Capitolo
trentuno
Døkkr
Vargr
Silye
si sedette su una roccia, circondata da cespugli e un intrico di
rami, tanto grande che dovette stare attenta perché i suoi
ricci non
finissero impigliati tra di essi. Avevano camminato solo pochi
minuti, giusto il tempo di arrivare fino all'estremità del
bosco di
Hoddmímir, esattamente all'inizio di esso.
Quando
Vidar le aveva detto di fermarsi, lei inizialmente aveva protestato
poiché, a suo parere, avevano percorso ben poca strada e la
capitale
era ancora lontana, ma, dopo che lui le ebbe spiegato che era per
riflettere sulla strada da prendere, lei accolse la sua decisione. Il
ragazzo aveva quindi tirato fuori dalla bisaccia un foglio di carta
leggermente rovinato ai lati e sgualcito; doveva essere rimasto a
lungo chiuso nella sua borsa e questo doveva averlo danneggiato.
«Cos'è?»
aveva chiesto la ragazza, allungandosi per guardare cosa vi fosse
scritto. Rimase stupita invece nel vedere disegni di alberi, montagne
e case tutte in miniatura. Erano stati riprodotti in modo maniacale e
con estrema cura, quasi come le raffigurazioni del suo libro delle
völve.
«Una
mappa» disse, quando Silye era già arrivata a
capirlo. Riconobbe la
sua casa, il bosco di Hoddmímir, che occupava gran parte del
regno e
che arrivava fino ai monti Hlekker e, ancora più in alto, ai
ghiacciai Kala. Intorno e sotto alla foresta, invece, stavano
disseminati i vari villaggi, molti dei quali non conosceva nemmeno,
come quelli che si trovavano ai confini più lontani del
regno. Per
contro, avrebbe saputo ripetere a memoria ogni abitazione, strada e
bottega di quelli in cui più e più volte era
andata a rubare, come
Vél, Býl,
e Bǿnir.
«Non
so se sia meglio passare per Dugr e ripercorrere il corso del fiume
Net o per Bǿnir,
il bosco di Lundr e infine Trúar per raggiungere la capitale
Gudir.
Il problema della seconda opzione è che non potremo
abbeverarci con
l'acqua del fiume e noi non abbiamo abbastanza riserve. Dovremo per
forza fermarci in qualche osteria.»
«Per
me non è un problema» affermò Silye,
sedendosi accanto a lui.
«Anzi, credo che sia meglio passare proprio per il bosco; ci
offrirà
una migliore protezione.»
«E
allora vada per Bǿnir»
disse Vidar, piegando di nuovo la cartina e riponendola nella
bisaccia.
«Dove
hai preso quella mappa?» chiese la ladra, incuriosita. Non
esistevano molti libri e fogli come quello di Vidar e i pochi che si
potevano trovare a Midgardr erano costosi e accessibili solo ai
più
ricchi. Arild era riuscito a rubarne qualcuno e tramite quelli le
aveva insegnato l'alfabeto e perlomeno a leggere i testi più
facili,
ma sempre con qualche difficoltà.
«L'ho
trovata ad Asgard. È
vecchia di diversi anni. Deve averla comprata da un umano uno degli
dei che sono ancora in vita come me. Forse anche Baldr.»
I suoi occhi incontrarono quelli di lei. «Come mai ti
interessa
tanto?»
«È
solo che... Non ho mai avuto l'opportunità di vedere sul
serio
l'assetto del regno. Insomma, conosco i suoi tratti generali, ma solo
per sentito dire. Non avevo mai visto Midgardr nella sua interezza.
Mai attraverso la carta, figurati se l'ho vista dal vivo.»
