al suolo, inerte.

Vidar riprese svelto la lancia per difendersi dalle altre belve. Ne arrivavano sempre in maggior numero e man mano che il tempo passava si riducevano anche le speranze di Silye di riuscire a sconfiggerle tutte. «Vidar, non possiamo farcela. Se vogliamo salvarci, l'unica alternativa è scappare.»

Il dio non si voltò, ma tornò all'attacco contro due viverne contemporaneamente.

«Vidar!» gridò Silye, e lui si girò a guardarla proprio nel momento in cui con la lancia tranciava di netto il corpo della bestia e schizzi di sangue rosso scuro, quasi nero, gli andavano a macchiare la faccia e la maglia bianca.

«Un figlio di Odino non può tirarsi indietro da una battaglia» ruggì di rimando, distogliendo subito lo sguardo, troppo occupato dal combattimento. Tagliò la testa a un'altra serpe che gli si era avvicinata sibilando e trapassò quella di un'altra ancora.

«Non puoi vincere da solo questa battaglia!» affermò Silye, con un tono quasi disperato. Vidar si stava lasciando travolgere dall'eccitazione della battaglia e dal desiderio del massacro; però, nemmeno la sua immensa forza sarebbe bastata ad uccidere tutte quelle viverne. Si girò alla ricerca di una via di fuga, ma il cuore le salì in gola quando si accorse che non c'era. Alcune serpi erano strisciate fino alle sue spalle, accerchiandoli.

La ladra si rese conto che quelle bestie dovevano essere molto più intelligenti di quanto apparissero; animali del tutto guidati dall'istinto non avrebbero mai pensato ad una strategia simile.

«Vidar...» mormorò, troppo spaventata anche per urlare. Vidar, tuttavia, sembrava completamente preso dalla battaglia, mentre sferrava colpi precisi e veloci, lasciando dietro di sé una fila di cadaveri. Silye indietreggiò mentre le serpi che aveva davanti si avvicinavano lentamente. «Vidar!» ripeté, stavolta con un grido, nell'esatto istante in cui una di esse si sollevava sulle zampe posteriori, troneggiando su di lei. Ricadde a pochi centimetri da lei e, aprendo le sue grandi e mostruose fauci, le azzannò il braccio destro.

Come Silye sentì i denti della bestia penetrare nella sua pelle e trafiggerle la carne, urlò con tutto il fiato che aveva. Il dolore era intenso e insopportabile, affatto comparabile a quello di quando si era volutamente tagliata i polsi, poiché la ferita era molto più profonda e la serpe l'aveva colpita con tanta forza e rapidità da coglierla di sopresa e rendere il morso più doloroso. La serpe continuò a stringere la presa sul suo braccio, affondando i denti più in profondità nella carne, fin quando Silye non credette di sentire l'osso rompersi.

All'improvviso la presa dell'animale si attenuò leggermente, ma la ragazza, con gli occhi socchiusi e ancora urlante per il dolore, non si accorse nemmeno che ormai i denti della viverna non erano più conficcati in lei. Dimentica di ogni sua conoscenza sulle ferite e sulle loro cure, portò una mano al braccio e, quando questa entrò a contatto con il sangue e la carne viva, il dolore aumentò, stordendola. Si morse le labbra fino a farle sanguinare; non aveva neanche il coraggio di guardarsi la ferita per paura di ciò che avrebbe trovato. Riuscì comunque a tenere gli occhi aperti, anche se solo per pochi istanti. Giusto il tempo di vedere Vidar dare il colpo di grazia alla serpe, che aveva ancora brandelli della sua pelle tra i denti, prima di cadere in ginocchio a terra e perdere i sensi.


La prima cosa che sentì non appena si risvegliò fu il freddo, accompagnato da un lancinante dolore in ogni parte del corpo, ma in particolare al braccio. Quasi non riusciva a muovere le dita per quanto le sentiva gelate.

Solo dopo pochi istanti si ricordò ciò che era accaduto gli ultimi minuti prima che perdesse conoscenza. L'attacco delle viverne, il duello di Vidar e poi la ferita al braccio e la sofferenza, subito seguita dall'incoscienza.

