Spezzarsi, Frammentarsi... Perdersi di Yumeji (/viewuser.php?uid=95601)
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Quando Chuuya vide il numero di quello sgombro apparirgli sullo schermo
del cellulare, fu forte per lui la tentazione di rifiutare la chiamata.
Purtroppo, la sua coscienza, mista al senso pratico,
cominciò a martellargli con fare molesto e seccante contro
le pareti del cranio, facendogli notare che, se Dazai lo contattava,
probabilmente non era solo per infastidirlo. "Probabilmente" si
ripeté mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia
seccata, ancora incerto se rispondergli o meno. "Ma non gli avevo
bloccato il numero?.." si domandò ricordando chiaramente di
averlo fatto, ma non chiedendosi neppure come l'altro avesse fatto a
togliersi dalla sua lista nera della rubrica. "Le vie di Dazai sono
infinite" aveva commentato una volta Mori, in tono allegro e scherzoso,
poiché si trattava di una chiacchierata ufficiosa
tra persone fidate, e con le quali poteva permettersi di perdere la
maschera serie e logica del Boss della PortMafia. Chuuya in
realtà non ricordava come fosse nato il discorso, il vino
era dannatamente ottimo, così pregiato e costoso che neppure
lui, che si riteneva un esperto, era mai riuscito a procurarsene una
bottiglia. Aveva quindi finito per ubriacarsi e non ricordava quasi
nulla, se non rari sprazzi di discorso. Forse era stato proprio lui a
chiedere al Boss il motivo per cui quel idiota di Dazai era considerato
da tutti (e forse un po' anche da Chuuya stesso), un genio
incommensurabile.
- Allora mi vuoi
rispondere o mi vuoi lasciare appeso qui ancora a lungo, Chuuya?
– non erano trascorsi che pochi secondi da quando il
cellulare del rosso aveva cominciato a suonare e lui si era perso nelle
proprie riflessioni, a fissarne lo schermo acceso che evidenziava la
chiamata in arrivo. Sentiva l'irritazione aumentare man mano che la sua
indecisione non si risolveva, lasciandolo bloccato lì come
un perfetto imbecille. Odiava che Dazai lo facesse sentire
costantemente in quel modo. Ancora maggiore però fu la
rabbia che gli salì dalle viscere quando si rese conto di
non essersi solo immaginato quel detestabile chiocciare, con quel tono
superficiale e falsamente allegro.
- Che senso ha
telefonarmi se poi mi spunti alle spalle? – chiuse la
chiamata con eccessiva forza, al punto da incrinare lo schermo del
cellulare. Era sorprendente come, seppur Dazai non gli avesse ancora
fatto nulla, l'istinto omicida che provava nei suoi confronti fosse
appena schizzato alle stelle.
- Oh-oh... ora dovrai
procuratene uno nuovo – finse un senso di stupore Dazai per
poi sogghignare quando l'altro lo fucilò con lo sguardo,
- ME LO DOVRAI
RIPAGARE TU, IDIOTA! – sbatté il pugno sul bancone
del bar, finendo però per colpire di nuovo il suo cellulare,
peggiorandone le condizioni.
- Chuuya, Chuuya,
Chuuya... – sbuffò lui alzando le spalle,
prendendo un fare melodrammatico mentre si sedeva sullo sgabello vuoto
affianco a quello dove prendeva il posto il rosso, – Non
posso certo pagare io per la tua idiozia – gli sorrise
affabile, facendo intanto un cenno al barman che, con movimenti esperti
e veloci, lo servì in pochi attimi. "Il signor barman non
dimentica mai una faccia" sorrise all'uomo dall'espressione fredda ed
austera, da cui era impossibile carpirne i pensieri, persino la barba
grigia era la stessa dell'ultima volta che era stato lì,
ormai quasi cinque anni prima. E nonostante vi fosse venuto quell'unica
volta, l'uomo ricordava perfettamente la sua ordinazione di allora.
Quella che gli aveva appena servito.
- Sei venuto qui solo
per molestarmi? O oltre ai tentativi di suicidio hai preso pure
l'abitudine di fare da stalker alle tue vecchie conoscenze? –
lo continuava a fissare con uno sguardo colmo d'astio l'ex-partner,
appoggiato ora con un gomito al bancone, in parte voltato verso di lui
mentre sorseggiava la propria ordinazione, un vino rosso presentato in
un calice colmo per due quarti. E di cui Dazai poteva indovinare la
qualità e l'annata solo dal profumo.
- Semmai dovessi
spiare qualcuno per diletto allora sarebbe di certo una bella signorina
a cui chiederei poi di compiere un doppio suicidio con me –
sbuffò fingendo un'aria offesa, "come se ci fosse il bisogno
di seguirti per sapere dove cercarti" pensò riservandogli
uno sguardo di sufficienza.
Un giorno la sua
abitualità lo avrebbe potuto portare alla morte,
osservò mentre l'altro finiva di svuotare il bicchiere.
Tutti quelli che lo conoscevano almeno un po' sapevano che, nel tardo
pomeriggio del suo giorno libero, Chuuya era solito recarsi a quel pub,
piuttosto piccolo all'interno e abbastanza anonimo all'esterno, dalla
luce soffusa che ricreava una sorta di intimità, ma che in
realtà nascondeva ben altro. Il barman, con le sue spalle
larghe e il fare rigido, nonostante le mani abili, era un informatore
eccezionale, il migliore a cui Chuuya potesse rivolgersi. Ovviamente,
persino nella PortMafia erano in pochi a sapere che il motivo per cui
il rosso si recava lì, tanto assiduamente, era per ricevere
informazioni e mettere in giro voci fasulle. Dazai considerava quello
zietto un simpaticone, per quanto non gli avesse mai visto cambiare
espressione, l'aveva incontrato una sola volta eppure lo aveva
già preso in simpatia. Nonostante non ne capisse neppure lui
il motivo, aveva già i propri contatti e di lui non aveva
mai usufruito.