Si
rese conto di quanto dovesse sembrare stupida agli occhi di Vidar, un
dio che nella sua vita doveva aver visto milioni di cose. Insomma,
non conosceva nemmeno il suo stesso regno, e dire che era anche una
veggente, con il dono di poter vedere anche gli eventi e i fenomeni
lontani nel tempo e nello spazio. Eppure, nello sguardo di Vidar non
c'era alcun segno di sprezzo o altezzosità. «Forse
un giorno avrai
la possibilità di vederla. Ti auguro davvero di renderti
conto della
bellezza di cui sei circondata» disse, guardandosi intorno
come a
sottintendere di stare parlando dell'intera Midgardr.
Lo
spero pensò
Silye, abbassando lo sguardo per evitare quello di Vidar. Era in quei
frangenti che si rendeva conto dell'enorme abisso che li divideva.
Lui un dio ultracentenario, un eterno ragazzo, mentre lei un'umana
con la patetica capacità di vedere il futuro, del tutto
inutile dato
che non stava portando i suoi frutti e che ancora non riusciva a
controllarla e sfruttarla.
Silye
si riscosse da quei pensieri. Non era il momento di soffermarsi a
riflettere sulle loro esistenze, non quando li attendeva un lungo e
difficoltoso viaggio. Si alzò insieme a lui e imboccarono la
strada
che portava al villaggio.
Fecero
una sola tappa a Bǿnir,
dove arrivarono all'alba e rimasero per poco, giusto il tempo di
comprare qualcosa al mercato cittadino da tenersi da parte per il
resto del viaggio. Quindi oltrepassarono senza problemi Bǿnir e il
bosco di Lundr che lo circondava, spesso utilizzato dai cacciatori
dei villaggi vicini per andarvi a caccia, non avendo il coraggio di
entrare in quello di Hoddmímir.
Silye quasi non era abituata a vedere un bosco tanto piccolo,
praticamente nulla rispetto alla foresta in cui aveva vissuto gran
parte della sua esistenza. Nonostante fossero lampanti le differenze,
come soprattutto negli alberi, più bassi rispetto a quelli
di
Hoddmímir, in quel bosco si sentiva bene, più di
quanto potesse in
un qualsiasi villaggio. Probabilmente, se avesse potuto tornare
indietro al momento in cui aveva deciso di declinare la richiesta di
sua zia Astrid di andare a vivere da lei, avrebbe lasciato tutto
invariato, senza cambiare la scelta che aveva fatto.
Quasi
le dispiacque dover lasciare il bosco e la sua tranquillità,
ma
dovevano proseguire il viaggio se volevano arrivare a Gudir il prima
possibile.
Camminarono
tutto il pomeriggio lungo le terre e le pianure deserte che li
dividevano dal villaggio, dove giunsero al tramonto. Trúar
era una cittadina ben più grande e popolosa di quelle che
circondavano Hoddmímir,
poiché là risiedevano diverse famiglie nobili per
la vicinanza a
Gudir. Tra le due città, infatti, si frapponeva solo un
piccolo
bosco e di solito a Trúar
vi si recavano gli aristocratici durante il periodo estivo per
allontanarsi per un po' dalla vita di corte e della capitale e per
godersi la campagna.
Ora, però, era inverno e con ogni probabilità
avrebbero trovato la
città quasi deserta.
E,
di fatto, forse anche perché erano arrivati proprio nell'ora
in cui
tutti si erano ormai rintanati a casa per mangiare con le loro
famiglie, vennero accolti da un silenzio innaturale e quasi
spettrale, che regnava sulle strade del paese. Gli unici rumori che
si potevano sentire provenivano dai piani alti degli edifici, in cui
si trovavano le abitazioni, mentre il pianterreno era riservato alle
botteghe e ai locali mercantili, ora tutti chiusi. Le vie erano
illuminate solo dalla fioca luce proveniente dalle finestre e dai
palazzi, poiché il sole era già tramontato da un
pezzo.
«Ci
fermiamo alla prima locanda che vediamo» ripeté
Vidar, mentre si
guardava intorno alla ricerca di un'insegna o qualsiasi cosa che
segnalasse la presenza di un'osteria.
