capitolo
66 – Achernar
«Non
possiamo farlo adesso. Non ti sei ancora ripreso. Rischieresti di
esaurire le energie e…».
Le
vivaci proteste di Akh vengono tacitate da un’occhiata
esasperata e
furente di Pitch.
«E
non succederà, Akh. Non con Katherine in questo stato. Speri
seriamente che io possa rimettermi in sesto, quando non posso neppure
fare affidamento sulla sua presenza?» lo ammonisce
severamente. «Non
c’è un’altra scelta. È
necessario agire al più presto o la
situazione non farà che peggiorare».
«Non
potrebbe occuparsene solo Akh?» suggerisce a quel punto Emily
Jane.
«Lo
ha già fatto, se non ho capito male» le ricorda
Pitch. «E,
francamente, non noto miglioramenti».
«Ha
ragione» soffia Akh, mortificato. «Lui è
necessario: il suo
collegamento con la bambina e con le Ombre è probabilmente
l’unica
speranza di riuscita di questo piano» ammette a malincuore.
«Ottimo»
ringhia Pitch, già stremato da tante inutili discussioni.
«Dunque
possiamo cominciare» decreta.
«A-adesso?»
pigola Akh, fissandolo con occhi enormi e terrorizzati.
«Adesso»
conferma asciutto Pitch. Poi lo scruta e sogghigna appena.
«Se mi è
concesso: sei più bianco del solito. Dovrei forse ricordarti
che non
sei tu quello che rischia di dissolversi come la rugiada a
mezzogiorno?».
Akh
borbotta proteste, per lo più insensate, e distoglie lo
sguardo,
indeciso se essere offeso o semplicemente sconvolto.
Emily
Jane, invece, circonda con le braccia le spalle del padre e, a una
sua occhiata perplessa, lo scruta seriamente.
«Forse,
se ti resto incollata addosso come una cozza attaccata allo scoglio,
tu non sparisci da nessuna parte» sbotta fra i denti.
Un
angolo delle labbra di Pitch si solleva, divertito.
«Idea
intrigante. Immagino valga la pena di metterla alla prova»
concede,
stranamente sereno.
Piano,
poggia una mano sul petto di Katherine e l’altra sotto la sua
testa, chiude gli occhi e inspira lentamente. Avverte le bianche dita
di Akh insinuarsi fra le sue e sospira. Una scintilla di Luce si
accende dietro i suoi occhi e Pitch comprende che la connessione ora
è attiva.
“Andrà
bene, Katherine. Andrà bene” ripete nella sua
mente, cercando di
arrivare fino a lei.
Le
dita di Akh si stringono sulla sua mano e Pitch sa che è il
momento.
Devono farlo ora, prima che sia troppo tardi per qualunque tentativo,
prima che tutto vada ancora una volta perduto.
La
sua coscienza affonda in quella di Katherine, e loro sono
lì,
nascoste nel buio che alimentano. Pitch digrigna i denti; vorrebbe
poter arrivare fino a loro e farle a pezzi con le sue mani fino a che
non ne rimanga che uno sbiadito ricordo, ma non è potente a
sufficienza per fare una cosa simile, così si accontenta di
osservare i loro movimenti sinuosi e a pregare che il suo piano
funzioni.
D’un
tratto un luminoso bagliore alle sue spalle sembra innervosire le
Ombre e scacciarle negli angoli più bui. Pitch sa di cosa si
tratta:
è la Luce di Akh che l’ha seguito, guidata da
quella che Pitch ha
portato con sé. Insieme sperano di avere la forza
sufficiente a
tenere lontane le Ombre il tempo necessario per creare un piccolo
nucleo di Luce all’interno di Katherine.
Ancora
Pitch si concentra, il bagliore dietro di lui aumenta. Lentamente,
volute di Luce si dipanano e serpeggiano all’intorno,
intrecciandosi e aggrovigliandosi fino a formare quella che, a prima
vista, ricorda una piccola stella, brillante e calda, che continua a
vorticare pigramente su sé stessa mentre il suo colore muta
da
dorato ad azzurro. Pitch abbozza un piccolo sorriso: quello
è il
colore dell’anima di Katherine. Che abbiamo davvero avuto
successo?
Fissa per diverso tempo, affascinato, quel piccolo globo e ne
distoglie l’attenzione solo quando un basso, fastidioso
sibilo
raggiunge la sua coscienza.
Pare
che, infine, le Ombre si siano ridestate e se la siano presa a male
per la loro intromissione. “Beh, poco male” pensa
Pitch. “Ormai
è tardi perché possano correre ai
ripari”. Sogghigna, intimamente
soddisfatto, e con cautela si appresta a lasciare Katherine e a
portare con sé la Luce di Akh.
Tuttavia
il ritorno al mondo reale non va esattamente nel modo in cui aveva
sperato. Davanti ai suoi occhi affaticati, tutto appare stranamente
grigio e silenzioso; nessun suono proviene, né da dentro
né da
fuori, ove prima si poteva facilmente udire la frenetica vita della
foresta che li circonda. Ora, invece, tutto appare desolato e morto.
Al suo fianco non ci sono più né Emily Jane
né Akh, e Katherine
non si trova più fra le sue braccia.
«Katherine»
mormora, guardandosi attorno.
Con
sgomento, scopre di non trovarsi più nel regno di Madre
Natura.
"Rabbia,
tristezza o frustrazione ci fanno capire che siamo in guerra con il
modo in cui le cose sono." (Byron Katie)
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"Dentro
di te si vede una cosa che è tonda, bella, triste. Mi fa
pensare a
una lucciola. È una cosa che c’è solo
quando stiamo in silenzio."
(Banana Yoshimoto)
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