Giorno
14 – Saluti & baci
Veniamo
svegliati nel corso della notte da un tifone che imperversa
sull’isoletta. La nostra nave rolla e beccheggia come il
deretano
di Samyra quando invece di fare la danza dei ventri fa la danza delle
natiche.
Mi
alzo dopo essere stato shakerato nella cuccetta peggio di un
Cosmopolitan e stando ben attento ai tre metri di dislivello scendo
per scrutare attraverso un oblò.
Fuori
è buio pesto. All’incerta luce di un alogeno vedo
i due kaminoani
darsi da fare con ancore sussidiarie e altri mezzi per evitare
l’affondamento del nostro simpatico natante. La Du Bal,
aggrappata
come sempre al braccio di Tani Du, fa del suo meglio per rallentare
le manovre e intanto ride come un’ebete sotto la pioggia
battente.
Come
se la squinternata professoressa non bastasse a rompere i coglioni
all’equipaggio, esce dalla sua cabina anche Waxen, che
immediatamente si mette a stracciare a sua volta le palle fornendo
oculati consigli sul modo migliore di gestire una nave in preda ai
marosi. Peccato che sia un ufficiale di fanteria e finora abbia visto
il mare solo in qualche audiovisivo didattico.
Io
faccio un paio di calcoli: controllo la distanza dalla terraferma e
l’accessibilità delle uscite, dopodiché
stabilisco che in caso di
affondamento non sarà un problema abbandonare la nave e
raggiungere
la costa. Torno a dormire il sonno dei giusti.
Fuori
c’è un po’ di tramestio, a onor del
vero, ma col cuscino sulla
testa la cabina diventa quasi silenziosa. L’unica cosa di cui
mi
rammarico è di non essermi portato dietro due birre,
perché adesso
sarebbe il momento perfetto per berle. Anche se obiettivamente non
conosco un momento che non sia perfetto per bere una birra.
Il
mattino dopo stiamo ancora galleggiando, il che è una gran
cosa, dal
momento che dovremmo anche usare la nave per raggiungere un trasporto
che ci faccia rientrare sulla Morte Nera.
Dopo
tutta l’attività notturna i kaminoani sono un
po’ stazzonati, ma
in fin dei conti tenerci a galla è il loro lavoro,
esattamente come
il mio è badare al branco di rincoglioniti. Io non mi sono
mai
andato a lamentare con loro del mio sporco dovere, quindi mi aspetto
che nemmeno loro lo facciano con me.
Scendo
a terra e trovo Kurtz già bardato da pesca. “Viene
con me,
capitano?” mi chiede sventolando la cassetta delle esche.
“Negativo,
signore. Oggi ce ne torniamo sulla Morte Nera, Tarkin non vede
l’ora
di riabbracciarmi.”
“Le
è così affezionato?”
“Più
o meno...” rispondo evasivo.
Il
colonnello finisce di caricare la sua barca, poi mi chiede:
“Quando
intende partire, Veers?”
“Il
tempo di bere un caffè e andiamo. In questo posto ci sono
troppi
insetti, troppa pioggia, troppo caldo e poca birra. Non fa per
me.”
“Le
mancano le ragazze?”
“Negativo.”
Mi
fissa un po’ stupito dal mio risoluto diniego, poi chiede:
“I
ragazzi?”
“Di
nuovo negativo,” rispondo senza scompormi.
A
questo punto, Kurtz si toglie il tipico cappellino alla cretina da
pescatore, si gratta la testa e mi chiede: “Nè
ragazze né
ragazzi? Allora cosa le piace, Veers?” Dalla faccia
è chiaro che
si sta aspettando risposte tipo ‘i jawas albini’,
oppure ‘gli
ayuboa ithoriani’.
“Veramente
non sarebbero affari suoi,” rispondo, “comunque
sono bisessuale:
mi piacciono sia la birra che i cocktail.”
Kurtz
si rimette in testa il cappellino e considera chiuso
l’argomento.
Nel
frattempo il resto del gruppo sta scendendo a terra. Confuso da tanta
abbondanza, il wookiee peregrina di albero in albero lasciando poche
gocce sul tronco di ogni pianta per non far torto a nessuno.
Chiaramente,
dopo un po’ che effettua questa complicata manovra gli va in
blocco
la vescica e comincia a lamentarsi cercando invano di mingere.
Quando
gli ululati hanno raggiunto il livello ‘amplesso collettivo
di
dodici hutt in calore dentro a una caverna con
l’eco’,
impossibilitato ad abbattere il wookiee vado alla ricerca di Hyaskon.
Il capitano medico ascolta il problema, prepara uno dei suoi
punturoni e mi fa: “Si metta un impermeabile,
Veers.”
“Un
impermeabile? Perché?”
“È
un appassionato di blue shower?*”
“Mai
sentito. Non mi pare un cocktail.”
“Le
confermo che non lo è, a meno che lei non abbia delle
perversioni
decisamente inconsuete. Allora, questo impermeabile?”
