Era
Isabel.
Le
sue mani, il suo viso, il suo corpo.
Era
Isabel.
La
guardavano, confusi ed emozionati, ma era Isabel. Era vera, era
reale.
Don
si chinò a toccarla, le prese il polso per controllare il
battito,
beccandosi solo una lieve occhiata apprensiva da Raph, che la strinse
più forte.
Si
chiedevano come fosse possibile.
A
nemmeno cento metri c'era la sua tomba.
E
il corpo che riposava all'interno era Isabel.
Lo
avevano stretto, pianto, lavato, vestito, pettinato: Donatello lo
aveva esaminato minuziosamente per capire se i traumi e le ferite
coincidessero con le cause della morte.
Il
corpo nella bara accanto a loro era reale quanto la Isabel che c'era
lì in quel momento. E lei aveva sempre detto che non c'era
metodo,
magico o meno, per riportare in vita i morti.
Perciò,
qual era la verità?
Qual
era quella vera?
Se
lo stavano chiedendo tutti, tranne Raphael probabilmente, a cui non
importava nulla del perché o del come. E proprio per fugare
ogni
dubbio, mentre aspettavano che quella Isabel riprendesse conoscenza,
si diressero tutti senza una parola verso la lapide, al limitare del
bosco.
Fu
facile scalzare la lastra già scheggiata, gettando i
frammenti
lontano nella smania di scoprire; fu molto meno semplice scavare, la
terra era arida e compatta, perciò si diedero il turno, alla
luce
dei fari del furgone, mentre la notte continuava a scorrere.
La
pala toccò infine la superficie della bara con un tocco
sordo e
Leonardo si fermò; guardò i suoi fratelli, poi si
chinò per
scoprire con le mani la bara.
Ormai
erano arrivati. E non erano certi di voler sapere davvero cosa ci
fosse dentro.
Il
leader si fece forza e, aiutandosi con la punta della pala,
forzò il
coperchio, prima piano, poi con decisione una volta sicuro di averlo
infilzato: non si sentì nessun altro rumore se non il
cigolio del
legno divelto e il tonfo quando ricadde.
Leonardo
lasciò andare la pala e sollevò il coperchio,
svelando il suo
interno: sui cuscini di raso bianco non c'era niente. Erano intonsi
come se non ci fosse mai stato niente.
Solo
il vestito con cui l'avevano seppellita, mollemente appoggiato,
vuoto, spettrale.
Rimasero
a fissarlo in silenzio, mentre Raph, alla sola vista del vestito,
strinse più forte Isabel tra le braccia.
“Un
corpo non può sparire nel nulla e non si può
ritornare in vita,
quindi davvero non so cosa stia succedendo”
mormorò Donatello
confuso.
Prima
che potessero provare a parlarne, a fare teorie, o a svegliare la
dormiente, una frenata improvvisa li avvertì dell'arrivo di
qualcuno: rimasero in allerta per capire se dovessero nascondersi, ma
poi la voce di Steve spezzò la tensione.
“Caspita
se guidi male, Casey!”
I
loro amici umani circumnavigarono la casa e raggiunsero il retro,
trovandoli ancora immobili attorno alla bara scoperchiata: dopo il
primo attimo di paura e smarrimento, notarono il corpo stretto tra le
braccia di Raphael, intonso, troppo sano per essere vero.
April
portò le mani alla bocca. “È...
Isabel?” domandò con voce
spezzata, i grandi occhi verdi velati di lacrime.
Sembrava
volesse gettarsi in avanti e abbracciarla e sincerarsi che fosse lei,
che fosse viva e vera, ma lo sguardo spiritato e ossessivo di
Raphael, incollato al viso di Isabel, la fece desistere: rimase in
piedi accanto al marito, in silenzio, ad osservarli.
Così
come fecero gli altri, benché le domande che saltavano alla
mente
fossero tante, fossero soffocanti.
La
tomba era vuota, Isabel era viva, una porzione del bosco era
distrutta e nessuno sapeva che dovesse succedere ancora, se fosse
tutto lì, se avrebbero mai scoperto la verità.
“I
bambini?” domandò Leonardo in direzione dei Jones,
forse solo per
spezzare quell'insopportabile silenzio.
“Da
mia madre” disse Casey, piano. “Quando abbiamo
ricevuto il
messaggio di Don le abbiamo chiesto di controllarli e siamo passati a
prendere Steve e Angel. Ci è sembrato che fosse urgente e,
beh,
sembra che avessimo ragione.”