- Comunque no...
– sbuffò infine Dazai, ammettendo il motivo per
cui gli si era avvicinato, - Non sono qui per piacere, soprattutto
perché, trattandosi di te, non è mai un piacere
–
- E' un sentimento
ricambiato, fidati... – schioccò la lingua Chuuya,
seccato dall'altro sino al punto che si tratteneva per poco da estrarre
il coltello e puntarglielo alla gola, - Allora perché sei
qui a rovinare la giornata ad entrambi? – insistette usando
sempre quel tono sgarbato, sperando di rendergli chiaro il concetto che
doveva sparire al più presto dalla sua vista.
- Sei già
stato informato dell'attacco al porto di sta mattina, vero? –
si fece di colpo serio Dazai, smettendola con i giochetti giusto per
punzecchiarlo. Chuuya annuì, appoggiando il calice vuoto sul
bancone, facendo segno al barman che non serviva riempirlo per il
momento,
- Sì, per
quanto non fosse un punto di nostro interesse siamo stati informati,
anche se sarebbe stato difficile non notare il fumo e le fiamme
– confermò ciò che l'altro sapeva, -
Allora sono vere le voci che tu sia invischiato, eh? Cos'è
sei inciampato per sbaglio in un covo di Ratti? – lo derise
con fare velenoso, un sorriso pungente sulle labbra.
- Non fingere di non
sapere perché i Ratti vogliono farmi la pelle, Chuuya
– cinguettò tornando per un momento a quell'aria
superficiale e allegra con cui era solito nascondere il proprio istinto
omicida e la sue reali intenzioni. - Piuttosto, sai che uno dei vostri
è stato coinvolto? – mantenne il sorriso affabile,
gongolando internamente nel vedere la reazione di stupore dell'altro
che, seppur appena percettibile, per un istante gli
attraversò lo sguardo.
Non nascondendo un certo disagio, Chuuya si gratto la nuca, le labbra
che si stendevano in una smorfia nervosa,
- Akutagawa, vero?..
– si portò una mano al viso con fare esasperato. -
Higuchi era tornata alla base senza di lui e incapace di dare una
spiegazione plausibile per la sua assenza. Nessuno però ha
indagato visto che comunque avevano concluso la loro missione senza
inconvenienti, e perché si sa com'è fatto
Akutagawa – alzò le spalle colmo di rassegnazione.
- Mori ha deciso di
dare più corda al suo guinzaglio? –
intuì Dazai, notando che a Chuuya mancava il tono di
rimprovero con cui era solito riprendere le mancanze del corvino, segno
che probabilmente dall'alto era stata concessa una certa liberta ai
movimenti del Cane rabbioso della PortMafia.
- Visto chi
è stato il suo mentore, spero solo che non ci si impicchi
– sbuffò Chuuya un poco amareggiato, se Akutagawa
era finito nelle mani dell'agenzia com'era accaduto con la sorellona
Ozaki qualche tempo prima, forse Dazai era venuto da lui per accordarsi
sul suo rilascio? Certo, Akutagawa non era un ostaggio prezioso come la
sorellona, però perderlo non era nelle intenzioni della
PortMafia, né alla fine aveva fatto qualcosa per meritarsi
di essere abbandonato da essa (per quanto una volta si fossero
divertiti a far prendere uno spavento ad Higuchi dicendole il
contrario, ma si trattavava solo di un espediente per metterla alla
prova). Era un uomo della PortMafia, e anche ammettendo che Chuuya non
approvasse del tutto il suo modo di agire, avrebbe comunque fatto quel
che andava fatto per riscattarlo e liberarlo. Come membro esecutivo era
suo dovere farlo e Dazai sapeva che, quando si trattava dei propri
uomini, Chuuya aveva un senso del dovere tale da vincolarlo,
obbligandolo a fare qualcosa.
- Allora, immagino che
ora mi dirai che le ferite riportate da Akutagawa nello scontro erano
tali da impedirgli di muoversi e tu sei stato così magnanimo
da raccoglierlo e portarlo all'agenzia per prestargli le prime cure, e
adesso lui si trova lì – cercò di
arrivare al punto il rosso, stringendo il pugno nel tentativo di
trattenersi ed esplodere, odiava essere così prevedibile
agli occhi di Dazai.
- Fuochino –
gli fece segno lui per dirgli che, di un poco, si è
avvicinato alla realtà, - Vero che ora Akutagawa
è all'agenzia; vero anche che l'ho portato lì per
sottoporlo ad una visita medica, ma assolutamente inesatta la parte in
cui Akutagawa non sarebbe stato in grado di muoversi. Il suo corpo non
ha subito ferite tali da paralizzarlo e, anzi, è arrivato
all'agenzia sulle proprie gambe – gli elencò i
fatti cinguettando allegro, come se ne fosse
divertito.
- E perché
ti avrebbe seguito all'agenzia se non era ferito? -
sbottò Chuuya, irritato dal suo atteggiamento, - Che
è successo Dazai? –
- Uff... come sei
nervoso - sbuffò, già stanco dell'atteggiamento
iroso e squillante del altro, - Non ho detto che non fosse ferito ma...
– fece un gesto con la mano come se gli sfuggissero le
parole, - Ecco diciamo che, in sostanza, il suo corpo sta bene
è però il suo stato mentale ad essere
preoccupante – non seppe dargli una spiegazione
soddisfacente, tenendosi sul vago.