Riaprì lentamente gli occhi e si accorse di trovarsi sdraiata sulla neve, con parte del volto appoggiato sulla terra gelida. Tentò di muoversi, ma, come si spostò, il dolore al braccio si acuì, poiché era stata gettata a terra con la ferita rivolta verso il suolo. Gemette, cercando di sopprimere un urlo. Ignorò le fitte che il braccio e ogni altra parte del corpo le mandavano e si mosse quanto bastava perché il braccio non fosse più a contatto con la neve.

Quindi, in mezzo a tutto quel bianco fecero la loro comparsa delle scarpe nere, non molto ben visibili a causa del lungo strascico dell'abito dallo stesso colore. Sebbene quello fosse tutto ciò che riuscisse a vedere, comprese subito chi si trovasse di fronte a lei.

«Guarda chi ha fatto ritorno dal mondo dei sogni» affermò una voce canzonatoria. Silye riconobbe subito la persona a cui apparteneva: Hel. La donna si piegò in modo tale che la ladra riuscisse a vederne il volto, da una parte di una bellezza sconvolgente ed inquietante, dall'altra deteriorato. Le labbra carnose si aprirono in un sorriso che fece raggelare il sangue a Silye. «Il braccio ti fa molto male? Devi scusare le mie serpi, ma non sono abituate ad avere ospiti.»

Silye serrò le labbra per impedire che da esse uscissero altri lamenti, sebbene già il suo viso mostrasse tutta la sofferenza che stava patendo.

Il sorriso di Hel si fece più ampio, come se traesse gioia dalla sua sofferenza. «Sai, Vidar, non mi hai ancora detto chi sia questa ragazzina» disse, non distogliendo l'occhio azzurro da lei. «Sono davvero curiosa di sapere perché te la sia portata dietro come un cane.»

«Vuoi dire come fai tu con il tuo sposo? Non te lo porti anche te dietro come fosse un cane o un gioiello?» ribatté la voce tagliente del dio. Silye, tuttavia, colse una nota affatto abituale: sembrava stanco, tanto debole da non riuscire a parlare con la fermezza con cui finora era sempre stato solito prenderla in giro.

Il sorriso di Hel non vacillò, ma Silye vide chiaramente il fastidio che le aveva procurato il commento di Vidar. «Dyggvi² in vita fu un grande re, ma il destino non è stato dalla sua parte, dandogli la morte nel suo letto, anziché in battaglia e precludendogli il Valhalla. Io ho reso la sua esistenza nell'Helheimr migliore, sposandolo, ma questo rimane il mio regno ed io la regina indiscussa.» In seguito, aggiunse, guardando direttamente davanti a sé, dove Silye dedusse che si trovasse Vidar: «Fossi in te terrei a freno la lingua, giovane dio.»

Mentre la dea parlava con Vidar, Silye sollevò il capo per guardarsi intorno: si trovavano in un'enorme sala dalle pareti di ghiaccio e dal pavimento su cui era sdraiata ricoperto di neve. Doveva essere l'interno del palazzo di Hel a giudicare dal grande trono nero, su cui erano state poste diverse pellicce, che sovrastava ogni angolo della stanza. Si soffermò ad osservare quest'ultimo e notò che in realtà era costruito su migliaia di ossa e teschi tanto rovinati e sporchi da essere diventati gialli e marroni dal bianco originale. Rabbrividì al pensiero delle persone a cui dovevano essere appartenuti quegli scheletri.

«Sarai anche la regina di questa topaia, ma rimani la figlia del dio più buffone e odiato di tutti» continuò fieramente Vidar.

Hel si alzò di scatto, punta sul vivo, e gli lanciò uno sguardo che sarebbe stato capace di incenerirlo. Subito dopo, però, chiudendo le mani a pugno e prendendo un profondo respiro, sembrò ritrovare la calma e il contegno perduti, tornando l'Hel glaciale di pochi attimi prima.

«Ancora non mi hai spiegato chi sia lei» disse poi, spostando nuovamente lo sguardo su di lei.

«Come mai tutta questa curiosità, Hel? Hai paura che possa essere qualcuno di più forte di te?»