“Per
fare?”
Hyaskon
sospira e comincia a parlare come se avessi la sindrome di Down:
“Quando fare grande punturone a wookiee, wookiee pisciare
peggio di
irrigatore da giardino. Impermeabile: a posto. Niente impermeabile:
annegato. Chiaro?”
“L’unica
cosa che non mi è chiara, Hyaskon, è
perché devo andare io
a fare il punturone al wookiee. Io le ho mai chiesto di pilotare il
TIE fighter al posto mio?”
“Solo
perché qui non ci sono TIE fighter,” brontola il
capitano medico.
Mi
defilo con eleganza lasciandolo alle prese con il suo dovere.
Nel
frattempo, tanto per impiegare proficuamente il tempo, vado alla
ricerca di Atama So. Non perché la sua compagnia sia
chissà che
raffinato piacere, ma perché vorrei cercare di prenotare un
trasporto che ci faccia arrivare in qualche posto meno umido di
Kamino ma più ricco di alcol.
Il
languido indigeno sta togliendo da un gancio quel che resta di un
casco di banane. Io osservo incuriosito, sia perché fino ad
ora
avevo visto i caschi di banane solo in ologramma e poi
perché mi
chiedo a cosa possa servire (a parte mangiare le banane, cosa che non
ho mai visto fare né ad Atama So, né a Tani Du).
Visto
che se lo chiedo a me non ottengo risposta, giro la domanda al
comandante.
Questi
mi fissa come se gli avessi chiesto a cosa serve il culo. Scopro
finalmente come si misura il tempo su Kamino: in banane.
Atama
So mi elargisce una complicata disamina il cui sunto, alla fine,
è
che quando un kaminoano deve fare qualcosa si procura un casco di
banane e ne stacca (e mangia, se è un vizioso) una ogni tot.
Quando
le banane sono finite, è finito anche il tempo per fare
quella
determinata cosa.
Noto
che le nostre banane stanno volgendo al termine, il che non
è certo
un male.
Culturalmente
arricchito, chiedo ad Atama So di procurarci dei posti su un
trasporto.
“Per
dove?” mi chiede cortesissimo il gommoso alieno.
Perché
girarci intorno? “La Morte Nera o qualsiasi pianeta non
B’omarr,”
rispondo.
“Temo
di non poterla accontentare, capitano,” sospira desolato il
mio
interlocutore. “Ai seguaci della regola B’omarr
è proibito
andare in posti dove non si segue la regola.”
“Scusi,
e se uno non segue la regola B’omarr ed
è ospite del vostro
pianeta come fa?”
Mi
rivolge un sorriso. “Potrebbe convertirsi,
capitano,” mi propone.
“Senza
offesa, piuttosto mi taglio le palle e le metto in
formalina,”
rispondo, mentre un brivido d’orrore mi gira su e
giù per la
schiena. Poi mi viene un’ideona.
“Tatooine?” propongo.
A
Tatooine seguono la regola B’omarr come io seguo la
disciplina
militare, potremmo anche sfangarla.
Mi
accenna di sì con la testa. “Quello va
bene,” approva. Io
sorrido fra me e me già pensando alle bettole di Mos Eisley
e ai
cocktail gamorreani che colà vengono serviti.
Tramite
il terminale della nave kaminoana mi procuro i biglietti. Per fortuna
che ho la Imperial Platinum qui con me, altrimenti sarei stato
costretto a vendere la twi’lek per pagare il trasporto.
Torno
a terra. Probabilmente i miei simpatici compagni di viaggio
percepiscono l’aria di partenza, perché tutto sta
lentamente
tornando alla normalità: per fortuna Fjo’ona ha
smesso di fare la
camerierina e giace sulla spiaggia in pieno sole unta come una
cotoletta. Il wookiee, finalmente libero di mingere come vuole, ha
smesso di emettere ululati e sta sistemando il tostapane di Kurtz.
Hyaskon
sta bevendo un caffè nero con lo sguardo perso nel vuoto.
Quando mi
vede arrivare, con tono cupo dice: “Vedrà che la
nostra nave si
schianterà da qualche parte.”
“Anch’io
sono contento di rientrare,” gli rispondo, prendendo posto
dall’altra parte del tavolo. Guardo il caffè con
poca convinzione,
poi mi dico che da qualche parte nell’universo saranno le
cinque di
pomeriggio e prendo una birra dal frigo.
Arrivano
a questo punto i tre soldatini, che si fermano a un metro dal tavolo
e rimangono a guardarsi con aria irresoluta. Capisco subito il
problema: a uno dei tre toccherà sedersi accanto al capitano
Hyaskon, e Zuccherino, Pasticcino e Biscottino non ne vogliono
sapere.
Il
lugubre dottore però li ha già puntati.
“Chi è che viene a
sedersi sulle ginocchia di papà?” chiede con un
sorriso
inquietante.
