Ciò
che sappiamo
-…
Guarda bene ciò che ti circonda...ciò che meno aspetti
ti troverà da sé, seguendo la tua onda ...-
Gin
aveva aperto gli occhi ai primi albori di Lerix e si era guardata
attorno stranita, notando che ciò che aveva letto la sera
prima le era rimasto impresso nella mente, tanto da inseguirla
finanche nei sogni.
La
sua stanza non presentava nessun cambiamento, eppure quella notte le
era sembrato di viaggiare, realmente, in luoghi che mai aveva visto…
Era
una tranquilla e solitaria passeggiata in uno dei sentieri del regno
fino a che un buio innaturale aveva cominciato ad avanzare sotto i
suoi piedi e, in una brevissima frazione di tempo, si era ritrovata
in un abisso nero, che non lasciava alcuna via di scampo. Chiuse gli
occhi per un paio di secondi e non appena li riaprì si ritrovò
sulla cima di una torre, più precisamente sul balcone di essa;
davanti a lei si palesava un paesaggio vasto, vasto oltre ogni
immaginazione… un regno forse… un regno che lei non
aveva mai visto, nemmeno nei libri delle favole. Vedeva del verde...
tanto verde, vedeva il blu del mare che si muoveva a ritmo del vento,
vedeva il bianco delle cime innevate e vedeva… qualcosa di
arido in mezzo a tutto lo splendore di quel luogo.
I
suoi occhi riuscivano appena a scorgere quelle terre desolate e
d’altra parte la sua mente era concentrata su quelle nuove
meraviglie appena scoperte…
Poco
prima che l’alba cogliesse il suo risveglio, alzò lo
sguardo in alto e notò che il cielo non era ciò che
doveva essere: era nero come l’oscurità che l’aveva
presa poco prima ma questa volta mille piccole stelle lo
puntellavano… anche se… semplici stelle non sembravano.
Erano più simili a frammenti di cristalli e forse era questo
che illuminava l’atmosfera come se fosse stato il sole a farlo.
Non
ce ne sono di così speciali in tutto il regno
Le
parole di nonna Willow le rimbombavano nella testa mentre la
bizzarria di quel sogno infestava i suoi pensieri… che fosse
quello il giovane regno di cui parlava il libro?
Gin
guardò il grande orologio nella sua stanza e si accorse che
non aveva più il tempo di stare ferma a pensare. Doveva
prepararsi per andare a scuola.
Scese
dal letto e velocemente si diresse verso il suo armadio; lo aprì
e, in mezzo al suo stile colorato e al contempo delicato, scelse un
grazioso abito rosa a fiori azzurri, lungo fino al ginocchio, le cui
maniche le fasciavano elegantemente le esili braccia, congiungendosi
con lo scollo quadrato del corpetto.
Uscì
dalla sua stanza con ancora indosso la sua veste da notte e andò
nella sala da bagno più vicina.
Lavandosi
il viso, si soffermò sull’immagine che lo specchio le
rimandava: il viso magro e pallido era in netto contrasto con il
rosso vivo dei suoi capelli, ancora scomposti dal sonno, le sue
guance presentavano qualche piccola lentiggine… forse qualche
tocco di colore che la natura aveva deciso di donarle…
Chissà
se qualche uomo avrebbe mai provato interesse per lei o addirittura
qualche sentimento. Per qualche secondo, il suo pensiero corse al
viso di quel soldato, Brumir, e alla gentilezza avuta nei suoi
confronti.
Alla
vista sembrava giovane, forse qualche anno in più di lei,
aveva un bel viso, poca barba e due occhi particolari, color
dell’ambra…
La
voce della signora Ilene, madre di Gin, la distolse dai suoi
pensieri. Finì di prepararsi in fretta e, dopo aver raccolto i
capelli in treccia, mise il suo vestito e indossò le sue
scarpette bianche.
Al
piano di sotto, nella sala da pranzo, l’attendeva la ricca
colazione che la madre le aveva preparato, come ogni mattina.
“Buongiorno
cara, hai dormito bene?” la salutò la madre, intenta a
sistemare alcune porcellane nell’apposita vetrina,
meticolosamente curata.
“Buongiorno
mamma, ho dormito meravigliosamente ma… non ti pare di aver
esagerato con tutta questa roba da mangiare?”
“Gin
credo, onestamente, che tu debba apprezzare tutto questo senza
lamentarti troppo...”