Silye, cercando come poteva di ignorare le fitte al braccio e muovendosi cautamente per limitarne il più possibile il dolore, si girò dall'altra parte, nella direzione di Vidar. Come lo vide, rimase allibita. Vidar era seduto a terra, forse troppo debole per stare in piedi, tenuto, però, leggermente sollevato da due degli individui incappucciati che lo tenevano per la maglia. Questa ormai era irriconoscibile: interamente rossa e in molti punti strappata, da cui si intravedevano ferite e graffi superficiali. Il suo viso, tuttavia, fu ciò che più spaventò Silye: tanto pieno di chiazze di sangue rosso scuro che era difficile trovare il naturale rosa della pelle. Anche le ciocche bionde dei capelli, soprattutto all'attaccatura della fronte, erano sporchi di sangue e terra. Eccetto i tagli al petto, non sembrava aver riportato gravi ferite dallo scontro, al contrario di lei, ma tutto quel sangue, sebbene sapesse che non fosse del dio, le faceva impressione e allo stesso tempo le dava un senso di timore verso Vidar. Quella era la prima volta che lo aveva visto uccidere e combattere dal vivo, non attraverso le visioni, e ora si rendeva davvero conto delle reali capacità del dio. Se avesse voluto, avrebbe potuto ucciderla in pochi attimi, senza neanche farle realizzare di stare per morire.

Vidar la guardò e, poco prima che Silye distogliesse lo sguardo, vide un leggero sorriso di incoraggiamento. La ragazza si voltò, sdraiandosi sulla pancia, per poi cercare di sollevarsi sulle ginocchia, riuscendoci solo con grande fatica e sofferenza.

«Sono solo curiosa di sapere qualcosa di più sugli sconosciuti che hanno avuto l'audacia di entrare nel mio regno. O forse è solo stoltezza» affermò, velenosa.

«Vámr³» sibilò Silye, mentre si scostava dal viso i ricci umidi per il lungo contatto con la neve.

Hel si girò lentamente verso di lei, scoppiando in una risata gelida e priva di alcuna vera allegria. «Sarà anche bella, ma manca totalmente di tatto. Potevi almeno insegnarle come si parla correttamente ad una divinità e spiegarle le conseguenze in cui incorre se ne insulta una» disse a Vidar, ignorando la ladra, sebbene continuasse a guardarla. Silye capì che era un modo per farle capire la sua inferiorità rispetto a loro e questo non fece che farla arrabbiare di più. «A quanto pare non sei riuscito ad ammansire il tuo cagnolino.»

Silye le lanciò uno sguardo infuriato, al quale Hel rispose con un'espressione divertita e avvicinandosi a lei. «A cuccia.»

La ladra le sputò in faccia, cogliendola del tutto di sorpresa e togliendole il sorriso dalla faccia. Hel fece una smorfia disgustata, ma, anziché ritrarsi, si asciugò il viso con la manica dell'abito, per poi afferrarle il viso con la mano umana. «Non sei affatto gentile» mormorò, graffiandole la guancia con le lunghe unghie.

Silye gemette man mano che quelle affondavano più in profondità nella pelle e lasciavano graffi sempre più estesi, ma non gridò. Il sangue le colò lungo la pelle, fino a raggiungere il lato della bocca e il profilo del viso.

Vidar gridò un « Lasciala stare!», che, tuttavia, arrivò attutito alle orecchie di Silye. Infatti, all'improvviso, il dolore al viso e al braccio e anche il volto spietato di Hel si erano fatti ovattati e lontani, mentre veniva trasportata lontano e colta dal familiare senso di incoscienza delle visioni.

Davanti a lei si materializzò un grande salone, in cui tutto, dal pavimento alle pareti, dal camino al trono che capeggiava su un lato di essa, sembrava costruito in oro. Sul trono stava seduto un uomo che indossava abiti scuri e all'apparenza raffinati, con posata sulla testa una corona gemmata. Silye ebbe subito la certezza che quell'individuo era il Konungr in persona. Vederlo là, circondato dal suo lusso e dalle sue ricchezze, le diede un moto di rabbia irrefrenabile. In piedi di fronte a lui c'era Hel, con lo stesso abito, ma stavolta coperto da un lungo mantello nero e con il cappuccio calato sul viso, forse nel tentativo di nascondere la sua parte scheletrica. Hel stava guardando il Konungr con in viso un'espressione profondamente soddisfatta, ricambiata dallo stesso sovrano, con una tale complicità che due individui potevano avere solo dopo essersi accordati su qualcosa o condividere gli stessi segreti e interessi. C'era qualcosa di losco e inquietante in quella scena e Silye moriva dalla voglia di sapere cosa si fossero detti durante il loro incontro.