Ma
prima che uno dei fanciulli possa eroicamente immolarsi, entra la Du
Bal scarmigliata e ansante, emette qualcosa che potrebbe essere tanto
un saluto in geonosiano quanto un’aerofagia fuori controllo e
salta
a piè pari in braccio al capitano medico.
“Papà!” bercia, poi
gli stampa due bavosi baci sulle guance.
“Veers,
me la tolga di dosso!” esclama Hyaskon, cercando senza
successo di
arginare gli slanci affettivi della regredita docente.
“A
me pareva che lei avesse degli afflati paterni,” rispondo.
Sorseggio tranquillamente la mia birra.
“Via,
se ne vada!” protesta il capitano medico.
E
lei, imperterrita: “Papà!
Papà!” Continua a sbaciucchiarlo come
se non ci fosse un domani.
“Zuccherino!”
urla lui disperato, “La mia borsa!”
Intanto
che il soldato va a recuperare l’unica speranza di salvezza
di
Hyaskon, la Du Bal gli si mette cavalcioni sulle ginocchia e comincia
a saltellare. “Fammi il dewback, papà!”
esclama. “Corri,
corri, dewback!”
“Veers!”
ulula di nuovo il mio collega. “Questa carampana pesa come un
bantha! Me la tolga di dosso!” Annaspa disperatamente nella
mia
direzione.
Dal
momento che ho finito la birra, decido di fare la mia buona azione
quotidiana. Mi alzo, raggiungo la saltellante professoressa e la
agguanto a mezzo corpo con l’intento di tirarla indietro.
Appena
si sente afferrare, la Du Bal rinsalda la presa sul capitano medico e
comincia a strillare imitando le bizze della tipica bambina che
scioglierei volentieri nell’acido.
La
faccenda va avanti per qualche minuto, poi attirato dai clamori si
affaccia Waxen, e ai suoi occhi si offre il seguente spettacolo:
Hyaskon seduto sulla sedia, con la Du Bal in braccio che va sue e
giù
e io dietro, cavalcioni a mia volta sulle sue ginocchia, abbracciato
alla professoressa. Tutti e tre stiamo variamente urlando e
grugnendo.
Visto
da fuori, è un perfetto sandwich.
Poco
importa, naturalmente, che nessuno di noi abbia la minima voglia di
approfittare delle grazie della squinternata Du Bal, il quadro
è
quello di un threesome (siamo in tre) granny, fat (la Du Bal) uniform
(io e Hyaskon) e ci metterei anche anal, visto che nel sandwich
è
contemplata la frequentazione di entrambi gli accessi al piacere.
Il
colonnello dapprima rischia seriamente l’infarto. Poi, non
appena
si è ripreso dallo shock si mette le mani a brocca sui
fianchi e
comincia a sbraitare: “Veers! Che lei fosse un pervertito
senza
principi morali l’avevo capito, ma adesso ha veramente
passato ogni
limite! Copule a tre e contro natura davanti a dei
ragazzini!”
I
ragazzini sono Pasticcino e Biscottino, che in effetti stanno
seguendo la scena piuttosto basiti.
“Con
una signora che potrebbe essere sua madre, poi! Si vergogni!”
Poi,
dopo una pausa impiegata a scrutare Hyaskon: “E chi
è quel suo
laido complice con la faccia da beccamorto? Provo disgusto per
entrambi, sappiatelo!”
Mentre
Waxen inveisce con tutto il fiato che ha in corpo, riesco finalmente
a estirpare la Du Bal. Per quanto il colonnello abbia finalmente
davanti agli occhi la prova della nostra innocenza, ovvero patte dei
calzoni perfettamente chiuse e membri rintanati nelle
profondità più
segrete delle mutande, la faccenda non smuove di un millimetro la sua
determinazione: continua a berciare imperterrito minacciando corti
marziali e battaglioni punitivi.
La
docente, però, cui nel frattempo non è passato
l’afflato
parentale, tende le braccia verso di lui e urla:
“Nonno!”
Dopodiché lo carica a testa bassa, lo agguanta sollevandolo
letteralmente da terra e anche a lui stampa due bavosi baci sulle
guance.
A
questo punto è Waxen che comincia a ululare di essere
salvato.
Vado
a prendermi un’altra birra, e siccome in cucina
c’è un po’
troppo casino mi trasferisco all’aperto, su una delle sdraio
del
giardino.
Dalla
casa giungono le strida, ma fortunatamente non disturbano poi
più di
tanto.
Dopo
un po’ che sto bevendo in tutta tranquillità
arriva Kurtz. “Chi
è che sta urlando?” mi chiede.
“La
nostra docente di dialetti alieni,” gli rispondo,
“si è data la
crema solare kaminoana e pare che abbia avuto effetti neurotossici.
Si è rincoglionita.”
“Capisco.”
Prende posto a sua volta su una sdraio, noto che ha anche lui una
birra. “Non sarebbe meglio un colpo in testa e
via?” propone.