Poi
di nuovo, si ammutolirono.
La
notte era sempre più scura, c'era una sottile folata di
vento che li
sfiorava, e tutto sembrava così irreale, sembravano finiti
tutti in
un sogno così vivido e grottesco, dal quale non sapevano
come
uscire.
“Dovremmo
svegliarla” suggerì Donatello alla fine, guardando
Raphael.
Il
fratello ricambiò lo sguardo, spaventato ed emozionato, in
uno
scontro interno tra le sue paure e i suoi desideri, ma senza lasciare
mai la presa.
Isabel
dormiva ancora, ed era strano, con tutta la confusione che c'era
stata e che c'era ancora.
C'era
una certa rigidità nel suo viso, che non convinceva
Donatello.
“Sembra
come in stasi” disse ad alta voce, mentre ragionava tra
sé e sé.
“Penso che fosse in uno stato di incoscienza forzato, come un
coma.”
Allungò
una mano verso il suo viso.
“Le
do un piccolo pizzico, ok?” domandò piano verso
Raph, solo perché
non desse di matto.
L'altro
occhieggiò per un secondo le sue dita sulla guancia di
Isabel,
sembrò rifletterci su un attimo, poi annuì
lentamente.
Donatello
strinse appena e lasciò andare che la pelle non si era
nemmeno
ancora arrossata.
Le
palpebre di Isabel si contrassero, infastidite. Le sopracciglia si
arcuarono e le ciglia sfarfallarono una volta, una frazione di
secondo, richiudendosi in fretta.
Il
corpo si mosse appena, ma Raphael non lo lasciò andare.
Col
magone, stettero tutti in silenzio, ad osservare gli occhi aprirsi
con fatica.
Castani,
vivi, caldi come li ricordavano.
Guardarono
su di sé, confusi, nella notte scura e piena di stelle e
quelle si
rifletterono nelle loro profondità e Isabel era notte, dallo
stesso
potere misterioso.
Poi,
gli occhi incontrarono lo sguardo di Raphael e si fermarono.
Isabel
si stupì e nella confusione della sua mente sembrava cercare
qualcosa, forse un ricordo: sorpresa e poi emozione affiorarono;
sorrise, pianse, e gli gettò le braccia al collo,
stringendolo
forte, sempre più forte.
Il
suo esile corpo era scosso da singulti, ma non udirono un lamento.
Raphael
assorbì il suo calore e qualcosa di duro e crudo si sciolse
a poco a
poco dal suo cuore. Era avvolgente, era confortante, spazzava via
ogni cosa.
Si
mangiava via il suo dolore, tutte le sue paure, tutta la disperazione
che l'aveva riempito, tutta la rabbia. Tutto quello che gli rimaneva
era l'amore.
L'amore
di Isabel caldo e benefico, che lo faceva sentire vivo, per cui
valeva la pena vivere.
Non
esisteva più nient'altro, non il passato, nemmeno il futuro,
niente
era più importante che quel momento.
Si
strinsero con così tanta foga da sembrare volersi fondere
una
nell'altro, con così tanta disperazione, con così
tanto amore; le
dita artigliavano, le mani premevano, le braccia avvolgevano. Fiati
caldi che si mescolavano, lacrime che purificavano, cuori che
battevano all'unisono nel dolore misto a gioia, in un abbraccio
infinito.
Gli
altri, commossi e confusi, stettero lì ad osservare,
incapaci di
interrompere.
Raphael
piangeva e il suo corpo assecondava i suoi tremori, ogni tanto un
singulto lasciava le sue labbra; le lacrime di Isabel gli bagnavano
la pelle, il fiato caldo lo solleticava, ma non la sentì
emettere un
suono.
Si
accorse allora che le labbra di lei, poggiate contro il suo collo, si
muovevano senza freno, come a mormorare qualcosa in mezzo al pianto.
Solo
dopo qualche istante capì che stava pronunciando il suo
nome,
Raffaello, come una nenia infinita. Una nenia muta.
La
allontanò da sé, e non era mai stato
così doloroso, e la guardò
in viso.
Lei
si accorse del suo occhio ferito e con un grido senza suono si
gettò
su di lui, riempiendo il suo viso di baci, inumidendolo ancora di
più. Ma non accadde nulla.
“Non
hai i tuoi poteri” indovinò Raphael, quando lei
prese a piangere
più forte al vedere la cicatrice solcargli ancora l'occhio.