“Lo
apprezzo mamma ma questo cibo servirebbe a sfamare un esercito e io
sono solo una ragazzina.” le rispose, sedendosi al tavolo.
“Sei
una ragazzina magra che dovrebbe mangiare di più...non vorrai
emulare quella Griselda spero...”
Gin
si limitò a mangiare una tortina di lamponi , senza proferire
parola. Sarebbe stato solo inutile cominciare quel discorso con sua
madre.
La
signora Ilene non era cattiva ma, come molte nobili e borghesi, era
una donna incentrata sull’apparenza e sui relativi pregiudizi.
Nel
caso di sua figlia, si accaniva particolarmente sull’amica
Griselda (spesso chiamata semplicemente Zelda), di qualche anno più
grande, che si presentava in maniera completamente differente da Gin
e dalla maggior parte delle ragazze del regno.
Invero,ella,
amava distinguersi dalla massa sotto tutti i punti di vista,
ignorando le chiacchiere negative sul suo conto. Chi la conosceva
oltre le apparenze, imparava a volerle bene senza alcuna remore.
Gin
l’aveva conosciuta per caso, durante uno dei progetti
scolastici che coinvolgeva diverse classi della scuola del regno; era
rimasta colpita dal modo in cui Zelda si poneva con i loro coetanei e
da come si presentava anche nei suoi modi di apparire.
Non
aveva nessun timore a vestire secondo i suoi gusti: odiava le lunghe
gonne e i corpetti, i cui scolli aderivano al corpo come pastrani;
vestiva con semplici gonne corte a campana mentre i suoi corpetti la
tenevano coperta quanto bastava senza esagerare, talvolta attirando
innumerevoli sguardi indiscreti, a causa degli scolli che la
rendevano tanto elegante quanto sensuale e provocante.
Sorrise
Gin, ripensando a uno degli episodi causato proprio
dall’abbigliamento della sua migliore amica…
“Gin?”
la chiamò, la signora, incuriosita dalla fugace risatina della
figlia.
“Nulla
mamma, pensavo solo una cosa di vecchia data...” le rispose
sorridendo, mentre concludeva la colazione.
Si
alzò e corse velocemente al piano di sopra per prendere la
sacca con tutto il materiale necessario per la giornata.
Era
indecisa se lasciare a casa il libro di Willow ma d’altra parte
era sicura che, se sua madre l’avesse visto, l’avrebbe
certamente preso e avrebbe cominciato a farle mille domande sulla sua
provenienza e sul perché di tanto interesse verso di esso;
decise, quindi di portarlo con sé, nascondendolo in fondo alla
sacca. Con l’aiuto di Zelda, avrebbe certamente trovato il
modo di tenerlo lontano da sguardi troppo curiosi e indiscreti.
Gin
salutò sua madre e uscì, incamminandosi verso la scuola
del regno.
Nel
mentre, un’ombra sinistra si aggirava nel borgo, in quelle
prima luci del mattino: un mantello blu che muovendosi, attirava gli
sguardi della gente di paese, incuriosita dal lungo cappuccio che non
permetteva a nessuno di scorgere il viso di quel viandante.
A
tutti, però, parve chiaro che quella misteriosa figura fosse
molto ricca, la seta di quel mantello non era certo materiale di poco
prezzo...
Ma
perché una persona tanto ricca doveva aggirarsi in un comune
borgo del regno? E quale il motivo di tanto mistero?
Nessuno
ebbe il coraggio di proferire parola mentre, l’uomo o la donna
misteriosa, proseguiva senza alcun timore la sua passeggiata...
I
cancelli della scuola di Lerix si sarebbero aperti di lì a
poco e tutti gli studenti attendevano pazientemente fra chiacchiere,
noia e stanchezza, nella piazza antistante l’entrata.
Gin,
con lo sguardo, era intenta e cercare Griselda in mezzo alla folla,
senza minimamente rendersi conto che ella era proprio dietro di lei,
con un sorrisetto beffardo, aspettando che l’amica si
accorgesse della sua presenza.
“Cerchi
qualcosa in particolare?” le domandò ridendo.
Gin,
ebbe un accenno di paura, sentendo due mani sulle sue spalle,
realizzando, solo dopo aver udito quella voce, che altri non era che
Zelda, fasciata nel suo vestito color lilla, rispecchiante il suo
stile, con i lunghi capelli sciolti, liberi di muoversi al soffio del
vento leggero.