“Ci
avevo pensato, ma credo che sarà più divertente
sguinzagliarla
nella sala riunioni quando Tarkin sta facendo il briefing con gli
ufficiali superiori.”
Ci
riflette un po’ su. “In effetti...”
Continuiamo
a bere in silenzio. Nei rari momenti in cui Waxen e la Du Bal non
sbraitano come ossessi, la risacca e il vento tra le palme ci
accarezzano le orecchie.
“Ci
vorrebbe un buon bar e poi questo posto diventerebbe persino
accettabile,” dico dopo un po’. Poi, guardandomi
intorno alla
ricerca d un’altra birra: “Seriamente, colonnello:
ma che ci è
venuto a fare in questo posto?”
“Si
pesca bene,” è la laconica risposta.
“E…?”
lo incoraggio, ben lontano dal pensare che uno possa stare in questo
posto di merda solo perché si prendono dei pesci.
Kurtz
mi fissa. “Capitano, ricorda cosa ha letto di me quando era
su
Sullust?”
“Sissignore.”
“E
secondo lei, cosa mi impedisce di tornare alle vecchie abitudini con
lei?”
Deglutisco
a vuoto. “La mia simpatia?” propongo.
“E…?”
fa lui con lo stesso tono che ho usato io prima.
“La
mia rara sensibilità nell’evitare di insistere su
determinati
argomenti?”
“Vedo
che ci capiamo.”
Messaggio
ricevuto. Non saprò mai se Kurtz prende una tangente sugli
ordini di
eserciti che vengono fatti ai kaminoani o se ha una tratta di alcol
di contrabbando, ma penso che alla fine non sia compito mio svelare
tutti i misteri dell’Universo. A me basta solo sapere cosa
c’è
in fondo a ogni le bottiglia di birra che mi capita in mano, poi al
resto ci penserà qualcun altro.
In
ogni caso, a prescindere dalle informazioni riservate o meno che
potrei apprendere, il proverbio dice: non svegliare il
ragnkor che
dorme. Credo che sia opportuno ripartire verso lidi meno
pericolosi e lasciare ‘Polpetta’ Kurtz alle sue
attività,
qualsiasi esse siano.
Comincio
a caricare gente sulla nave. Con i tre soldatini è facile,
basta
dire loro di salire su e sono addirittura felici di abbandonare
questo luogo arcano, misterioso e pieno di bevante inebrianti.
La
tw’lek è ancora sulla spiaggia. Dopo breve
contrattazione e
minaccia di chiamare Kurtz (di cui da ieri ha un sacro terrore), si
trasferisce sulla terrazza panoramica e riprende la cura del sole da
dove l’aveva interrotta.
Hyaskon
è sempre seduto al tavolo esattamente come l’ho
lasciato, però
senza la Du Bal in braccio. Essendosi nel frattempo riappropriato
della sua borsa, sta costruendo uno dei suoi cocktail farmacologici
per affrontare il viaggio. “Sarebbe troppo triste morire e
non
poter vedere il mio cadavere smembrato,” mi spiega.
“Meglio non
rendersi conto di niente.”
“Capisco,”
gli rispondo. “Quindi il suo piano è salire sulla
nave, ingollarsi
quella manciata di pastiglie e dormire fino a nuovo ordine?”
“Esatto.”
“E
come conta di essere trasferito dalla nave kaminoana al trasporto per
Tatooine?”
“Supponevo
che qualcuno mi avrebbe portato.”
“Lo
sa cosa si dice, Hyaskon? La supposizione è la madre di
tutte le
cazzate. Se non vuole aprire un ambulatorio qui su Kamino, le
consiglierei di aspettare un po’ prima di drogarsi.”
Il
capitano medico lancia un’occhiata di nostalgia al mucchietto
di
farmaci, poi alza di nuovo lo sguardo su di me e mi fa: “Lei
sa
essere decisamente sgradevole quando vuole, Veers.”
“Detto
da un tossicodipendente necrofilo e con un insano appetito per i
ragazzini è quasi un complimento, Hyaskon.”
Abbandonato
il collega al suo destino, vado alla ricerca degli ultimi e
più
disastrati membri della spedizione, ovvero Waxen e la Du Bal. Non
tanto perché sia affezionato a loro, quanto piuttosto per
fare cosa
gradita al caro governatore Tarkin. Lui mi ha mandato a fare questa
missione di merda nel buco del culo dell’universo sperando
che io
ci rimanessi secco insieme a Waxen, il minimo che posso fare
è
riportargli Waxen sano e salvo e sguinzagliarlo per la Morte Nera
assieme alla rincretinita Du Bal.
La
coppia di squinternati sta passeggiando sulla spiaggia. Vorrei dire
mano nella mano, ma l’esimia docente si sta muovendo con la
sua
ormai consueta andatura pseudo-quadrupede e ogni tanto scava buche
nella sabbia, mentre il colonnello le sta raccontando un aneddoto
composto da spezzoni di ricordi relativi a cinque diversi episodi.