“E non
hai più la voce.”
Isabel
si mise di fronte a lui e annuì, il volto solcato di
lacrime. Con un
gesto rabbioso afferrò il pesante collare d'oro che le
cingeva il
collo e provò a tirarlo via, incidendo con forza la pelle.
Solo
in quel momento fecero caso al monile e agli altri che portava: due
erano alle caviglie, uno al polso sinistro e uno al collo, tutti
lucidi e smussati, scintillanti e pesanti.
“Sono
sigilli?” indovinò Donatello, allungando una mano
per toccare il
bracciale al polso.
Isabel
si voltò al suono della sua voce e sembrò
accorgersi solo in
quell'istante della sua presenza: i suoi occhi osservarono l'amico e
quasi fratello con dolcezza mentre annuiva, poi si girarono a
guardarsi attorno e incontrò lo sguardo degli altri, e
sorrise tra
le lacrime al vederli tutti lì, attorno a sé.
Si
sporse per prendere la mano di Don, poi lo abbracciò e una
volta
lasciatolo andare, allargò le braccia verso loro, tutti
loro, e
quando ci si fiondarono lei li strinse con tenerezza eppure forza,
singhiozzando e ridendo; April e Steve piansero, Angel provò
a non
farlo, ma i lucciconi agli occhi la tradirono, Casey sorrideva troppo
per non cedere anche lui e Mikey la abbracciò due volte; il
sensei
la strinse con una dolcezza che sapeva di casa, che alimentò
quel
suo dolore, che la fece singhiozzare più forte.
Infine,
tornò tra le braccia di Raphael e lo cinse stretta,
perché quello
era il suo posto, perché solo lì si sentiva
tranquilla; aveva
bisogno di quel contatto quanto lui, il sapere che c'era, l'averlo
con sé e non perderlo ancora.
“Cosa
è successo? Noi ti abbiamo seppellita”
domandò d'un tratto
Donatello, quando gli sembrò che il silenzio fosse diventato
ormai
insopportabile.
Isabel
sembrava impazzire tra il desiderio di parlare, di dire tutto
velocemente e l'afonia che sembrava soffocarla: il suo viso esprimeva
rabbia e frustrazione e impazienza.
Scosse
la testa con forza, negando e negando ancora. Si batté la
mano sul
petto, indicò la tomba e negò ancora
più forte.
“Quella
non eri tu” decifrò Michelangelo, allenato a quel
genere di
comunicazione dai trascorsi con Mork.
Isabel
sembrò sollevata e gli sorrise, di gratitudine. Poi si
voltò verso
Raphael e il suo sguardo trasmetteva contrizione, una muta scusa, per
il dolore che sapeva avergli inferto.
Mostrò
loro i sigilli agli arti e al collo e unì i polsi come se
avesse
delle manette.
“Sei
stata tenuta prigioniera.”
Un
nuovo cenno di assenso. Si muoveva a scatti dal nervosismo, dalla
smania di spiegare, per tutte le cose da dire. E la pena di cosa
avesse dovuto provare li colpì con violenza. Già
una volta era
stata imprigionata, e anche torturata. Controllarono che non avesse
ferite o contusioni, ma a parte la sua aria allucinata e confusa
sembrava stare bene, almeno fisicamente.
“Chi
è stato?” incalzò Leo, seppur con
gentilezza.
Isabel
si bloccò, tutto il suo corpo sembrava come pietrificato e
la bocca
si schiuse, ma non uscì ancora un suono.
Iniziò
a tremare, gli occhi spalancati che volevano comunicare, e il fiato
sembrò mancarle.
Raphael
la strinse all'improvviso, forte.
“Basta!
Smettila di provarci. Non puoi dirlo, abbiamo capito. Basta.”
Isabel
rimase rigida ancora per qualche istante, poi trasse un grande
sospiro sofferto e si rilassò gradatamente, come spossata.
Artigliò
con le dita la terra, la strinse forte nel pugno, lasciandola infine
fluire lentamente dal palmo, insieme alla sua frustrazione.
“Ma
come sei scappata? Come mai sei apparsa qui, dopo che i ciondoli sono
spariti?” chiese confuso Michelangelo, che aveva perso il
filo
ormai.
Isabel
riunì i polsi come prima, ma poi sollevò quello
destro, cinto dal
bracciale con le due tartarughine in pietra che Raphael le aveva
regalato per il loro anniversario.