- Aspetta...- il
cervello di Chuuya accantonò per un momento la questione
delle condizioni del ragazzo, per quanto la riservatezza che Dazai gli
mostrava sull'argomento lo mettesse in allarme. C'era un'altra cosa che
gli premeva sapere, un dubbio che ora gli squillava nelle orecchie
simile al trillo di un campanello. – Non mi hai ancora
spiegato come ha fatto Akutagawa ad essere coinvolto nello scontro - lo
fissava con uno sguardo sospettoso e vagamente seccato, stava finendo
coinvolto in uno dei suoi soliti giochetti, lo sapeva.
- Si è
spontaneamente gettato nella mischia... – chiocciò
candidamente Dazai, riservando per un momento un'occhiata al barman,
che al momento si stava occupando di pulire i bicchieri, chiedendosi
perché a pelle lo avesse trovato un uomo simpatico.
- Senza che "qualcuno"
lo istigasse, dandogli magari una piccola spintarella? –
- Nessuno
può avergli dato un incentivo – manteneva la sua
sorridente faccia da poker,
- Osamu "Ulisse"
Dazai! – sbatte con violenza il pugno sul bacone, - Hai di
nuovo manipolato quel ragazzo?! –
sbottò.
- Io manipolo chiunque
Chuuya, lo sai – alzò le spalle con fare
drammatico, - Non ammetto nulla ma, se avesse potuto essere utile per i
miei scopi, avrei potuto coinvolgerlo nei miei piani sfruttando
l'influenza che ho mantenuto su di lui –
- Quindi, qualunque
cosa gli sia accaduta è colpa tua! - ringhiò
Chuuya, sentendosi sempre più frustrato man a mano che
continuavano a discutere. Parlare con Dazai si rivelava sempre un
impresa.
- E' comunque adulto,
quindi non vedo il motivo per cui ti scandalizzi tanto – a
quell'affermazione il rosso alzò gli occhi al cielo, come se
la sua età contasse qualcosa.
- Perché
non mi racconti cosa è esattamente accaduto? Questo girarci
attorno comincia a darmi sui nervi – lo incitò
sospirando stanco.
Kunikida
fissò con uno sguardo esterrefatto la scena che gli si
presentava davanti. Era uscito per massimo trenta minuti, il tempo per
fare una commissione per il capo, passare dal minimarket per comprare
vari snack per Ranpo e alcolici per Yosano ed era subito tornato
lì.
Perché non
appena si allontanava doveva sempre accadere qualcosa? Avvertiva
già un principio di mal di testa premergli contro la base
del cranio e una smorfia gli piegava già le labbra, pronto
per pronunciare quel nome tanto detestabile e che sapeva essere fonte
di tutti i suoi guai.
- Guarda che finirai
per diventare calvo se sei sempre così stressato, Kunikida
– gli disse Ranpo con voce annoiata mentre saltava
giù dalla propria scrivania, in cima alla quale era seduto,
probabilmente in sua attesa, - Hai preso quello che dovevi? - gli si
avvicinò rubandogli il sacchetto pieno di dolci senza che
l'altro avesse il tempo di reagire.
- Che... che sta
succedendo? - riuscì a trattenersi dall'esplodere il biondo,
lo preoccupava la prospettiva di perdere i capelli,
- Ah, nulla di che...
un attacco di amnesia, si spera momentanea - tornò a sedersi
l'impareggiabile detective mentre recuperava uno spuntino dal sacchetto
di plastica,
- Dazai? -
sospirò Kunikida,
- Sì,
centra qualcosa, ma non era di certo sua intenzione –
sentenziò, più interessato ad aprire le proprie
patatine che alla situazione che si era venuta a creare.
- Ed è qui
perché? - insistette ad interrogarlo l'occhialuto,
poiché sembrava essere l'unico disposto a spiegargli la
situazione, e probabilmente solo perché aveva appena
rifornito la sua riserva di snack.
- Ha voluto farlo
visitare da Yosano – non volle divagare mentre si riempiva la
bocca di schifezze varie,
- E la diagnosi
è...- cominciava ad irritarlo dover faticare tanto per avere
una qualche risposta più completa. Ranpo però,
invece di parlare, lo fissò con un lungo momento, con quel
suo sguardo eternamente socchiuso, e Kunikida ebbe la sensazione di
essere appena stato considerato un idiota. - Capito -
sospirò, - La diagnosi è amnesia, giusto? -
- Risposta esatta! -
si complimentò con lui in tono infantile il super detective
mentre, rimanendo seduto in cima alla scrivania, allungava la mano per
dargli una pacca in cima alla testa. - Good boy – e gli
cedette una patatina come premio,
- NON SONO UN CANE! -
sbottò a quel punto Kunikida, incapace di digerirlo oltre,
per poi sbuffare stanco, recuperando il controllo. - Comunque,
ciò che intendevo era da cosa era causata questa "amnesia" -
l'apostrofò poiché gli sembrava una situazione
troppo bizzarra per essere vera.
- Uhmm...- sembrava
sempre più concentrato sulla propria merenda che su di lui
Ranpo, - Yosano ha detto che non c'erano danni tali da poter provocare
un amnesia, però ha supposto si potesse trattare di uno
stato temporaneo causato da uno shock, un po' di riposo e dovrebbe
tornare in se – gli spiegò sbuffando, trovandosi
ad usufruire di più parole di quanto volesse.
- Io però non credo sia così semplice –
le labbra del biondo occhialuto si piegarono istintivamente in una
smorfia alle sue parole, le intuizioni dell'altro erano sempre esatte,
non c'erano possibilità che si stesse sbagliando.
- E cosa credi allora?