Sembra non abbia notato nulla di strano nella docente, anzi le
assicura come al solito che se avesse saputo che su questa sperduta
isola di Aquarian c’erano signore così
affascinanti si sarebbe
organizzato per rimanere di più.
“Signore,
siamo attesi sulla Morte Nera,” gli dico, sperando che il
richiamo
al dovere lo distolga dal fare il cicisbeo con la squinternata.
Ovviamente,
ciò non accade. Il colonnello mi fissa costernato e mi fa:
“Lei
non ha un minimo di classe, giovanotto. Non vede che sono in
compagnia di una signora?”
La
Du Bal sta grufolando in una delle sue buche a culo per aria.
Freddo
come gli attributi di un wampa, replico: “Colonnello, quando
il
dovere chiama, non c’è signora che
tenga.”
Scattano
le mani a brocca sui fianchi. “Ma guada un po’
questo ragazzino
con la bocca ancora bagnata di latte che si permette di venirmi a
insegnare come si fa l’ufficiale!”
Alzo
gli occhi al cielo.
“E
non faccia quell’espressione di sufficienza, sa?”
mi rampogna
Waxen. “Quando avrà la mia esperienza potremo
parlare da pari a
pari, giovane capitano, ma fino ad allora le consiglio di mostrare
più rispetto!”
Mi
guardo intorno. Non ci sono testimoni, a parte la Du Bal, e
l’idea
di portare il pestifero vecchietto a Tarkin sta prepotentemente
venendo soppiantata da un’altra idea. La mano scivola verso
il
blaster…
“Signor
capitano,” fa una voce da hostess alle mie spalle.
Porca
puttana. Atama So non ha mai messo piede, o qualsiasi appendice
abbiano i kaminoani sotto quella specie di sottana, a terra da quando
lo conosco, e quale perfetto momento sceglie per farlo? Questo.
Ma
ce l’hanno un pregio, questi alieni del
cazzo? Uno, eh. Non
ne voglio mica duecento. Me ne basta uno.
“Dica,
comandante.”
“Mi
chiedevo, capitano Veers, cosa preferirebbe per il pranzo di
addio.”
Sospiro.
“L’unica cosa che vorrei, comandante, è
anche l’unica che lei
non toccherebbe nemmeno con una gaffa.”
“L’acqua
sporca?” chiede il perspicace alieno.
“Già.”
“Non
so davvero cosa ci trovi di così gradevole,”
replica stringendosi
nelle spalle.
Non
perdo tempo a spiegarglielo. Gli dico di affidarsi al suo estro
culinario, il che è un po’ come dire a me di
affidarmi alla mia
puntigliosità, e poi lo congedo. Mi rivolgo di nuovo a
Waxen:
“Quindi, signore, io torno sulla Morte Nera da solo e quando
Tarkin
mi chiede di lei riferisco che ha preferito restare su un atollo
tropicale a tubare con una tardona?”
“Ma
certo che no! Cosa le viene in mente?”
Mi
stringo nelle spalle con aria innocente. “È stato
lei a dirmi di
non disturbarla con questioni di servizio perché era in
compagnia di
una signora...”
“La
sua grettezza da burocrate, capitano, mi colpisce negativamente. Non
riesce nemmeno a riconoscere l’attimo di romantico abbandono
che
coglie un guerriero alla vista delle grazie muliebri.”
Io
lo guardo con la faccia da droide e non favello.
“Lei
è il tipo peggiore di militare: quello freddo, attaccato al
regolamento, che non vede altro che il dovere...”
Pur
faticando per rimanere serio, continuo a fissarlo impassibile. Sta
per partire con un’altra requisitoria, ma io lo fermo
perentoriamente con un gesto. “Ora basta, signore. La
partenza è
alle zero-nove-zero-zero ora locale. Adesso sono le
zero-otto-tre-zero. Veda lei che esempio sta dando ai suoi
subalterni, che dovrebbero vedere in lei un modello a cui
conformarsi.”
Gli
giro il culo e me ne vado col passo rigido di un sodomita che ha
avuto un incontro a pi greco mezzi con un gungan superdotato.
Nonostante
lo sdegno e il fastidio, il colonnello si risolve a tenermi dietro, e
così fa la squinternata docente. Visto da lontano assomiglio
al
volontario di un’organizzazione benefica che porta a spasso
due
rincoglioniti.
La
simpatica nave kaminoana parte alla volta di Addu dopo baci e
abbracci con il colonnello Kurtz. L’ex delirante, genocida,
stupratore di inermi e antropofago rimane sul pontile a sventolare il
fazzolettino bianco mentre noi ci allontaniamo.
Io
saluto con ampi gesti, poi me ne torno in cabina a rimirare la cassa
di birra che mi ha regalato per il viaggio. La contemplo per un
po’,
poi un’orribile verità mi afferra le gonadi e le
torce come uno
strofinaccio bagnato: appena arrivo a uno spazioporto più
grande di
un foruncolo sul culo di un jawas, queste birre mi verranno
sequestrate!
