The CC cap SETTE
Capitolo 7
Teddy si infilò nella prima stanza del dormitorio di
Serpeverde e scelse il letto vicino a un'alta e stretta finestra che
dava sul Lago Nero, sarebbe stato come dormire vicino a un acquario,
pensò affascinata. Scostò le tende del baldacchino e si sedette,
osservando incuriosita le compagne. Le due ragazze bionde che avevano
preso posto di fronte a lei stavano chiacchierando vivacemente,
mentre quella sdraiata sul letto alla sua destra guardava pensierosa
le alghe ondeggiare sul fondo del lago al di là della finestra.
Aveva un'aria mite, i capelli scuri ed era così minuta che sembrava
ancora una bimbetta.
“Ciao, io sono Teddy,” si presentò, spostandosi per
rientrare nel suo campo visivo. Non aveva mai avuto un'amica, prima.
Ai suoi genitori sarebbe piaciuto farle frequentare una scuola
Babbana ma pensavano che i suoi poteri fossero troppo grandi per
essere controllati da una bambina, l'avrebbero di sicuro scoperta.
L'altra ragazzina mise a fuoco il suo volto battendo le
palpebre. “Parkinson,” rispose non molto convinta.
Teddy alzò le sopracciglia: “Parkinson. Anche mia
madre preferisce essere chiamata per cognome. Non da me, io la chiamo
'mamma' naturalmente, intendo da tutti gli altri.”
La ragazza emise una risatina. “No, scusami, ero
soprappensiero,” si mise a sedere sul letto e le strinse
cerimoniosamente la mano. “Chiamami Scilla. Ti ho vista litigare
con il Tassorosso che ha aggredito mio fratello nella Sala Grande,
quello che dicono sia il figlio di Voldemort.”
Teddy annuì. “Quindi tuo fratello è il Grifondoro
che ha preso a pugni Delphi. Non lo conosco ma mi sta già
simpatico.”
“In realtà è un gran rompiscatole e l'unico della
nostra famiglia a non essere un Serpeverde. Sospetto che le due cose
siano collegate.”
Teddy scoppiò a ridere.
“Tu sei la figlia di Lupin, vero?” le domandò dopo
un momento Scilla.
“Esatto!”
La ragazza si mosse nervosamente sul letto.
“C'è qualcosa che non va?” chiese Teddy.
“No. Certo che no.” Mormorò. “Solo che...”
Scilla abbassò lo sguardo e i capelli le scivolarono
sul viso, dal punto in cui si trovava, Teddy poteva vederle solo la
punta del naso. Probabilmente la ragazza conosceva la natura di suo
padre. Non se la prese, se non altro Scilla non si era eccitata
all'idea di infilzare un lupo mannaro.
“Non fa niente, okay?” la tranquillizzò.
Scilla si stropicciò le mani in grembo. “Mia zia ha
avuto Lupin come insegnante, tanti anni fa.”
“Capisco,” annuì Teddy.
L'altra ragazza trovò il coraggio di alzare lo sguardo
e Teddy le sorrise. Scilla era così gentile e timorosa di ferirla e
forse addirittura si vergognava dei pregiudizi nei confronti di suo
padre.
Una testa ricciuta fece capolino nella stanza.
“Edwina Lupin è qui?” domandò il Prefetto di
Serpeverde accanto a cui Teddy si era seduta in Sala Grande.
Alzò una mano. “Eccomi!”
Lui le fece segno di seguirla. “C'è il piccolo
Lestrange, qui fuori. Hanno deciso la vostra punizione, andiamo.”
Scilla le sfiorò la veste e le sussurrò: “Buona
fortuna!”
Teddy scese la scala a chiocciola con lo sguardo rapito
dall'invitante libreria della Sala Comune e quasi andò a sbattere
contro il passaggio di pietra; aspettò con impazienza che il muro si
aprisse, non vedeva l'ora di togliersi dai piedi la punizione e
ricostruire la propria reputazione da zero.
Delphi l'accolse con un sorriso sghembo. “I miei sono
stati tutti a Serpeverde, sapevo esattamente dove si trovava
l'ingresso,” spiegò.
“Notevole,” borbottò lei. “Quindi hanno deciso
cosa fare di noi?”
Il ragazzo sospirò sconsolato: non aveva gradito la
punizione assegnata loro dalla preside. “Vieni, mia zia ci aspetta
nel suo studio...”
Mentre
percorrevano il corridoio di pietra, Delphi estrasse la bacchetta e
la puntò contro una delle torce, sparando un getto d'acqua. Il fuoco
incantato non solo non si spense, ma emise un nuvolone nero che
inghiottì le loro teste.
“Non puoi fare a
meno di combinare guai ogni due secondi?” Tossì Teddy. Quel
ragazzo era impossibile!
Delphi disperse il
fumo con le braccia. “I corridoi sono il mio parco giochi, a casa,”
spiegò tranquillamente.
La ragazza decise
di sorvolare, forse Delphi cercava solo di scacciare la nostalgia.
Salirono le scale di marmo fino al primo piano, dove c'era l'aula di
Storia della Magia e l'ufficio della professoressa Malfoy. Dopo la
Battaglia di Hogwarts il professor Ruf, il suo predecessore, non
aveva sopportato di tornare alla sua non-vita, tediosa tanto quanto
la sua vita, così aveva deciso di provare con la morte perché più
noiosa non sarebbe potuta essere, ed era andato avanti. Teddy aveva
sentito dire a suo padre che alla preside, pur commossa dalla perdita
dell'ex collega, non era dispiaciuto poterlo sostituire con
insegnanti più validi.