- osò fargli una simile domanda e un quel punto un sorriso
felino si dipinse sul viso del geniale detective,
- Potrebbe trattarsi
di una qualche abilità che ha effetto su di lui -
- Ma se lo fosse non
sarebbe bastato Dazai per fargli tornare la memoria? -
obbiettò giustamente, provocando un espressione gongolante
da parte del altro.
- Dipende -
schioccò la lingua divertito, facendo il misterioso tanto
per giocare un po', tronfio del proprio sapere, - Sai come sono le
abilità, non ce ne è una uguale all'altra e,
oltre ai loro effetti, anche il loro funzionamento cambia -
- Quindi sarebbe
un'abilità che Dazai non può annullare? -
Kunikida si sentiva lasciato indietro dal suo ragionamento e sapeva
essere proprio quell'obbiettivo di Ranpo, adorva far sentire gli altri
stupidi di fronte alla sua genialità.
- Non c'è
abilità che l'Inclassificato non può
annullare...- ribatté sogghignando ammirando con
fare scrupoloso una patatina, come se in essa vi trovasse delle
fattezze familiari, prima di portarsela alle labbra, - Semplicemente
non è Akutagawa la persona che Dazai deve toccare, ma chi
agisce su di lui, quindi l'utilizzatore dell'abilità -
Kunikida
sbuffò, prendendosi stanco la fronte con una mano, quindi se
si trattava davvero di un utilizzatore dovevano prima di tutto trovarlo
per risolvere la faccenda, e non aveva alcuna intenzione di fare degli
straordinari per qualcosa che, aveva già deciso,
essere colpa di Dazai.
- Dove sono Naomi e
Tanizaki? Non dovrebbero essere qui? - volle cambiare discorso,
- Sai
com'è... - alzò le spalle Ranpo come se la
giudicasse una cosa di poca importanza, - L'ultima volta che si sono
visti non era andata troppo bene -
- E dov'è
Dazai in tutto questo? - schioccò la lingua con fare
irritato incrociando le braccia al petto, seccato ed esasperato da
quella piattola spreca-bende.
- Non l'ha detto, ma
immagino sia andato da un suo contatto nella PortMafia per informarlo
della situazione - finì di svuotare il sacchetto di patatine
e si preparò a recuperare un altro snack, - Quando
tornerà avrà già deciso come muoversi
-
- Aspetta...- ebbe un
brivido che gli diede una pessima sensazione, - Cosa intendi? -
- Il capo gli ha dato
il via libera, quindi ora "quello" - incrociò le braccia
dietro la testa, stiracchiandosi un poco, simile ad un gatto, -
… è un problema suo -
- Dazai si
è fatto carico della situazione di sua spontanea
volontà? - "un lavativo come lui?" aggiunse mentalmente.
- Non proprio... -
piegò le labbra in un'espressione annoiata Ranpo, trovava
superfluo tutto quel parlare di cose per cui non aveva il minimo
interesse, - Credo Atsushi abbia piagnucolato un po' sentendosi in
colpa per l'accaduto -
- E questo
lo avrebbe convinto? - se era così facile piegarlo, allora
Kunikida avrebbe potuto sfruttare Atsushi per convincere Dazai a fare
il proprio dovere.
- No, ma a quanto pare
Akutagawa gli serve e, la condizione in cui si trova ora, non lo aiuta
–
- Ah, ecco...- "Come
se potesse diventare d'improvviso una brava persona" si disse tra se e
se pensando che, se mai fosse accaduto, quello sarebbe stato pure il
giorno in cui il mondo sarebbe finito.
Nel mentre Atsushi
fissava con un misto di colpevole curiosità i due detective
più grandi che discutevano, consapevole di essere il fulcro
della loro conversazione e di come, assieme a lui, lo fosse pure
Akutagawa. Aveva fatto sedere il corvino su una sedia posta vicino alla
finestra, in modo che il suo viso fosse illuminato dalla luce. Si stava
preoccupando di medicarlo, disinfettandogli il viso con dei batuffoli
di cotone e dell'alcool, aveva riportato dei tagli un po' su tutta la
faccia e doveva controllare che qualche scheggia non vi fosse rimasta
incastrata. Probabilmente se li era procurati quando erano stati
scagliati contro quelle casse di legno durate la lotta, "se solo non
fossi svenuto" rifletteva colpevolizzandosi per l'accaduto,
autocommiserandosi come al suo solito.
- Brucia?..-
domandò al corvino cercando di sorridergli, pur consapevole
che il proprio era un sorriso forzato. Si stava occupando
così di lui perché Yosano gli aveva affidato quel
compito, ma non poteva evitarsi di provare un certo disagio per una
simile situazione.
Gli dava un senso di
stranezza avere a che fare con un Akutagawa ridotto in quelle
condizioni, soprattutto perché era abituato a percepire una
sorta di pericolo ogni qual volta lo avvertisse nei paraggi. Ora
però dal corvino non sentiva arrivare niente, era come se
non fosse lui, quasi non esistesse. Il suo stesso sguardo color nero
pece: aperto, rilassato e non reso aguzzo da una qualche minaccia di
morte; non pareva più quello con cui si era abituato a
conoscerlo, privo della solita furia latente che celava.