Già
ho davanti agli occhi l’agghiacciante visione del doganiere
che
ghermisce schifato le bottiglie e le vuota nel cesso…
No!
questo non deve accadere.
Deciso
come un mandaloriano, mi dirigo da Atama So e gli chiedo:
“C’è
un atollo da bagno qui in giro?”
“Da
bagno?” fa eco stupito.
“Sì,
palme, spiaggia, quella roba lì. Voglio fermarmi un
po’.”
“Ma
capitano, rischiamo di perdere il trasporto!”
“Al
massimo prenderemo quello dopo,” replico noncurante.
“Dovrà
ricomprare i biglietti.”
Alzo
le spalle con indifferenza. Ormai l’ho talmente usata, la
Imperial
Platinum, che biglietto più biglietto meno…
“Trovi
un atollo, Atama So,” gli ingiungo, dopodiché vado
alla ricerca
del capitano medico.
Hyaskon
è rintanato nella sua cabina. Essendogli stato vietato il
paradiso
artificiale, è incazzato nero e più odioso di
Fjo’ona in down da
Laguna di Sogno. “Cosa vuole adesso, capitano?” mi
accoglie
acido, “vuole proibirmi anche si dormire?”
Scuoto
la testa. “Voglio che venga a bere qualche birra con
me.”
Il
necrofilo, che era già pronto a lanciarmi un’altra
bordata, di
fronte all’invito si commuove. “Davvero?”
“Sì,
ne ho una cassa intera. Troviamo una bella spiaggia con le palme e la
finiamo prima di andarcene a casa.”
“Che
pensiero carino.” Poi, dopo una pausa, con aria pensosa:
“Potrei
ubriacare uno dei ragazzini e portarmelo da qualche parte...”
altra
pausa, densa di fantasie inconfessabili. “Oppure un paio. O
anche
tutti e tre.”
“Hyaskon...”
“Che
c’è, ne vuole uno anche lei? Il biondino no,
però. È il mio
preferito.”
“No,
grazie. Anzi, ora uso la Forza e la convinco che nemmeno lei
vuole uno dei ragazzini.” Gli faccio delle mosse suggestive
davanti
agli occhi. “Funziona?” mi informo poi, vedendolo
in stato di
perplessità.
“Negativo.
Anzi, non si giri, Veers, perché lei non è
affatto male da dietro.”
“Ah,
ehm… buono a sapersi,” gli rispondo, rinculando
con cautela verso
la porta. “La aspetto su, eh?”
Mi
fiondo in coperta prima che a Hyaskon possano venire idee strane.
Nel
frattempo abbiamo scovato un bell’atollo da bevuta, con tanto
di
palme fruscianti, spiaggia candida e onde cristalline. Pur non
capendo la nostra predilezione per l’acqua sporca,
fedele
alla consegna Atama So sta già ormeggiando la nave.
Ovviamente
in coperta c’è già la twi’lek
che saltella con tutto
l’armamentario da spiaggia pronto. I tre ragazzini, ignari
del
pericolo, stanno ascoltando Hyaskon che descrive loro i rischi
derivanti dalle ustioni solari. Alla fine della concione, come
prevedevo, si offre di spalmarli di crema solare, soprattutto nelle
parti più delicate. Meno male che stiamo rientrando alla
base,
altrimenti tra un po’ dovrò cominciare a frugare
io nella sua
borsa per sedarlo con dei cocktail di farmaci.
Portiamo
fuori la cassa di birra e la carichiamo sul canotto argentato, poi
caliamo in acqua il natante. Mentre siamo impegnati nella delicata
manovra, si presenta Waxen e chiede: “Che sta facendo,
giovane
capitano?”
Stavolta
mi sono preparato la risposta. “Signore, esercitazione di
nuoto,”
gli rispondo compunto.
Il
vecchiaccio aggrotta la fronte. “Giovane capitano, ma
possibile che
sia così sprovveduto?” sospira.
“Dobbiamo prendere un trasporto
per rientrare sulla Morte Nera. Non le pare prioritario rispetto a
un’esercitazione?”
Ma
com’è che con questo vecchio fossile non ci prendo
mai? Ben deciso
a bere le mie birre in pace, insisto: “Signore,
c’è tutto il
tempo. Un po’ di nuoto prima di un lungo volo iperspaziale fa
molto
bene alle truppe, è ben noto. Vuole sentire il parere del
capitano
medico?”
Subito
Hyaskon, che ha già sottomano un bel flacone di crema solare
(che
per la verità somiglia in modo sospetto a un lubrificante),
conferma. “È la recente procedura per evitare
trombosi venose
profonde,” spiega dottamente.
Mi
volto verso il capitano medico: “Cioè, per evitare
la trombosi
alle reclute vorrebbe trombarsele? Non mi sembra una cosa molto
sensata.”
“Profano,”
è l’unica cosa che ritiene di rispondermi, poi mi
volta le spalle
con sdegno.