E
notarono che non c'era alcun sigillo.
“Quindi...
uno dei sigilli è caduto e tu sei riuscita a recuperare un
po' di
magia? E pensiero?” cercò di indovinare Donatello,
che sorrise nel
vederla annuire in risposta, ma con la testa lievemente inclinata,
come a dirgli che era esatto ma non del tutto.
“Ma
come sei scappata? E cosa c'entravano le creature?”
“Hai
creato tu i mostri elementali?” esclamò sconvolto
Michelangelo.
Isabel
scosse la testa e disegnò nella terra nera, con un dito, le
forme
stilizzate che avevano solcato i ciondoli, i quattro elementi.
Indicò
il primo, l'acqua, e poi sé stessa.
Leo
si chinò e lo osservò, attentamente.
“Io
ho combattuto contro la creatura d'acqua... era fatta di tristezza e
paura” mormorò quasi sottovoce. “Eri tu,
vero? Avevi paura?”
Lei
lo guardò profondamente, gli occhi lucidi, e si
portò una mano sul
cuore con riconoscenza, iniziando poi a gesticolare freneticamente, a
fare segni con le mani.
Il
non poter comunicare a parole era un ostacolo non indifferente, non
potevano semplicemente ascoltare tutto ciò che era successo,
avrebbero dovuto indovinare. Perciò Don iniziò a
pensare
profondamente, cercando i collegamenti che fino a quel momento non
era riuscito a vedere. Sigillo, magia, paura. I mostri, i loro
poteri, i modi in cui li avevano sconfitti... tutto sembrava avere
senso.
“Quindi,
fammi provare a indovinare, hai cercato di comunicare con noi, ma le
tue emozioni senza controllo hanno preso il sopravvento sui tuoi
poteri mentre eri incosciente e hanno formato delle creature?”
Isabel
lo guardò con gratitudine e anche un pizzico di attesa.
Sembrava un
gioco a metà tra il mimo e l'indovinello, e ormai tutti
sentivano di
poter contribuire alla risoluzione di quel mistero.
“Ok,
e la creatura d'acqua è venuta da noi per chiedere
aiuto?” incalzò
Michelangelo, che iniziava a prenderci gusto.
Isabel
rispose affermativamente con un gesto.
“Quando
Leo è entrato in contatto col nucleo, ha aiutato il
disperdersi di
quei sentimenti. E senza la paura è subentrata la
rabbia” continuò
Donatello.
Raphael
attirò l'attenzione di Isabel.
“Io
ho sentito la tua rabbia” le disse, semplicemente.
Isabel
tese una mano, sfiorò la sua guancia delicatamente e poi la
cicatrice sul suo occhio, che non poteva curare. Poi la
poggiò sul
petto di lui, indicando quindi il suo, il viso trasfigurato di
dolore.
“Tu
hai visto quello che il mostro di fuoco mi ha fatto
rivivere?”
chiese piano lui, ma già certo prima ancora che lei annuisse.
Era
stato un legame momentaneo, una fugace connessione, alle parole di
Leo: “Isabel è morta”. In quel momento
qualcosa nel suo
subconscio si era svegliato, legandosi alla coscienza
dell'elementale, e aveva guardato nel cuore di Raphael, aveva
scoperto perché loro non la stessero cercando, cosa i suoi
rapitori
avessero inscenato per ingannarli.
E
allo stesso tempo, aveva sentito la sensazione di libertà,
lieve,
quando Raphael aveva saziato il nucleo della creatura, lasciando
andare la sua rabbia, e le sue catene si erano di poco allentate.
Da
quel momento, una piccola parte di sé era rimasta
perennemente
cosciente, mentre il resto continuava nella stasi, e una scintilla di
speranza si era accesa nel suo cuore.
Si
abbracciarono forte, prima che la voce di Mikey li interrompesse.
“E
l'euforia del mostro d'aria?” domandò
innocentemente, non trovando
nessun motivo perché lei dovesse essere stata felice nella
prigionia.
Isabel
agitò le braccia freneticamente, cercando il modo giusto di
comunicare. Puntò un dito verso la tempia,
allontanò i polsi
violentemente uno dall'altro e poi sorrise.
“Penso...”
iniziò Donatello incerto, “che voglia dirci che ha
sentito i
sigilli indebolirsi e che ha capito che poteva liberarsi. Quello era
il nucleo della creatura dell'aria.”