- Non tanto... - gli
rispose tenendo gli occhi bassi a fissare il pavimento, era sulle spine
e Atsushi dubitava che avesse capito qualchecosa degli ultimi
avvenimenti, sembrava confuso e un poco impaurito. Vederlo in quelle
condizioni gli procurava emozioni contrastanti, da un parte non poteva
dimenticare che si trattava di Akutagawa, l'odiato, violento,
insopportabile Akutagawa; Dall'altra non poteva non sentire una certa
compassione nascere in lui, non riusciva ad immaginare come si potesse
sentire. Risvegliarsi in un mondo in cui tutti ti erano sconosciuti e
in cui non ti era neppure concesso ricordare il proprio nome doveva
essere terribile. Per quanto Atsushi portasse sulle spalle un passato
tutt'altro che facile, non avrebbe mai voluto provare ciò
che era toccato al altro. - Ehm, grazie... - aggiunse titubante
Akutagawa, esitando un momento prima di continuare, - Nakajima,
giusto?- gli chiese guardandolo con una leggera preoccupazione sul
volto quando l'altro parve irrigidirsi alle sue parole. I muscoli di
Atsushi parevano essersi tramutati in pietra, quasi fosse appena stato
colpito da un masso, il viso di un cerbiatto accecato dai fari di
un'automobile. - Tutto bene? - gli domandò mostrandosi
apprensivo, e l'altro dovette reprimere la commozione, era la prima
volta che lo chiamava in maniera normale e non con il solito soprannome
"Jinko" che, sulle sue labbra, aveva sempre un suono
dispregiativo.
- Tutto bene -
annuì lui, continuando a tamponargli gli ultimi graffi che
aveva sul viso,
- Ma... stai
piangendo? –
- E' allergia! -
negò l'evidenza tirando su rumorosamente con il naso, era il
primo ad usarne il cognome per rivolgersi a lui. Non era pronto
psicologicamente. - Comunque, sei più grande di me di due
anni, non serve che usi l'onorifico – volle specificare,
sentendosi onorato ma allo stesso tempo in imbarazzo, si trattava pur
sempre di un suo nemico.
- Quindi, come dovrei
chiamarti? – esitò di nuovo, - Atsushi? -
- No! Così
è anche peggio! - se avesse cominciato a chiamarlo
per nome (come in realtà facevano già tutti
poiché era il più giovane del gruppo), sarebbero
sembrati amici e la cosa si sarebbe fatta ancora più strana.
- Chi-chiamami solo Nakajima, senza onorifico, okay? - trovò
il compromesso più adatto mentre il corvino annuiva,
accettandone la proposta, non meno confuso dal suo comportamento. "Che
genere di rapporto avevamo?" non poteva far a meno di chiedersi,
avvertendo un nodo di malinconia a premergli sulla gola, rendendogli
difficile deglutire o anche solo respirare. Non era particolarmente
spaventato dalla situazione, e questa la riteneva già una
stranezza. Una persona normale non sarebbe stata terrorizzata nel
svegliarsi con una tale amnesia da non ricordare neppure il proprio
nome? Perché lui invece non sentiva nulla se non un senso di
confusione e quella sottile malinconia? C'era una stretta al cuore e un
vuoto interiore che non riusciva a spiegarsi. Si sentiva un poco
abbattuto, ma niente di più.
- Potresti ripetermi
il mio nome? - gli domandò fissandolo con aria colpevole,
sentendosi un poco idiota nel averlo dimenticato ancora, doveva essere
come minimo la quarta volta che glielo chiedeva, ma non riusciva
proprio ad entrargli in testa. Non lo sentiva proprio, ma non dubitava
fosse il suo o che qualcuno stesse cercando di ingannarlo.
Già ad una prima occhiata gli era palese che, qualcuno come
Atsushi, non fosse in grado di mentire, non in maniera convincente
almeno.
- Akutagawa Ryūnosuke,
è questo – il corvino non poteva far a meno di
notare come l'altro sembrasse imbarazzato a dire il suo nome e, visto
come poco prima si era trovato in difficoltà quando era
stato lui a chiamarlo, si chiedeva come si rivolgessero tra loro di
solito. Atsushi non sembrava abituato ad essere chiamato per cognome,
quindi non lo interpellava neppure in quel modo.
- Akutagawa...-
ripeté lentamente tentando di imprimerselo per bene nella
testa, sentendo però quel nome svanire pian piano
così come la sua voce sfumava,
- Tranquillo, Dazai
penserà a qualcosa - tentò di rassicurarlo
Atsushi, forse intuendo le sue difficoltà. In risposta
però il corvino gli rivolse uno sguardo colmo di
scetticismo.
- Quello sembrava una
persona sospetta - commentò con voce piatta, - Ci si
può davvero fidare?– lo interrogò,
- M-ma certo che
sì! – il ragazzo mannaro sapeva di non risultare
molto convincente con il sorriso tirato e la voce tremante, - E' vero
che Dazai è un tipo sospetto... però si
può avere piena fiducia in lui - provò a prendere
un tono più convincente, - Sì, ecco.
Più o meno – ma cadde di nuovo nell'incertezza
mentre si grattava la guancia con fare nervoso. "E' affidabile quando
non si ricorda quale sia il suo hobby preferito" si corresse
mentalmente, pensando che non fosse il momento migliore per rivelare
che "quello spreco di bende ambulante fissato con il suicidio", era
l'ex mentore del corvino con cui aveva un rapporto d'ammirazione/odio
non del tutto chiarito.
- Atsushi –
lo chiamò di colpo Kunikida che, con un gesto della mano,
gli fece segno di avvicinarsi, - Dobbiamo parlare –
aggiunse le due parole che nel linguaggio universale stavano
a significare "sei nei guai", e per cui il ragazzo, cercando lo sguardo
del più grande dietro le lenti degli occhiali, si
sentì rabbrividire pensando di ricevere una bella lavata di
capo.