“Hyaskon,
non si giri così che mi fa venire certe idee,” gli
dico, sperando
di farlo fuggire come lui ha fatto prima con me.
Senza
neanche guardarmi, il capitano medico si limita a rispondere:
“Non
a secco, nel caso,” e mi passa il flacone di cosiddetta crema
solare. Io rimango lì come un cretino con il lubrificante
Kul-Rott
al muschio di Endor in mano e probabilmente anche con la faccia da
scemo.
Waxen
mi guarda, scuote la testa e fa: “Non sapevo che avesse certi
gusti, Maximilian. Ora si spiegano molte cose.”
Si
spiega cosa? Naturalmente non è dato saperlo.
Rinuncio
a rispondere, peggiorerei solo la mia situazione. La mia unica
fortuna è che probabilmente fra mezz’ora il
fossile si sarà
dimenticato tutto.
Il
lato positivo di tutta la faccenda è che scendiamo a terra.
La
twi’lek si fionda a prendere il sole, la Du Bal ricomincia a
scavare buche nella sabbia, Lothar si accinge a una delle sue
peregrinazioni di albero in albero.
Io
trovo un bel posticino all’ombra e finalmente riesco a
godermi un
atollo con la prescritta fornitura di birre.
Passa
qualche tempo, poi un po’ tutti cominciano a venire
all’abbeverata.
Dapprima il wookiee, che dopo tutto quello che ha pisciato ha una
gran sete, poi la Du Bal, che tanto peggio di così non si
può
ridurre. Anzi, magari con un po’ di birra migliora.
Alla
fine, sotto lo sguardo sdegnato dei kaminoani siamo tutti con una
bottiglia in mano.
Siccome
la tolleranza alla birra del gruppo è in generale molto
bassa, dopo
un quarto d’ora c’è un’ondata
di ubriachezza molesta
generalizzata. Stavolta ai soldatini ha preso la sbronza divertente e
i tre ridono a crepapelle di qualsiasi cosa, persino delle lubriche
spalmate di crema di Hyaskon.
Persino
la pitonata abbandona il telo da bagno in favore di una bottiglia di
birra.
Si
susseguono interessanti momenti ludici collettivi: la foto dei culi,
la piramide umana e la partita a football con una noce di cocco
trovata sulla spiaggia, il tutto sotto gli occhi stupefatti degli
autoctoni.
Quando
torniamo a bordo, ridacchiando e dandoci spinte l’un
l’altro, la
cassetta di bottiglie è desolatamente vuota e il sole si sta
già
avviando verso l’orizzonte.
“Merda,
è tardissimo!” esclamo tornando brutalmente alla
triste e
analcolica realtà.
Il
colonnello ridacchia. Si è appeso un paio di collane di
fiori ai
baffi tuttora irrigiditi e scrolla la testa facendole ondeggiare.
Sdraiata sul fondo del canotto, la Du Bal rutta soddisfatta anche
mentre il piccolo natante viene issato dal paranco.
Partiamo
pancia a terra alla volta di Addu, sperando di riuscire a beccare il
trasporto nonostante i cazzeggiamenti.
Mentre
la nave procede a tutta velocità sollevando tsunami di
spuma, nelle
varie cabine vengono recuperati i bagagli, che per qualche misterioso
motivo sono aumentati ancora di dimensioni. Fjo’ona, pitonata
e
leopardata in vista della partenza, trascina in coperta un trolley
fucsia dalle cerniere pericolosamente vicine al collasso, grondante
di orpelli e lustrini. Le tre reclute hanno altrettanti zaini
militari, stipati di ciarpame inutile fino alla massa critica. Lothar
spinge fuori dalla cabina di Waxen una specie di sacco da cadaveri
gonfio come se contenesse otto salme dimenticate al sole per una
settimana. La Du Bal, che aveva a sua volta un trolley grosso come un
bantha, si presenta a piedi nudi, con addosso una specie di vestito
bianco che somiglia molto a un sottanone kaminoano e in mano un
sacchetto di un supermercato locale. Alle sue spalle scorgo con
orrore Tani Du con addosso un suo vestito.
Non
voglio sapere cosa facevano questi due nel corso dei loro incontri
erotici.
Arriva
infine anche Hyaskon, tirandosi dietro un contenitore da trapianto di
organi utilizzato come valigia e l’immancabile borsa delle
meraviglie che tante volte ha salvato (o devastato) qualcuno.
Io
non ho gran che da portare, secondo il principio che tutto
ciò che
pesa e non è alcol serve a poco. Tolte alcune cose di
immediata
necessità come le camicie hawaiane, bastano i documenti e la
carta
di credito, meglio ancora se altrui come in questo caso.
Nel
frattempo compare all’orizzonte lo spazioporto. Atama So
abbandona
per un attimo il timone e dice qualcosa in un comunicatore.
Con
grande flemma, un’altra hostess gli risponde qualcosa.
