ReggaeFamily
I
have to meet you
System
Of A Down - Innervision
♫ Ellie
♫
Avevo
sentito tante volte mia sorella suonare, ma vederla così
concentrata sulla sua darbuka davanti a un pubblico d'eccezione mi
riempiva il cuore di gioia; potevo quasi affermare di essere più
emozionata di lei e dovevo trattenermi per non scoppiare a piangere.
Johanna
aveva posato lo sguardo su un punto indistinto davanti a sé e
aveva assunto un'espressione seria, interrotta sporadicamente da
qualche smorfia. Adoravo le espressioni buffe che metteva su
inconsapevolmente in certi momenti, la prendevo sempre in giro per
questo motivo.
Io
avevo le guance leggermente arrossate, anche se non riuscivo a capire
il motivo; sorridevo come un'ebete e incrociavo lo sguardo dei
ragazzi, che mi lanciavano a loro volta occhiate entusiaste e
raggianti.
Non
potei fare a meno di ridacchiare quando notai Daron muoversi
leggermente a tempo, in equilibrio precario sul bracciolo dalla parte
opposta del divano.
Quando
Johanna terminò la sua performance, si levò un grido di
approvazione generale e il chitarrista, in preda all'euforia, le
mollò all'incirca mezza dozzina di pacche sulle spalle e sulla
schiena.
“Ehi
ragazza, mica male!” commentò John, annuendo
ripetutamente come per confermare le sue stesse parole.
Lei
fece spallucce e ringraziò, tentando subito dopo di
sdrammatizzare; in realtà quando i nostri occhi si
incontrarono capii subito che si trovava in imbarazzo e allo stesso
tempo non riusciva a credere a ciò che le stava capitando.
“I
vostri live devono essere davvero pazzeschi!” esclamò
Shavo dalla sua postazione in un divanetto vicino.
Mi
avvicinai a lui con un sorriso. “Allora è un peccato che
non abbiate assistito a quello di oggi, penso che un'occasione del
genere non ricapiterà più.”
“Eh
sì, ora mi avete incuriosito... ma non è detto che non
ci ritroviamo di nuovo da qualche parte, no?”
Serj,
che fino a poco prima aveva occupato il posto accanto a lui, si era
alzato per raggiungere gli altri; così ne approfittai e mi
sedetti.
“Shavo,
Los Angeles è grande, questa è la prima e ultima volta
che ci incontriamo” dovetti ammettere a malincuore. Poi un
pensiero mi balenò in mente e mi illuminai: “A meno che
il prossimo mese, a fine gennaio, non decidiate di venire a vederci:
abbiamo una data per l'inaugurazione di un nuovo locale, ora però
non ricordo come si chiama...”
“Uh,
avete un'altra data! Non lo so, sia io che i ragazzi abbiamo tanti
impegni e non è facile metterci d'accordo per uscire tutti
insieme, senza contare che dobbiamo essere discreti al massimo per
non essere presi d'assalto dai fans... ma spero di esserci.”
Non
potei fare a meno di sorridere, ma del resto da circa dieci minuti
non facevo altro. Era surreale sentirsi dire quelle parole da Shavo,
una persona che tra l'altro avevo conosciuto solo un quarto d'ora
prima.
“Basta,
io sono offeso!”
Il
grido di Daron interruppe la nostra conversazione; il chitarrista si
stava infatti dirigendo a passo di marcia nella nostra direzione con
un broncio teatrale e decisamente poco credibile.
“Oh,
che paura, ho scatenato l'ira di Daron Malakian!” ribatté
Johanna ironica, indirizzandogli una linguaccia.
“Non
scherzare con il fuoco, Johanna!” la ammonì lui in finto
tono minaccioso, posizionandosi sul bracciolo accanto a me.
Sentivo
chiaramente la sua presenza e la cosa mi metteva un po' a disagio:
Daron mi era da subito parso strano, non avevo saputo bene come
prenderlo e avevo notato in lui degli improvvisi sbalzi d'umore che
lo rendevano inquietante. In genere non avevo nessun problema ad
avvicinarmi agli altri, mi era stato detto che in certe occasioni
risultavo perfino sfacciata, ma con lui non sapevo proprio come fare.