- Hai sempre
quell'aria da animaletto spaventato... sei patetico –
sbuffò Akutagawa inclinando un po' il capo con aria seccata
mentre si batteva con l'indice sulla tempia, per un momento parve il
solito cane rabbioso della portmafia, ma un istante dopo il suo sguardo
si spalancava dallo stupore, colmo di meraviglia. - Non so
perché l'ho detto – ammise reclinando il capo in
avanti, nascondendo il viso,
- N-non preoccuparti
– cercò di rassicurarlo Atsushi, altrettanto
stupito dal suo repentino mutamento, ma in parte anche rincuorato (per
quanto non ne capisse il motivo), per aver ritrovato l'Akutagawa che
conosceva in quelle spoglie all'apparenza così fragili.
- Atsushi! –
insistette a chiamarlo Kunikida, visibilmente irritato dal fatto che
stesse esitando a raggiungerlo.
- A-arrivo!
– fece per andare, ma si sentì tirare, trattenuto
per il polso dal corvino, il quale intanto si obbligava a fissare con
ostinazione il pavimento, probabilmente imbarazzato per il proprio
gesto e per cui lasciò quasi subito la presa su di lui senza
scambiare uno sguardo.
Atsushi
avvertì, dall'altra parte del ufficio, la pazienza di
Kunikida arrivare al limite e dovette far forza su se stesso per
ignorare il senso di tenerezza che Akutagawa gli aveva appena trasmesso
e voltargli le spalle. Doveva ricordarsi che era un mafioso
pluriomicida, non poteva mostrarsi addolcito con lui solo
perché era in quello stato, poiché quel che era
in quel momento non cancellava ciò che era. "Due pesi, due
misure Atsushi?" avvertì la voce di Dazai parlargli nel
cervello, e la cosa lo preoccupo non poco, "E la piccola Kyouka,
allora?" sentì la voce prendersi gioco di lui e della sua
ingenuità. "Visto che è carina le si
può perdonare tutto?"
"KYOUKA E' DIVERSA!"
replicò con forza Atsushi nella propria testa, per sedare la
voce, senza accorgersi che, esternamente, aveva stretto i pugni con una
tale forza da farsi male e la sua espressione aveva preso una piega
spaventosa. "LEI E' STATA COSTRETTA A FARLO"
"Tutti sono costretti
a farlo, all'inizio. Il fatto è questo, piccolo Atsushi:
nella vita o ti adatti o muori" lo punse con la sua gelida ed
ineccepibile logica la voce, facendo scendere su di lui un senso di
gelo.
- Atsushi, tutto bene?
– la voce di Kunikida lo strappò ai suoi pensieri
facendolo sussultare, non si era accorto di aver già
percorso tutto l'ufficio e di essergli ora davanti. I due detective lo
fissavano con aria curiosa, e se il biondo occhialuto pareva confuso,
il sorriso mellifluo dipintosi sul viso di Ranpo gli diceva che,
sicuramente, aveva già intuito quali fantasie lo
disturbassero.
- S-sì
– Atsushi cominciò a notare che quel giorno
balbettava fin troppo anche per i suoi canoni, cercò di
darsi un tono schiarendosi la voce, - Sì, mi stavo solo
chiedendo quanto tempo ci vorrà prima che Dazai trovi una
soluzione a questo pasticcio – fece senza più
tremare, seppur i suoi occhi non nascondessero un senso di dispiacere
misto a colpevolezza per quella situazione.
- Non fare quella
faccia – lo rimproverò a quel punto Ranpo,
interrompendo Kunikida che pareva stesse per parlare, - Infondo avete
cercato più volte di eliminarvi a vicenda, se anche la sua
amnesia fosse colpa tua non dovrebbe importarti, giusto? –
gli fece notare con il suo solito modo infantile, mentre si
stiracchiava ancora con uno sbadiglio, incrociando le braccia dietro la
testa.
- Giusto –
convenne Atsushi, seppur esitante, sapeva di non doversi sentire
così in ansia per Akutagawa e le sue condizioni. Eppure...
- Tu comunque non
dovresti colpevolizzarti per principio – si
sistemò gli occhiali Kunikida mantenendo un tono freddo e
severo, ad un passo dalla rabbia isterica con cui era solito sfogare i
suoi malumori. – E' ovvio che sia tutta colpa di Dazai
– probabilmente si stava trattenendo solo per poterla
riversare sul giusto colpevole. Era un ex professore e non poteva non
vedeva in Atsushi qualcuno da istruire e proteggere. – Ranpo
mi ha raccontato a grandi linee cosa sia accaduto – gli disse
sbuffando, afferrandosi la radice del naso sentendo già
arrivare un principio di mal di testa, - Perché nessuno mi
aveva informato che l'incarico al magazzino era solo una copertura?
– borbottò tra se e se, evitando per un soffio che
gli scoppiassero i nervi.
- M-mi dispiace?
– non sapeva esattamente come rispondergli il ragazzo,
poiché neppure lui ne era a conoscenza prima di trovarsene
già coinvolto,
- Non sei tu che ti
dovresti scusare – sospirò il biondo affranto,
temendo che ben presto la calvizie lo avrebbe colto se avesse
continuato ad avere un partner come Dazai. – Siete stati
attaccati da un gruppo di Ratti, giusto? Durante lo scontro cosa stava
facendo Dazai? – Ranpo si era annoiato presto a dargli delle
spiegazioni e aveva tralasciato certi particolari,
- Ecco... sul momento
non lo sapevo, ma dopo Dazai mi ha detto che, mentre io e Akutagawa
eravamo impegnati a distrarre i Ratti, lui è andato ad
occuparsi della loro base stanziata sotto al porto –
- Questo spiega la
seconda esplosione – disse afferrandosi con fare pensieroso
il mento con una mano, i disordini avvenuti al porto non erano un
mistero per nessuno. In meno di due ore la notizia si era sparsa
già per tutta Yokohama con il segreto timore che si stessero
nuovamente realizzando gli eventi di soli pochi anni prima. Una paura
nata pure in Kunikida mentre udiva quella voce appena sussurrata per
strada, scoprire che la causa di tutto quel trambusto invece di un
gruppo terroristico era semplicemente Dazai, in parte lo aveva
rincuorato. Non per questo però era meno furioso con lui.