«Lo
so: me l'hai già detto prima di entrare a Trúar»
ribatté la ladra.
«È
solo per assicurarmi che tu abbia capito e che ti sia tolta di testa
qualsiasi strana idea.»
«Tranquillo,
non ho alcuna intenzione di mettermi a rubare. E poi non ci
guadagnerei nulla a quest'ora del giorno. Insomma, guarda: questo
villaggio sembra abbandonato.»
«Intendi
che non merita che i suoi cittadini siano derubati da te
perché non
è abbastanza popoloso? Devi perdonarlo se non è
all'altezza...»
«Idiota»
disse Silye, già pronta a nuove frecciatine e liti, ma,
quando si
voltò a guardarlo, si accorse che lui stava ridendo. Non era
un
sorriso canzonatorio o vagamente sprezzante, bensì uno
genuino, come
solo rare volte aveva avuto la fortuna di guardare. Detestava
ammetterlo, ma le piaceva vederlo sorridere, osservare il modo in cui
gli si illuminava il viso e gli occhi ambra mentre lo faceva.
Distolse
subito lo sguardo, imbarazzata da quei pensieri. Ma cosa le stava
succedendo?
«Guarda»
disse Vidar all'improvviso, indicandole un locale poco più
avanti,
su cui capeggiava un'insegna con su scritto Døkkr
Vargr¹.
«Quella dovrebbe essere un'osteria.»
«Sì.
Andiamo.» Da fuori sembrava deserta, il luogo perfetto in cui
passare tranquillamente la serata, poiché alle loro orecchie
giungevano solo voci e suoni attutiti, ma, quando aprirono la porta e
fecero il loro ingresso, si accorsero che in realtà la
locanda era
pienza zeppa di gente. Era come essere entrati nel caos più
totale,
con persone, la maggior parte già ubriache a quell'ora
ancora non
troppo tarda, a chiacchierare o urlare contro gli altri. Molti
giocavano a carte e non mancavano liti e zuffe con chi aveva barato o
vinto tutto il denaro degli altri giocatori; a un lato un musicista
suonava un'incantevole melodia con il fiato, circondato da un gruppo
di persone rapite da quel canto armonioso. L'attrattiva,
però, non
erano solo il cibo e il liquore, che, eppure, scorrevano e passavano
a volontà tra i clienti, ma le prostitute, che giravano per
la
stanza nei loro abiti succinti, cercando di abbordare gli avventori,
soprattutto quelli ubriachi e più accondiscendenti. Oltre
che
locanda, quello doveva essere anche un bordello.
«Dove
siamo finiti?» domandò Silye, esterrefatta. Era
stata milioni di
volte in botteghe e locande, per approfittare del disordine che si
creava nella notte per rubare dalle persone più distratte o
troppo
sbronze per accorgersene, ma mai in un bordello.
«Se
lo stai chiedendo a me, in un posto meraviglioso» disse
Vidar,
soffermandosi sulla profonda e generosa scollatura di una donna, che,
passando loro davanti, lanciò uno sguardo lascivo al dio.
«Tieni
a freno i bollori, dobbiamo ripartire tra meno di un'ora» lo
avvertì
la ladra.
«Posso
fare in fretta. Sarò svelto come un fulmine»
provò Vidar.
«Non
provarci nemmeno» lo ammonì Silye, con espressione
disgustata,
afferrandogli il braccio e trascinandolo verso uno dei pochi tavoli
liberi. «Non possiamo perdere tempo e dobbiamo rimanere
lucidi.»
Si
misero seduti e Silye alzò il braccio per cercare di
attirare
l'attenzione di una delle cameriere, evidentemente molto impegnate a
prendere le varie ordinazioni e a servire i numerosi clienti. Per sua
sfortuna, nessuna la notò, tutte troppo occupate a
consegnare
boccali stracolmi di birra e altri liquori o piatti riempiti di cibo.
