Iusta
Honoria Grata e Attila
Un anello. Tanto
è bastato. Se
ci si pensa con occhio distaccato, non sembra una gran cosa. Un
inutile pezzo di metallo inciso con delle pietre incollate... Fa
ridere come uno stupidissimo oggettino del genere abbia mobilitato
armate, condottieri... Abbia ribaltato il mondo, insomma.
In un certo qual
modo, forse,
dovrei sentirmi orgogliosa di aver così sconvolto l'intera
storia di
un impero più che millenario.
Chissà
cosa scriveranno i
libri di storia su di me?
'La folle Onoria'?
'Onoria la
traditrice'? Oppure 'Onoria l'innamorata di barbari'?
Ahahahahah! Come si
sbaglierebbero tutti quanti!
Stupida? Forse.
Ingenua di
sicuro, ve lo concedo.
Traditrice? E di
chi? Di un
fratello che mi odiava e di una madre che mi considerava
essenzialmente come un inutile pezzo di carne al mercato, utile al
solo ed unico scopo di rafforzare la posizione di Valentiniano? Chi
ha tradito chi, sentiamo?
Innamorata? Oh,
questa è
proprio bella.
Non penseranno
davvero, gli
uomini del futuro, che io abbia mandato una lettera con in pegno il
mio anello ad Attila perché ero sinceramente innamorata di
lui? Di
un uomo che si infilava la carne di cavallo tra le cosce durante gli
spostamenti da un accampamento all'altro per frollarla meglio?
Andiamo, vi sembra verosimile che una principessa viziata quanto me
abbia avuto una tale sbandata?
Beh... Ad onor del
vero una
cosa io amavo sinceramente di quell'uomo folle che era apparso
all'improvviso, con il suo popolo, dalle profondità del
nulla.
La
libertà. Andava di luogo in
luogo e si prendeva ciò che voleva. Con la forza, se
necessario.
Fossero donne, schiavi, oro o terre. Saranno sconvolte da questa mio
confessione, le pie anime timorate di Dio del futuro?
Ah, quanto vorrei
vedere quei
loro faccini contorti in una smorfia di indignazione.
Che c'è
di tanto sorprendente,
quando sin dalla nascita, alla corte di Ravenna ho visto anche io la
mia buona dose di stupri, assassinii e furti? Almeno Attila l'unno
non copriva con ipocrite maschere i propri desideri. Non ammantava di
è ragionevole', è utile e,
peggiore di tutti, è giusto,
questo suo comportamento.
Libertà.
Libertà.
Libertà.
Continuo a ripetere
questa
parola per assaporarla meglio, immaginando di cavalcare in pazze e
sfrenate corse per pianure sconfinate. Vestita di sacco e non di
seta; con i capelli arruffati e sporchi di fango e non lisci e
lucidi; profumando di erba, muschio e sudore, e non di incensi e
strani intrugli...
Libertà.
Volevo essere libera,
io nata in una gabbia, pur dorata che fosse. Volevo distruggerla,
questa gabbia. Con uno stupido capriccio, rinfacciatemelo pure. Per
questo mio insulso desiderio ho mandato a morire migliaia di uomini
in guerre sanguinose, lo ammetto.
Ma sapete che vi
dico? Non mi
pento. Dio mi spedisca pure all'inferno, come operatrice di
iniquità... Ma almeno sarò in buona compagnia,
visto che lì, con
me, ci sarà anche chi, di Dio, è stato
soprannominato il flagello.
Ma che per me
è stato il
simbolo di un sogno. Sì,ve lo ripeto di nuovo: un dolce
sogno di
libertà.
Angolino
dell'autore
Ho saltato a
pié pari secoli
di storia romana, per concentrarmi su un episodio del tardo impero
che mi ha sempre affascinato. Quello di Attila e Onoria. La leggenda
vuole che la tentata invasione dell'Italia del capo unno sia stata
giustificata da una lettera della triste sorella dell'imperatore
Valentiniano, che in cambio di una eventuale unione aveva persino
promesso la metà (sì avete sentito bene!)
dell'impero romano
d'occidente.
Poi Attila
verrà sconfitto
dall'ultimo grande generale romano, Flavio Ezio, nel 451 dopo Cristo,
ai Campi Catalaunici e fermato, successivamente, dal papa Leone.
Della 'empia' Onoria
poi, nelle
cronache non si dice più nulla. Con ogni
probabilità venne esiliata
a Costantinopoli... forse persino fatta uccidere dal non certo
misericordioso e caritatevole Valentiniano (che, per la cronaca, fece
uccidere lo stesso Ezio durante una lite, pochi anni dopo...
Condannando così l'impero ad una lenta quanto ingloriosa
fine).
Io l'ho immaginata
così. Una
ragazza che, per quanto nata nel lusso, è condannata ad una
vita in
una gabbia, tanto più miserevole quanto le sbarre sono
celate alla
vista. Una ragazza sempre più sola e disperata, che voleva
solo una
cosa: smettere di essere la sorella di un imperatore e essere solo
Onoria, anche a costo di perdere tutto, persino l'affetto di chi
avrebbe dovuto amarla e che invece pensava a lei solo come strumento
di trame politiche.
Un sogno di
libertà mai
realizzato e che ha portato ad una conclusione tanto folle quanto
eclatante, ma per questo tanto più valevole di essere
raccontato.
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