“Ti
ho detto di chiamarmi Jo, razza di nano da giardino iperattivo!”
si rivoltò Johanna trattenendo a stento una risata.
Shavo,
al mio fianco, scoppiò a ridere e le mostrò entrambi i
pollici su in segno di approvazione.
“Scommetto
che tua sorella non è così stronzetta” borbottò
Daron, scrutandomi con la coda dell'occhio.
Mi
schiarii la gola, a disagio. “Dipende dai momenti e da come si
comporta la gente intorno a me. Può sembrare strano, ma quando
mi incazzo divento una iena.”
“Facciamo
una foto tutti insieme?” propose Johanna, salvandomi da quella
situazione complicata.
“E
noi che pensavamo di essercela scampata per una volta” scherzò
John, saltando prontamente in piedi.
“E
chi ce la scatta?” si domandò il bassista aggrottando le
sopracciglia.
“Io!”
si propose Daron.
“Ma
no, tu devi apparire nella foto!” obiettai.
Notai
che Serj, senza perdersi in chiacchiere, aveva intercettato un tipo
della security. “Ho trovato il fotografo” annunciò
poi.
In
maniera del tutto inaspettata, Daron afferrò il mio polso e si
alzò di scatto, strattonandomi leggermente. “Tutti in
piedi, tutti qui!” gridò, afferrando Serj per un braccio
e trascinandolo alla sua destra.
Shavo
finì tra me e mia sorella, mentre John si ritrovò alla
sinistra di Johanna. Tutti circondammo le spalle dei nostri vicini
con le braccia e formammo così un'unica barriera umana, simile
a un grande abbraccio fraterno.
Daron,
probabilmente in vena di fare il cretino, inclinò il capo
nella mia direzione e cominciò a ridacchiare. Qualche secondo
prima dello scatto strillò: “Adesso sorridete e dite: my
cock is much bigger than yours!”
“Oddio,
ma che abbiamo fatto di male?” sentii bofonchiare a Shavo.
“Non
ci interessano le sue dimensioni” lo rimbeccò mia
sorella.
“Daron,
le mie povere orecchie! Ti saresti almeno potuto girare se proprio
dovevi gridare, no?” protestai, fulminandolo con lo sguardo.
“Scusami
dolcezza” biascicò lui in tono mellifluo, rafforzando la
stretta del suo braccio attorno alle mie spalle.
Ero
confusa, c'era qualcosa che mi sfuggiva. Quel ragazzo era davvero
strano. Improvvisamente cominciai a desiderare che quel tipo della
sicurezza scattasse la foto al più presto per sfuggire al
contatto con Daron.
E
pensare che mezzo mondo avrebbe dato la metà dei propri organi
per essere al mio posto e avere l'opportunità di passare tutto
quel tempo con il chitarrista dei System Of A Down. Ma io ero
abituata a giudicare le persone in quanto tali, e lui a primo impatto
non mi aveva fatto una bella impressione.
“La
voglio vedere!” strillò Johanna dopo qualche istante,
correndo a recuperare il suo cellulare.
Mi
accostai a lei e sbirciai nello schermo: sei
espressioni incredibilmente stupide e allucinate mi si
materializzarono di fronte agli occhi e mi venne spontaneo
ridacchiare.
“D'accordo ragazzi,
ora è il caso che torniamo dagli altri prima che ci diano per
disperse! È stato un piacere passare un po' di tempo con
voi... aspetta, ma il basso di Noah?” fece mia sorella,
guardandosi attentamente intorno alla ricerca della custodia nera del
nostro amico.
“Quel basso che era
abbandonato qui? L'ho messo da parte perché nessuno lo
prendesse, non sapevo di chi fosse” venne in nostro aiuto Serj,
recuperando lo strumento da un divanetto posto in un angolo più
appartato. “E dite al vostro amico di stare più attento,
non si può mai sapere” aggiunse in tono apprensivo.