E
mentre lo diceva, pensò a com'era stata una fortunata
coincidenza
che proprio Michelangelo fosse entrato in contatto con la creatura
che più gli assomigliava, quella col nucleo simile, che
avrebbe
potuto facilmente assimilare e sconfiggere. Ma poi, dopo qualche
istante, capì che non c'era stata nessuna coincidenza, e
dalle facce
sui visi dei suoi fratelli intuì che anche loro avevano
capito: ogni
creatura ed ogni elemento era stato associato ad ognuno di loro per
un criterio, probabilmente dal subconscio di Isabel; l'acqua, culla
del sentimento e dell'empatia, per Leo, che come leader capiva e
sosteneva tutti loro; il fuoco, passione e distruzione, come Raph;
l'aria, creatività ed euforia, per l'irrefrenabile Mikey; e
infine
la terra, l'affidabilità e la ragione, per lui, Don.
“L'ultima
creatura, la terra, sembrava non provare alcuna emozione, ma invece
c'era la logica: stavi facendo i tuoi calcoli per scappare, stavi
ragionando su come riuscirci” disse a voce alta,
piacevolmente
sorpreso di esserci infine arrivato, dopo tutti quei mesi in cui
niente era sembrato avere senso.
Isabel
annuì, felice che loro avessero capito, che quella
connessione tra
loro, quel capirsi a vicenda, ci fosse ancora nonostante tutto. Se
solo avesse potuto dire a Raffaello quanto fosse dispiaciuta di tutto
il dolore che ancora una volta aveva dovuto provare a causa sua.
“Ma
tutto questo, come ti ha aiutata a scappare? Non capisco la quinta
creatura, il ciottolo vuoto e il buco nero”
esclamò Leonardo, e
poco lontano Mikey annuiva ad ogni sua parola, totalmente d'accordo.
Isabel
toccò di nuovo i disegni dei quattro simboli e sopra ognuno
scrisse
il diminutivo dei loro nomi, Leo sopra l'acqua, Raph sopra il fuoco,
Mikey sopra l'aria e Don sopra la terra, poi disegnò quattro
rette
che li congiungevano al centro, dove disegnò un cerchio
vuoto e
sopra il suo nome. Isa, il vuoto.
E
passò e ripassò il dito su quelle linee, le
unghie ormai nere di
terra, ma capendo la loro confusione lasciò perdere e
batté i palmi
aperti sul petto di Raphael, accanto a lei, e poi le batté
sul suo.
E di nuovo tracciò una linea tra il suo elemento e il suo
nome fino
al centro, fino al cerchio. E indicò i sigilli, ognuno in
contemporanea con un simbolo e lo ripeté, maniacalmente,
pregando
che lo capissero, perché era un concetto difficile da
spiegare senza
parole.
“È
come il tuo bacio magico?” domandò Raphael alla
fine, prendendole
le mani e strofinandole piano, per togliere la terra che le
ricopriva.
Lei
piegò un poco la testa. Don si intromise.
“Ognuno
di noi era un elemento e... ti abbiamo dato la nostra energia per
forzare la barriera che ti teneva imprigionata. La natura aborra il
vuoto, cerca di riempirlo, e l'ultima creatura era sostanzialmente
vuoto: quando ci siamo gettati all'interno, abbiamo compiuto l'ultimo
passaggio della tua magia e ti abbiamo richiamato, in cambio del
potere dei ciondoli legati alla nostra. Ognuno di noi ha allentato un
sigillo, giusto?”
Isabel
sospirò felice, un sospiro liberatorio, perché
avevano capito e
detto tutto e quel tempo passato in animazione sospesa, eppure
cosciente, a pensare e sperare, adesso non le pareva più
così cupo
e solitario; loro erano sempre stati con lei, erano stati sempre nei
suoi pensieri, erano sempre stati connessi.
Solo
loro avrebbero potuto salvarla.
Si
voltò verso Raphael, piano, con la paura di leggere nel suo
volto
rimprovero, biasimo, rabbia, perché seppure non fosse stata
colpa
sua, capiva che provare quei sentimenti sarebbe stato normale. Ancora
una volta l'aveva ferito e ancora una volta l'aveva abbandonato.