Non appena la ladra si risvegliò dal torpore dovuto alla visione, sentì una presa ferrea sul suo viso, ancora artigliato con violenza dalle unghie della dea.

«Conosco quello sguardo. Sei una völva, non è così? Cosa hai visto?» stava urlando Hel, infuriata e fuori di sé. «Cosa? Dimmelo!»

Il suo occhio azzurro era puntato su di lei ed era certa che, se avesse potuto, la avrebbe incenerita con la sola forza dello sguardo. Silye sorrise, vittoriosa, e si ritrovò a godere della rabbia della dea. Aveva trovato un suo punto debole, qualcosa in cui Hel si ritrovava in netta inferiorità rispetto a lei. «Questo senso di impotenza...» iniziò, anche se ogni parola pronunciata le provocava una fitta per i graffi alla guancia. «Il fatto che tu non abbia la minima idea di cosa io abbia visto nella tua mente ti fa andare fuori di testa, vero? Beh, a quanto pare la piccola e indisciplinata völva è un passo avanti a te, vámr.»

La dea la lasciò di scatto con odio e disgusto. «Legatela» ringhiò e subito Silye si sentì afferrare e torcere indietro le mani. La ladra digrignò i denti quando il braccio ferito venne strattonato con violenza e lei venne fatta alzare in malo modo. «Portateli nelle segrete. State attenti a non fare del male al dio, o, almeno, non tanto da ucciderlo. Mi serve vivo. A lei, invece, potete fare ciò che volete.»

Anche a Vidar gli incappucciati legarono le mani, ma prima che Silye venisse trascinata via, sentì Hel dire a Vidar: «Presto il peso delle tue colpe ti schiaccerà, figlio di Odino.»



¹ Insulto norreno che letteralmente significa “Figlio di un criminale”, ma che potrebbe essere tradotto anche come “Figlio di un lupo”, dato che allora i lupi non erano animali molto apprezzati.

² Mitologico re svedese, che, a seguito della morte naturale, negli Inferi divenne consorte di Hel.

³ Insulto norreno che indica un individuo ripugnante e nauseante.

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Angolo dell'autrice:

Salve! Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Lo ammetto: mi sono divertita molto a scrivere di come Silye tiene testa a Hel. Un po' meno di quando è stata morsa dalla viverna, ma un minimo di violenza è necessaria in una storia come questa.

Ad ogni modo, era da giorni che mi ronzava nella testa l'idea di creare una sorta di trailer su di essa, sia perché ultimamente ne ho visti molti su Wattpad, sia perché alcuni video mi avevano ispirata e ricordato Völuspá. E allora, avendo già qualche esperienza con il montaggio di video, ho pensato: perché non fare un tentativo? Non aspettatevi granché: questo è solo un video senza pretesa, fatto più per divertimento, ma, dato l'impegno che ci ho messo, nel mio piccolo mi ritengo abbastanza soddisfatta del risultato.

Eccolo: https://www.youtube.com/watch?v=h63HctS7PWo

Mi sono fatta anche un'idea degli attori prestavolto dei personaggi, che vedrete anche nel "trailer", anche se ammetto che non è stata un'impresa facile, dato quanto sono puntigliosa in queste cose. Silye me la immagino come Rachel Hurd-Wood (naturalmente quando ha i capelli ricci e rossi come lei), ma in alcune clip del video ho anche usato Amy Manson (la Merida di Once upon a time) per rappresentarla, mentre Vidar come Finn Jones (per chi lo ha presente, ha interpretato Loras Tyrell in Got), ma anche nel suo caso ho messo video e scene in cui viene impersonato da Travis Fimmel (Ragnar di Vikings) e da Chris Hemsworth.

Un'ultima cosa: semmai deciderete di dargli uno sguardo, fate molta attenzione ad alcuni personaggi che ho inserito appositamente e di cui sentirete presto parlare.

Spero che il video riesca a restituirvi l'atmosfera della storia e che possa piacervi.^^ Grazie mille a tutti e un abbraccio!

Sophja99

   
 
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