“Okay, sicuramente
stanno per arrivare anche i nostri tecnici. È stato un piacere
anche per noi!” Shavo si avvicinò a entrambe con un
sorriso radioso e ci strinse la mano.
Il bassista mi aveva fatto
da subito un sacco di tenerezza, era sempre così disponibile e
dolce! Mi ero trovata da subito molto bene con lui e l'idea di
perderlo totalmente di vista mi dispiaceva.
“Ciao e grazie per il
cibo” si limitò a proferire Daron con una pacca sulla
spalla.
“Ciao pazzoide”
ribattei, cercando di afferrare la sua mano; ma lui si era già
allontanato e, senza rendersene conto, aveva ignorato il mio gesto.
In quel momento notai John
che aveva posato una mano sulla spalla di Johanna e parlava con un
sorrisetto appena accennato; sicuramente si stava complimentando. Lei
annuiva in silenzio e stringeva forte tra le braccia la sua darbuka,
simbolo che stava accogliendo un parere positivo con umiltà e
anche un pizzico di imbarazzo, come al solito.
“Ellie.”
La voce di Serj mi fece
sobbalzare e mi sorpresi che si fosse ricordato il mio nome. Mi
voltai nella sua direzione e me lo ritrovai accanto.
“È stato un
piacere conoscerti. Io ti ammiro molto, sotto tutti i punti di vista”
confessai sinceramente, sperando di non risultare sciocca o
inopportuna.
Lui scosse leggermente la
testa e strinse la mia mano destra nella sua. “Mi raccomando,
continua a esercitarti nella musica. Tu e tua sorella non dovete mai
abbandonare la vostra passione, si vede che vi piace ciò che
fate e avete tutto ciò che vi serve per realizzare il vostro
sogno.”
“Grazie, sei troppo
gentile, davvero! Spero che tu abbia ragione, noi comunque non
getteremo la spugna tanto facilmente!” gli assicurai,
pronunciando quelle parole più per me che per lui.
Salutai anche John, poi io e
mia sorella seguimmo le indicazioni che i ragazzi ci diedero per
l'uscita sul retro, in modo che i fans deliranti non ci vedessero
uscire dal backstage. Effettivamente quella gente mi spaventava
parecchio e non volevo avere problemi con loro, alcune pazze
avrebbero potuto anche aggredirci perché eravamo state in
compagnia dei ragazzi.
“Jo, non ci posso
credere!” sussurrai in preda all'euforia mentre giravamo
attorno al locale per tornare dai nostri amici.
Fuori faceva freddo, ma io e
mia sorella non ce ne accorgemmo nemmeno. Eravamo avvolte da una
bolla di entusiasmo tale da non accorgerci nemmeno di ciò che
ci capitava attorno.
“Visto? Sono stati
grandiosi, tutto il contrario di ciò che pensavamo noi!”
“Hai suonato di fronte
a John... e lui ti ha fatto i complimenti!” Era come se me ne
stessi rendendo conto allora per la prima volta e avevo una voglia
matta di gridare e stritolare Johanna in un abbraccio.
“John mi ha colpito
molto per la sua curiosità. Insomma, non pensavo che si
sarebbe interessato tanto a ciò che gli dicevo.”
“È vero, ma
comunque sono tutti delle splendide persone. L'unico che mi ha
lasciato un po' basita è stato Daron: è strano forte
quel ragazzo” ammisi, esternando finalmente ciò che mi
ronzava per la testa da più di mezz'ora.
“Daron, quel
birbante... effettivamente è particolare, bisogna saperlo
prendere. Ma io ti ho visto parlare con lui, cos'è che non ti
è piaciuto?”
“Non lo so, è
lunatico!”
Ridemmo e mia sorella si
trovò d'accordo con me.
Ormai
ci trovavamo nei pressi dell'entrata del Troubadour: un gruppo di
persone era riunito sul marciapiede per fumare. Cercammo i nostri
amici con lo sguardo, ma non li trovammo e decidemmo di entrare.
Fummo subito avvolte dalle note di Innervision;
nonostante li avessimo appena visti in live e la cosa fosse stata
abbastanza sconvolgente, io non ne avevo ancora abbastanza ed ero ben
contenta di canticchiare quella canzone stupenda.