Teddy bussò alla porta dell'ufficio della professoressa
Malfoy.
“Aiutare la zia a mettere in ordine i volumi di storia
della magia, che noia!” si lagnò di nuovo Delphi, che dopo la
bravata con la torcia si era limitato a fare le boccacce ai quadri,
provocando qualche reazioni indignata tra i pochi soggetti dipinti
che ancora non stavano dormendo.
Teddy ci teneva a fare una buona impressione - Malfoy
era la sua Capocasa - e sperò che il compagno non rovinasse tutto.
“Avanti,” disse l'insegnante.
“Teddy Lupin,” si presentò prontamente Teddy,
porgendole la mano. Narcissa Malfoy somigliava tanto alla nonna ma
coi colori sbagliati, era come se Andromeda si stesse divertendo con
i poteri da Metamorfomagus.
L'insegnante le prese la mano ma non la strinse, lo
sguardo sgomento e la bocca appena dischiusa.
“Zia?” chiamò Delphi preoccupato.
“Somiglio molto alla nonna,” disse meccanicamente
Teddy, ancor prima di capire quale fosse l'origine dello sconcerto
dell'adulta.
Malfoy camuffò il disagio portandosi una mano alla
fronte e fingendo di sviare una ciocca di capelli. Delphi,
naturalmente, ci cascò e archiviò immediamente ogni remora:
“Perché non frequentiamo la famiglia di Teddy?”
recriminò stizzito. “Per Merlino, Zia! Non sapevo neppure di avere
una cugina!”
“Non è questo né il momento né il luogo, signor
Lestrange,” lo riprese la professoressa, con la voce che tremava
appena. “D'ora in avanti ti rivolgerai a me come fai con gli altri
insegnanti: sono la professoressa Malfoy, a Hogwarts.”
Delphi fece una smorfia. “Professoressa Malfoy?
Andiamo, non scherzare.”
Teddy rifilò un pizzicotto al compagno e lui la scansò.
“Ahi! Che vuoi?! Proprio tu, che chiami il Vicepreside
'papino'!”
“Non oserei mai davanti agli altri studenti!”
protestò Teddy, accalorandosi. “Ma tu non hai idea di cosa sia il
rispetto, non è vero?”
“Ora basta!”
I due ragazzi sobbalzarono. La professoressa era livida
di rabbia.
“Che spettacolo, zia, non ti ho mai vista così!
Sembri quasi mia madre.”
Malfoy si passò una mano sul viso, Teddy non capiva se
fosse incredibilmente paziente o avesse semplicemente fatto il callo
alla stupidità del nipote. Vivere con quel ragazzino doveva essere
un inferno.
“Tua madre non è qui, signor Lestrange,” disse
gelida. “Un altro 'zia' e ti rimando a Villa Malfoy col primo
Hogwarts Express.”
Delphi aprì la bocca, poi la richiuse.
“Sì, signora,” disse, più confuso che altro.
Si sedettero davanti all'insegnante, che iniziò a
passare loro dei polverosi volumi.
Teddy sgomitò per assicurarsi quello che le parve più
promettente. “Qui c'è la cronaca del duello tra Harry Potter e
Voldemort?” domandò in tono innocente.
Malfoy alzò appena lo sguardo dalle pergamene che stava
esaminando. “È programma dell'ultimo anno, signorina Lupin, per
ora non la riguarda.”
La ragazza notò che la professoressa assumeva una
strana espressione quando pronunciava il suo cognome, come se le
provocasse una fitta da qualche parte.
“Mi interessa perché parla del mio padrino e anche
dei miei genitori,” spiegò, studiando con attenzione la reazione
della strega.
Delphi chiuse di scatto il libro che stava cercando di
riordinare. “C'erano anche i miei genitori e i miei zii, e mio
cugino...” le disse scocciato. “Razza di egocentrica.”
Teddy finse di non aver sentito l'ultima osservazione
del ragazzo. “Certo, ma combattevano tutti dalla parte sbagliata,”
replicò, capendo troppo tardi di aver offeso anche la professoressa
su cui voleva fare colpo. “Mi spiace, non intendevo...” tentò di
rimediare.
“Ci addita come 'cattivi', lei col suo padre lupo
mannaro...” soffiò tra i denti Delphi.
“Pensavo che non credessi che lo fosse davvero,”
osservò Teddy con forzata allegria, felice di poter cambiare
argomento.
“Ora basta!” intervenne l'insegnante. “Lavorate in
silenzio, questa è una punizione, non un'ora di ricreazione.”
I ragazzi chinarono il capo e ripresero a sistemare i
volumi. Mentre cercava di aggiustare la rilegatura di un antico tomo,
Teddy ripensò alla visione che l'aveva colta nell'ufficio di Gazza.
Si trovava in una grande villa, un luogo che non
conosceva e che somigliava più a Hogwarts che a una casa privata.
Teddy era in piedi davanti a uno specchio che rifletteva
il viso di Delphi invece del suo, eppure la ragazza sapeva di essere
lei. Sbirciò il compagno di punizione, i loro destini erano legati e
non le restava che scoprire in che modo.
Eccomi qui, sono stata velocissima per i miei standard :D Avevo
già pronto questo capitolo, così ho deciso di postarlo...
il correttore ortografico di OpenOffice mi ha abbandonata quindi
sicuramente i refusi aumenteranno, d'ora in poi. Purtroppo non riesco a
risolvere il problema. Attenzione, la parte finale del capitolo
è molto importante, sarà quello che darà l'avvio a
tutto ^^
Al prossimo capitolo!
Fri
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