Causare incendi ed esplosioni al porto? Ma cosa aveva in testa quel
inutile spreco di bende e d'ossigeno?! - Tsk... –
schioccò con fare seccato la lingua, mentre si sistemava gli
occhiali, aveva l'esigenza di sbraitare contro al suo partner, ma lui
sembrava essersi volatilizzato, - Vista la gravità della
situazione e dei danni che si sono creati, e vista l'assenza di Dazai
– sottolineò quell'ultima parte della frase con
tono pesante ed iroso, - ... toccherà a te stipulare un
rapporto, Atsushi –
- A me?..- lo sguardo
del ragazzo si spalancò colmo di una timorosa meraviglia,
non gli sembrava il momento più adatto per pensare alle
scartoffie.
- Sì, a te
– ripeté Kunikida, - Ti ho già mostrato
come si faceva, ricordi? –
- Sii, certo
– aveva il tono esitante di quando si trovava in difficolta e
l'espressione colpevole di chi cerca una via di fuga per sottrarsi a
qualcosa che non ha per nulla voglia di fare. – Al momento
però dovrei occuparmi di Akutagawa, quindi... non
è che potrei farlo più tardi? –
tentò di procrastinare, trovandosi così a
ricevere in risposta uno sguardo luciferino da Kunikida, - Lo... lo
faccio subito – si sentì di colpo piccolissimo di
fronte alla furia a malapena trattenuta dal biondo.
- Bravo ragazzo
– convenne a quel punto Doppo, sistemandosi per l'ennesima
volta gli occhiali, - In più non mi sembra che al momento
Akutagawa abbia bisogno di un qualche controllo particolare –
aggiunse volgendo lo sguardo al corvino, il quale aveva in
realtà sempre tenuto sott'occhio durante la loro
conversazione non fidandosi di lui. Per tutto il tempo però
Akutagawa non aveva fatto nulla, si era limitato a guardare fuori dalla
finestra con aria assorta, senza alzarsi dalla sedie dove Atsushi
l'aveva lasciato, né provando ad origliare le loro parole.
- Non che non mi fidi
della diagnosi di Yosano, ma siamo certi che si tratti di amnesia e non
stia semplicemente fingendo? - espose apertamente il suo dubbio
Kunikida, chiedendo con lo sguardo l'opinione del ragazzo dai capelli
bianchi, il quale era tra loro, dopo Dazai, quello che conosceva meglio
il possessore di Rashomon.
- Mi chiama
“Nakajima", e senza dover trattenere una risata o un insulto,
DEVE essere amnesia – Atsushi ammetteva con se stesso che,
nella sua ingenuità, neppure per un istante aveva pensato
che l'altro potesse fingere. Per come lo conosceva non credeva
possibile per il corvino recitare tanto allungo e così bene,
soprattutto se di fronte a Dazai o dovendo dire cose imbarazzanti come
il nome di Atsushi o nel chiedere il proprio.
"Ho fame..." si
trovava intanto a sospirare Akutagawa, avvertendo un certo languore
allo stomaco accentuato dalla noia di essere stato abbandonato a se
stesso. Cominciava a stancarsi della situazione, e iniziava sul serio a
chiedersi che tipo di persona fosse. "Vorrei saperl-.."
Una fitta
al cervello gli impedì di indagare oltre su se stesso,
un'emicrania debilitante lo colpì, provocandogli una forte
nausea e facendogli trovare insopportabile, dolorosa, anche solo la
luce del sole che penetrava dalla finestra da cui aveva osservato
l'esterno sino a quel punto.
Si sentì
cadere, scivolare a terra mentre cercava riparo dalla luce e dai rumori
che lo circondavano. Prima non aveva neppure notato il suono delle
automobili che percorrevano la strada sottostante, ora invece erano
rumori assordanti, capaci di provocagli una sofferenza tale da fargli
credere che orecchie e cervello fossero sul punto di sanguinargli dal
dolore.
Finì
carponi sul pavimento, la sedia ribaltata su un lato, lo sguardo
spalancato, straziato da quel malessere di cui non gli era chiara la
causa. Si afferrò il collo, prendendo a tossire, qualcosa
aveva cominciato a raschiare nella sua gola, rendendogli impossibile
deglutire e riempiendogli la bocca con un sapore disgustoso, simile
alla bile mescolata al ferro, il quale andò ad aumentare il
suo senso di nausea. I conati lo assalirono mentre ai lati de sui occhi
si erano formate un serie di lacrime che presto gli bagnarono le
guance. Tentò di tapparsi la bocca continuando a tossire,
sentendosi soffocare dalla saliva che aveva preso a riempirgli la gola
andando nei polmoni, non era in grado di deglutirla.
Non riusciva a respirare.
- Akutagawa! -
urlò Atsushi, notando il suo malessere e correndogli subito
affianco, pareva sul punto di chinarsi per sostenerlo, ma all'ultimo
qualcosa lo fermò, l'espressione sempre preoccupata ma
esitante. Non sembrava sapere come doveva comportarsi.
Ryunosuke
alzò il viso, cercando ancora di trattenere i conati e i
colpì di tosse, lo sguardo reso lucido dalle lacrime mentre
incrociava gli occhi dell'altro ragazzo, il quale parve spalancarli
ancor di più dalla sorpresa, rendendo maggiormente evidente
la strana colorazione delle sue iridi.