“Oh, finalmente! Ma
che stavate facendo là dietro, ve li siete portati a letto?”
esclamò Jacob, il nostro chitarrista, non appena ci
intercettò.
Lui e Noah si trovavano
presso il bancone e stavano intrattenendo una conversazione con una
ragazza piuttosto magra dai capelli rossi.
“Non avete idea di
cosa ci è successo! Non sapete cosa vi siete persi!”
cantilenavamo io e Johanna, saltellandogli attorno come due bambine.
“Ah, meno male che vi
siete ricordate!” intervenne Noah prendendo il suo basso dalle
mani di Johanna.
“Serj ha detto di
stare più attento ai tuoi strumenti, non si sa mai cosa
potrebbe capitare. Non ha tutti i torti: li lasci sempre in giro!”
Lui strabuzzò gli
occhi come se avessi appena recitato chissà quale rito
satanico. “Serj ti ha detto questo? Ci avete parlato sul serio?
Non dire stronzate!”
Così ci lasciammo
trascinare da un appassionante racconto e mostrammo loro la foto.
Eravamo talmente contente che parlavamo l'una sull'altra e non
riuscivamo a stare ferme.
“Oddio, la faccia di
Daron! L'avete vista la sua smorfia?” fece notare Jacob tra le
risate.
“Guarda l'espressione
rassegnata di John! Perché Daron stava dicendo fesserie e
sicuramente lui non ne poteva più di sentirlo blaterare,
poverino!” aggiunsi.
Dopodiché il nostro
chitarrista si avvicinò nuovamente alla rossa che per tutto il
tempo era rimasta impalata a sorseggiare il suo drink, così io
e Johanna rimanemmo in compagnia di Noah.
“Cazzo, se l'avessi
saputo sarei venuto con voi! Io pensavo che non li avreste nemmeno
incontrati! Comunque avete avuto un culo pazzesco, li avete beccati
soli soletti e avete potuto parlarci!” commentò il moro
felice per noi, ma con una punta d'invidia.
“Voi che avete
combinato nel frattempo?” cambiai discorso, nonostante non ne
avessi minimamente voglia.
“Abbiamo conosciuto
Sarah, la tastierista di un altro gruppo che ha suonato stasera.
Nulla di che, solite cose.”
“Ve la portate a letto
entrambi?” s'informò Johanna.
“Non mi interessa, è
Jake quello che impazzisce per le rosse.”
“Ti faccio notare che
Jake impazzisce per qualsiasi essere umano respirante di genere
femminile!”
Io
nel frattempo continuavo a intonare piano le ultime parole di
Innervision
e ascoltavo solo in parte la loro conversazione. Nel frattempo
ripensavo a quando avevo detto a Shavo del nostro concerto. Che
stupida ero stata: non gli avevo comunicato né il giorno
preciso né il nome del locale! Non c'erano speranze che i
ragazzi potessero assistere al nostro concerto.
Pazienza, sapevo che in cuor
mio non ci sarebbe stata comunque nessuna possibilità.
Tuttavia decisi di non
raccontare l'accaduto a nessuno, nemmeno a Johanna, con cui non avevo
segreti. Mi sentivo una stupida ad aver agito in quel modo e non
reputavo rilevante quel breve scambio di battute con il bassista.
♪
♪ ♪
Ciao
a tutti!!!
Io
sono contentissima che sia finalmente giunto il momento di aggiornare
di nuovo, sono molto curiosa di sapere le vostre reazioni nel leggere
i miei capitoli! *-*
Cosa
ne pensate di Daron e il suo atteggiamento da cretino? Di Jacob e
Noah non si sa ancora molto, ma vedrete che man mano che la storia
procede li conosceremo meglio! :)
Ringrazio
lettori e recensori per il preziosissimo supporto, spero che anche
questo secondo capitolo vi sia piaciuto e... non vedo già
l'ora di riaggiornareeeee!!! :3
A
presto e un abbraccio a tutti ♥
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