L’indigeno
si volta verso di me e dice: “Dovete fare più
presto possibile, il
trasporto sta aspettando voi.”
Lo
fisso basito. “Aspetta noi?”
“Certo.
Sarebbe stato molto scortese da parte del comandante del volo partire
e lasciarvi qui.”
Kaminoani.
E non me lo poteva dire prima, cazzo? Avrei bevuto più in
fretta.
Sbarchiamo
allo spazioporto con tutta l’orrenda mole di bagagli e subito
guardiamo il tabellone con indicati i trasporti in partenza. Nel
nostro campeggia la dicitura ‘rimandato causa passeggeri in
ritardo’, così, giusto per non farci sentire in
colpa.
Dopo
sommari saluti ai nostri due kaminoani nautici, sospingo il branco di
rincoglioniti verso il nostro gate. La Du Bal naturalmente si attarda
in strazianti addii col suo gommoso amante, poi ci raggiunge alla
meglio inciampando nell’orlo del sottanone kaminoano, che
essendo
fatto per esseri alti circa un metro più di lei le risulta
un po’
lungo.
Fjo’ona
arranca sui sabot con la zeppa tirandosi dietro il mostruoso trolley,
che emette suoni di campanellini e sbrilluccica tutte le volte che
sobbalza su qualche asperità del terreno.
Dei
tre soldatini si vedono solo le gambe sotto altrettante
mostruosità
debordanti di ciarpame militare.
Waxen
è accomodato sul sacco da cadaveri con tanto di baffo irto e
braccia
incrociate sul petto. Lothar se lo tira dietro tipo slittino.
Il
capitano medico se ne va con la sua borsa di porcherie e la cassetta
termica da organo e io ho un modestissimo zaino militare, nel quale
non ho nemmeno occultato una birra.
Chiaramente
alle guardie doganali non pare vero di vedersi passare davanti tutta
l’abbondanza rappresentata dai nostri bagagli. Immediatamente
fermano la comitiva e pretendono di rovistare in ogni singola
valigia.
Cominciano
da quella di Fjo’ona e incautamente aprono la lampo che la
teneva
serrata. Assistiamo a un’esplosione di reggipetti, bikini,
scarpe
col tacco, cosmetici, boa di piume, baby doll, reggicalze, pizzi e
paillettes. Di fronte a quel disastro, l’aliena è
colta dal panico
e comincia a strillare mentre raccoglie freneticamente tutta la sua
roba. Per inseguire i rossetti rotolati per ogni dove si mette a
quattro zampe e comincia a girare su e giù così,
con la minigonna
che le sale a metà chiappa e le tette che strabordano fuori
dalla
scollatura. In breve tutte le sottane dei kaminoani e anche parecchie
patte di viaggiatori non indigeni cominciano ad assomigliare a delle
tende da campeggio. Qualcuno tira fuori lo smart-comlink e filma la
scena. Fjo’ona piagnucola raccogliendo cosmetici, ignara di
aver
appena causato circa duecento erezioni.
Per
evitare una gangbang aiutiamo la pitonata a recuperare la roba, poi
io mi siedo sulla valigia e Lothar la chiude. Il doganiere, nel
frattempo, avrebbe la pretesa di frugare nel sacco da cadaveri di
Waxen, ma un ringhio del wookiee lo convince che si tratta di una
pessima idea.
Riusciamo
a passare.
Sul
tabellone il nostro trasporto sta lampeggiando come il conto alla
rovescia di un detonatore termico. Ormai anche la pur tenace pazienza
dei kaminoani si sta sfaldando e siamo a rischio di sfanculamento da
un momento all’altro.
Frusto
il gruppo di rincoglioniti come se non ci fosse un domani,
fregandomene dei sabot pitonati, dei piedi nudi e degli zaini
pesanti. Saliamo sulla rampa in ordine sparso, chi lamentandosi e chi
imprecando, e ci lasciamo cadere sui nostri sedili con un sospiro di
soddisfazione.
Subito
sentiamo un ruggito del wookiee e la voce di una hostess kaminoana
(quindi praticamente una hostess al quadrato) che soavissimamente
dice: “Oh, mi dispiace tanto, sono desolata...”
Comincia
a picchiettarlo sulla testa con un fazzoletto.
Lotahr
grugnisce qualcosa che si potrebbe tradurre come ‘Tusken-Cola
di
merda’ e recupera il bicchiere che la hostess gli ha appena
versato
in testa.
Sebbene
l’aria condizionata sia gelida, il trasporto sia di una
tristezza
analcolica indicibile e il mio posto sia tra il finestrino e la
squinternata Du Bal, non posso fare a meno di sentirmi assai
sollevato: basta con Kamino, con i B’omarr e con Kurtz.
Sebbene poi
Kurtz avesse anche una bella collezione di birre, in fin dei
conti…
*
Come è ben noto, l’urina del wookiee è
azzurra (la usano per fare
la pubblicità degli assorbenti al posto di quella umana, che
essendo
gialla è antiestetica).
|