“Veramente
cercavo proprio te”
“Oh
ma che onore...” rispose, Zelda, fingendosi lusingata “Nulla
da raccontare?”
“Non
molto a dire il vero, stamattina ripensavo a quel diverbio che avevi
avuto, tempo fa, con quell’uomo al mercato”
“Quello
che guardava troppo? Non è educato fissare.”
Le
due amiche si misero a ridere abbracciandosi.
Avevano
idee e modi differenti eppure non sarebbero potute stare l’una
senza l’altra e ciò era risaputo in tutto il borgo.
Molti si chiedevano come potesse esistere un’amicizia tale tra
due caratteri notevolmente opposti.
Al
contrario di Gin, Zelda non era amata da molte persone, il più
delle volte si trattava di falsi sorrisi regalati per convenienza, a
cui lei si era abituata con il tempo, vivendo la sua felicità
con chi veramente le voleva bene.
“Zelda,
dopo ti devo mostrare una cosa che mi ha dato Willow, penso ti
interesserà molto”
“Si
tratta forse di una delle leggende del regno?” le chiese
incuriosita.
“Più
di una leggenda, probabilmente.” rispose, lanciandole uno
sguardo complice, subito ricambiato dall’amica.
I
cancelli cominciarono ad aprirsi e le due ragazze avanzarono,
immergendosi nella folla.
In
breve tempo i cancelli furono oltrepassati dalla moltitudine di
ragazzi che frequentavano la scuola e al momento di entrare, un
attimo prima passare l'enorme portone, Gin si sentì trascinare
via bruscamente dietro una delle colonne dell’edificio.
Non
riuscì ad articolare alcun suono e, d’altro canto,non
avrebbe potuto neanche volendolo, poiché dopo poco si ritrovò
una mano a tapparle la bocca.
Il
suo cervello non riusciva a formulare nessun pensiero razionale e la
paura faceva dimenare smodatamente il suo corpo, nel tentativo di
liberarsi, ma senza ottenere risultati.
D’improvviso
si sentì girare e ciò che inizialmente apparve ai suoi
occhi, non servì a rassicurarla. La figura nascosta sotto il
mantello che, fino a poco tempo prima, si aggirava nel borgo, si
palesava dinanzi a lei, stringendola senza lasciarle alcuna via di
scampo.
“Chi
sei?” chiese spaventata.
“Non
avrei voluto fare brutta impressione, signorina...” rispose una
voce maschile, che Gin parve riconoscere.
L’uomo
si tolse il cappuccio e alzò lo sguardo, mostrando alla
ragazza due profondi occhi ambrati.
“Tu...”
“Sì
sono Brumir…non era mia intenzione spaventarti, speravo di
incontrarti...” le disse sorridendo.
Gin
non riusciva a realizzare ciò che stava succedendo e presa
dall’impulso diede un sonoro ceffone al viso del soldato…
“Va
bene me lo sono meritato” enunciò lui, massaggiandosi la
guancia con una mano, senza abbandonare il suo sorriso.
“Puoi
ben dirlo.” rispose lei, stizzita “Questo non è
incontrare una persona, questo è rapirla… tu ...sei
matto...”
Lui
scoppiò a ridere e prendendole la mano le disse: “Rapire
mi sembra esagerato, sei ancora qui, sana e salva anche se…
posso darti ragione sull’essere matto… insomma sono
letteralmente scappato dai miei doveri di soldato per venire fin
qui...”
Gin
lo guardava incredula, indecisa se tirargli un altro schiaffo e
scappare dentro la scuola oppure perdonarlo e rimanere a
chiacchierare, ignorando i propri doveri, come lui aveva fatto per
lei.
“Mi
perdoni, signorina, per averla spaventata...ma non posso che essere
felice per averla trovata...”
A
seguito di quelle parole, Brumir, baciò, con riverenza, la
mano della giovane e ammirò i suoi occhi smeraldini, persi
nella dolcezza di quel gesto.
Fine
quinto capitolo.
Ed
eccolo qui, il quinto capitolo, dopo un lungo periodo di assenza.
Abbiamo conosciuto due
personaggi (Ilene e Zelda) ed è ritornato un piccolo
soldatino… (oserei dire che sta partendo una minuscola ship).
Non
c’è molto da spiegare direi, spero, come sempre, che il
capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi spende tempo per questo
raccontino.
Prima
di lasciarvi vi chiedo: dopo cinque capitoli, quale parola usereste
per descrivere Gin?
Un
caldo abbraccio e alla prossima.
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