"Ma di che colore
sono?" si chiese Akutagawa incapace di pensare lucidamente, sentendo le
testa farsi di colpo leggera mentre una serie di parole, di cui non
coglieva il senso, usciva dalla bocca di Atsushi. Erano probabilmente
frasi rivolte a lui, ma gli suonavano solo come un fastidioso rumore
indefinito, del tutto incomprensibili.
Sofferente,
avvertì le palpebre farsi pesanti, i polmoni del tutto
svuotati dall'aria come quando si riceveva un brutto colpo allo
stomaco. La tosse finalmente gli diede tregua.
- Akutagawa...- lo
chiamò di nuovo Atsushi, afferrandolo prima che scivolasse
lungo disteso per terra. Con sua sorpresa lo trovò ancora
cosciente ad afferrarsi alla sua camicia con forza, come indeciso se
allontanarlo o reggersi a lui. Le palpebre sembravano ricadere simili a
macigni sugli occhi del corvino, il quale lottava per rimanere presente
a se stesso, il corpo scosso da un leggero tremito mentre respirava
affannosamente, cercando di incamerare quanta più aria gli
fosse possibile dopo quel senso di soffocamento che lo aveva assalito.
Cosa significava un
simile attacco? Per lui era normale? Soffriva di qualche malessere? Un
senso d'angoscia e paura fece scendere il gelo nelle viscere di
Ryunosuke e ad Atsushi parve sentire la sua temperatura corporea calare
vertiginosamente, avendolo attaccato a se, ma forse era solo
un'impressione o il sudore freddo di cui si era ricoperta la pelle
dell'altro.
Il senso di vuoto che
lo aveva riempito sino a poco prima ora lo tormentava, si era sentito
apatico, incapace di reagire all'oblio causatogli da quella amnesia,
forse anche a causa dello shock di non avere nessun ricordo di se
stesso. Quell'improvviso attacco però gli aveva dato una
svegliata, rendendolo consapevole di quanto grave fosse una simile
mancanza. Non sapeva nulla di chi fosse e non poteva darsi una
spiegazione di cosa gli fosse accaduto.
- Mi... mi succede
spesso? - balbettò, trovandosi ancora aggrappato ad Atsushi,
sentendo l'esigenza di spingerlo via, trovando spiacevole una simile
vicinanza, ma allo stesso tempo consapevole di non essere in grado di
reggersi senza il suo aiuto, sentendosi ancora in bilico tra coscienza
e incoscienza.
- No... insomma, non
credo – si trovò impreparato a rispondergli
Atsushi, lo aveva visto preda di qualche attacco di tosse, ma nulla di
ché. Per quanto potessero essere fastidiosi si trattava
comunque di un problemi gestibili, era la prima volta che lo vedeva
preda di un attacco tanto serio. Non pensava fosse normale,
però non poteva esserne certo. Non erano tanto intimi, non
si conosceva da molto. In più non poteva togliere che
ciò fosse stato causato da delle ferite riportate da
Akutagawa durante l'ultimo scontro, anche se in realtà
Yosano aveva riscontrato solo escoriazioni superficiali.
- Hai sempre qualche
eccesso di tosse, ma di solito nulla più -
continuò avvertendo poi la presa di Akutagawa allentarsi e
la testa abbandonarsi contro il suo petto, - Akuta..- si morse la
lingua rendendosi conto che era svenuto.
Nell'oblio
dell'incoscienza Akutagawa si trovò perso in
un'oscurità senza fine, mentre l'agonia dell'ignoranza
riguardante se stesso gli stringeva i polsi e gambe, impedendogli di
muoversi, di reagire. Si sentiva appesantito e spinto in un pozzo ancor
più profondo e tenebroso.
"Voglio sapere chi
sono..." Pensò mentre i suoi pensieri defluivano verso
l'alto in quell'oscurità, simili a bolle d'aria che
risalivano verso la superficie. Non riusciva a pensare con coerenza,
come se ci fosse qualcosa ad impedirgli di farlo, di fissare le sue
fantasie e far in modo che prendessero forma concreta. Quelli che
potevano essere i suoi ricordi gli affollavano la mente come immagini
denaturate, semplici ombre, simili a sagome indistinte.
"Ma lo voglio sapere
davvero?" Silente il dubbio si insinuò nel suo petto, simile
ad una finissima spina che gli fosse penetrata nel cuore.
C'era qualcosa in lui
a dirgli che, con ogni probabilità, scoprire chi fosse non
gli sarebbe piaciuto affatto. Non sapeva da dove arrivava una simile
convinzione, era solo una sensazione che gli risaliva dallo stomaco e
gli invadeva il petto. Il malessere di cui aveva sofferto poteva essere
stato causato dal proprio inconscio che voleva impedirgli di ricordare?
Non lo sapeva. L'ennesima tra le tante cose di cui non era a
conoscenza.
Era una massa
complicata di pensieri e di emozioni contrastanti.
Avvertiva dentro di se
come un essere estraneo, un'entità sconosciuta intenta a
grattare contro le pareti del suo animo, urlando con furia spaventosa
quasi folle e capace di terrorizzarlo. Lui non poteva vederla quella
figura, non aveva idea di dove fosse, l'avvertiva solamente come
qualcosa di costante. Immobile e prigioniera dentro di lui. La udiva e
sapeva che le sue dita erano macchiate di sangue, aveva le
unghie consumate sino all'osso nel tentativo di liberarsi da quella
prigione. Era una presenza tanto assillante, così spaventosa
che, nel solo udirla, Akutagawa si sentiva sussultare dalla paura,
quasi soffocato da quanto era opprimente. Pareva giacere proprio sopra
il suo cuore, rendendolo man mano sempre più pesante e
dolorante ad ogni battito.
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