«Rimani
qua. Vado io ad ordinare» disse Vidar, alzandosi.
Silye
annuì. «Ma nessuna distrazione. Se ci metti
troppo, vengo a
cercarti e, se ti vedo a fartela con una di queste prostitute, ti
strozzo con le mie mani» lo avvertì. L'altro
rispose con un
sorriso, prima di sparire tra la gente presa a fare baldoria e
azzuffarsi.
Dovettero
passare solo pochi minuti prima che il dio ricomparisse, con due
bicchieri tenuti tutti in una mano per i manici e sull'altra un
piatto su cui poteva scorgere qualche pezzo di pane e carne.
Vidar
si mise seduto e poggiò tutto sul tavolo.
«Sono
fiera di te, sei riuscito a resistere alla tentazione.»
«E
non è stato facile, perché sono subito stato
adocchiato da una
decina di donne.»
«Modesto»
commentò. «Cos'è?» chiese poi
Silye, scorgendo un liquido tra il
rosso scuro e il nero nel boccale che il ragazzo le passò.
Non aveva
mai bevuto liquori, né conosceva molto di essi; a stento
ricordava i
nomi. In quegli anni aveva avuto mansioni più importanti di
cui
occuparsi di sbronze notturne nelle locande.
«Assaggia
e lo scoprirai» disse, già con il bicchiere alla
bocca a
trangugiare il liquore.
La
ladra lo guardò con aria interrogativa, ma in seguito si
decise a
provarlo, sebbene il colore non fosse affatto invitante. Se lo
portò
alla bocca e ne assaggiò un po'. Come inghiottì
il liquido, sentì
la gola e lo stomaco bruciarle e tossì.
«Cos'è questa roba?»
chiese.
«Vino.
Tranquilla, al secondo sorso sarà più facile
mandarlo giù.»
Lei
lanciò un'occhiata sospettosa alla bevanda, ma dovette
ammettere che
il gusto non era male. Ne bevve un altro po' e dopo altri sorsi
cominciò ad abituarsi alla sensazione di calore che
l'alcolico le
infondeva. «Beh, non è male.»
Nel
giro di pochi minuti arrivò fino al fondo del bicchiere e se
ne
accorse con una punta di dispiacere.
«Ne
vuoi ancora?» chiese Vidar, anche lui con il boccale vuoto.
Silye
annuì. «Beh, i soldi non ci mancano. Quindi,
perché no?»
Vidar
si affrettò ad andare ad ordinare, mentre la ladra
mangiucchiava
qualche pezzo di carne. Il dio tornò poco dopo con un'intera
brocca
colma di vino fino all'orlo.
«Ma
sei matto? Perché ne hai preso tanto?»
«Zitta
e bevi» affermò, versandole dell'altro vino nel
bicchiere.
Silye
avrebbe dovuto rifiutare, poiché non era abituata a bere una
tale
quantità di alcolici, ma quella bevanda era troppo buona per
rifiutarsi. E, dopotutto, cosa c'era di male? Si meritava una serata
di baldoria dopo tutto quello che aveva passato per dare a Vidar le
visioni che tanto voleva.
«Skål²»
gridò Vidar, per farsi sentire sopra le urla degli altri
avventori,
facendo cozzare i loro bicchieri.
La
ladra mandò giù due lunghe sorsate, ignorando il
pizzicore alla
gola e al petto che queste le provocarono. Lanciò
un'occhiata a
Vidar, che finì l'intero boccale nel giro di pochi secondi,
con una
tale voracità che alcuni rivoli di vino colarono fino al
mento,
scendendo fino al collo. Silye rimase a fissare la parte di pelle
lasciata scoperta dalla maglia e il pomo d'Adamo sollevarsi ed
abbassarsi mentre Vidar aveva la testa reclinata indietro, intento a
mandare giù il liquido. Si immaginò come dovesse
essere toccargli
la pelle, sentirla tendersi sotto il passaggio delle sue dita...