Lui
la tirò verso di sé, abbracciandola ancora una
volta, ma
delicatamente, ma dolcemente, e sentì quello che prima la
frenesia
non le aveva fatto percepire: il battito gentile e accelerato di Raph
battere contro il suo petto, il suo respiro profondo che si spezzava
a tratti nel trattenere una felicità che non voleva mostrare
troppo
apertamente, e le labbra che le lasciavano piccoli baci dalla guancia
alla testa, teneri, lievi, ma brucianti.
“Credevo
di averti persa per sempre” sussurrò d'un tratto,
nel suo
orecchio. Nessun altro doveva averlo sentito. “Grazie, per
essere
tornata da me.”
Isabel
sentì un sorriso premere grato sul suo collo e
scoppiò a piangere
senza ritegno, e seppure senza voce, le sue lacrime facevano
più
rumore di qualsiasi altra cosa, quella notte.
Gli
altri rimasero per un po' quieti e in disparte e in imbarazzo, senza
aver capito che avesse detto o fatto Raph per farla piangere in quel
modo, mentre loro due si abbracciavano e stringevano come se non
esistessero che loro e quel momento.
Ma
sentivano e sapevano che non era tutto finito.
Isabel
si ricompose alla fine, anche se gli occhi rossi tradivano tutto il
suo dolore e la sua gioia e agitò ancora le mani, per
comunicare.
Ma
in quel momento non capirono. E vedendo le loro facce confuse lei
perse sempre più la pazienza, finché alla fine
non iniziò
freneticamente a scrivere nella terra, ancora, tre parole.
Verranno
a prendermi.
E
fu chiaro a tutti che non potevano rilassarsi, non potevano gioire
ancora del suo ritorno.
“Quando
scopriranno che sei scappata, ti cercheranno.”
E
mi troveranno, scrisse
velocemente Isabel.
“Cosa
facciamo?”
Devo
togliere i sigilli.
Con
le mani sporche di terra, Isabel ne afferrò uno e
provò di nuovo a
tirarlo, ma per quanta forza ci mettesse, non ottenne niente
più che
un polso gonfio e rosso; la mano di Raphael fermò la sua.
“Nessuno
ti porterà via” esclamò mortalmente
serio.
Lei
sembrava spaventata proprio da quello, dal pensiero che loro si
intromettessero.
Scosse
la testa, frustrata. Loro proprio non capivano.
Sono
troppo pericolosi.
Le
lettere erano storte e calcate solo per metà, dalla fretta
con cui
le aveva scritte.
A
nessuno sfuggì la continua menzione a quei fantomatici
“loro”, i
rapitori, delle entità di cui Isabel sembrava avere una
smisurata
paura.
“Lotteremo
con te” disse convinto Michelangelo, con un gran sorriso che
infondeva fiducia.
“E
per te” le sussurrò invece seriamente Raphael,
incollando lo
sguardo al suo.
Se
solo avesse potuto dire loro a chi stavano dichiarando guerra.
Nemmeno
il tempo di pensarlo e il cielo scuro si rannuvolò, dense e
grigie
nubi coprirono le stelle e l'attenzione di tutti si
concentrò
immediatamente lassù: quattro figure fluttuavano, contornate
da
fulmini.
Isabel
strinse forte Raphael, così forte che le unghie penetrarono
nella
sua carne e prese a tremare, incontrollabile, inconsolabile.
Note:
Salve,
buona notte!
Rieccomi,
torno sempre, non temete.
Isabel
è tornata, ed è davvero Isabel! Non
può parlare al momento, né
usare la sua magia, perciò spiegarsi non è
semplice.
Ma
già averla per loro sembra sufficiente. Per Raph di certo.
Ho
notato che molti credono che il rapporto tra lui e Isa non possa
essere più lo stesso o debbano chiarire e ricostruire, ma
dato che
non è colpa di Isa, che è stata presa contro la
sua volontà,
pensate davvero che a Raph importi? Io l'ho immaginato diversamente.
Raph
ama Isa e credo che il fatto di averla con sé, quando
credeva che
non l'avrebbe mai più rivista e stretta, sia più
importante.
Però
ci tengo davvero a sapere come la vediate e la pensiate voi, un
confronto è sempre utile.
Ovviamente
la fine è ancora ben lontana: Isa è tornata,
è vero, ma non è
ancora finita.
Ha
quei sigilli e chi l'ha segregata proverà a riprendersela,
perciò
vi preannuncio lotte e botte.
Vi
ringrazio per continuare a seguirmi, per tutta la pazienza. Grazie di
cuore.
Un
enorme abbraccio
|