I
suoi pensieri, però, si bloccarono bruscamente quando lui
abbassò
di nuovo la testa, sbattendo il bicchiere sul tavolo. Cosa
diavolo mi prende? si
domandò Silye, colpita dalla reazione che il solo vedere il
collo
scoperto di Vidar le aveva provocato. Cercò di non pensare a
ciò a
cui l'aveva portata la sua immaginazione e si affrettò a
finire il
bicchiere.
«Allora,
che ne pensi?» chiese il dio, versando altro vino nei loro
bicchieri.
«Che
questa roba è davvero buona» disse Silye,
sorridendo e bevendone
dell'altro. Fino ad allora non aveva mai nemmeno posato lo sguardo su
degli alcolici, eccetto in quelli bevuti dalle vittime delle sue
ruberie; nelle occasioni in cui era andata in altre locande, non
aveva mai preso birra o altri liquori altrettanto forti,
perché
doveva rimanere lucida e al massimo delle sue facoltà per
far
riuscire il furto. Ora, però, si sentiva incredibilmente
leggera:
non aveva nulla ad appesantire la sua mente, nessuna ruberia,
né
altro. Non doveva pensare a guadagnarsi il denaro sufficiente per
vivere; poteva averne quanto voleva, grazie a Vidar e ai suoi
lingotti d'oro. In realtà, in quel momento, anche il
pensiero delle
völve
e del suo compito le appariva lontano, insignificante. In fondo, cosa
le poteva importare a lei di quelle stupide megere e di Nidhöggr?
All'improvviso
scoppiò a ridere. Tra
centinaia di persone, quelle idiote sono andate a scegliere proprio
me. La ladra più sfortunata dell'intera Midgardr. Stranamente
la cosa la divertiva, anziché sconvolgerla.
«Che
ti prende?» le domandò Vidar, guardandola con un
soppracciglio
aggrottato, come se la considerasse una matta.
Lei
scosse la testa, ma senza smettere di sghignazzare e continuare a
sorseggiare il vino, rischiando di buttarselo addosso.
Silye
si guardò intorno, ma si accorse che improvvisamente le
grida e le
risate degli altri avventori le giugevano come ovattate. Poteva
sentirle, ma non chiaramente. Era come se tutti i suoi sensi e la sua
mente andassero a rilento. Per certi versi rasentava i momenti
immediatamente precedenti ad una visione, solo che in quel caso non
giungeva nulla, ma tutto rimaneva smorzato.
In
tutta quella confusione, però, riuscì a scorgere
in lontananza
cinque individui entrare e farsi largo tra la gente, per avvicinarsi
al bancone e all'oste. Non sapeva perché li stesse
guardando, ma
c'era qualcosa in loro, nei loro movimenti e nel modo in cui si
guardavano intorno, che le diede un senso di preoccupazione. Gli
uomini mostrarono all'oste due fogli, che Silye non riuscì a
vedere
perché girati, chiedendogli qualcosa. L'uomo rispose
indicando
proprio verso il loro tavolo. Quelli si voltarono a guardarli e vide
alcuni di loro tirare fuori cautamente dei coltelli.
La
ladra si girò a guardare Vidar, intento a bere e a gettare a
volte
lo sguardo verso un gruppo di prostitute. «Guai in
vista» mormorò
Silye.
¹
Lupo
Nero
²
Alla salute
Angolo dell'autrice:
E per la serie "Situazioni
improbabili" ecco Silye e Vidar in un bordello e una Silye
più sbronza del solito (e anche del dovuto). Chi saranno poi
gli uomini che li hanno puntati e cosa avranno intenzione di fare?
Spero il capitolo vi sia
piaciuto! Grazie mille a tutti coloro che continuano a leggere!<3
A presto, carissimi!
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